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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 23/10/2023 Scarica PDF

Un'ordinanza fondata su un equivoco (l'ammortamento francese secondo il Tribunale di Salerno)

Fabrizio Cacciafesta, Già professore ordinario di Matematica Finanziaria presso l'Università di Roma "Tor Vergata"


Sommario: 1. Introduzione; 2. Premesse matematiche e giuridiche; 3. Il regime di svolgimento di un prestito "AFS"; 4. Qualche possibile ragione di equivoco; 5. La non pattuizione della "modalità francese"; 6. Un'occasione perduta.

 

1. Introduzione

Nell'ambito della causa civile iscritta al N.R.G. 9120/2022, il Tribunale di Salerno ha emesso un'ordinanza di rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione[1], che si pronunci sulla questione se la mancata indicazione della modalità di ammortamento c.d. "alla francese" e/o del regime di capitalizzazione "composto" degli interessi passivi all'interno di un contratto di mutuo bancario … integri oppure no un'ipotesi di nullità parziale del contratto.

Chi scrive, auspica da tempo un intervento che metta fine all'attuale, umiliante[2] situazione di disordine giurisprudenziale: quando si tratti di prestiti "alla francese",  diversi Tribunali della stessa Repubblica danno, ad identiche domande, risposte diametralmente opposte. L'affermazione (pag. 13 dell'ordinanza) che un pronunciamento in via pregiudiziale della Suprema Corte potrebbe prevenire l'insorgere di un significativo contenzioso ci sembra dunque alquanto ottimistica. Il contenzioso è insorto da tempo, ed in misura assai più che significativa.

Al desiderio di uscire, finalmente, dall'incertezza, si affianca però il timore di farlo nella direzione sbagliata. L'argomento richiede pur sempre un minimo di conoscenze tecniche, che non tutti i protagonisti sembrano avere. Abbiamo in più occasioni[3] segnalato gl'imbarazzanti  errori nei quali consulenti assai poco tecnici hanno indotto giudici colpevoli solo di aver scelto senza molta oculatezza i loro referenti; o, in qualche caso, le loro letture.

Qualcosa di simile dobbiamo rilevare in relazione all'ordinanza: la quale, proveremo, è basata su un equivoco che la svuota di ogni significato. Il Tribunale mostra di ritenere che l'ammortamento francese standard (d'ora in avanti: AFS) sia un'operazione regolata dall'interesse composto, e lamenta che questo fatto non venga citato nel contratto. Poiché, come mostreremo nel par. 3, un AFS non si svolge affatto secondo le regole di questo regime, bensì secondo quelle dell'

interesse semplice[4], il rilievo perde ogni fondamento. Il Tribunale di Salerno chiede alla Corte di Cassazione, in sostanza, come vada giudicato un contratto di prestito che non riporti un' affermazione falsa.

E' a vero dire pensabile una forma di ammortamento francese (non standard) in interesse composto; che però non è mai praticata, per le semplici ragioni che illustreremo ancora nel par.3. Il rilievo del Tribunale avrebbe un significato formale se esso avesse contezza che ci si trovi, inspiegabilmente, in questo caso: a quanto risulta, non è così. Resterebbe comunque privo di significato sostanziale perché quell'"ammortamento francese alternativo" è – dal punto di vista del debitore – del tutto indistinguibile dall'AFS. Il silenzio sul suo utilizzo non comporterebbe, dunque, alcun nocumento per nessuno. 

Che, poi, il silenzio del contratto possa riguardare non il regime di svolgimento dell' operazione ma il metodo di calcolo della rata, è escluso da una lettura, anche superficiale, dell' ordinanza.

A parte (nel par. 5) tratteremo il fatto che il contratto non parli esplicitamente di "ammortamento francese"; fatto, cui il Tribunale sembra però attribuire minore importanza rispetto alla non specificazione del regime finanziario. Argomenteremo che si tratta, da un lato, di una locuzione tecnica non comprensibile per il cliente normalmente privo del necessario bagaglio di conoscenze evocato a pag. 7 dell'ordinanza; dall'altro e come già accennato, di un concetto cui molti non riconoscono il significato univoco di AFS. La presenza di quelle parole nel contratto non ne aumenterebbe, dunque, il contenuto informativo.

