EsecuzioneForzata


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 05/10/2022 Scarica PDF

L'avviso di iscrizione a ruolo dell'espropriazione presso terzi

Mauro Gualtieri, Avvocato e dottore di ricerca in Teoria Generale e Comparazione processuale


Abstract. L’articolo unico, comma 32, della l. 26 novembre 2021, n. 206 (riforma del processo civile) ha inserito due nuovi commi all’art. 543 c.p.c. all’evidente scopo di tutelare le posizioni del debitore e del terzo pignorato, che, laddove non notiziato nei termini della iscrizione a ruolo della procedura, può fare affidamento sulla automatica estinzione della medesima, con conseguente liberazione dal vincolo. L’avviso de quo è atto di parte e requisito di procedibilità dell’azione esecutiva. Ma il Ministero della Giustizia sembra di diverso avviso.

 

Abstract. Art. 1, comma 32, l. 26th November 2021, n. 206 (reform of the civil procedure) has provided two new commas in the art. 543 c.p.c., with the obvious purpose to safeguard the interests of the debtor and of the foreclosed, who, where not notified in time of the filing of the procedure, may count on its automatic cancellation, with consequent release from the constraint. The notification de quo is a partisan act and a requirement to proceed with the executory action. However, the Ministry of Justice has a different opinion.

   

Sommario.1. Lo spirito della novella; 2. Le nuove disposizioni alla prova pratica; 3. La nota ministeriale Prot. IV-DOG/03-1/2022/CA del 20 settembre 2022. 4. Conclusioni.

   

1. Lo spirito della novella.

La delega per la riforma del processo civile è stata occasione di un intervento sulla disciplina dell’espropriazione presso terzi mirato a consentire al terzo di sapere in anticipo il destino del pignoramento a lui notificato[1].

Nella prassi vengono infatti iscritti a ruolo solo un numero limitato di espropriazioni ex art. 543 c.p.c., in quanto il cumulo dei crediti o dei beni staggiti non è sovente sufficiente a coprire gli oneri necessari per il pagamento del contributo unificato e dei diritti di Cancelleria e dell’Imposta di Registro sull’ordinanza di assegnazione, oppure perché il terzo o tutti i terzi citati trasmettono dichiarazione negativa.

In tali casi il Giudice dell’Esecuzione non viene neppure a conoscenza del fatto che il pignoramento sia stato eseguito[2] e non può, conseguentemente, dichiarare l’estinzione d’ufficio per l’inefficacia conseguente al mancato rispetto del termine di 30 giorni di cui all’art. 543, comma 4, ultimo periodo.

Può anche succedere che la mancata iscrizione dipenda da una svista del procedente, che lasci inutilmente decorrere il termine, o dal fatto che il pignoramento, ritualmente notificato al terzo, non sia invece stato recapitato al debitore e non si sia pertanto compiuto[3].

Va aggiunto che le udienze di comparizione indicate nell’atto di pignoramento vengono spesso differite alla prima data utile successiva e che, di tale differimento, il terzo non è tenuto ad interessarsi, dovendo rendere la propria dichiarazione a mezzo lettera raccomandata o tramite PEC[4].

Le eventuali opposizioni del debitore e, in diversi uffici, il carico di lavoro, non consentono poi di pervenire in tempi brevi alla pronuncia dell’ordinanza di assegnazione.

Non è pertanto affatto infrequente che il terzo trattenga le somme ed i beni pignorati ad libitum, nella vana attesa della notificazione dell’ordinanza di cui all’art. 552 c.p.c., con riguardo a procedimenti mai iscritti a ruolo.

Una situazione nella quale anche il debitore che si sia disinteressato del processo esecutivo potrebbe suppore di avere adempiuto in tutto o in parte al proprio debito e di non essere più titolare delle somme o i beni staggiti, mentre così non è.

Come anche è possibile che lo stesso debitore, ignaro del pignoramento notificato al solo terzo e non iscritto a ruolo, si veda ingiustamente opporre dal terzo stesso la indisponibilità dei propri beni e crediti.

Al fine di ovviare a tali inconvenienti pratici ed a quello dichiarato di tutelare la posizione del terzo[5], specie quando trattasi di “debitores debitorum pubblici, come l’INPS[6], è stato aggiunto a carico del procedente l’onere di notificare (al debitore e) al terzo l’avviso dell’avvenuta iscrizione a ruolo della procedura, nonché di depositare in Cancelleria la prova di tale notifica, prima della data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento[7].

Per il terzo espropriato, l’ambito delle situazioni di incertezza sopra descritte viene così limitato ai soli casi di estinzione della procedura per fatti sopravvenuti (ad esempio, rinuncia, abbandono o opposizione vinta dal debitore).

Va al riguardo rammentato che già l’art. 164-ter, comma 1, disp. att. c.p.c. prevedeva e prevede tuttora l’onere per il creditore procedente di notificare, sia al debitore che al terzo espropriato, la mancata iscrizione a ruolo entro cinque giorni dalla scadenza del relativo termine, senza però stabilire alcuna sanzione processuale (ben difficilmente ipotizzabile rispetto ad un procedimento già estinto in quanto non iscritto nei termini) o di altro genere[8].

La nuova disposizione inverte i termini della questione[9], anticipando l’onere e ponendolo a pena di improcedibilità dell’azione esecutiva[10].

Più che agevolare la posizione del terzo, la nuova disciplina sembra favorire quella del debitore a discapito del procedente[11].

 

2. Le nuove disposizioni alla prova pratica.

Se la ratio dichiarata può essere anche ritenuta meritevole, le modalità previste per la sua realizzazione lo sono molto meno, come è molto facile intuire ragionando sul possibile impatto pratico dell’omessa notificazione dell’avviso di iscrizione a ruolo.

Occorre anzitutto comprendere quale sia il momento nel quale il terzo potrà avere la certezza della mancata iscrizione a ruolo della procedura, ciò che sembrerebbe dipendere esclusivamente dall’udienza indicata nell’atto di pignoramento.

Il nuovo comma 5 stabilisce che il deposito in Cancelleria dell’avviso di iscrizione a ruolo deve avvenire prima dell’udienza[12]indicata nell’atto di pignoramento” (non di quella eventualmente successiva alla quale l’udienza effettivamente si terrà), per cui verrebbe da pensare che, ogni qualvolta il terzo non avrà ricevuto l’avviso di iscrizione a ruolo prima di tale data, potrà senz’altro ritenersi libero da qualsiasi impegno e svincolare a favore del debitore i valori e i beni a lui spettanti, sapendo di non incorrere in responsabilità.

