Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26016 - pubb. 12/01/2018

Opposizione fondata sulla costituzione di fondo patrimoniale sui beni ipotecati o pignorati

Cassazione civile, sez. III, 12 Dicembre 2017, n. 29654. Pres. Vivaldi. Est. Rossi.


Riscossione coattiva - Espropriazione immobiliare - Opposizioni



In difetto di prova, il cui onere incombe sul coniuge opponente, della destinazione del reddito di impresa a bisogni diversi dal soddisfacimento delle esigenze della famiglia, poiché la l’obbligazione fiscale è connessa al reddito stesso e questo va normalmente devoluto ai bisogni dell’imprenditore personali e della sua famiglia, va respinta la sua opposizione fondata sulla costituzione di fondo patrimoniale sui beni ipotecati o pignorati. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


FATTI DI CAUSA

 

TIZIO e CAIA, coniugi in regime di comunione legale, proposero opposizione avverso l’espropriazione immobiliare intrapresa nelle forme della procedura di riscossione mediante ruolo (con la notifica di avviso di vendita ex art. 79 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) dalla Ge.Ri.Co. S.p.A. (concessionario) per la soddisfazione di un credito di natura tributaria nei riguardi del TIZIO, deducendo la impignorabilità del bene immobile pignorato (di proprietà comune) poiché costituito in fondo patrimoniale in epoca anteriore alla formazione del ruolo.

 

Il rigetto della opposizione, pronunciato dalla Corte di Appello di Venezia a conferma della decisione di primo grado, venne cassato da questa Corte (con la sentenza del 07 luglio 2009, n. 15862), con l’affermazione del seguente principio di diritto: «Il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo patrimoniale va ricercato non già nella natura delle obbligazioni (legale o contrattuale), ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse ed i bisogni della famiglia, essendo irrilevante l’anteriorità o posteriorità del credito rispetto alla costituzione del fondo».

 

La sentenza resa dalla Corte di Appello di Venezia a seguito del rinvio così disposto venne poi dichiarata nulla da questa Corte (con ordinanza del 12 novembre 2014, n. 24042) per vizio di composizione del giudice ex art. 158 cod. proc. civ., in quanto pronunciata, in violazione del principio dell’alterità del giudice del rinvio, da un collegio composto anche da un magistrato che aveva pronunciato il provvedimento in precedenza cassato.

 

Riassunta la controversia, la Corte di Appello di Venezia - con la sentenza del 5 ottobre 2015, n. 2302 - disattendeva l’opposizione.

 

Ricorrono per cassazione TIZIO e CAIA affidandosi a due motivi illustrati da memoria; resiste, con controricorso, la Equitalia Nord S.p.A., succeduta nelle more del giudizio, per effetto di plurime vicende successorie, all’originario contraddittore Ge.Ri.Co. S.p.A..

 

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

 

1. Con il primo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 170 cod. civ. e dell’art. 53 Cost., parte ricorrente assume che i beni costituti in fondo patrimoniale, integranti un patrimonio separato, rispondono soltanto per le obbligazioni assunte per la soddisfazione delle esigenze familiari, dalle quali sono «istituzionalmente» estranei i debiti di natura fiscale, per essere i tributi per loro funzione finalizzati al soddisfacimento delle spese e dei bisogni pubblici.

 

Il motivo è infondato.

 

Ai fini dell’esame della censura, occorre muovere dai principi di diritti affermati da questa Corte nella sentenza n. 15862/2009 di cassazione della prima pronuncia di appello: «il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia, di talché risulta senz’altro erronea la sentenza impugnata ove ha ritenuto di eludere il divieto di esecuzione sui beni del fondo di cui all’art. 170 cod. civ., sulla base della natura legale e non contrattuale dell’obbligazione tributaria azionata in via esecutiva. Facendo, dunque, corretta applicazione dei principi, va accertato, in punto di fatto, se il debito de quo possa dirsi contratto o meno per soddisfare i bisogni della famiglia, considerato che, se è vero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che tale finalità non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa, è evidente tuttavia che la richiamata circostanza non è, a contrario, nemmeno idonea ad escludere in via di principio che il debito possa dirsi contratto per soddisfare detti bisogni. L’accertamento relativo alla riconducibilità dei debiti alle esigenze della famiglia costituisce un accertamento istituzionale rimesso al giudice di merito. Quanto ai criteri cui tale accertamento deve conformarsi, la giurisprudenza in prevalenza accoglie un parametro negativo, affermando che sono ricompresi nei detti bisogni anche le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi. A tali principi si atterrà il giudice di rinvio, con l’avvertenza, tuttavia, che anche operazioni meramente speculative possono essere ricondotte ai bisogni della famiglia, allorché appaia certo, in punto di fatto, che esse siano state poste in essere al solo fine di impedire un danno sicuro al nucleo familiare. È invece irrilevante in questa sede qualsiasi indagine riguardo alla anteriorità del credito rispetto alla costituzione del fondo, in quanto l’art. 170 cod. civ. non limita il divieto di esecuzione forzata ai soli crediti (estranei ai bisogni della famiglia) sorti successivamente alla costituzione del fondo, ma estende la sua efficacia anche ai crediti sorti anteriormente, salva la possibilità per il creditore, ricorrendone i presupposti, di agire in revocatoria ordinaria».