Sembra, in definitiva, che siano state rivolte alla Corte di Cassazione domande a risposta scontata, e dunque inutili. Restano invece, e purtroppo, ignorate le questioni sulle quali si attende ancora che piena luce sia fatta, e che elencheremo nel par. 6; nel titolo del quale parliamo, appunto, di un'occasione sprecata.

 

2. Premesse matematiche, e giuridiche

2.1 Premesse matematiche: operazioni "in interesse composto"

Ricordiamo che, secondo una prima definizione approssimativa, un'operazione si svolge in interesse composto quando gl'interessi via via generati (de die in diem; ma, per i matematici: con continuità) dal capitale investitovi, generano a loro volta nuovi interessi, a loro volta fruttiferi; e così via all'infinito. Gl'interessi "di prima generazione" sono a volte detti (ma non dai matematici) "primari"; "secondari" tutti gli altri.

Abbiamo parlato di una definizione approssimativa: quella rigorosa parla non solo di interessi che generano nuovi interessi (evidentemente, "anatocistici"), ma anche del fatto che essi vengono, dal momento della loro nascita, "capitalizzati": ossia uniti al capitale fruttifero fino al momento precedente, e resi – non solo, quindi, anch'essi fruttiferi, ma – del tutto indistinguibili da esso.

Questa operazione di capitalizzazione continua (alla quale gli autori di lingua inglese alludono dicendo che l'interesse viene continuously compounded) è ovviamente del tutto teorica. Nella pratica, essa non può venire effettuata che un numero finito di volte; se lo è ad intervalli regolari, si parla di "capitalizzazione periodica degl'interessi".

E' questo, ad esempio, il regime che descrive la dinamica dei conti correnti bancari: ad ogni 31 dicembre, tutti gl'interessi generati nel corso dell'anno sono (calcolati con le regole dell'interesse semplice, e) aggiunti al capitale depositato; l'1 gennaio successivo, giace nel conto una somma complessiva, nella quale non esiste alcuna differenza di origine tra le due componenti (capitale versato, ed interessi da esso generati).

Nei casi come quello ora esemplificato (di cui sottolineiamo la rilevanza pratica), la denominazione precisa è "regime dell'interesse semplice, con capitalizzazione periodica degl' interessi"[5]. Nel seguito, e seppure imprecisamente, parleremo però senz'altro, di "operazione in interesse composto" anche in relazione a questa variante.

 

2.2  Premesse giuridiche: il regime finanziario previsto per le operazioni di prestito

Per quanto riguarda l'aspetto giuridico, ricordiamo che due sentenze della Corte di Cassazione stabiliscono che le operazioni di prestito si svolgono secondo la legge dell'interesse semplice, con eventuale pagamento periodico[6] degl'interessi.

Per la n. 3797/1974, infatti, quando il tasso di remunerazione sia assegnato in ragione d'anno, ove occorra determinare l’importo degli interessi … per un periodo inferiore all’anno, bisogna dividere l’importo degli interessi annuali per il numero dei giorni che compongono l’anno e moltiplicare il quoziente per il numero dei giorni da considerare. Questo implica che il capitale investito cresce linearmente, ossia secondo l'interesse semplice.

Resta dunque, tra l'altro, escluso che il prestito si svolga in interesse composto. Infatti, la norma vuole che l'interesse dovuto per un semestre a fronte di 100 euro al 10% annuo sia pari alla metà del totale annuo, cioe a 5 euro; se l'operazione avvenisse in interesse composto, l'interesse generato a quel momento ammonterebbe invece a 4,88 euro.

D'altra parte, la sentenza n. 5286/2000 vieta la capitalizzazione degl'interessi: in un mutuo, con rate … che comprendono parte del capitale e gli interessi, tali interessi non possono certamente divenire capitale da restituire a chi l’ha concesso. Ciò esclude la modalità "interesse semplice, con capitalizzazione periodica degl'interessi".

