Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 3653 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 14 Ottobre 2010, n. 21251. Est. Di Palma.


Procedimento civile - Contumacia - Del convenuto - In genere - Stato passivo - Non ammissione di un credito - Ragioni - Difetto di prova scritta ex art. 2704 cod. civ. - Giudizio di opposizione - Contumacia del curatore - Rilievo probatorio - Modifica dell'onere della prova - Esclusione - Valutabilità in concorso con altri elementi - Ammissibilità - Conseguenze.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Passività fallimentari (accertamento del passivo) - Ammissione al passivo - In genere - Stato passivo - Non ammissione di un credito - Ragioni - Difetto di prova scritta ex art. 2704 cod. civ. - Giudizio di opposizione - Contumacia del curatore - Rilievo probatorio - Modifica dell'onere della prova - Esclusione - Valutabilità in concorso con altri elementi - Ammissibilità - Conseguenze.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Passività fallimentari (accertamento del passivo) - Formazione dello stato passivo - Verificazione - Opposizione - Conflitto fra creditori anteriori e posteriori alla dichiarazione di fallimento - Criterio regolatore - Anteriorità dei crediti al fallimento - Fondamento - Scrittura privata allegata a documentazione di un credito - Soggezione alle regole di cui all'art. 2704 cod. civ. - Necessità.

Prova civile - Documentale (prova) - Scrittura privata - Data - Certa - In genere - Formazione dello stato passivo fallimentare - Conflitto fra i creditori del fallito - Scrittura privata allegata a documentazione di un credito - Disciplina ex art. 2704 cod. civ. - Applicabilità.



La contumacia del convenuto (nella specie, curatore fallimentare), non assume alcun significato probatorio in favore della domanda dell'attore, ma può concorrere, insieme ad altri elementi, a formare il convincimento del giudice, in quanto, di per sé sola considerata, essa non introduce deroghe al principio generale di cui all'art. 2697 cod. civ.; ne consegue che nel giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare, l'anteriorità del credito di cui si chieda l'ammissione al passivo, costituendo elemento costitutivo del diritto di partecipare al concorso e, quindi, alla distribuzione dell'attivo, va provata dal creditore istante, nè forma oggetto di eccezione in senso stretto riservata alla sola iniziativa di parte (curatore o creditori concorrenti). (massima ufficiale)

In sede di formazione dello stato passivo nel fallimento, il conflitto fra creditori anteriori, che concorrono, e creditori posteriori, che non partecipano, è regolato dal principio di cui all'art. 44 legge fall., derivandone la riserva dei beni del fallito a favore solo dei primi e la preclusione per i creditori posteriori della possibilità di affermare il proprio diritto al concorso; l'opponibilità ai creditori degli atti del fallito solo se compiuti prima della dichiarazione di fallimento, postula infatti che detti creditori, che sono terzi rispetto a tali atti, vantino una situazione di tutela in base ad un'altra norma, l'art. 52 legge fall., che va intesa come se dicesse che "apre il concorso dei creditori anteriori" sul patrimonio del fallito. Ne consegue che, in fase di verifica o di opposizione al medesimo stato passivo, la scrittura privata, allegata a documentazione di un credito, è soggetta, rispetto agli altri creditori, in qualità di terzi, alle regole dettate dall'art. 2704, primo comma, cod. civ., in tema di certezza e computabilità della data. (massima ufficiale)


Massimario, art. 44 l. fall.

Massimario, art. 52 l. fall.