Se, infatti, il deposito deve avvenire - a pena di improcedibilità - prima di tale data, la notificazione dell’atto da depositare non potrebbe che essere anteriore alla data stessa.

Si usa però il condizionale, perché è anche data l’ipotesi che il creditore procedente affidi tempestivamente all’UNEP la notificazione dell’avviso di pignoramento e che l’Ufficiale Giudiziario proceda tramite il servizio postale.

Laddove ciò avvenisse, è ben possibile che al creditore procedente venga tempestivamente restituito l’originale (in corso di notifica), con le ricevute di spedizione postale, e che, per ritardi del servizio di spedizione e consegna, il terzo riceva la notificazione solamente dopo la data indicata per la comparizione.

È vero al riguardo che la norma stabilisce che oggetto di deposito deve essere “l’avviso notificato”, ma non può certo essere addebitato al procedente l’eventuale ritardo in cui incorrano l’UNEP o il servizio postale. Si impone infatti una lettura costituzionalmente orientata della norma, secondo i principi espressi da C. Cost. 26 novembre 2002, n. 477, con conseguente scissione degli effetti della notificazione tra notificante e notificato, con salvezza del termine al momento della richiesta di notificazione quanto al primo[13].

È anche dato il caso che la notificazione dell’avviso (sia con riguardo al terzo che al debitore) non possa avvenire per fatto non imputabile al creditore procedente, con conseguente sua rimessione in termini ex art. 153 c.p.c..

In altre parole, l’inutile decorso della data di udienza indicata nell’atto di pignoramento non sembra essere sufficiente a garantire in assoluto la posizione del terzo, che potrebbe avere delle giustificate remore a svincolare quanto staggito in favore dell’esecutato[14].

Questa pare allo scrivente la più grave criticità della riforma, alla quale non è peraltro facile porre rimedio, a meno di non pensare ad un sistema completamente diverso[15].

Il tutto è poi complicato dal fatto che l’avviso di iscrizione a ruolo non deve essere notificato al solo terzo, ma anche al debitore, rispetto al quale si pone un dubbio con riguardo al luogo nel quale provvedere.

È pressoché unanime l’opinione per la quale, in difetto di costituzione o di diversa elezione di domicilio da parte del debitore, le notificazioni a lui dirette vanno effettuate presso la Cancelleria, secondo le previsioni dell’art. 492, comma 2, c.p.c.[16].

Sul punto si è considerato che l’eventuale elezione di domicilio o dichiarazione di residenza del debitore esecutato renderebbe del tutto superfluo l’avviso, posto che il deposito di tale atto nel fascicolo dell’esecuzione presuppone la conoscenza della iscrizione a ruolo della procedura[17], ma tale conclusione è stata criticata con l’affermazione che la lettera della norma non lascia alcuno spazio alla discrezione interpretativa[18].

Ancora, è stato rilevato che l’elezione di domicilio stessa non presuppone affatto che il creditore abbia (già) proceduto con l’iscrizione a ruolo, che il debitore potrebbe effettuare al solo fine di rendere la dichiarazione di residenza o di eleggere domicilio, in accordo con la previsione dell’art. 159-ter disp. att. c.p.c.[19].

Occorre invero tenere distinta l’ipotesi della mera elezione di domicilio (o dichiarazione di residenza) da quella della costituzione in giudizio con il conferimento della procura alle liti ad un avvocato.

Solamente la costituzione in giudizio postula infatti l’applicazione dell’art. 159-ter disp. att. c.p.c. e la conseguente iscrizione a ruolo da parte del debitore.

Se la costituzione stessa avvenisse, le notificazioni successive dovrebbero peraltro giocoforza essere effettuate al procuratore, ai sensi dell’art. 170 c.p.c., e si verrebbe a creare una situazione paradossale: stando alla lettera del nuovo comma 5 dell’art. 543 c.p.c., il creditore dovrebbe comunque procedere (a pena di improcedibilità) con la notificazione all’esecutato dell’avviso che il procedimento è stato iscritto a ruolo (a cura dell’esecutato medesimo).

Tornando al punto, l’elezione di domicilio o la dichiarazione di residenza del debitore non postulano la costituzione, tantomeno (non solo a giudizio di chi scrive) la iscrizione a ruolo del procedimento[20].

Quella di effettuare “presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione” la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio è una facoltà (rectius: l’adempimento di un onere) che la legge attribuisce al debitore personalmente e che, secondo autorevoli opinioni, può avvenire in qualunque modo, con il solo limite della forma scritta, anche rivolgendola direttamente all’ufficiale giudiziario, se presente, tenuto a farne indicazione nel processo verbale[21].

Poco importa se il Cancelliere si troverà di fronte all’inconveniente pratico di non sapere dove mettere la dichiarazione del debitore pervenuta prima del verbale di pignoramento e dell’iscrizione a ruolo, mentre assumerà rilievo l’omesso successivo inserimento della dichiarazione stessa nel fascicolo che sarà formato, posto anche che le notificazioni eventualmente effettuate presso la Cancelleria saranno affette da nullità.

Rispetto al terzo, è stato affermato che, laddove la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. rechi una elezione di domicilio ed intervenga prima dell’avviso di iscrizione a ruolo, quest’ultimo dovrebbe essere notificato nel domicilio stesso, rilevando che, ove il terzo di avvalga della facoltà prevista di esprimersi tramite “difensore munito di procura speciale”, l’avviso di iscrizione a ruolo dovrebbe essere notificato presso il difensore[22]. Si ritiene che ciò sia corretto nei soli casi in cui la procura preveda l’elezione espressa di domicilio presso l’avvocato, in quanto la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. non può essere considerata alla stregua di una costituzione in giudizio, a tacer d'altro in quanto trasmessa al creditore e non depositata in Cancelleria, con esclusione della operatività dell’art. 170 c.p.c..

Vi sono ovviamente critiche ulteriori e si richiama la condivisibile osservazione per la quale la data di citazione raramente coincide con quella di comparizione, come anche quella che sovente gli atti vengono restituiti dall’Ufficiale Giudiziario dopo la data di citazione stessa, casi questi nei quali il procedente è impossibilitato ad iscrivere a ruolo prima della udienza indicata in atto e, ovviamente, anche a notificare prima di tale data l’avviso di iscrizione a ruolo al terzo[23]. Ulteriori dilazioni dipenderanno dalla rapidità (o lentezza) con la quale il personale di Cancelleria elaborerà il deposito telematico recante la richiesta di iscrizione a ruolo, posto che sarà solamente dopo l’esaurimento di tale attività, completamente estranea al procedente, che il numero di ruolo verrà assegnato[24].