In questa situazione, ci sembra – in aggiunta - che non si possano porre questioni di indeterminatezza o incompletezza legata alla mancata indicazione del regime di svolgimento dell'operazione: ve ne è, infatti, uno prescritto, in termini che a noi pare lo rendano obbligatorio.

Dobbiamo tuttavia ritenere che questa obbligatorietà sia derogabile, o la questione sollevata dal Tribunale di Salerno perderebbe ogni significato. Essa riguarda, infatti, un contratto di prestito che si ritiene svolgersi in interesse composto: l'obiezione sollevata essendo non che la modalità è proibita, ma solo che non è stata pattuita.

 

3. Il regime di svolgimento di un prestito "AFS"

3.1 Come anticipato nel par. 2.2, il Tribunale di Salerno scrive che per il contratto sotto esame, che è detto essere ad ammortamento c.d. "alla francese", non è stato indicato il regime di capitalizzazione "composto" degli interessi debitori. Si configurerebbe dunque l'utilizzo illegittimo, perché non pattuito, di una modalità sia pure (per il Tribunale, apparentemente) lecita[7], ma comportante per il debitore un onere maggiore rispetto ad altre.

L'ammortamento c.d. "alla francese di cui sopra, secondo il quale si è svolto il prestito, è

quello standard (risulta dal piano di ammortamento che leggiamo essere allegato al contratto): ossia, con una rata costante comodamente calcolabile mediante una formula in interesse composto, che ricorderemo nel par. 4.1, e una modalità d'imputazione delle rate come nell'esempio che stiamo per presentare. Mostriamo che, per esso, parlare di regime di capitalizzazione "composto" degli interessi debitori (ossia, di presenza del regime dell'interesse composto) è, semplicemente, errato.

Alla luce delle competenze ipotizzabili in un eventuale lettore, riteniamo preferibile non una dimostrazione formale, ma una esemplificazione di scuola.

Consideriamo dunque il prestito di 100 euro, da rimborsare secondo l'AFS in due anni, e da remunerare secondo il TAN del 10%. La formula "in interesse composto" di cui sopra fornisce per la rata il valore di 57,62. Ne risulta il seguente piano d'ammortamento:

 

Tabella 1- Un piano d'ammortamento francese standard

(interesse semplice, con rimborso progressivo e pagamento annuo degl'interessi)

 

anno

pagamento

debito residuo

inter.

capit.

totale

inter.

capit.

totale

1

10

47,62

57,62

-

52,38

-

2

5,24

52,38

57,62

-

-

-

 

nel quale è impossibile (per chiunque sappia di che cosa sta parlando) vedere traccia di capitalizzazione composta: i 10 euro d'interessi generati nel corso del primo anno, tutti "primari", sono pagati per intero al termine di questo; neanche un centesimo viene "capitalizzato". Ne risulta che, durante il secondo anno, non vi possono essere interessi generati da interessi e, insomma, che non ha senso parlare di interesse composto. Il regime di svolgimento di questo prestito è quello dell'interesse semplice, con pagamento annuo degl'interessi.

Sottoliniamo la differenza tra questo e il regime dell'interesse semplice con, invece, capitalizzazione periodica degl'interessi, di cui al par. 2.1. Sappiamo bene che, da un certo punto di vista molto teorico, "pagare equivale a capitalizzare". Sappiamo però anche bene che, dal punto di vista pratico (e non degli operatori professionali, ma dei normali fruitori del credito), pagare è l'opposto di capitalizzare: pagare vuol dire liberarsi (di una parte) del debito, capitalizzare vuol dire accrescerlo.

 

3.2 Si può naturalmente obiettare, e qualcuno lo fa, che la rata sopra calcolata può in teoria decomporsi in modo diverso da quello in tabella 1, addivenendosi al piano di ammortamento descritto dalla tabella 2.

 

Tabella 2- Un piano d'ammortamento a rata costante, in interesse composto

 

anno

pagamento

debito residuo

inter.

capit.

totale

inter.

capit.

totale

1

5,24

52,38

57,62

4,76

47,62

52,38

2

10,00

47,62

57,62

-

-

-

 

Per la costanza della rata si può, volendo, parlare ancora di "ammortamento francese": concetto, del quale non è purtroppo codificata la definizione. E questa operazione si svolge certamente secondo le regole dell'interesse composto: i 10 euro d'interesse pagati al termine del second'anno ne contengono 0,48 d'interessi "secondari", generati dai 4,76 di "primari" rimasti non pagati al termine del primo.

