Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6945 - pubb. 01/08/2010

.

Cassazione civile, sez. V, tributaria, 06 Giugno 2007, n. 13224. Est. Sotgiu.


Tributi erariali diretti - Imposta sul reddito delle persone fisiche (I.R.P.E.F.) (tributi posteriori alla riforma del 1972) - Redditi di impresa - In genere - Determinazione del reddito d'impresa - Indennità dovute al personale per ferie non godute - Deducibilità nell'esercizio nel quale è maturato il relativo diritto - Necessità - Recupero delle ferie, negli esercizi successivi - Rilevanza - Conseguenze.



Ai fini della determinazione del reddito d'impresa, il costo per le indennità dovute al personale per ferie non godute è correttamente imputato all'esercizio nel quale il dipendente ha maturato il relativo diritto, a nulla rilevando - in ossequio al principio secondo cui l'iscrizione in bilancio di costi e ricavi deve avvenire per competenza e non per cassa - che le indennità non siano state materialmente erogate. In tale ultimo caso tuttavia, ove nel successivo esercizio il lavoratore recuperi le ferie non godute, perdendo così il diritto all'indennità sostitutiva, l'importo di quest'ultima diviene per l'impresa una sopravvenienza attiva, imponibile ai sensi dell'art. 55 del d.P.R. n. 917 del 1986. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RIGGIO Ugo - Presidente -
Dott. D'ALONZO Michele - Consigliere -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. SOTGIU Simonetta - rel. Consigliere -
Dott. ZANICHELLI Vittorio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FIP FORMATURA INIZIONE POLIMERI S.P.A., in persona dell'Ammistratore Unico e Direttore Generale pro tempore, domicilio eletto in ROMA VIALE PARIOLI 43 presso lo studio dell'Avvocato D'AYALA VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente all'Avvocato LOVISOLO ANTONIO, giusta delega in calce;
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, AMMINISTRAZIONE DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE;
- intimati -
e sul 2^ ricorso n 26495/02 proposto da:
MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
e da
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- ricorrente incidentale -
e contro
FIP FORMATURA INIEZIONI POLIMERI S.P.A., in persona dell'Amministratore Unico e Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell'avvocato FRANCESCO D'AYALA VALVA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ANTONIO LOVISOLO, giusta delega in calce;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 41/01 della Commissione Tributaria Regionale di GENOVA, depositata il 07/09/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/05/07 dal Consigliere Dott. Simonetta SOTGIU;
udito per il ricorrente l'Avvocato LOVISOLO, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale, il rigetto di quello incidentale;
udito per il resistente l'Avvocato GENTILI, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, l'accoglimento di quello incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione Tributaria Regionale della Liguria, in parziale accoglimento dell'appello principale della F.I.P. Formatura Iniezione Polimeri s.p.a., e dell'appello incidentale dell'Agenzia delle Entrate di Genova, ha escluso i recuperi riguardanti la mancata contabilizzazione degli interessi su crediti d'imposta IRPEG ed IVA 1991, riferendone la registrazione al momento in cui tali interessi sarebbero divenuti certi, nonché le spese ed oneri a favore del personale, spese di viaggio di personale e venditori esteri, perché documentate(rilievi 1, 8, 11, 13 del P.V.) e confermando il recuperi, relativamente all'esercizio 1992, per accantonamenti per ferie e riposi non goduti dal personale (rilievo n. 6), ritenendo non sussistente la prova documentale in ordine alla fruizione di tale diritto irrinunciabile del personale, nonché quello relativo ai costi per formazione pluriennale (rilievo n. 7) non integralmente imputabili ad un solo anno, e quello relativo ad una minusvalenza su partecipazioni ad altra Società (F.O.R.T.I. s.p.a.) (rilievo 20), risultando la cessione da parte della contribuente delle azioni F.O.R.T.I. ad altra Società da una scrittura privata non autenticata, e quindi non opponibile al Fisco;analoga motivazione riguarda il recupero di perdita su credito (rilievo 21), derivante dalla stessa scrittura privata, con emissione di una nota di debito emessa dalla F.O.R.T.I s.p.a. a carico della F.I.P. in assenza di prova della assoluta inesigibilità.
La Società F.I.P. Formatura Iniezione Polimeri s.p.a. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di cinque motivi. L'Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso, proponendo con lo stesso atto ricorso incidentale condizionato fondato su un motivo e ricorso incidentale fondato su quattro motivi, cui ulteriormente resiste la F.I.P. s.p.a. con controricorso e ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Tutti i ricorsi avverso la medesima sentenza vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c..