Si è altrettanto correttamente rilevato che il sistema delineato dai due nuovi commi 5 e 6 dell’art. 543 c.p.c. impone per gli esposti motivi l’indicazione di una data di citazione molto lontana nel tempo ed un conseguente allungamento dei tempi[25] (a fronte di un termine a comparire di soli dieci giorni[26]), con buona pace del principio di ragionevole durata.

Eppure lo “efficientamento” delle procedure che si dovrebbe realizzare attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dovrebbe avere l’opposta finalità di ridurre i tempi del processo.

Le nuove formalità richieste non sono poi minimamente aderenti neppure all’obiettivo (nominale) della riforma di semplificare e snellire le procedure[27].

Quanto ai rimedi contro il provvedimento di declaratoria o di omessa pronuncia di inefficacia del pignoramento si registra un contrasto tra chi ritiene applicabile il reclamo di cui all’art. 630, comma 3, e 178 c.p.c., laddove a dolersi sia il procedente, e dell’opposizione agli atti esecutivi  quanto al terzo pignorato[28] e chi propende invece, a giudizio di chi scrive con più condivisibili argomentazioni, per l’esigenza di procedere comunque nella forme di cui all’art. 617 c.p.c., versandosi in un caso di c.d. estinzione atipica[29].

 

3. La nota ministeriale Prot. IV-DOG/03-1/2022/CA del 20 settembre 2022.

Le criticità illustrate al punto che precede sono serie, ma certamente ben poca cosa rispetto a quello che la prassi potrà riservare in futuro in merito alle nuove disposizioni.

I pessimismi iniziali hanno del resto già trovato ampia conferma e ragion d’essere nella nota del Ministero della Giustizia - Direzione Generale del Personale e della Formazione - Ufficio IV - Reparto UNEP, Prot. IV-DOG/03-1/2022/CA del 20 settembre 2022, a firma del Direttore Generale dott. Alessandro Leopizzi.

Tale provvedimento, pur non avendo alcun valore normativo, ha determinato le comprensibili preoccupazioni dell’avvocatura, che si è già rivolta al Ministro tramite il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma il 21 settembre 2022 e tramite il Consiglio Nazionale Forense con nota in data 29 settembre 2022.

La questione è legata alla apodittica considerazione per la quale, “Trattandosi di adempimenti che vanno a perfezionare l’intera procedura del pignoramento presso terzi, l’attività posta in essere dal funzionario UNEP/ufficiale giudiziario va configurata nell’ambito dell’esecuzione forzata e i relativi atti di notifica dell’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura al debitore e al terzo sono da iscrivere nel registro cronologico Mod. C o C/ter con l’indicazione delle relative indennità di trasferta previste dalla normativa vigente per l’espletamento dei corrispettivi atti.”.

Va precisato che, con la citata nota, l’ufficio ministeriale ha risposto ad un quesito inerente (anche ai fini erariali) la natura dell’attività svolta dall’ufficiale giudiziario con il compimento della notificazione dell’avviso di pignoramento.

Nel fornire il proprio riscontro, l’amministrazione interessata ha considerato che l’avviso in questione è atto esecutivo facente parte integrante dell’atto di pignoramento.

Secondo l’ufficio ministeriale, dunque, alle numerose complicazioni già illustrate al punto che precede, si dovrebbe aggiungere quella di non poter procedere con la notificazione dell’avviso secondo le disposizioni della l. 21 gennaio 1994, n. 53, tantomeno, in assoluto, tramite posta elettronica certificata, considerato che gli UNEP (nonostante l’art. 149 bis c.p.c. compirà sei anni il prossimo 2 dicembre 2022) non utilizzano tale strumento, prerogativa, nel processo civile, solo degli avvocati e delle Cancellerie.

Come se non bastasse, nell’eventuale riparto organizzativo interno dello specifico UNEP territoriale, il creditore procedente dovrebbe rivolgersi non alla sezione delle semplici notificazioni, ma a quella delle esecuzioni, versando l’anticipazione di € 50,00 e subendo un aumento di costi[30].

Un avvocato, procedendo in proprio ed utilizzando la posta elettronica certificata, potrebbe assolvere all’onere in pochi secondi, senza neppure alzarsi dalla sedia. Per rivolgersi all’UNEP, dovrebbe invece effettuare almeno due accessi (uno per la consegna dell’atto ed un altro per il ritiro, provocando inutili sprechi energetici ed emissioni inquinanti e dedicando il proprio tempo a due attese in fila) e restare alla mercé dell’UNEP e dei servizi postali[31] sino al completamento della notificazione.

Quella della natura di atto esecutivo dell’avviso de quo appare un’opinione davvero singolare, poggiata sulla mera autoreferenza e scevra da un qualsiasi richiamo ai principi che regolano la materia del pignoramento.

Occorre prendere anzitutto posizione sul concetto di perfezionamento del pignoramento, tenendo bene a mente che ciò che rileva al riguardo è il vincolo di indisponibilità giuridica che va a colpire determinati beni o valori con riguardo a determinati soggetti.

Tutto quanto non concorre ad integrare tale vincolo resta del tutto indifferente rispetto al pignoramento e non è davvero comprensibile come la notificazione dell’avviso di cui all’art. 543, comma 5, c.p.c. potrebbe concorrervi.

A tale proposito è utile ricordare che il pignoramento presso terzi è un atto complesso a formazione progressiva, nel cui ambito, in dottrina ed in giurisprudenza, vengono in considerazione la notificazione al debitore (recante l’ingiunzione di astenersi da atti diretti a sottrarre la garanzia del credito), quella effettuata al terzo (recante l’intimazione di non disporre dei diritti staggiti), con gli effetti precipuamente previsti all’art. 546 c.p.c., e la dichiarazione di terzo o, alternativamente ad essa, la sentenza che accerta il relativo obbligo[32].

Sono questi e solo questi gli elementi che possono essere presi in considerazione al fine del perfezionamento in parola.

Ciò che trova conferma spostando l’indagine sul piano degli effetti e considerando la assoluta analogia tra la nuova fattispecie qui trattata e quella della mancata tempestiva iscrizione a ruolo.

