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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 7972 - pubb. 22/10/2012.

Risoluzione del concordato, legittimazione ed interesse ad agire, irrilevanza dell'elemento soggettivo e grave pregiudizio per la generalità dei creditori


Tribunale di Ravenna, 07 Giugno 2012. Est. Farolfi.

Concordato preventivo - Azione di risoluzione - Legittimazione ed interesse ad agire del singolo creditore - Allegazione di un pregiudizio subito dal creditore istante - Necessità.

Concordato preventivo - Azione di risoluzione - Grave pregiudizio - Natura e definizione.

Concordato preventivo - Azione di risoluzione - Concordato di natura liquidatoria - Ammissibilità - Radicale mutamento oggettivo e qualitativo della composizione del passivo e dell'attivo.

Concordato preventivo - Azione di risoluzione - Natura negoziale del concordato - Rilevanza degli elementi soggettivi quali colpa, imputabilità e interesse soggettivo - Esclusione - Rilevanza della dimensione oggettiva - Grado di distonia fra adempimento promesso e possibilità concreta di soddisfare i creditori.

Concordato preventivo - Risoluzione - Gravità dell'inadempimento - Dimensione superiore a quella relativa alla posizione di chi chiede la risoluzione - Natura collettiva della volizione espressa da i creditori - Rilevanza del pregiudizio che riguardi la generalità dei creditori.


L'azione di risoluzione di cui all'articolo 186, legge fallimentare presuppone che il creditore istante lamenti di aver subito un pregiudizio, non potendo egli limitarsi a prospettare un possibile depauperamento in capo ad altri creditori.

Il "grave pregiudizio" previsto dall'art. 186, legge fallimentare è sia presupposto sostanziale per l'accoglimento della domanda sia presupposto di ammissibilità dell'istanza, in quanto si traduce in una doppia verifica: a) che il grave pregiudizio sia affermato ed effettivamente subito da chi agisce per la risoluzione del concordato, la cui qualità di creditore è oggetto di indagine incidentale ai soli fini della legittimazione ad agire (c.d. prius); b) che un detto pregiudizio riguardi in modo esiziale le stesse obbligazioni discendenti dall'omologazione del concordato, nel senso che deve riflettersi sull'equilibrio e sul fondamento dell'impianto obbligatorio così come ridisegnato dall'accettazione e successiva omologa del concordato (c.d. posterius).

Anche in presenza di un concordato di natura liquidatoria si giustifica la risoluzione per inadempimento (da valutarsi nella sua dimensione esclusivamente oggettiva), a fronte di un radicale mutamento oggettivo e qualitativo della composizione del passivo e dell'attivo patrimoniale posti alla base della proposta concordataria e della sua accettazione (nella specie, inadempimento dell'affittuario agli obblighi di pagamento dei canoni e delle merci di magazzino, accompagnato dalla risoluzione di un leasing immobiliare e dalla sopravvenienza di un importante debito privilegiato).

Ai fini della valutazione dei presupposti per la risoluzione del concordato, va rilevato che, se pure è vero che con la riforma della legge fallimentare si è voluto compiere un riferimento esplicito alla categoria del “grave inadempimento” nel senso sotteso all’art. 1455 c.c., è altrettanto vero che il mancato richiamo nell’art. 186, legge fallimentare dell’inciso finale della citata norma codicistica esclude ogni necessità di indagine circa le componenti soggettive dell’inadempimento, quali colpa, imputabilità ed interesse soggettivo. Quello che rileva, in altri termini, è la dimensione “oggettiva” dell’inadempimento, ossia il grado di distonia (che deve essere “grave”) fra adempimento promesso e possibilità concreta di soddisfare i creditori. Sotto questo profilo, pertanto, la risoluzione potrà e dovrà essere pronunciata anche nel caso in cui l’accertato inadempimento dipenda da fatti non imputabili al debitore, venendo in rilievo il dato oggettivo dell’impossibilità di eseguire il piano e di soddisfare i creditori nei termini promessi.

La gravità dell'inadempimento, ai fini della risoluzione del concordato preventivo, implica una dimensione superiore a quella relativa al singolo rapporto debito-credito facente capo all’istante. La natura contrattuale che è alla base del meccanismo concordatario non esclude, infatti, la natura collettiva della volizione espressa dai creditori con il metodo del voto e della conseguente conformazione delle obbligazioni che derivano dall’accettazione della proposta di concordato da parte dei creditori, significativamente vincolati da un meccanismo di maggioranza. Al medesimo tempo, la natura contrattuale non esclude una componente procedimentale a tutela dell’interesse collettivo e più generale di quello dei singoli creditori, componente che traspare da numerose disposizioni (si pensi all’ amministrazione vigilata del patrimonio di cui all’art. 167, legge fallimentare, agli effetti di cui all’art. 168, al meccanismo di voto di cui all’art. 177, agli effetti per tutti i creditori anteriori anche se in ipotesi dissenzienti di cui all’art. 184). Tutto questo va evidentemente nella direzione di far rilevare quale causa di risoluzione non il pregiudizio che riguardi un singolo creditore ricorrente, bensì la generalità dei creditori o comunque degli appartenenti alla classe dei chirografari, che sono poi quelli che in precedenza erano stati chiamati ad esprimere il consenso alla proposta. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

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