Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22267 - pubb. 05/09/2019

Caratteristiche del rito sommario, potere discrezionale del giudice di gestione dell’udienza, di case management e mutamento del rito

Appello Milano, 02 Aprile 2019. Est. Silvia Giani.


Rito sommario – Caratteristiche – Ampio potere discrezionale del giudice di gestione dell’udienza e di case management – Complessità della controversia – Mutamento nel rito ordinario – Fattispecie



Il rito sommario, nel rispetto del principio del contraddittorio, riconosce al giudice un ampio potere discrezionale di gestione dell’udienza e di case management, al fine di individuare e valutare le questioni nodali della controversia.

Il processo sommario non prevede, infatti, alcun obbligo di concessione di termini per il deposito di memorie istruttorie ed, anzi, secondo lo schema legislativo paradigmatico, è definito in una sola udienza.

Il giudice, quando non ritenga di mutare il rito, per la complessità della controversia, “alla prima udienza, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande (art 702 ter comma 5° c.p.c.).

Il procedimento sommario non prevede quindi scansioni predeterminate, ma, con riguardo alla fase istruttoria e a quella decisoria, è connotato da ampia flessibilità.

Nel caso in cui non venga mutato il rito, il processo è definito in modo rapido, in considerazione della sommarietà dell’istruzione ed è caratterizzato da immediatezza tra la fase di trattazione/istruzione e di decisione.

Le fasi della istruzione (in senso lato, comprensiva anche della trattazione) e della decisione non sono neppure rigidamente separate come nel processo ordinario, tanto che l’udienza di precisazione delle conclusioni non è legislativamente prevista.

Ciò che rileva è che il giudice decida, nel rispetto del principio del contraddittorio, dopo avere individuato i punti nodali della controversia anche grazie ai chiarimenti orali delle parti, verificata la non complessità della controversia e valutati gli atti d’istruzione rilevanti al fine della decisione.

Il mutamento del rito è dunque una scelta che viene compiuta dal giudice nel caso di complessità o non sommarietà dell’istruzione; espressione quest’ultima da intendersi in senso lato, con riguardo anche alla trattazione e cioè alle ragioni di complessità che possano emergere in sede di trattazione; si tratta di una valutazione che è compiuta sia considerando la complessità delle questioni oggetto della decisione, sia la complessità dell’istruttoria, quali, a titolo esemplificativo, l’elevato numero dei testi, il numero delle parti coinvolte e delle questioni sottoposte.

[Nel caso di specie, la controversia è stata proposta con rito sommario dall’attore, il quale si è limitato a richiedere l’ammissione di due capitoli di prova; il resistente, per parte sua, ha chiesto il rigetto delle domande, senza formulare domande riconvenzionali, proporre eccezioni e formulare istanze istruttorie. Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno quindi ritenuto che le difese del resistente non abbiano ampliato il thema decidendum e neppure quello probandum e che la controversia ben poteva essere decisa con rito sommario, in ragione della sua palese non complessità.] (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


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