Rispetto alla prima, la norma stabilisce che “La mancata notifica dell’avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell’esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento”.

Rispetto alla seconda, l’art. 543, comma 4, ultimo periodo, c.p.c. prevede che “Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al secondo periodo sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore”.

Si tratta all’evidenza del medesimo fenomeno, ma nessuno ha mai neanche ipotizzato che l’iscrizione a ruolo della procedura espropriativa sia un adempimento che va a “perfezionare l’intera procedura del pignoramento[33] e che, in quanto tale, debba essere eseguito dall’Ufficiale Giudiziario.

Anzi, sia l’iscrizione a ruolo nel termine di cui all’art. 543, comma 4, ultimo periodo, che la notificazione ed il deposito dell’avviso, integrano requisiti in difetto dei quali il pignoramento diviene inefficace, con ciò evidentemente presupponendo una efficacia pregressa o comunque dipendente da elementi diversi.

Anche dal punto di vista letterale, la disposizione detta dunque una regola assolutamente diversa rispetto a quella affermata nella nota ministeriale.

Tanto che, come correttamente rilevato dal Consiglio Nazionale forense con la propria nota in data 29 settembre 2022, dopo l’esecuzione del pignoramento e l’iscrizione a ruolo del procedimento vi sono atti da compiere da parte del procedente, citando come esempio l’avviso di cui all’art. 498 c.p.c. (ma lo stesso vale con riguardo all’art. 499), rispetto ai quali non si pone l’esigenza di procedere tramite UNEP. Viene ivi evidenziato dallo stesso Consiglio che lettera della previsione per la quale “il creditore ... notifica … e deposita” esclude in radice trattarsi di incombente rimesso all’ufficiale giudiziario.

A tale riguardo va rammentato che (se) il pignoramento presso terzi è riservato all’ufficiale giudiziario (ciò è dovuto) solo ed esclusivamente al richiamo all’art. 492 c.p.c., che impone il liturgico rituale dell’ingiunzione “di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi[34].

Effettuata tale ingiunzione al debitore, le ulteriori formalità previste dall’art. 543 c.p.c. assumono rilievo in base alla semplice conoscenza legale in capo ai loro destinatari, per la cui integrazione è sufficiente la notificazione, da chiunque eseguita[35].

 

4. Conclusioni.

Limitando le riflessioni finali alla specifica questione della nota ministeriale, bisogna prendere atto della oramai patologica incapacità delle amministrazioni di abbandonare la via della formalizzazione e burocratizzazione a favore di quella - che dovrebbe essere unica ispirazione della riforma - dello snellimento e della semplificazione.

Chi scrive auspicava che la riforma del processo civile facesse tesoro della sua più grande risorsa, rappresentata dagli oltre 250.000 avvocati esercenti la professione, e che, con un minimo sforzo di semplificazione, si intervenisse sulla l. 21 gennaio 1994, n. 53, per consentire ai legali l’esecuzione delle notificazioni tramite posta raccomandata e certificata non solo per conto dei propri mandanti, ma anche su richiesta di colleghi procuratori di terzi, estendendo tali facoltà anche al pignoramento presso terzi ed al pignoramento immobiliare, se notificati tramite posta raccomandata o certificata .

Il sicuro effetto sarebbe stato quello di sgravare gli UNEP e di consentire ad una categoria in evidente recessione nuove opportunità di lavoro. Soprattutto, si sarebbe assistito ad una crescita di efficienza prima mai vista nella materia.

L’accoglimento della soluzione suggerita dal ministero invece altro non farebbe che aggravare ulteriormente la già complessa situazione degli UNEP e sarebbe foriera di dilatazione dei tempi del processo esecutivo. Ciò che si pone in netto contrasto con le previsioni di cui all’art. 1, comma 20, della stessa legge 206/2021, chiaramente finalizzate a ridurre il carico di lavoro gravante sugli ufficiali giudiziari, secondo tre direttive: 1) obbligo per gli avvocati di esecuzione delle notifiche tramite posta elettronica certificata ed istituzione di un portale per l’esecuzione delle stesse a carico dei soggetti tenuti ad avere domicilio digitale funzionante che ne siano privi; 2) divieto all’ufficiale giudiziario di eseguire, su richiesta di un avvocato, notificazioni di atti in tutti i casi in cui la stessa debba essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata o mediante inserimento nell’area web riservata; 3) adozione di misure di semplificazione delle notificazioni effettuate dall’ufficiale giudiziario, agevolando l’uso di strumenti informatici e telematici[36].

La cosa più desolante resta l’ostracismo con il quale l’amministrazione della giustizia si pone di fronte a colui (l’individuo) che esercita il proprio sacrosanto diritto di agire in giudizio di cui all’art. 24 Cost., confidando nella ragionevole durata imposta dall’art. 111 Cost..

L’individuo ridotto a suddito dei capricci burocratici è in questo caso il creditore, portatore di un titolo esecutivo (spesso ottenuto all’esito di un già lungo giudizio di merito), che si vede frapporre nuove barriere formali alla realizzazione pratica dei propri diritti.

L’incapacità di meglio esprimere il concetto impone di ripetere le parole di altri: “Par di trovarsi nel ‘mondo alla rovescia’ di cui favellava Hegel: l’esecuzione forzata dovrebbe servire a realizzare i crediti e dovrebbe porre la tutela dei creditori al centro dei proprî scopi, facendosi strumento perché essi ottengano «tutto quello e proprio quello cui hanno diritto» in base al titolo esecutivo. Continuare ad affliggerli con adempimenti pro debitoribus et tertiis, onerandoli di notificazioni che potrebbero essere assai difficoltose, significa solo generare artificiosi ostacoli al concreto esercizio dell’azione esecutiva e far sorgere ulteriori questioni che, non dubitiamo, giungeranno a bussare alle venuste ed esauste aule della Suprema Corte di cassazione.[37].

Ed ecco che la prima questione è già sorta e, con essa, il primo intralcio applicativo ed è ancora lontanissima la pronuncia della Corte di cassazione che potrà risolverla, sempre ammesso che non sia necessario superare anni di contrasti per arrivare al parere delle sezioni unite.

Non si tratta di una scheggia impazzita, ma - purtroppo - di una comunissima metastasi in un sistema devastato dai cancri dell’autoreferenzialismo e della burocratizzazione.



