Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6923 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. V, tributaria, 09 Aprile 2008, n. 9184. Est. Meloncelli.


Tributi erariali diretti - In genere (tributi posteriori alla riforma del 1972) - In genere - Imposta straordinaria sul patrimonio netto delle imprese - Patrimonio netto - Determinazione - Fondi iscritti in bilancio per specifici oneri e passività - Computabilità - Esclusione - Fattispecie in tema di copertura delle perdite derivanti da verifica della Guardia di Finanza.



In tema di imposta straordinaria sul patrimonio netto delle imprese, istituita dall'art. 1 del d.l. 30 settembre 1992, n. 394, convertito in legge 26 novembre 1992, n. 461, il fondo iscritto in bilancio per specifici oneri o passività, come la copertura di perdite derivanti dalla verifica della polizia tributaria, è un fondo specifico che, ai sensi dell'art. 2, comma secondo, del d.m. 7 gennaio 1993 - adottato in attuazione del d.l. n. 394 citato - non va incluso nel patrimonio netto oggetto dell'imposta in esame. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLINI Giovanni - Presidente -
Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere -
Dott. ZANICHELLI Vittorio - Consigliere -
Dott. MELONCELLI Achille - rel. Consigliere -
Dott. MARINUCCI Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso rgn 13408/2002, proposto da:
Ministero dell'economia e delle finanze e dall'Agenzia delle entrate, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12;
- ricorrenti -
contro
il Fallimento dell'Azienda agricola Sabato Mellone srl, di seguito "Fallimento", in persona del curatore fallimentare avvocato Napoli Carmine, rappresentato e difeso dall'avvocato ESPOSITO ANTONIO, presso il quale è elettivamente domiciliato in Salerno, Corso Garibaldi 194;
- intimato e controricorrente -
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Napoli 21 marzo 2000, n. 1249/36/00, depositata il 20 marzo 2001;
udita la relazione sulla causa svolta nell'udienza pubblica del 14 dicembre 2007 dal Cons. Dott. Achille Meloncelli;
udito l'avv. Antonio Esposito per il Fallimento;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 4 maggio 2002 è notificato al Fallimento un ricorso delle sopra indicate amministrazioni finanziarie per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, che ha rigettato t'appello dell'Ufficio delle imposte dirette di Salerno contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno n. 232/03/97, che aveva accolto il ricorso del Fallimento contro l'avviso di accertamento n. 39 dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese per il 1993.
2.1 fatti di causa sono i seguenti:
a) il 12 novembre 1996 l'Ufficio delle imposte dirette di Salerno notifica al curatore del Fallimento l'avviso di accertamento n. 39, con il quale si rettifica l'imponibile dichiarato ai fini dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese 1993, elevandolo da L. 1.172.000.000 a L. 1.808.674.000, e si determina la relativa imposta a L. 13.565.000;
b) la rettifica consegue al recupero ad imposizione di L. 636.100.528, che la società dichiarante ha considerato quale componente deducibile, trattandosi di un "fondo costituito per la copertura di perdite che sarebbero derivate da un'ispezione fiscale operata dalla Guardia di finanza" e che, invece, l'Ufficio accertante ritiene assoggettabile all'imposta in base alla L. 26 novembre 1992, n. 461, e al D.M. di attuazione 7 gennaio 1993;
c) il ricorso del Fallimento è accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Salerno;
d) l'appello dell'Ufficio è, poi, rigettato dalla Commissione tributaria regionale con la sentenza ora impugnata per cassazione. 3. La sentenza della Commissione tributaria regionale, oggetto del ricorso per cassazione, è così motivata:
a) la tesi dell'Ufficio, secondo cui il fondo iscritto in bilancio per specifici oneri o passività (copertura di perdite derivanti della verifica della polizia tributaria) non va compreso, in base al D.M. 7 gennaio 1993, art. 2, nel calcolo del patrimonio netto ne' come componente passivo ne' come componente negativo, non può essere condivisa, perché essa condurrebbe all'inaccettabile ed illogica conseguenza che il fondo non influenzerebbe in alcun modo l'entità del patrimonio;
b) merita, invece, di essere condivisa l'esauriente e convincente argomentazione della sentenza impugnata, che, correttamente interpretando la nonna di riferimento, ha ritenuto deducibile dall'imponibile il fondo in questione, nella considerazione che sarebbe illogico ammettere la computabilità di oneri generici futuri ed escluderla per oneri specifici, di cui, invece, sia ragionevolmente prevedibile la sopravvenienza.