Col primo motivo del ricorso principale la Società censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 52, comma 1, art. 73, comma 4 e art. 75, comma 1, D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 42 e 67, precisando di aver incluso, a fine esercizio, fra i costi del personale le indennità per ferie non godute, maturate nel corso dell'esercizio a titolo di indennità sostitutiva, che diviene sopravvenienza attiva qualora il dipendente usufruisca delle ferie. La Società sostiene che le indennità sostitutive, qualificate come "accantonamenti" dall'Ufficio, sono invece un costo certo (avente pacificamente natura retributiva), maturato a fine esercizio, in relazione a ferie non ancora godute, ed è dunque certa la esistenza del debito, indipendentemente dalla sua monetizzazione, dovendo applicarsi in proposito il principio di competenza e non di cassa, come previsto nei principi contabili contenuti nei Contratti Nazionali dei Dottori commercialisti (art. 11) e dei Ragionieri e dalle norme civilistiche in materia di formazione di bilancio (art. 2423 bis c.c.), restando salva la circostanza nuova del godimento delle ferie stesse nell'esercizio successivo, in cui si verificherà, con la rinuncia del lavoratore alla percezione della indennità sostitutiva, e ciò al fine di evitare una doppia imposizione. Irrilevante appare dunque in proposito l'affermazione della sentenza impugnata secondo la quale la società non avrebbe addotto la prova documentare della impossibilità della fruizione delle ferie da parte del personale, circostanza estranea al "thema decidendum".
Il motivo è fondato e va accolto.
A parte infatti l'inconsistenza della argomentazione dei giudici d'appello circa la mancata prova della impossibilità di fruizione delle ferie da parte del personale, circostanza tra l'altro mai dedotta dall'Ufficio, e irrilevante ai fini della soluzione del quesito cui il motivo di ricorso si riporta, il costo delle ferie non godute va rapportato all'esercizio di competenza, in quanto maturato in quell'esercizio, indipendentemente dal fatto che il contribuente fruisca delle ferie in un periodo successivo.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, (Cass. 24474/06) le regole sull'imputazione temporale dei componenti del reddito implica che gli elementi reddituali derivanti da una determinata operazione siano iscritti in bilancio non già con riferimento alla data del pagamento o dell'incasso materiale del corrispettivo, ma nel momento in cui esso perviene a completa maturazione, (indipendentemente quindi anche dalla fatturazione, oltreché dell'effettivo pagamento: Cass. 11213/02), col solo limite della certezza di costi o ricavi non ancora determinabili. Correttamente quindi la ricorrente rileva che il costo del fattore lavoro, quando sia certo e determinabile come nella fattispecie, va correlato ai relativi ricavi in forza del principio di competenza, per cui la detrazione di tale costo degli oneri ad esso connessi, deve avvenire nello stesso periodo di imposta al quale sono imputati i ricavi. Tale è il principio espresso dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 1 ("I ricavi, le spese, e gli altri componenti positivi o negativi ... concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza ...") che va necessariamente collegato con i principi civilistici di cui all'art. 2423 bis c.c., n. 3, secondo cui nella redazione del bilancio, si deve tener conto "dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data di incasso o di pagamento". È dunque senz'altro ammissibile, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cit. art. 75 la deduzione della indennità sostitutiva di ferie non godute in quanto costo certo nella sua esistenza e determinabile sulla base degli elementi risultanti alla chiusura dell'esercizio, indipendentemente dall'eventuale godimento delle ferie stesse nell'esercizio successivo (nel qual caso si realizzerà una sopravvenienza attiva tassabile ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 55).
È altresì fondato e deve essere accolto, il secondo motivo dello stesso ricorso, con cui si censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 61, n. 3, art. 66, n. 2, artt. 52 e 75; D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 nonché per vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione al recupero per L. 2.735.261.000 della minusvalenza su cessione di partecipazioni azionarie per la cifra simbolica di L. mille.