[1] Si segnalano i commenti di Tedoldi, Gli emendamenti in materia di esecuzione forzata al d.d.l. delega AS 21662/XVIII, in Giustiziainsieme.it 23 giugno 2021; Persi, La riforma dell’art. 543 c.p.c.: un (altro) inutile adempimento per il creditore, in Altalex 18 gennaio 2022; Fabiani-Piccolo, Le modifiche in tema di esecuzione forzata - Note a prima lettura, in Giustiziainsieme.it 4 febbraio 2022; Barale, L’avviso di iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi, in Ilcaso.it 11 aprile 2022; Colandrea - Mercurio, Le novità della legge n. 206 del 2021 in tema di espropriazione forzata presso terzi, in Judicium, 23 giugno 2022; Saletti, Novità nella fase introduttiva del pignoramento presso terzi, in Judicium 1 luglio 2022; Zambelli, Modifiche all’art. 543 cpc - I nuovi oneri in capo al creditore, in Diritto.it 19 settembre 2022.

[2] Prima delle novità già apportate dall’art. 18, d.l. 12 settembre 2014, n. 132, come modificato in sede di conversione con l. 10 novembre 2014, n. 162, che ha sostituito il quarto comma dell’art. 543, il deposito dell’atto notificato in Cancelleria avveniva ad opera dell’Ufficiale Giudiziario.

[3] Invero, contro la giurisprudenza maggioritaria, si è sostenuto, con una isolata decisione, che, in tali casi, sarebbe possibile iscrivere il procedimento a ruolo, chiedendo la rinnovazione della notificazione, non potendo ipotizzarsi l’inesistenza dell’atto (Trib. Roma 20 giugno 2006, in Giur. It. 2007, p. 1743). Tale impostazione è sostenuta anche in dottrina. essendosi rilevato che si tratta invero di integrare il contraddittorio rispetto ad un atto che presenta tutti i requisiti formali richiesti dalla legge, così come previsto dall’art. 485, comma 3, c.p.c. (Maffuccini, Mancata notifica al debitore: inesistenza del pignoramento ed estinzione del processo?, in Giur. It. 2007, p. 2537); secondo altra opinione, esclusa comunque l’inesistenza, occorre disporre la rinnovazione dell’atto per sanare la nullità ripetendo comunque la notificazione anche al terzo, oltre che al debitore pretermesso (Auletta, Nullità e «inesistenza» (della notifica al debitore) del pignoramento (presso terzi), in Giur. It. 2007, p. 1745.

[4] Si rammenta ad abundantiam che, già prima dell’intervento del 2014, l’art. 12, comma 1, l. 24 febbraio 2006, n. 52, aveva modificato l’art. 547, comma 1, c.p.c., introducendo la facoltà di rendere la dichiarazione di terzo tramite lettera raccomandata, salvi i casi di somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, per cui le ipotesi di onere di comparizione del terzo in udienza erano comunque limitate.

[5] Nel caso, non infrequente, in cui il terzo sia un istituto di credito vi è l’interesse a conoscere il momento nel quale il correntista possa essere rimesso in bonis (Barale, cit. p. 3).

[6] Così è indicato nella relazione illustrativa, riportata da Tedoldi, cit. §13.

[7] Si è osservato che scopo della norma è anche quello di consentire una rapida liberazione di somme e cespiti, senza esigenza di impegnare il giudice dell’esecuzione (Fabiani-Piccolo, cit. § 4.1).

[8]Quando il pignoramento è divenuto inefficace per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo nel termine stabilito, il creditore entro cinque giorni dalla scadenza del termine ne fa dichiarazione al debitore e all’eventuale terzo, mediante atto notificato. In ogni caso ogni obbligo del debitore e del terzo cessa quando la nota di iscrizione a ruolo non è stata depositata nei termini di legge.”. Si richiamano al riguardo le considerazioni di Zambelli, cit., la quale ha osservato in particolare che la assoluta mancanza di conseguenze, almeno con riguardo alla pretesa azionata in executivis, e gli oneri necessari per compiere la notificazione hanno reso questa norma lettera morta e che sarebbe stato necessario quantomeno un coordinamento con le nuove previsioni. Escludono la sussistenza di sanzioni conseguenti alla violazione dell’art. 164-ter disp.att. c.p.c. anche Fabiani-Piccolo, cit. § 4.1.

[9] Parla di “radicale cambio di prospettivaSaletti, cit. § 1.

[10] Conseguente alla sopravvenuta inefficacia del pignoramento.

[11] Zambelli, cit. § 3; rileva Saletti, cit. § 5, che “E’ dunque un travisamento della realtà ritenere che la modifica del 2021 possa essere dettata nell’interesse del terzo; essa, in realtà, mira a salvaguardare i diritti del debitore”. Si vedano anche le severe, ma giuste, considerazioni finali di Tedoldi, cit., § 13.

[12]La mancata notifica dell’avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell’esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento”. La “o” che nel testo normativo separa l’ipotesi della mancata notificazione da quella del mancato deposito va chiaramente intesa in senso disgiuntivo, per cui entrambe le omissioni, singolarmente considerate, provocano l’inefficacia del pignoramento e la conseguente estinzione della procedura esecutiva.

[13] Facendo leva sulla lettera della norma, che pone come condizione che la notifica “non sia effettuata”, si è affermato che, con riguardo al terzo (ma non al debitore), sarebbe necessario il completamento del procedimento di notificazione, in quanto lo stesso “non avendo ricevuto alcuna notificazione alla data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento, potrebbe infatti validamente ritenersi liberato da ogni vincoloBarale, cit. p. 6). Tale argomento “non sembra sufficiente per ritenere che nella fattispecie ci si debba discostare da quello che oramai costituisce un principio generale in materia di notificazione, incentrato sul diverso momento di perfezionamento per il richiedente e il destinatario” (Saletti, cit. § 2).

[14] Per tali ragioni non si condivide affatto la considerazione per la quale la novella “realizza un sistema nel quale il terzo ha la certezza circa il modus agendi al quale ispirare la propria condotta in dipendenza del pignoramento” (Colandrea - Mercurio, cit. p. 18); peraltro, come spiegato al § 2, le situazioni di incertezza si riducono, ma non vengono eliminate, posto che, dopo la notificazione ed il deposito dell’avviso di iscrizione a ruolo, il procedimento esecutivo potrebbe comunque estinguersi per altre ragioni.