Tuttavia, se questo ammortamento è teorizzabile, la sua applicazione pratica contraddirebbe la sentenza n. 2301/2004 della Corte di Cassazione: nella quale si stabilisce che la rateizzazione dell'ammortamento non determina il frazionamento del prestito in una famiglia di "sottoprestiti". Agire come mostrato dalla tabella 2 vuol dire infatti spezzare il prestito in due del tutto indipendenti: uno, annuale, per 52,38 euro, ed uno biennale per 47,62, entrambi remunerati al 10% annuo, il secondo svolgentesi in modalità "ZCB in interesse composto"[8].

Inoltre: la modalità 1 risponde alla lettera al principio giustinianeo prius in usuras id quod solvitur, deinde in sortem accepto feretur, riprodotto alla lettera nell’art. 1194 del codice civile, ed è quella in uso vorremmo dire da sempre (nel 1683, Leibniz[9] la dava come del tutto ovvia). Corrisponde altresì alla visione, elementare ed istintiva, degl'interessi come del canone da pagare periodicamente a fronte del godimento di un capitale. Al contrario, la modalità 2 è del tutto artificiosa.

Infine, e questa osservazione supera le due precedenti: nessun operatore razionale proporrebbe la modalità in tabella 2 al posto di quella in tabella 1 (le due sono, si badi, del tutto equivalenti dal punto di vista del debitore): non solo perché è innaturale, ma proprio perché è "anatocistica" (lo abbiamo rilevato qualche riga fa) e dunque a rischio di essere giudicata – anche solo per questo - illegittima.

Non temiamo di essere smentiti se affermiamo che l'unico "ammortamento francese" di fatto in uso, e dunque qualificabile di "standard", è quella esemplificata dalla tabella 1: che non si svolge, ripetiamo, in interesse composto. Possiamo a questo punto solo ripetere quanto anticipato nel par. 1:

il rilievo del Tribunale avrebbe significato formale se esso avesse contezza che, inspiegabilmente ed inusitatamente, in questo caso è stata usata la modalità 2; ma resterebbe privo di significato sostanziale perché essa è, per il debitore, del tutto indistinguibile dall'AFS. Il silenzio sul suo utilizzo non comporterebbe, dunque, alcun danno per il finanziato. 

Torneremo sull'ultima osservazione nel par. 4.2.

 

3.3 Per concludere il punto: il regime dell'interesse semplice con pagamento periodico degl' interessi è quello nel quale si svolgono tutti i prestiti realmente in uso: non solo gli AFS, ma quelli ad ammortamento "italiano", quelli bullet (rimborso alla scadenza e, prima, solo pagamento periodico degl'interessi), e quelli "ad ammortamento progressivo generico"[10].

L'unico esempio di prestito in interesse composto che possiamo proporre è quello adombrato nel precedente par. 3.2, come "sottoprestito teorico": si pattuisce un TAN del 10%, si prestano 47,62 euro e se ne ricevono 52,38 dopo due anni (47,62 di capitale, 9,52 d'interessi primari, 0,48 d'interessi anatocistici). Non ci risulta che contratti di questo tipo siano mai stati stipulati, per la loro evidente, appunto, anatocisticità. L'obiezione che sono sul mercato grandi quantità di ZCB è irricevibile: comprare all'emissione, per 80 euro, un'obbligazione biennale senza cedole, vuol dire solo acquistare il diritto a ricevere 100 euro tra due anni. Ragionare nell'ottica del contratto di prestito richiederebbe che venisse specificato se gli 80 euro prestati saranno remunerati in interesse semplice al 12,50% annuo, o in composto all'11,18%: non risulta che una precisazione del genere sia mai fornita.