Massimario, art. 98 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. DI PALMA Salvatore - rel. Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 12991/2005 proposto da:
SANPAOLO IMI S.P.A. (C.F. *06210280019*), nella qualità di incorporante del Banco di Napoli spa e mandatario della Società per la Gestione di Attività - SGA SpA, nonché quale procuratore della Società per la Gestione di Attività - SGA Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI CAPRETTARI 70, presso l'avvocato GUARDASCIONE BRUNO, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO DELLA FURNO GEOM. GERARDO & C. S.N.C.;
- intimato -
avverso la sentenza n. 1398/2004 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/04/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21/09/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato B. GUARDASCIONE che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO
che, a seguito di istanza della s.p.a. Banco di Napoli in data 19 settembre 1995, il Tribunale di Benevento, con la sentenza n. 12/96 del 15 febbraio 1996, dichiarò il fallimento della s.n.c. Fumo Gerardo & C., nonché il fallimento personale dei soci Gerardo, Franco ed Antonio @Fumo;
che, con istanza del 23 maggio 1996, il Banco di Napoli chiese di essere ammesso al passivo, in via chirografaria per crediti pari a complessive L. 383.051.044, di cui L. 21.716.727, a fronte di due titoli cambiari e di atto di precetto del 7 agosto 1995, L. 95.998.142, a titolo di scoperto del conto corrente n. *08/490* per anticipo su fatture, L. 264.862.125, a titolo capitale ed interessi da scoperto del conto corrente n. *27/10849* per apertura di credito in conto corrente;
che il Giudice delegato, in sede di verifica dello stato passivo, ammise il solo credito cambiario di L. 21.716.727, escludendo gli altri due crediti, in quanto "non sufficientemente documentati";
che avverso tale provvedimento il Banco di Napoli propose opposizione al Tribunale di Benevento, deducendo che, contrariamente a quanto affermato dal Giudice delegato, i crediti esclusi erano documentati dagli estratti conto periodici inviati alla Società fallita, dallo scambio di numerose lettere raccomandate con avvisi di ricevimento intercorso tra il Banco e la Società, dalla cessione del credito di L. 122.720.000 effettuata dalla Società - quale creditrice di pari somma nei confronti della Cooperativa Casabella per i lavori di costruzione di quattordici alloggi in forza di contratto di appalto del 25 giugno 1990 - allo stesso Banco di Napoli;
che, in particolare, i crediti di cui all'istanza di ammissione al passivo e parzialmente esclusi risultavano documentati dalla certificazione notarile, attestante che nel libro giornale del Banco di Napoli era compresa la somma di "L. 383.051.044 ... quale saldo;
passivo per capitale ed interessi, in dipendenza dei rapporti intrattenuti dalla Filiale di *Benevento* dell'Istituto col Geom. Fumo Gerardo, domiciliato in *Benevento alla Via dei Mulini*";
che, in contumacia del Fallimento, il Tribunale di Benevento, con la sentenza n. 344/02 del 26 febbraio 2002, rigettò l'opposizione, osservando - come riferito dai Giudici a quibus -: "che la certificazione del notaio sulle risultanze delle scritture contabili della Banca era inidonea ai fini di cui trattasi siccome rilasciata dal notaio in data posteriore al fallimento; che, pur risultando provata la concessione dell'anticipazione su cessione di credito, mancava la prova che lo scoperto del conto fosse dovuto a quella cessione; che la nota del 3.5.95 di revoca dell'affidamento, ove è indicato lo scoperto di conto corrente, non poteva costituire prova dell'esistenza del credito prima del fallimento, mancando la prova del recapito della stessa";
che, a seguito di appello del Banco di Napoli avverso tale sentenza, la Corte di Appello di Napoli - sempre in contumacia del fallimento , con la sentenza n. 1398/2004 del 28 aprile 2004, rigettò l'appello;