[15] Con buona pace anche dell’art. 164-ter disp.att. c.p.c., tranquillamente abrogabile, si sarebbe potuto prevedere che, entro un determinato e congruo termine (sessanta giorni, ad esempio) dalla notificazione del pignoramento (al terzo), e, in ogni caso, entro un determinato e congruo termine (trenta giorni, ad esempio) dal ricevimento della dichiarazione del terzo, il creditore di parte procedente sia tenuto a notificare al terzo stesso un atto di conferma del pignoramento, attestando l’avvenuta iscrizione a ruolo nel termine e magari indicando il numero di ruolo, la persona del giudice w la data di udienza effettiva. Il tutto, salvo che non sia stata nel frattempo già notificata al terzo l’ordinanza di assegnazione. Come anche potrebbe ipotizzarsi l’obbligo a carico del debitore opponente di notificare l’opposizione e l’eventuale provvedimento di sospensione del processo esecutivo al terzo, a pena di improcedibilità dell’opposizione stessa. Purtroppo però le norme continuano ad essere inventate da persone che dimostrano di avere scarsa conoscenza pratica della materia.

[16] Tedoldi, cit. § 13; Barale, cit., p. 13; Colandrea - Mercurio, cit. p. 22; Saletti, cit. § 2.

[17] Colandrea - Mercurio, cit. p. 22.

[18] Saletti, cit. § 3.

[19] Barale, cit., p. 13; la disposizione prevede che “Colui che, prima che il creditore abbia depositato la nota di iscrizione a ruolo prevista dagli articoli 518, 521-bis, 543 e 557 del codice, deposita per primo un atto o un’istanza deve depositare la nota di iscrizione a ruolo e una copia dell’atto di pignoramento ...”.

[20] Pur se, secondo Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano 2006, p. 107, “Dunque la ratio della norma non è tanto quella di rendere più facili le notificazioni o le comunicazioni ... quanto di verificare se il debitore ha effettivamente interesse al processo esecutivo, oppure no: in sostanza, la dichiarazione del debitore equivale ad una costituzione in giudizio: la mancata dichiarazione, latu sensu, ad una contumacia”. Nulla quaestio nei limiti in cui la invocata equivalenza sia desunta dal fatto che il debitore potrà così assumere un ruolo attivo, in quanto riceverà (personalmente) le notificazioni successive e potrà interessarsi del suo destino, anche presenziando alle udienze, nei casi previsti dall’art. 485 c.p.c.. Si tratta però una equivalenza che non integra una costituzione in senso tecnico. Certamente la disposizione mira anche ad attribuire una maggiore dignità al debitore, ma non ne “discende che a proposito dell’esecutato si possa discorrere di un onere di costituzione analogo a quello che caratterizza la figura del convenuto nel processo di cognizione o in quello cautelare, né che l’esecutato stesso per interloquire nello svolgimento dell’espropriazione abbia l’onere della difesa tecnica” (Ronco, sub art. 492, in AA.VV,. Le recenti riforme del processo civile, Bologna, 2007, p. 618). Si vedano anche le considerazioni di Miccolis, Pignoramento, ricerca dei beni da pignorare, estensione del pignoramento, in Foro It. 2005, V, c. 111 e ss., che afferma la duplice finalità dell’avviso di limitare le possibilità del debitore di rendere difficoltose le notificazioni a lui dirette, da una parte, e di favorirne al contempo la partecipazione, dall’altra parte.

[21] Cfr. Saletti, Le novità in materia di pignoramento e di ricerca dei beni da espropriare, in Rivista Esecuzione Forzata, 2005, f. 4, § 2, per il quale “La dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio potranno essere compiute dal debitore personalmente ... essa ... potrà essere effettuata anche durante lo svolgimento dell’espropriazione e non soltanto nell’immediatezza del pignoramento ... La dichiarazione di residenza e l’elezione di domicilio dovranno essere effettuate dal debitore in cancelleria, senza la necessità di particolari formalità, quindi anche per posta.”. Concordano sulla possibilità di rendere la dichiarazione direttamente all’ufficiale giudiziario, tenuto in tal caso a farla risultare nel processo verbale Ronco, cit., p. 620, che menziona la cancelleria come solo apparentemente unico luogo idoneo a riceverla, e Groppoli, sub art. 492, in AA.VV., Commentario alle riforme del processo civile, Padova 2007, p. 62, per la quale “La ratio della norma induce a ritenere equipollenti, quanto agli effetti, anche dichiarazioni effettuate altrove, ma destinate a confluire «presso la cancelleria».”.

[22] Saletti, cit, § 2.

[23] Persi, cit., il quale considera ulteriormente che “Né è fuori luogo osservare che se il problema di un’eventuale iscrizione a ruolo successiva alla data della vocatio in ius in precedenza è stato risolto da alcune corti di merito (cfr. Trib. Enna 225/2016), stabilendo che l’unico termine che il creditore è tenuto a rispettare a pena di inefficacia del pignoramento è, oltre ovviamente quello di 45 giorni ex art. 497 c.p.c. dalla notifica dell’atto, quello di 30 giorni dal ritiro dello stesso prevista del vecchio testo dell’art. 543 c.p.c. ora ciò non sarà più sostenibile, in quanto anche i nuovi adempimenti troveranno il loro substrato normativo nel medesimo articolo. Inoltre, l’obbligo di indicare il numero di ruolo nell’avviso appare poco utile per il debitore e il terzo vista la quantità limitata di informazioni sullo stato della procedura che la parte non costituita potrebbe ottenere. In effetti, ci si trova di fronte a una contraddizione piuttosto rilevante. La riforma onera il creditore, nientemeno che a pena di inefficacia del pignoramento, di comunicare alle altre parti processuali un dato reale (il numero di ruolo) e un dato quasi sempre fittizio (la prima udienza, visto che appare assurdo che l’avviso si limiti a indicare solo il numero di ruolo e non anche la data dell’udienza entro cui deve essere notificato), costringendo il creditore a tener conto dei possibili ritardi nella notifica del pignoramento, nell’effettiva iscrizione a ruolo e nella notifica dell’avviso al debitore ed esponendolo a non rispettare senza propria colpa il termine prescritto a meno di non indicare una data molto posteriore.”.

[24] Lo segnalano Barale, cit., p. 9 e Zambelli, cit., § 3.

[25] Zambelli, cit., § 3; Saletti, cit. § 2 e § 5; Barale, cit., p. 9.

