Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 1733 - pubb. 25/05/2009

Compensazione del credito per conferimenti con il credito del socio

Cassazione civile, sez. I, 19 Marzo 2009, n. 6711. .


Fallimento - Società - Credito per conferimenti nei confronti del socio - Compensazione con crediti del socio - Ammissibilità.



L'obbligo del socio di conferire in danaro il valore delle azioni sottoscritte in occasione di un aumento del capitale sociale è un debito pecuniario che può essere estinto per compensazione con un corrispondente credito pecuniario nei confronti della società, anche a norma dell’art. 56 della legge fallimentare.



omissis  

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Fatto

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Roma ha confermato il rigetto dell'opposizione proposta dalla A. H. s.p.a. avverso il decreto con il quale il Giudice delegato al fallimento della P. D. I. s.p.a. le aveva ingiunto, quale socia della società fallita, il pagamento della somma di Euro 206.883,60, quota di sua spettanza di un aumento di capitale deliberato e sottoscritto prima del fallimento.

Hanno ritenuto i giudici del merito che non era ammissibile la compensazione, dedotta dall'opponente, tra un credito verso la società e il debito da sottoscrizione di aumento di capitale.

Contro la sentenza d'appello ricorre ora per cassazione la A. H. s.p.a. e propone un unico motivo d'impugnazione, cui resiste con controricorso il Fallimento P. D. I. s.p.a..

Diritto

1. Con l'unico motivo d'impugnazione la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell'art. 1241 c.c. e segg., e L. Fall., art. 56, sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici del merito, l'art. 2344 c.c., non attribuisce al debito da conferimento una particolare natura, preclusiva della possibilità di una sua estinzione per compensazione.

Il ricorso è fondato.

Secondo la giurisprudenza più recente, infatti, nel caso di sottoscrizione di un aumento del capitale sociale, il conferimento può essere eseguito mediante compensazione tra il relativo debito del socio e un suo credito verso la società, che, pur perdendo formalmente il credito al conferimento, acquista concretamente un "valore" economico, consistente nella liberazione da un corrispondente debito (Cass., sez. 1^, 24 aprile 1998, n. 4236, m. 514876, Cass., sez. 1^, 5 febbraio 1996, n. 936, m. 495723).

Nè è condivisibile il contrario orientamento giurisprudenziale richiamato dai giudici del merito, ma risalente in realtà al 1938 (Cass., 5 dicembre 1938, n. 3148), che aveva ipotizzato un divieto di compensazione a norma dell'art. 1246 c.c., n. 5, "a salvaguardia della corrispondenza tra il valore nominale del capitale sociale e la sua effettiva entità, dato che i versamenti del sottoscrittore costituiscono atto dovuto per la conservazione della qualità di socio e vanno eseguiti appena gli amministratori sollecitano il socio all'adempimento" (Cass., sez. 1^, 10 dicembre 1992, n. 13095).

E' vero infatti che l'art. 1342 c.c., comma 1, esige che i conferimenti siano fatti in danaro. Tuttavia la compensazione, intervenendo tra crediti entrambi pecuniari a norma dell'art. 1243 c.c., comma 1, non modifica l'oggetto del conferimento, che avviene pur sempre in danaro, ma solo le modalità di estinzione dell'obbligo di conferire.

Quanto alla pretesa esigenza di salvaguardare la "corrispondenza tra il valore nominale del capitale sociale e la sua effettiva entità", si tratta evidentemente di un equivoco.

Infatti il capitale sociale è solo una quota ideale del patrimonio netto della società. Ma il patrimonio netto è la differenza fra le poste dell'attivo e le poste del passivo esposte in bilancio. Sicchè si incrementa sia con l'aggiunta di una posta attiva (versamento in danaro) sia con la soppressione di una posta passiva (estinzione di un debito). E nella prospettiva della società, che è l'unica rilevante ai fini del conferimento, ciò che è davvero necessario è appunto solo l'incremento del suo patrimonio netto, in una misura tale da coprire l'intero valore nominale delle azioni emesse e sottoscritte dal socio che conferisce mediante compensazione.

Considerato dunque che anche la compensazione comporta un aumento del patrimonio netto della società, non vi sono ragioni per escluderne l'ammissibilità come modo di estinzione dell'obbligazione pecuniaria di conferimento, secondo le norme generali del codice civile, che sono applicabili anche alla compensazione prevista dalla L. Fall., art. 56 (Cass., sez. un., 16 novembre 1999, n. 775, m. 531937). Nè tale ammissibilità risulta esclusa nel caso in esame da specifiche norme statutarie, di cui non è stata neppure dedotta l'esistenza.

Mentre la compensazione non è certo preclusa da norme, come gli art. 2344 c.c. e L. fall., art. 150, che prevedono particolari modalità di esazione del credito vantato dalla società, perchè tali norme presuppongono evidentemente l'esistenza del credito, che risulta invece estinto per effetto appunto della compensazione.

In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio ai giudici del merito, che si atterrano al seguente principio di diritto.

L'obbligo del socio di conferire in danaro il valore delle azioni sottoscritte in occasione di un aumento del capitale sociale è un debito pecuniario che può essere estinto per compensazione con un corrispondente credito pecuniario nei confronti della società, anche a norma della L. Fall., art. 56, quando ne sia sopravvenuto il fallimento.

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2009


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