che, per quanto ancora rileva in questa sede, i Giudici dell'appello hanno affermato: a) "Va innanzitutto precisato che la mancata costituzione del curatore non può valere a far ritenere come non contestati i fatti (tra cui l'anteriorità del credito rispetto all'apertura della procedura concorsuale) posti a fondamento della domanda, perché - dal momento che il credito non era stato ammesso al passivo perché non sufficientemente documentato spettava al creditore opponente, il quale ne assume invece l'ammissibilità, provare il presupposto di questa, e quindi anche la detta anteriorità. Con la conseguenza che, configurandosi detta anteriorità come fatto costitutivo della domanda, la contumacia del fallimento non introduce deroghe al principio dell'onere della prova, nè può assumere alcun significato probatorio in favore della domanda dell'attore"; b) "Ciò posto, deve rilevarsi che nessuna delle generiche deduzioni svolte dal Banco di Napoli con l'atto di appello consente di superare la rilevata mancanza di data certa della documentazione offerta a riprova della insorgenza del credito in epoca antecedente la dichiarazione di fallimento. Le deduzioni svolte dall'appellante si riducono infatti ad apodittiche affermazioni (del tipo la nota di accompagnamento dell'estratto conto non è affatto nuda come si sostiene in sentenza ma è rappresentativa dell'esposizione debitoria) circa l'idoneità della prova, senza però minimamente confutare la validità degli accertamenti in fatto effettuati dal Tribunale. E i dati riportati nella sentenza risultano tutti confermati dall'esame della documentazione allegata dall'opponente al fascicolo di parte del giudizio di primo grado e richiamata nell'atto di appello ..."; c) "Pertanto l'appello (anche a non volerne ritenere l'inammissibilità ai sensi dell'art. 342 c.p.c., per violazione del requisito della specificità dei motivi, per non avere la parte adeguatamente criticato le argomentazioni su cui è basata la decisione del Tribunale) deve essere rigettato, non essendo le censure mosse dall'appellante idonee a scalfire la correttezza della decisione del Tribunale circa l'inidoneità della documentazione prodotta a provare l'insorgenza del credito in epoca antecedente il fallimento"; d) "Appare tuttavia opportuno precisare, ad integrazione di quanto affermato in sentenza con riferimento alla nota di revoca dell'affidamento ove è indicato lo scoperto di conto corrente, che l'eventuale produzione dell'avviso di ricevimento della raccomandata non sarebbe sufficiente a dare certezza, ai sensi dell'art. 2704 c.c., del credito, perché nel caso di specie lo scritto non fa corpo unico con il foglio (l'avviso di ricevimento o anche la ricevuta di accettazione della raccomandata) sul quale il timbro postale è apposto, timbro che, perciò, non costituisce elemento idoneo a conferire carattere di certezza alla data della scrittura ex art. 2704 c.c., viene richiamata la sentenza della Corte di cassazione n. 9482 del 2002";
che avverso tale sentenza la s.p.a. San Paolo I.M.I., quale incorporante la s.p.a. Banco di Napoli, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;
che il Fallimento della s.n.c. Fumo Gerardo & C, nonché dei soci Gerardo, Franco ed Antonio @Fumo, benché ritualmente intimati, non si sono costituiti ne' hanno svolto attività difensiva. CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di onere e di disponibilità delle prove, nonché di pronuncia su eccezioni riservate alla parte; violazione dei principi relativi al concorso tra creditori e alla prova dei crediti nella verifica fallimentare;
omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione agli artt. 112 e 115 c.p.c., artt. 2697 e 2704 c.c., L. Fall., artt. 44 e 45 - art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5"), la ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che i Giudici a quibus, sull'erronea premessa della "terzietà" del curatore fallimentare, hanno del pari erroneamente affermato che: a) la data certa, di cui all'art. 2704 cod. civ., di anteriorità del credito rispetto alla dichiarazione di fallimento è fatto costitutivo della domanda, anziché fatto impeditivo del riconoscimento del diritto di credito eccepibile soltanto dal curatore fallimentare; b) allorquando - come nella specie - il curatore non si costituisce nel giudizio di opposizione alle stato passivo, la sua contumacia non comporta la non contestazione della "anteriorità" della data dei crediti dedotta dal creditore opponente, mentre la contumacia del curatore avrebbe dovuto considerarsi quale limite alla rilevabilità di ufficio della non certezza della data dei crediti; c) la documentazione prodotta è inidonea a dimostrare detta anteriorità, mentre la giurisprudenza della Corte di cassazione ammette che la stessa anteriorità possa essere dimostrata con ogni mezzo di prova idoneo allo scopo e non già secondo le regole di cui all'art. 2704 cod. civ.;