Non possiamo tacere che, d'altra parte, quella in tabella 2 è la sola modalità accettabile per coloro (e siano pure non molti) che ritengono illegittimo il pagamento d'interessi già generati, non contestuale al rimborso del capitale cui sono relativi. Questo pagamento "anticipato" (nel senso ben preciso ora detto) è ovviamente presente nell'AFS, come nei prestiti "all'italiana" e in tutti quelli appena elencati. Ci troviamo in una delle zone ancora, forse, oscure, sulle quali sarebbe davvero auspicabile venisse fatta ufficiale, definitiva chiarezza. Ne vedremo altre nel par. 6.

     

4. Qualche possibile ragione di equivoco

4.1 Le cause dell'equivoco sulla natura del regime

L'equivoco in cui è caduto il Tribunale di Salerno (non esso solo[11]), di ritenere che l'AFS si svolga secondo il regime dell'interesse composto, può essere stato causato da due ragioni.

La prima. Il metodo più semplice per calcolare la rata costante necessaria per estinguere in n periodi (ad esempio, ma non molto spesso, anni) un prestito per C euro da remunerare in base al tasso periodale (eventualmente: annuo) i, consiste nel risolvere l'equazione

 

(1)C =

 

nella quale la presenza dell'interesse composto è fin troppo evidente.

Facciamo però notare che l'ammontare della rata ha sì a che fare con la quantità degl' interessi da pagare, ma niente con la loro modalità di formazione. Si pensi al prestito di cui alla tabella 1: la rata di 57,62 è stata calcolata con la formula (1), ma da questo non deriva che i 10 euro dovuti a titolo d'interesse al termine del primo anno contengano altro che "interessi primari"; non ne segue, in altre parole, che in qualche momento della storia del prestito vi sia una capitalizzazione di interessi precedentemente generati. E, ricordiamolo: se non vi è una tale capitalizzazione, non vi è interesse composto.

Non neghiamo certo che la rata "in interesse composto" sia più elevata di quella fornita dall' analoga della (1) scritta in interesse semplice, ma questa maggiore esosità non implica che l'operazione di prestito cambi natura. Né intendiamo per ora discutere se l'utilizzo della formula (1) in luogo di quella in interesse semplice andasse esplicitamente pattuito[12]: il nostro punto, qui, è che la deduzione "la rata è calcolata in interesse composto, dunque il prestito si svolge in interesse composto" equivale a quella "la messa in moto di un motore a scoppio avviene con l'intervento della batteria, dunque l'auto è a trazione elettrica".

Del resto, risolutiva riguardo al fatto che, se l'AFS si svolge in interesse composto, questo non può dipendere dalla modalità di calcolo della rata, è l'osservazione che, come altrove si è dimostrato[13], lo stesso valore della rata può ottenersi per tutt'altra strada: basta imporre la condizione (sopra l'abbiamo detta "giustinianea") che i pagamenti per interessi siano sempre commisurati a tutto il debito non ancora rimborsato.

La seconda possibile ragione di equivoco nasce anch'essa dell'equazione (1). Abbiamo detto che essa fornisce la rata per l'AFS: indichiamola con R. Dire che R è soluzione della (1) vuol dire che vale l'uguaglianza

 

(2)C =

 

Questa relazione (detta "di equivalenza in interesse composto") esprime il fatto che il prestito genera, per chi lo concede, lo stesso flusso di entrate che egli potrebbe ottenere se, alternativamente, investisse il capitale C in interesse composto (al tasso i, per n anni). Abbiamo altre volte fatto notare che una rapina può fornire lo stesso ricavo di un lavoro onesto, ma soltanto i matematici finanziari possono trovare "equivalenti" le due attività: il fatto che un investimento produca le stesse entrate di uno in interesse composto non autorizza a concludere che dunque anch'esso lo è.


4.2  La possibilità di una formulazione infelice

E' possibile ipotizzare che il rilievo del Tribunale di Salerno vada letto nel senso che si sia illecitamente taciuto non il regime di svolgimento del prestito, ma quello usato per il calcolo della rata costante. Una volta concordato il tasso di remunerazione (il TAN), essa sarebbe stata determinata, surrettiziamente, secondo una modalità che ha fornito un risultato maggiore di quello ottenibile per altre, possibili strade.