 

L’accertamento così richiesto è stato analiticamente compiuto nella sentenza in questo giudizio impugnata.

 

La Corte territoriale ha infatti ritenuto che: «l’attività imprenditoriale del TIZIO, peraltro svolta individualmente e non già in forma societaria, aveva l’eminente scopo di garantire reddito, per poter vivere adeguatamente a sé ed alla sua famiglia»; «l’imposizione risulta correlata alla produzione di reddito»; «l’imposizione indiretta concorre alla definizione del reddito di impresa destinato ai bisogni di vita propri e della famiglia»; «la genesi dell’obbligazione erariale, quale ripresa a tassazione connessa ad operazioni commerciali in nero» è correlata ai bisogni della famiglia, «poiché sorge in connessione con il reddito prodotto dall’impresa e goduto dall’imprenditore per sé e la propria famiglia».

 

Ha poi affermato, conclusivamente, che l’onere della prova della destinazione del reddito ad altri scopi, diversi dal soddisfacimento delle esigenze della famiglia, incombeva agli opponenti e non era stato in alcun modo assolto.

 

Così argomentando, il giudice del rinvio si è conformato ai principi di diritto enunciati da Cass. 15862/2009, più volte ribaditi da questa Corte con successive pronunce afferenti la aggredibilità in executivis o la sottoponibilità ad ipoteca di beni costituiti in fondo patrimoniale per la soddisfazione di crediti tributari (tra le ultime, Cass. 22/02/2017, n. 4593; Cass. 09/11/2016, n. 22761/2016; Cass. 24/02/2016, n. 3600; Cass. 29/01/2016, n. 1652; Cass. 13/11/2015, n. 23328; Cass. 21/10/2015, n. 21396; Cass. 24/02/2015, n. 3738).

 

A fronte di ciò, il motivo di ricorso si concreta nella riproposizione di argomentazioni di carattere astratto e generale sulla natura del fondo patrimoniale e sulla funzione delle obbligazioni tributarie, senza specifici riferimenti alla vicenda controversa e, soprattutto, senza una puntuale confutazione dell’articolata ratio decidendi della sentenza della Corte di Appello.

 

2. Con il secondo motivo, rubricato «omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», parte ricorrente deduce come la Corte di Appello non abbia debitamente valutato la documentazione prodotta nei gradi di merito - in specie, le cartelle esattoriali a carico del TIZIO per tributi - da cui potevano evincersi, nella prospettazione dell’impugnante, indici sufficienti a ritenere provata, in via presuntiva, l’estraneità dei debiti ai bisogni familiari.

 

La censura è inammissibile.

 

Alla vicenda, per essere stata la sentenza impugnata pubblicata nell’ottobre 2015, trova applicazione il disposto dell’art. 360, comma 1, num. 5, cod. proc. civ., nella formulazione novellata dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha operato la riduzione al minimo del sindacato di legittimità sui vizi di motivazione, possibile ora, alla stregua dell’orientamento di questa Corte, soltanto in presenza di un’anomalia che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, e che si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione (sul punto, sia sufficiente il richiamo a Cass., Sez. U, 22/09/2014, n. 19881 e a Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).

 

Il motivo formulato, tuttavia, lungi dal prospettare un’anomalia motivazionale del genere, non individua nemmeno il fatto (da intendersi non come una questione o un punto della sentenza, ma come un fatto vero e proprio, ovvero un fatto principale -costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo- od anche un fatto secondario, purché dedotto in funzione prova di un fatto principale: Cass. 13/09/2013, n. 20931) la cui valutazione sarebbe stata omessa né, a fortiori, il carattere di decisività ai fini della risoluzione della lite: denunciando la - peraltro inadeguata e non già omessa - valutazione delle cartelle esattoriali, parte ricorrente intende rimarcare la natura tributaria delle obbligazioni inadempiute dal TIZIO e la riferibilità delle stesse all’attività commerciale da questi esercitata, circostanze fattuali diffusamente considerate dalla Corte territoriale al fine di escludere l’estraneità di siffatti debiti alle esigenze familiari tutelate dal fondo patrimoniale.

 

3. Rigettato il ricorso, la disciplina delle spese del giudizio di legittimità segue il principio della soccombenza ex art. 91 cod. proc. civ., con liquidazione operata alla stregua dei parametri fissati dal D.M. 55/2014, come in dispositivo.

 

Avuto riguardo all’epoca di proposizione del ricorso per cassazione (posteriore al 30 gennaio 2013), la Corte dà atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228): il rigetto del ricorso costituisce il presupposto per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

 

 

P.Q.M.

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

 

Condanna parte ricorrente al pagamento in favore del contro ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.200,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.

 

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

 

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 21 settembre 2017.