4. Il ricorso per cassazione delle amministrazioni finanziarie è sostenuto con un solo motivo d'impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione, anche in ordine alle spese processuali. 5. L'intimato Fallimento resiste con controricorso e conclude per il rigetto del ricorso e per la condanna della controparte al pagamento delle spese processuali relative al giudizio di cassazione. MOTIVI DELLA DECISIONE
6.1. Con l'unico motivo d'impugnazione si denunciano la violazione del D.M. 7 gennaio 1993, art. 2, comma 1, punto 8, e comma 2, oltre all'omessa o, comunque all'insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo controversia.
6.2. Secondo le ricorrenti amministrazioni finanziarie la sentenza impugnata sarebbe palesemente e ineludibilmente contraria alla norma che definisce la composizione del patrimonio dell'impresa ai fini dell'imposta in esame. Infatti, il D.M. 7 gennaio 1993, art. 2, comma 1, punto 8, attuativo del D.L. 30 settembre 1992, n. 394, convertito in L. 26 novembre 1992, n. 461, e, in particolare, del suo art. 3, comma 7, prevede che il patrimonio netto rilevante ai fini dell'imposta è quello indicato dall'art. 2424 c.c., e, quindi, specifica le poste da cui esso è costituito, indicando, tra l'altro, al p. 8, i fondi costituiti a fronte di oneri generici. Al secondo comma, poi, precisa che alcune voci non si comprendono nel patrimonio netto e, tra esse, i fondi iscritti in bilancio per la copertura di specifici oneri o passività. In proposito, dunque, la norma impositiva suddividerebbe la disciplina dei fondi per oneri, unitaria nella voce B del passivo all'art. 2424 c.c., includendo nell'imponibile solo quelli che, avendo una destinazione generica, fino alla sua specificazione costituirebbero a buon diritto ricchezza tassabile, ed escludendo, invece, quelli cui, per la loro già individuata destinazione specifica, non potrebbe riconoscersi tale sostanziale qualità. Pertanto, quando la parte, che avrebbe conferito tale destinazione specifica al fondo destinandolo agli oneri conseguenti alla rettifica fiscale in corso, pretende di sommarlo, poi, alle perdite dell'esercizio, cioè ad una voce di segno negativo dell'imponibile (art. 2, punto 12, del D.M.), essa in sostanza detrarrebbe quel fondo da un imponibile che per legge già lo contiene, cioè lo detrarrebbe due volte, con evidente illegittimità, erroneamente non ravvisata dai giudici di merito. Del tutto incongrua si paleserebbe, allora, la motivazione resa, per cui, operando come vuole l'Ufficio, si determinerebbe l'inaccettabile ed illogica conseguenza che il fondo non influenzerebbe in nessun modo l'entità del patrimonio. Infatti, la mancanza di tale influsso non sarebbe la mera conseguenza di un'interpretazione dell'amministrazione finanziaria, ma sarebbe proprio l'esplicita e ragionata voluntas legis espressa dal secondo comma della norma regolamentare più volte citata. Al contrario risulterebbe altamente illogico che si voglia il patrimonio influenzato in diminuzione da un'entità che già non lo influenzava, non facendone parte. 6.3. Il motivo è infondato.