E' possibile, però, pensare che, per riferirsi alla modalità di calcolo della rata, il Tribunale abbia scritto regime di capitalizzazione degl'interessi passivi?

Facciamo notare che l'ordinanza non parla, con una genericità comprensibile in un non tecnico, di regime di svolgimento del prestito (espressione dalla quale il passaggio a quella "regime per il calcolo della rata" è spericolato, ma non mortalmente acrobatico); molto più specificamente, alle sue pagg. 1-2 essa nomina la modalità di capitalizzazione degli interessi[14] prescelta; così pure si legge (pag. 11) che la scelta di una ... modalità di capitalizzazione degli interessi diversa da quella "semplice" … deve essere indicata nei contratti; infine, nel testo del quesito formale (pag. 17), compaiono le parole regime di capitalizzazione "composto" degli interessi passivi.

Il richiamo agli interessi passivi ed alla loro formazione ci sembra troppo ripetuto perché si possa pensare che il Tribunale intendesse riferirsi non ad essi, ma all'ammontare della rata.

E' pur vero che la massima (non crediamo nuova ai giuristi) quod voluit, dixit non significa che tutto quello che si dice lo si voleva davvero dire; chi legge, deve però riferirsi al dictum, e quello commentare. Non già tentare d'indovinare le intenzioni del parlante.

   

5.  La non pattuizione della "modalità francese"

Nell'ordinanza, il maggior rilievo è dato alla mancata indicazione della modalità di capitalizzazione "composta" degl'interessi: rilievo che abbiamo detto essere del tutto inconsistente perché, ripetiamo, durante l'operazione gl'interessi non vengono mai capitalizzati.

Nel quesito rivolto alla Corte di Cassazione si parla però anche della mancata indicazione della modalità di ammortamento c.d. "alla francese". La questione è richiamata a pag. 2 dell'ordinanza, dove si osserva che a parità di importo finanziato, di tasso contrattuale, di durata del finanziamento, la tipologia di ammortamento c.d. "alla francese" … comporta per il cliente costi diversi ed ulteriori rispetto ad altri tipi di ammortamento ( es., "all'italiana")[15].

Come abbiamo accennato nel par. 1, il rilievo ci pare pretestuoso. Per un normale fruitore del credito, l'espressione "ammortamento francese" crediamo sia incomprensibile. Un fine studioso può invece obiettare che essa va ritenuta ambigua: pur concesso che esista un AFS, la si può infatti ritenere significante solo "ammortamento a rata costante", e dunque molto vaga.

Qualunque dei due argomenti si preferisca, il fatto che il contratto nomini o no lo "ammortamento francese" non ne modifica il contenuto informativo.

In realtà, con quello che scrive, il Tribunale mostra di ritenere che di ammortamento c.d. "alla francese" ce ne sia solo uno (ovviamente, l'AFS): o non avrebbe senso lamentare che esso comporti costi diversi ed ulteriori rispetto ad altri tipi di ammortamento. Dobbiamo però contestare la veridicità di quest'ultima affermazione: per l'AFS, infatti, il tasso effettivo coincide esattamente con quello periodale di remunerazione periodale, e lo stesso è vero per tutti i prestiti in uso, elencati nel par. 3.3. Su questo particolare aspetto, torneremo nel par. 6.

Che poi il totale degl'interessi pagati in un AFS sia superiore a quello per un ammortamento "italiano" è scarsamente significativo. Confrontare la somma bruta dei pagamenti senza tener conto della loro tempistica vuol dire fermarsi ad una visione davvero elementare (diciamo: pre-matematica finanziaria).

E, del resto, l'AFS non è certo la modalità di ammortamento che, a parità di tasso effettivo, comporta il massimo ammontare di interessi.

 

6.  Un'occasione perduta.

E' opinione di chi scrive che l'ordinanza rappresenti un'occasione perduta. Essa solleva, infatti, problemi che tali non sono, e tralascia di mettere a fuoco le questioni che ancora necessitano di una risposta definitiva (o se, visto l'argomento, vogliamo dirla "alla francese": tranchante).