che, con il secondo motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione di legge - L. Fall., art. 45, artt. 152, 155 cod. proc. civ., artt. 2709, 2710 cod. civ.; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia - art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5"), la ricorrente critica ancora la sentenza impugnata, sostenendo che i Giudici a quibus non hanno assolutamente motivato le ragioni della ritenuta inidoneità della certificazione notarile attestante l'appostazione dei crediti parzialmente esclusi nel libro giornale del Banco di Napoli alla data del 15 febbraio 1996;
che, con il terzo motivo (con cui deduce: "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all'art. 2704 cod. civ. e alla L. Fall., art. 45; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia - art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 3 e 5"), la ricorrente critica infine la sentenza impugnata, sostenendo che - anche a voler ammettere l'applicabilità alla specie della disciplina di cui all'art. 2704 cod. civ. - i Giudici dell'appello hanno totalmente omesso di considerare la circostanza che in data 19 settembre 1995, unitamente al deposito nella cancelleria della istanza di fallimento, era stata prodotta certificazione - resa ai sensi dell'art. 635 cod. proc. civ. e dell'art. 102 della Legge Bancaria - del credito di L. 236.664.976, con la conseguenza che alla stessa data, proprio in forza dell'art. 2704 cod. civ., detto credito aveva acquistato data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento (15 febbraio 1996) appunto con il deposito dell'istanza in cancelleria;
che il ricorso non merita accoglimento;
che, con riferimento al primo motivo ed in via generale, deve essere ribadito il condiviso orientamento di questa Corte, secondo il quale alla qualificazione siccome "pacifico" (incontroverso, non contestato) di un fatto allegato da una parte - di fatto cioè la cui certezza è condivisa, in modo implicito o esplicito, da tutte le parti del processo - non può pervenirsi in un giudizio contumaciale nel corso del quale abbia interloquito solo una delle parti del rapporto processuale, in quanto la contumacia non introduce deroghe al principio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 cod. civ. e non può assumere perciò, di per se sola, alcun significato probatorio in favore delle domande o delle eccezioni delle parti, potendo invece concorrere, unitamente ad altri elementi probatori, a formare il convincimento del giudice (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 12184 del 2003, 15777 del 2006, 7739 del 2007);
che, sempre con riferimento al primo motivo, va ribadito che l'anteriorità del credito - del quale si chiede l'ammissione al passivo fallimentare - rispetto alla dichiarazione di fallimento è elemento costitutivo del diritto di partecipare al concorso e, quindi, alla distribuzione dell'attivo, con la conseguenza che tale anteriorità del credito, dovendo essere provata dal creditore istante, non può formare oggetto di eccezione in senso stretto riservata all'iniziativa di parte (curatore o creditori concorrenti);
che, infatti, le sezioni unite di questa Corte hanno recentemente ribadito che le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riserva il potere di rilevazione alla parte, ovvero in quelle in cui il fatto integratore dell'eccezione corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare che, quindi, per determinare effetti modificativi, impeditivi od estintivi di un rapporto giuridico richiede il tramite di una manifestazione di volontà da parte dello stesso titolare del diritto, da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale (cfr., la sentenza n. 15661 del 2005 e le successive conformi);
che inoltre, per quanto attiene in particolare all'accertamento del passivo fallimentare, già da tempo le sezioni unite di questa Corte hanno precisato che, "nell'esecuzione concorsuale, la norma in forza della quale si crea un conflitto fra più creditori del medesimo debitore è quella della L. Fall., art. 44, perché da essa discende la riserva dei beni del fallito (o dell'imprenditore in liquidazione coatta) a favore dei creditori anteriori alla dichiarazione di fallimento (o al provvedimento di liquidazione coatta, stante il richiamo all'art. 44 contenuto nella L. Fall., art. 200) e la preclusione per i creditori posteriori della possibilità di affermare il proprio diritto al concorso (ex art. 2740 c.c.). Invero, la norma che sancisce un'opponibilità ai creditori degli atti compiuti dal fallito, solo se compiuti prima della dichiarazione di fallimento, postula che detti creditori, che sono terzi rispetto ai suddetti atti, vantino una situazione di tutela in base ad un'altra norma, quale è quella dell'art. 52, che dispone che il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, di guisa che quest'ultima deve essere letta come se dicesse: apre il concorso dei creditori anteriori" (cfr. la sentenza n. 8879 del 1990, in motivazione);