La norma giuridica, sotto la quale effettuare la sussunzione della fattispecie controversa, è individuabile tenendo conto delle seguenti disposizioni normative:
a) l'art. 2424 c.c., detta lo schema dello stato patrimoniale e prescrive che al "Passivo" figurino, alla lett. B), i "Fondi per rischi e oneri", i quali si dividono in fondi "per trattamento di quiescenza e obblighi simili", in fondi "per imposte" e, al n. 3), in "altri" fondi;
b) il D.L. 30 settembre 1992, n. 394, art. 1, convertito in L. 26 novembre 1992, n. 461: "Fino alla revisione della disciplina tributaria del reddito di impresa e comunque non oltre l'esercizio in corso alla data del 30 settembre 1994 è istituita l'imposta sul patrimonio netto delle società ed enti di cui all'art. 87, comma 1, lett. a) e b), del T.U. delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nonché delle società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, delle imprese individuali e delle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato dei soggetti di cui al presente comma non residenti tenute, non per effetto di opzione, alla contabilità ordinaria.
2. L'imposta si applica alla data di chiusura del periodo di imposta rilevante ai fini delle imposte sui redditi con l'aliquota del 7,5 per mille sul patrimonio netto così come risulta dal bilancio o, in mancanza, dai relativi elementi desumibili dalle scritture contabili, diminuito dell'utile dell'esercizio";
c) il D.L. 30 settembre 1992, n. 394, art. 3, comma 7, convertito in L. 26 novembre 1992, n. 461: "Con decreto del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al decreto stesso";
d) il D.M. 7 gennaio 1993, art. 2, comma 1, n. 8), adottato in attuazione del comando sub c): "Il patrimonio netto rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta è quello indicato dall'art. 2424 c.c.. Esso è costituito da:... 8) fondi costituiti a fronte di oneri generici... ";
e) il D.M. 7 gennaio 1993, art. 2, comma 1, n. 12): "Il patrimonio netto rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta è quello indicato dall'art. 2424 c.c.. Esso è costituito da:... 12) perdita dell'esercizio";
f) il D.M. 7 gennaio 1993, art. 2, comma 2: "Non si comprendono nel patrimonio netto: i fondi iscritti in bilancio per la copertura di specifici oneri".
Tenendo conto in maniera particolare delle formule letterarie impiegate dalle disposizioni normative riprodotte sub d), e) ed f), si desume la seguente norma (o principio di diritto), idonea alla sussunzione della fattispecie controversa: "il fondo iscritto in bilancio per specifici oneri o passività, come la copertura di perdite derivanti dalla verifica della polizia tributaria, non dev'essere incluso, in base al D.M. 7 gennaio 1993, art. 2, comma 2, nel patrimonio netto, che è l'oggetto dell'imposta sul patrimonio netto D.L. 30 settembre 1992, n. 394, ex art. 1, comma 1, convertito in L. 26 novembre 1992, n. 461. L'esclusione è assoluta, nel senso che il fondo specifico non dev'essere ascritto ne' ai fondi altri (art. 2424 c.c., Passivo, B) Fondi per rischi e oneri), ne' alla perdita dell'esercizio (art. 2424 c.c., A) Patrimonio netto:... 9^ - Utile (perdita) dell'esercizio)".
Poiché il fondo di cui si discute è un "fondo costituito per la copertura di perdite che sarebbero derivate da un'ispezione fiscale operata dalla Guardia di finanza", esso è un fondo specifico, che, ai sensi della norma individuata, non dev'essere incluso nel patrimonio netto, oggetto dell'imposta D.L. 30 settembre 1992, n. 394, ex art. 1, comma 1, convertito in L. 26 novembre 1992, a 461. 7. Le precedenti considerazioni conducono al rigetto del ricorso. 8. La novità e la peculiarità della questione depongono per la compensazione tra le parti delle spese processuali relative al giudizio di cassazione.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese processuali relative al giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2007. Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2008