[26] Termine previsto dall’art. 543, comma 3, c.p.c. con richiamo all’art. 501. La sua brevità può tranquillamente essere ignorata, essendo ben difficile che in dieci giorni l’UNEP riesca a restituire l’originale notificato al creditore procedente o che il procedente abbia ricevuto le cartoline attestanti la notificazione eventualmente eseguita a mezzo posta o l’eventuale avviso di deposito dell’atto presso la casa comunale.

[27] Tedoldi, cit. §13; Saletti, cit. § 5; Persi, cit..

[28] Colandrea-Mercurio, cit. § 7.4.

[29] Saletti, cit. § 4.

[30] Ciò che sta già avvenendo, ad esempio, nel distretto della Corte d’Appello di Bologna, ove con circolare in data 21 settembre 2022, preso atto del contenuto della nota ministeriale, è stato dato il seguente avviso all’avvocatura: “Pertanto ai fini organizzativi si comunica che dal 22/09/2022 l’avviso di iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi al debitore e al terzo pignorato (avviso in originale e copie) dovrà essere depositato presso l’UFFICIO ESECUZIONI, in apposito fascicolo, con fondo spese di € 50.00”.

[31] Raramente, nei casi di pignoramento di pensioni o di depositi bancari, il terzo ha sede nel circondario del tribunale competente per l’esecuzione, per cui l’UNEP locale procede con la notificazione a mezzo del servizio postale.

[32] Senza pretesa di completezza, si richiamano le considerazioni di Satta, L’esecuzione forzata. Torino 1963, p. 195 e ss., per il quale “La notifica al debitore è il vero atto di pignoramento ... quella al terzo è una semplice comunicazione ... in forza della quale saprà che sul diritto ... grava ormai un vincolo ... il pignoramento non si esaurisce con la notificazione al debitore e al terzo: esso richiede un’ulteriore attività volta ad assicurare l’esistenza del bene, ad acquisirlo al processo, e rendere così concreto un vincolo che potrebbe essere altrimenti teorico ed immaginario. Questa attività si esplica con la citazione ... la citazione ha il solo scopo di far rendere una dichiarazione al terzo (p. 195 e 196); “La dichiarazione del terzo è, come abbiamo detto, un elemento integrativo del pignoramento.” (p. 204). Prima ancora Redenti, Diritto processuale civile, III, Milano 1957, ha rilevato che “Il pignoramento presso terzi si perfeziona e si concreta per gradus. Il primo atto consiste in una ingiunzione che verrà fatta al terzo ... notificandola a lui personalmente e al debitore esecutato ... e che dovrà essere accoppiata ad una citazione del terzo a comparire... Il libello che viene notificato ... deve contenere anche ... l’intimazione al terzo e al debitore insieme «di astenersi da qualsiasi atto diretto a sottrarre la garanzia del credito i beni che si assoggettano ad espropriazione» (p. 239 e ss.); “Il pignoramento però ... non può ancora considerarsi pienamente perfezionato fin da questo momento. È di essenza infatti del pignoramento la individuazione dei beni, che si assoggettano alla esecuzione” (p. 242), che avviene con la dichiarazione. Ancora, in Colesanti, Pignoramento presso terzi, in Enc. Giur. XXXIII, Milano, 1983, si rileva che “Emerge dalle pur rapidissime osservazioni testé enunciate che quella del pignoramento presso terzi è una cosiddetta «fattispecie complessa a formazione progressiva» (altri preferisce discorrere d’un «procedimento», il che lascia abbastanza indifferenti), di cui son componenti essenziali le menzionate attività da svolgere rispettivamente contro il debitore e contro il terzo; e nei confronti di quest’ultimo, anche l’atto di «collaborazione» che dal terzo si sollecita, mediante la dichiarazione a lui richiesta”. Lo stesso autore rammenta la distinzione ontologica tra l’ingiunzione rivolta al debitore e la intimazione di non disporre rivolta al terzo, sulla quale si soffermano anche Mandrioli - Carratta, in Diritto processuale Civile, VI, Torino, 2015, p. 132, condividendo l’impostazione per la quale “La notificazione al debitore di quest’atto complesso - che apre solo una fase del processo esecutivo - segna il momento determinante per l’acquisto dell’efficacia, e anche per la stessa esistenza del pignoramento ... Il completamento avverrà solo con la dichiarazione del terzo o con l’accertamento del credito” (p. 133 e nota 15). In senso conforme si vedano anche Bove, L’espropriazione forzata, in Giurisprudenza sistematica di Diritto Processuale Civile, Torino, 1998, p. 339 e ss.; di diverso avviso è invece Verde, Pignoramento, in in Enc. Giur. XXXIII, Milano, 1983: “Tuttavia, poiché l’ingiunzione al debitore (e la correlata intimazione al terzo deve essere compiuta in un momento anteriore, si riconosce che essa è in grado di provocare taluni effetti preliminari e, in particolare, di impedire che il credito possa essere estinto per atti volontari successivi. Non è questa la sede per analizzare se la scissione tra questi fatti estintivi e gli altri trovi sufficienti basi nel diritto positivo ... ma è certo comunque che se tali effetti preliminari si producono, all’uopo deve essere sufficiente la non riconosciuta o accertata esistenza del credito, ma la semplice affermazione e descrizione che di essi abbia fatto il creditore pignorante nell’atto notificato al debitore e al terzo. Ne consegue che tale descrizione e affermazione possono anche essere sufficienti per far sorgere il vincolo di destinazione, che è la funzione propria del pignoramento, salva un’eventuale e successiva caducazione di tali effetti nel caso di mancato accertamento della esistenza dei beni o del credito.”. Tra le recenti pronunce di merito nel senso che il pignoramento si perfeziona con la dichiarazione positiva del terzo, laddove resa, ovvero con la sentenza di accertamento del suo obbligo, cfr. Trib. Brescia 13 agosto 2019, n. 2406; Trib. Livorno 3 luglio 2019, n. 715; Trib. Vasto 15 marzo 2019, n. 90; Appello Roma 11 ottobre 2018, n. 3633; Trib. Cosenza 8 febbraio 2018, n. 1416; Trib. Massa 20 luglio 2016, n. 750; le citate decisioni ribadiscono il principio più volte affermato in sede di legittimità, ma con riguardo a procedimenti instaurati anteriormente alle modifiche entrate in vigore dal 1° marzo 2006 (con la conseguente possibilità del terzo di non comparire in udienza e di rendere la propria dichiarazione stragiudizialmente con posta raccomandata o elettronica certificata) da Cass. 9 marzo 2011, n. 5529, in CED RV 617032; Cass. 23 marzo 2011, n. 6666, ivi RV 617390; Cass. 30 gennaio 2009, n. 2473, in Giust. civ. Mass. 2009, p. 139; Cass. 27 gennaio 2009, n. 1949, ivi p. 123; le decisioni testé citate affermano che, nell’ambito della fattispecie complessa in via di perfezionamento, il termine per l’opposizione ex art. 617 c.p.c. da parte del debitore decorre in itinere dal momento in cui l’atto è a lui notificato; molto interessante è la diversa considerazione, che tiene conto delle modifiche apportate nel 2006, per la quale “Il pignoramento presso terzi si perfeziona necessariamente al momento della sua notificazione al terzo, e riguardo quindi ai crediti eventualmente a quella data esistenti. Ciò in quanto, secondo l’attuale formulazione ... il terzo ... non è più tenuto a comparire all’udienza fissata dinanzi al giudice dell’esecuzione, per rendere la propria dichiarazione riguardo all’esistenza ed all’ammontare di propri debiti verso l’esecutato - il che rendeva possibile, nel vigore della precedente disciplina, l’affermazione, ricorrente nella giurisprudenza di legittimità, per cui il pignoramento si sarebbe perfezionato solo colla dichiarazione del terzo, ovvero in caso di omissione o di contestazione della stessa, con l’accertamento giudiziale del suo oggetto ma è invece tenuto a comunicare al creditore procedente la propria dichiarazione, a mezzo di raccomandata, entro dieci giorni dalla notificazione del pignoramento stesso” (Trib. Roma, 22 febbraio 2012, n. 3655).