che, quanto al secondo motivo - con il quale si deduce che i Giudici a quibus non hanno assolutamente motivato le ragioni della ritenuta inidoneità della certificazione notarile attestante l'appostazione dei crediti parzialmente esclusi nel libro giornale del Banco di Napoli alla data del 15 febbraio 1996 -, la censura è inammissibile;
che, infatti, i giudici dell'appello - nel rilevare che "nessuna delle generiche deduzioni svolte dal Banco di Napoli con l'atto di appello consente di superare la rilevata mancanza di data certa della documentazione offerta a riprova della insorgenza del credito in epoca antecedente la dichiarazione di fallimento", e che "Le deduzioni svolte dall'appellante si riducono infatti ad apodittiche affermazioni (del tipo la nota di accompagnamento dell'estratto conto non è affatto nuda come si sostiene in sentenza ma è
rappresentativa dell'esposizione debitoria) circa l'idoneità della prova, senza però minimamente confutare la validità degli accertamenti in fatto effettuati dal Tribunale", e nell'affermare, conseguentemente, che "Pertanto l'appello (anche a non volerne ritenere l'inammissibilità ai sensi dell'art. 342 c.p.c., per violazione del requisito della specificità dei motivi, per non avere la parte adeguatamente criticato le argomentazioni su cui è basata la decisione del Tribunale) deve essere rigettato, non essendo le censure mosse dall'appellante idonee a scalfire la correttezza della decisione del Tribunale circa l'inidoneità della documentazione prodotta a provare l'insorgenza del credito in epoca antecedente il fallimento" - hanno emesso una pronuncia fondata su una duplice ratio decidendi, di inammissibilità dell'appello per genericità dei motivi ed inoltre di infondatezza della medesima impugnazione, ciascuna delle quali sorregge autonomamente il decisum;
che, a fronte di ciò, la ricorrente omette del tutto di censurare la specifica ratio decidendi di inammissibilità dell'appello, con la conseguenza che, ove anche la censura rivolta alla decisione di infondatezza dell'impugnazione risultasse - per mera ipotesi meritevole di accoglimento, la sentenza impugnata resterebbe pur sempre ferma sulla base della ratio non censurata, con l'ulteriore conseguenza dell'inammissibilità del motivo per carenza di interesse;
che anche il terzo motivo del ricorso - con il quale si sostiene che, anche a voler ammettere l'applicabilità alla specie della disciplina di cui all'art. 2704 cod. civ., i Giudici dell'appello hanno totalmente omesso di considerare la circostanza secondo cui, in data 19 settembre 1995, unitamente al deposito nella cancelleria della istanza di fallimento, era stata prodotta certificazione, resa ai sensi dell'art. 635 cod. proc. civ. e dell'art. 102 della Legge Bancaria, del credito di L. 236.664.976, con la conseguenza che alla stessa data, proprio in forza dell'art. 2704 cod. civ., detto credito aveva acquistato data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento (15 febbraio 1996), appunto con il deposito della istanza di fallimento in cancelleria - è inammissibile;
che, infatti - posto che tale argomento difensivo non è affatto trattato nella sentenza impugnata, e che al riguardo viene dedotto il vizio di omessa motivazione -, il motivo manca di autosufficienza, in quanto sarebbe stato onere della ricorrente indicare specificamente dove, quando ed in quali termini detto argomento difensivo era stato prospettato e svolto nel giudizio di merito, ciò al fine di dimostrare la sussistenza del vizio denunciato e di superare, quindi, la sanzione di inammissibilità della censura per la novità della questione posta;
che non sussistono i presupposti per pronunciare sulle spese del presente grado del giudizio.
P.Q.M.
Ricetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 settembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2010