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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 9687 - pubb. 25/03/2015.

È riservata ai creditori la valutazione in ordine alla probabilità di successo economico del piano ed ai rischi inerenti


Cassazione civile, sez. I, 09 Maggio 2013, n. 11014. Est. Mercolino.

Concordato preventivo - Deliberazione ed omologazione - In genere - Controllo demandato al tribunale - Oggetto - Controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato - Contenuto - Verifica dell'idoneità della documentazione a fornire elementi di giudizio ai creditori circa la convenienza della proposta - Ammissibilità - Accertamento della convenienza della proposta - Esclusione - Causa concreta del piano - Rilevanza.


In tema di concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall'attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità - che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato preventivo - non è limitato alla completezza, alla congruità logica e alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilità con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell'accordo, il quale ha come finalità il superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e l'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro. Con particolare riguardo al concordato preventivo con cessione di beni, il controllo di legittimità consiste nella verifica dell'idoneità della documentazione a fornire elementi di giudizio ai creditori circa la convenienza della proposta. (massima ufficiale)

Il testo integrale

 

(1) Dall'articolo "La giurisprudenza della Cassazione sul controllo di fattibilità del concordato preventivo dopo le Sezioni Unite del 2013" di Paola Vella: "Come si è anticipato, la Prima sezione civile della Cassazione si è trovata ben presto a dover applicare i principi fissati dalla sentenza delle Sezioni Unite [sent. n. 1521/2013, ndr].

Cass. 9 maggio 2013, n. 11014(1) ha reputato conforme a quei canoni la sentenza con cui la corte d’appello, nell’accogliere il reclamo avverso l’apertura del fallimento scaturita dalla declaratoria di inammissibilità del concordato, aveva sostenuto che «l’ottimismo delle previsioni di vendita degl’immobili formulate nella proposta concordataria e nella relazione allegata», pur contrastando, in concreto, «con la grave crisi economica in atto, con il crescente immobilismo del mercato immobiliare e con la posizione geografica dei beni», tuttavia ridondava «sulla fattibilità del concordato in termini non già di certezza, ma di mera probabilità, comunque inferiore ai rischi ai quali i creditori sarebbero rimasti esposti per effetto della dichiarazione di fallimento», aggiungendo - con specifico riguardo alla fase di ammissione della domanda -  che «fino a quando non risulti con certezza l’inattuabilità del piano, il diniego dell’ammissione al concordato si traduce in un ingiustificato rischio di danno sia per il debitore che per i creditori, ai quali restano precluse la possibilità di esprimere il loro giudizio in ordine alla proposta e quella di prestare la loro collaborazione alla riuscita del piano».

Già in questa pronuncia si colgono i germi di una espansione del sindacato giudiziale, sul presupposto che «la delibazione del tribunale circa la sussistenza del requisito della fattibilità non si riduce ad un'operazione di mero segretariato giudiziale, ma implica un giudizio di merito in ordine all'intrinseca serietà logica della proposta concordataria» - non circoscritta, dunque, alla sola attestazione del professionista - che comporta «una valutazione delle possibilità di attuazione della stessa, sotto il profilo della concreta realizzabilità delle previsioni di vendita degl'immobili e delle connesse prospettive di soddisfacimento dei creditori, poste a confronto con i rischi ai quali questi ultimi sarebbero rimasti esposti in caso di fallimento». Tuttavia - precisa la Corte - «l'esclusione dell'irrealizzabilità è di per sé sufficiente, sotto il profilo logico, a collocare l'attuazione del piano nell'arco delle probabilità astrattamente attingibili dal giudizio di fattibilità, la cui valutazione in concreto costituisce proprio l'oggetto dell'apprezzamento demandato al giudice di merito».

In altri termini, l’apprezzamento della fattibilità del piano spetta tanto ai creditori quanto al giudice, ma mentre per i primi è totalmente discrezionale, per il secondo essa non può esprimersi in termini meramente probabilistici, dovendo raggiungere la soglia di “certezza” della preconizzata irrealizzabilità.

 

(1) Pres. Rordorf, rel. Mercolino, reperibile in Giust. civ. Mass., 2013.