[33] Appare peraltro equivoco il riferimento della parola “procedura” al pignoramento, che, nei casi di cui agli artt. 543 e ss. c.p.c. è certamente atto complesso a formazione progressiva, ma che non può essere confuso con il procedimento di esecuzione al quale dà prologo.

[34] Sempre senza pretesa di completezza, si richiamano le opinioni di Redenti, cit., per il quale “Questa intimazione non può esser fatta dal procuratore. Lo esclude l’art. 492 richiamato sic et simpliciter nell’art. 543, e del resto è naturale che sia così, perché esso costituisce un atto d’autorità, che determina (sia pure in forma non ancora ben concreta), la perdita del diritto di disporre per ambedue gli intimati”; Nello stesso senso Bove, cit., p. 342, che ripercorre le diverse ricostruzioni dottrinali; Verde, cit., § 2 afferma la centralità dell’ingiunzione al debitore, quale unico requisito di perfezionamento del pignoramento presso terzi, destinato però a divenire inefficace in difetto di dichiarazione positiva o di accertamento dell’obbligo del terzo. Critico invece Satta, cit., p. 195, per il quale l’ingiunzione al debitore prevista dall’art. 543 c.p.c. è “mai come qui fuori luogo” e che, in altro scritto (Satta-Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 1996, p. 786, nota 6), pone l’accento sulla natura recettizia dell’atto per escludere che la sua omissione possa determinare l’inesistenza del pignoramento, bensì una mera nullità, pur considerando che essa “deve essere rivolta senza necessità di formule sacramentali, specificamente e direttamente dall’ufficiale giudiziario al debitore esecutato”; Si veda anche Colesanti, cit. § 6.

[35]A differenza dell’ingiunzione che deve essere inserita dall’ufficiale giudiziario, la intimazione è formulata dal creditore atteso che si ascrive tra i contenuti necessari dell’atto predisposti dalla parte ed individuati dall’art. 543 co. 2” (Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Padova, 2016, p. 1024). Il principio si ricava a contrario anche da Cass. 3 aprile 2015, n. 6835, in CED RV 634822, la quale ha escluso che l’intimazione al terzo (erroneamente) effettuata da parte dell’ufficiale giudiziario in luogo che dalla parte procedente determinasse una nullità dell’atto, relegando il fenomeno alla categoria della mera irregolarità e considerando in motivazione che “Va ribadito che «l’atto di pignoramento presso terzi consta di due parti: a) l’ingiunzione al debitore a norma dell’art. 492 c.p.c., che è opera dell’ufficiale giudiziario, il quale, di solito, la documenta nella relazione di notificazione dell’intero atto; b) l’atto sottoscritto dalla parte o dal suo difensore munito di procura, che contiene l’intimazione al terzo di non disporre, senza ordine del giudice, delle cose o delle somme da esso terzo dovute al debitore» (così già Cass. n. 980/74, ma cfr. anche Cass. n. 7019/95 e Cass. n. 2473/09) ... Va perciò affermato il principio di diritto per il quale, in tema di espropriazione forzata, è soltanto irregolare, non affetto da inesistenza nè da nullità, l’atto di pignoramento presso terzi che contenga l’intimazione al terzo pignorato di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme o cose da lui dovute al debitore esecutato, pur se questa appaia come proveniente dall’ufficiale giudiziario, richiesto di effettuare il pignoramento, piuttosto che dal creditore pignorante, che è invece il soggetto tenuto all’incombente ai sensi dell’art. 543 c.p.c., comma 2, n. 2.”. Corollario della soluzione affermata dalla corte di legittimità è che l’atto di pignoramento di cui all’art. 543 c.p.c., potrebbe in astratto seguire un duplice iter, affidandosi all’ufficiale giudiziario la sola ingiunzione al debitore e procedendosi parallelamente con la notificazione dello stesso atto ai soli fini dell’intimazione al terzo pignorato, dell’invito a rendere la dichiarazione e della citazione del medesimo assieme al debitore, mediante notificazione eseguita ai sensi della l. 53/1994, anche tramite posta elettronica certificata.

[36] Mentre il presente contributo viene pubblicato, risulta già approvato il testo del decreto legislativo delegato, contemplante l’inserimento dell’art. 3-ter e di un nuovo ultimo periodo all’art. 4, comma 2, alla l. 53/1994, attraverso i quali si sancisce l’obbligatorietà delle notificazioni telematiche nei confronti di tutti i soggetti muniti di domicilio digitale o comunque tenuti ad esserlo. Il portale per la notifica mediante pubblicazione ai soggetti che per fatto a loro imputabile non possano ricevere il messaggio di posta elettronica certificata viene individuato in quello di cui all’art. 359 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza.

[37] Tedoldi, cit. § 13.


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