Tale cessione, secondo la Società, sarebbe derivata dalla necessità di disfarsi di una partecipazione maggioritaria ad una partecipata in pessima situazione economica, e nei cui confronti la F.I.P. aveva prestato una fideiussione bancaria (lettera di patronage) di consistente importo (8 miliardi) dalla quale, attraverso la cessione delle .partecipazioni a società di altro gruppo, era stata manlevata, il tutto ampiamente documentato dalla produzione dei bilanci passivi della partecipata F.O.R.T.I. s.p.a., della lettera di patronage e della pattuizione in proposito intervenuta con la cessionaria, alla quale contraddittoriamente la Commissione regionale non ha riconosciuto data certa, mentre l'Ufficio aveva date per scontata la cessione, basando la ripresa su una circostanza diversa, consistente nella mancata allegazione di una situazione patrimoniale attestante la congruità dei valori e delle variabili D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 61, situazione corrispondete alla minusvalenza da svalutazione di partecipazioni che restano nel possesso della società, e non nel caso di cessione delle stesse. La sentenza impugnata, senza affrontare tale tematica, presente nel giudizio di primo grado, ha invece fondato il rigetto della doglianza della contribuente sul difetto di prova di un dato assolutamente pacifico - dato dalla esistenza della scrittura privata di cessione delle azioni, così mutando i termini della pretesa impositiva. Premesso che in relazione tale doglianza l'Amministrazione Finanziaria spiega ricorso incidentale condizionato, chiedendo che il recupero della minusvalenza in esame sia affermato in forza del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 61, deve innanzi tutto rilevarsi che alla contribuente era stata contestata dall'Ufficio, in relazione alla minusvalenza in esame, una "perdita di partecipazione non determinata sulla base di apposita situazione patrimoniale", mentre la Commissione Regionale, ignorando la motivazione di una tale ripresa, fondata sulla pretesa violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 61 (richiamato non a caso nel ricorso incidentale condizionato dell'Amministrazione) ha invece inammissibilmente mutato il titolo della pretesa impositiva, come delimitata dall'accertamento (Cass. 336/2000) riportandolo al difetto di prova documentale di circostanze non solo pacifiche per l'Ufficio, ma asseverate dalla concomitante produzione degli elementi posti a base di quella transazione (bilanci "in rosso" della società partecipata, fideiussioni dalle quali la F.I.P. veniva manlevata). Ciò posto, va dunque valutata la portata dell'atto transattivo posto a base della minusvalenza dedotta, per stabilirne in primo luogo l'inerenza dello stesso all'attività di impresa della contribuente, inerenza consistente non soltanto nell'obiettiva riferibilità dell'onere all'impresa, ma nella convenienza economica oggettiva dell'operazione posta in essere:la quale non è consistita in una svalutazione di partecipazioni rimaste in possesso della F.I.P., mediante la ricapitalizzazione della partecipata, ma nella effettiva cessione delle azioni della partecipata ad un soggetto terzo, a prezzo simbolico, ma dietro il consistente corrispettivo della liberazione della F.I.P. dalle fideiussioni in atto. Non risultando in tal senso censurabile la scelta economica dell'imprenditore (cfr. Cass. 10062/2000; 8292/2003) in quanto motivata dalla necessità di evitare maggiori futuri aggravi all'attività d'impresa, la minusvalenza derivante dalla cessione dei predetti titoli può essere fiscalmente riconosciuta, non essendo prevista la redazione di una apposita situazione patrimoniale al momento della cessione, diversamente da quanto coerentemente previsto nel caso di svalutazione di partecipazioni che restano nel patrimonio dell'impresa dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 61, il quale, attraverso il richiamo all'art. 59 del cit. T.U., regola la valutazione dei titoli ancora in possesso della Società, in relazione alle esistenze iniziali e alle rimanenze finali dell'esercizio. Dunque, mentre va rigettato il ricorso incidentale condizionato dell'Amministrazione sul punto, può aggiungersi che quanto esposto trova riscontro nell' affermazione di questa Corte (Cass. 8292/03 cit.) secondo cui è legittima l'iscrizione in bilancio di un costo effettivamente sostenuto dall'imprenditore e debitamente contabilizzato "atteso che l'assoggettamento dei componenti negativi del reddito al regime dei ricavi-costi-rimanenze, ovvero a quello della loro patrimonializzazione, è una scelta insindacabile dell'imprenditore che non contraddice il principio di veridicità del bilancio" contribuendo a dare fedele rappresentazione della capacità economica dell'impresa.
Le considerazioni svolte comportano l'accoglimento anche del terzo motivo del medesimo ricorso, con cui si censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 66 e 71, per essere state ritenute indeducibili perdite su crediti derivanti dalla menzionata scrittura privata 9 aprile 1992, con la quale la contribuente aveva convenuto di corrispondere alla F.O.R.T.I la differenza fra l'importo dei crediti non riscossi e l'ammontare del Fondo rischi crediti. Riconosciuta la valenza economica e giuridica di un tale accordo, le menzionate perdite su crediti non riguardano infatti la contribuente, ma sono rimaste in carico alla partecipata, con accollo alla F.I.P. di una quota dei mancati incassi nel quadro generale dell'atto transattivo di cessione delle partecipazioni di cui al motivo precedente, disatteso, come si è detto, dai giudici d'appello soltanto in punto in assenza di prova della data certa della scrittura.