Che l'AFS si svolga in interesse composto (e cioè che chi presta secondo tale modalità stia investendo il suo capitale in interesse composto) è idea secondo noi sostenibile solo se si coltiva un'idea molto personale di tale regime, e/o delle operazioni che esso modella. Che il contratto debba inderogabilmente riportare le parole "ammortamento francese" sembra una pretesa davvero poco difendibile. A noi non sembrano argomenti per i quali valesse la pena adire la Corte di Cassazione: che, tra l'altro, in materia di regime di svolgimento dei prestiti si è già espressa (lo abbiamo ricordato).

Anche la consapevolezza che la differenza tra TAE e TAN sia fisiologica (quando il primo è maggiore del secondo – ciò che avviene quasi sempre – ciò è dovuto alla cadenza dei pagamenti, e non ha niente a che fare col regime del prestito, che resta sempre quello dell'interesse semplice) si va diffondendo sempre più. Il problema compare, ancora incompreso, qua e là, anche in qualche passo dell'ordinanza, che preferiamo non commentare: ma resta, con tutto il dovuto rispetto, di esclusiva competenza della matematica finanziaria.

Vi sono però alcuni nodi concettuali, a ben diverso livello di "irresolutezza", sui quali tocca al campo giuridico prendere (sperabilmente, presto) una decisione definitiva.

Il primo (che sembra ormai risolto). E' stabilito, e accettato da tutti, che la modalità giustinianea di calcolo degl'interessi (come generati da tutto il capitale ancora in godimento), indipendentemente dalla tempistica del rimborso, è legittima? Da spettatori, notiamo che rispondere in senso negativo vuol dire sconfessare 1800[16] anni di storia economica e, quel che forse più pesa, gli ultimi decenni di attività bancaria. Vuol dire anche rendere incomprensibile l'art. 1820 c.c. (Se il mutuatario non adempie l'obbligo del pagamento degl'interessi, il mutuante può chiedere la risoluzione del contratto).

Il secondo (di rilievo solo teorico). Un prestito ZCB in interesse composto[17] è illegittimo, perché è anatocistico? O è, invece, legittimo, perché si ha sì produzione di interessi da interessi, ma non produzione di interessi da interessi scaduti ed esigibili? La questione è, come detto, solo teorica, perché nella pratica, data l'incertezza sulla sua liceità, la modalità non è mai adottata.

Il problema, unico, davvero importante ci sembra quello legato alla questione della completezza informativa.

Esso è a volte presentato come legato all'indicazione del valore della rata: ad essa accenna l'ordinanza, dimenticando però poi di chiedere alla Cassazione lumi al riguardo. Il contratto può limitarsi ad indicare solo il quantum, o deve anche descrivere il quomodo, ossia il modo con cui si è addivenuti a quel quantum?

 Il non giurista può osservare che la situazione si presenta del tutto diversa a seconda della natura del prestito: fermo restando che, per poter effettuare le sue valutazioni e le sue scelte, il cliente-mutuatario dovrebbe conoscere quanto dovrà via via pagare. Nel caso di un prestito a tasso variabile, il quantum non può essere precisato in partenza, ed è dunque imprescindibile che sia comunicata la modalità di calcolo al variare del parametro, o dei parametri di riferimento: dunque, che sia comunicato il quomodo. Nel caso del tasso fisso, quest'ultima conoscenza è invece del tutto pleonastica.

Il non giurista può anche aggiungere che ad una giustificazione analitica del prezzo richiesto non risulta siano tenute, ad esempio, le Compagnie di assicurazione: cui pure è addirittura obbligatorio rivolgersi per coprirsi dalla responsabilità civile automobilistica.

Altre volte (ancora, nell'ordinanza) si cita l'art. 117, comma 4, del TUB (DL n. 385/1993): i contratti devono indicareil tasso d'interesse e ogni altro prezzoe condizione praticati. Non paia provocatorio, ma nel caso dell'AFS basterebbe precisare che gl'interessi saranno pagati periodicamente, in base al tasso periodale pattuito, su tutto il debito ancora non rimborsato; alla domanda di come si sia pervenuti alla determinazione della rata, la risposta sarebbe che basta aggiungere alle condizioni precedenti quella che la rata deve risultare costante.

Ma sorge spontanea la domanda: queste condizioni non sono tanto ovvie, da non necessitare di essere esplicitate nel contratto? Può una loro assenza generare vera (oggettiva) e non pretestuosa incertezza?



[1] Nel seguito "l'ordinanza" sic et simpliciter. Ildecreto di sospensione porta il numero cronologico 9585/2023 ed è datato 19/07/2023.

[2] Umiliante, per chi abbia ancora a cuore quel valore che si chiamava un tempo "certezza del diritto", e che non sappiamo come gerarchicamente si situi rispetto a quello del "libero convincimento del giudice".

[3] Un commento tecnico - matematico su una sentenza (Bari 1890/2020) in tema di ammortamento francese; Giurimetrica, anno 1 n. 1, gennaio/giugno 2021 (https://giurimetrica.almaiura.it/un-commento-tecnico-matematico-su-una-sentenza-bari-1890-2020-in-tema-di-ammortamento-francese/)

Ammortamento alla francese: sentenza n. 709/2021 del Tribunale di Brindisi – un commento

https://www.altalex.com/documents/news/2021/10/01/ammortamento-francese-possibili-fraintendimenti

Sulla presunta indeterminatezza di alcuni contratti di prestito (e altro: a proposito di una sentenza del Tribunale di Cremona)  IL CASO.it  6 giugno 2023 [Articolo 2081] (https://blog.ilcaso.it/news_2081/06-06-23/Sulla_presunta_ indeterminatezza_di_alcuni_contratti_di_prestito_%28e_altro-a_proposito_di_una_sentenza_del_Tribunale_di_ Cremona%29).

[4] Per la precisione: interesse semplice, con pagamento periodico degl'interessi. Si veda il par. 2.1.

[5] Una forma più debole sarebbe quella che prevedesse, per gl'interessi, qualche capitalizzazione intermedia, ma non intendiamo appesantire la trattazione fino a questo punto.

[6] In realtà, la periodicità non è affatto obbligatoria; risulta, peraltro, sempre osservata nella pratica.

[7] Per lo stesso Tribunale, il regime dell'interesse semplice costituisce solo il "modus" fisiologico di computo degli interessi ai sensi dell'articolo 821, comma 3 (pag. 11).

[8] Il debitore paga solo, alla scadenza, l'intero montante in interesse composto di quanto ha ricevuto.

[9] Meditatio juridico-mathematica de Interusurio simplice

[10] Nel Rapporto scientifico che l'Associazione per la Matematica Applicata alle Scienze Economiche e Sociali ha pubblicato sull'argomento (Anatocismo nei piani di ammortamento standardizzati tradizionali, più autori; scaricabile dall'indirizzo https://www.amases.org/rapporto-scientifico-2022-01/) la categoria è designata come quella dei "prestiti ad ammortamento standardizzato tradizionale", o "PAST".

[11] Tra i molti, il più recente esempio che conosciamo è M. Semeraro, Alle Sezioni Unite l’ammortamento alla francese: molti equivoci e un fondo di verità, disponibile su www.dirittobancario.it.

[12] Torneremo su questo nei prossimi parr. 4.2 e 6.

[13] F. Cacciafesta, Una proposta per superare il dialogo tra sordi in corso sull'ammortamento francese, con alcune osservazioni sul TAEG e sul TAN; Riv. del Dir. Comm. e del Dir. Gen. delle Obbligaz., CXVII, 2019, pp. 373-386.

[14] Sorvoliamo sul fatto che modalità di capitalizzazione degl'interessi nel senso di loro modalità di formazione è espressione infelice, anche se piuttosto usata. Nella modalità "semplice", infatti, non si ha proprio alcuna capitalizzazione.

[15] Le parti espunte fanno riferimento, ancora, al preteso avvenuto utilizzo dell'interesse composto in luogo del semplice: argomento che riteniamo ormai esaurito

[16] Da Giustiniano, di anni ne passano di meno; ma la regola prius in usuras id quiod solvitur risale ad Antonino  Caracalla, che fu imperatore dal 198 al 211.

[17] V. parr. 3.2 e 3.3.



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