Col quarto motivo, la Società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 52 e 74, sostenendo che i costi di formazione professionale sostenuti non possono essere ripartiti su vari anni, trattandosi di costi per corsi annuali di alta specializzazione del personale, ripetuti annualmente a causa della rapida evoluzione tecnologica del settore informatico, e dunque inerenti, anche se non collegati immediatamente a ricavi tassabili.
Anche tale motivo è fondato e va accolto, poiché il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 74, comma 1 consente al contribuente di scegliere, in ordine alle spese relative a "studi e ricerche", cui sono rapportabili le spese di aggiornamento professionale, fra la deduzione nel solo esercizio di competenza e quella per quote costanti negli esercizi successivi (Cass. 5193/2000; 372/2006). Col quinto motivo del ricorso principale, si censura infine La sentenza impugnata per omessa pronuncia in ordine alla debenza delle sanzioni in presenza della esimente di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2 (obiettiva incertezza sulla disciplina delle indennità sostitutive delle ferie), in relazione alla voce "accantonamento ferie non godute ", regolarmente riportata nell'anno successivo come "sopravvenienza attiva in relazione alla fruizione di parte delle ferie stesse".
Anche tale motivo va accolto, non potendosi più configurare la debenza di sanzioni in relazione alla ripresa relativa alle indennità sostitutive di ferie non godute, ritenuta, con l'accoglimento del primo motivo di ricorso, correttamente imputata all'esercizio di competenza.
In conclusione quindi, l'accoglimento di tutti i motivi del ricorso principale comporta la cassazione della sentenza impugnata in relazione alle riprese cui i predetti motivi si riferiscono. Passando quindi all'esame del ricorso incidentale
dell'Amministrazione Finanziaria, col primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 56 e 75, nonché per vizio di motivazione, in ordine alla esclusione del recupero relativo ad interessi attivi su crediti di imposta, per essere l'importo incerto e suscettibile di variazione in conseguenza del controllo dell'Ufficio, posto che il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 dispone l'imputazione degli interessi (nella specie su crediti in parte non più rettificabili e su crediti IVA rimborsati nell'esercizio successivo) per l'ammontare maturato nell'esercizio al saggio In ordine a tale doglianza, la Società F.I.P. propone ricorso incidentale condizionato richiamando l'indirizzo giurisprudenziale relativo alla non imponibilità dei crediti d'imposta legale, in difetto di diversa convenzione. La doglianza dell'Amministrazione è infondata, e va rigettata, con relativa inammissibilità del ricorso incidentale condizionato della F.I.P..
Il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 prevede infatti la contabilizzazione di costi certi e determinati, mentre la Commissione Regionale, con accertamento di fatto incensurabile in questa sede, ha ritenuto che nella specie non sussistessero i requisiti della certezza e della oggettiva determinabilità degli interessi su crediti di imposta, esposti in dichiarazione, ma ancora rettificabili da parte dell'Ufficio.
Col secondo motivo del ricorso incidentale, l'Amministrazione censura la sentenza impugnata per violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 73, nonché per vizio di motivazione, per avere, senza alcun supporto probatorio, ricompreso fra i "bonus e premi a favore del personale maturati nell'esercizio" "accantonamenti" in favore del personale (qualificati in bilancio come tali) non deducibili. Anche tale doglianza non può essere accolta, a fronte della genericità della censura, che non riporta gli estremi dell'accertamento sul punto, a fronte di una valutazione di fatto incensurabilmente effettuata dalla Commissione Regionale. Tali considerazioni valgono anche in ordine al terzo e al quarto motivo di ricorso con cui la ricorrente incidentale lamenta la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, nonché difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine all'esclusione del recupero per spese per taxi, sebbene non fosse indicato il fruitore delle fatture e censura la sentenza impugnata, oltreché per motivazione viziata, per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per aver escluso i recuperi relativi alle spese di viaggio dei venditori e quelle del personale tecnico, in base alla sola mole (8 scatoloni) della documentazione prodotta. Trattasi infatti di censure su documentazione vagliata dai giudici di merito in due successivi gradi di giudizio, in ordine alla quale viene inammissibilmente richiesta una rivalutazione di fatto, senza neppure addurne gli elementi di riscontro.
Complessivamente rigettati quindi i ricorsi incidentali e cassata la sentenza impugnata in relazione all'accoglimento del ricorso principale, null'altro essendovi da accertare, la causa può essere decisa nel merito con l'accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente relativamente ai motivi oggetto del ricorso per cassazione.
La complessa vicenda processuale giustifica la compensazione delle spese dell'intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigetta i ricorsi incidentali.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente limitatamente ai motivi oggetto del ricorso per cassazione.
Compensa le spese dell'intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 maggio 2007.
Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2007