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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6919 - pubb. 01/08/2010.

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Cassazione civile, sez. V, tributaria, 22 Febbraio 2002. Est. Di Palma.

Tributi erariali diretti - Imposta sul reddito delle persone fisiche (I.R.P.E.F.) (tributi posteriori alla riforma del 1972) - Redditi di impresa - Determinazione del reddito - Ricavi - Corrispettivo della cessione di materie prime acquistate e rivendute nello stesso atto ed allo stesso prezzo - Iscrizione come ricavo nel conto economico, distintamente da eventuali costi ad esso afferenti - Necessità - Fondamento.


In tema di determinazione del reddito d'impresa, il corrispettivo della cessione di materie prime, acquistate e rivendute nello stesso atto ed allo stesso prezzo, costituisce - ai sensi dell'art. 53 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 - ricavo di esercizio, e come tale deve essere appostato nel conto economico, distintamente da eventuali costi ad esso afferenti, al fine di non alterare illegittimamente il risultato del conto ed in conformità al divieto di compensazione di partite sancito dall'art. 2425 bis cod. civ. (nel testo, applicabile "ratione temporis", introdotto dall'art. 11 del D.L. n. 95 del 1974, convertito nella legge n. 216 del 1974) ed ora dall'art. 2423 ter, ultimo comma, dello stesso codice. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Bruno SACCUCCI - Presidente -
Dott. Enrico PAPA - Consigliere -
Dott. Vittorio Glauco EBNER - Consigliere -
Dott. Salvatore DI PALMA - Rel. Consigliere -
Dott. Francesco TIRELLI - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
ISOLVER SPA, in persona dell'Amministratore delegato pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. PISANELLI 2, presso lo studio dell'avvocato DI MEO STEFANO, che lo difende unitamente all'avvocato PINTO LUIGI, giusta procura a margine;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
avverso la decisione n. 5057/97 della Commissione tributaria centrale di ROMA, depositata il 22/10/97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/12/01 dal Consigliere Dott. Salvatore DI PALMA;
udito per il ricorrente, l'Avvocato DI MEO, che si riporta al ricorso e chiede l'accoglimento;
udito per il resistente, l'Avvocato dello Stato CRISCUOLI, che si riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo NARDI che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1 Con avvisi di accertamento nn. 7, 8 e 9/83 del 29 novembre 1983, notificati il 2 dicembre 1983 alla Isolver S.p.a., esercente attività edilizia, l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Volterra rettificò i redditi d'impresa, dichiarati dalla Società per gli esercizi sociali 1977, 1978 e 1981 ai fini dell'applicazione dell'i.r.pe.g. e dell'i.lo.r.
In particolare, e per quanto in questa sede rileva, l'Ufficio: a)- relativamente al periodo d'imposta 1977, riprese a tassazione la somma di £. 27.226.929 ai fini i.r.pe.g. e quella di £. 34.166.000 ai fini i.lo.r., comminando le relative sanzioni, in quanto la Società aveva contabilizzato la fattura n. 217 del 13 settembre 1977 dell'importo di £. 26.843.011 oltre i.v.a. - dalla stessa emessa nei confronti della Montaggi e Costruzioni civili di Milano S.p.a. - nella sezione avere del conto acquisti delle materie prime, anziché tra i ricavi di esercizio, attuando, in tal modo, una illegittima compensazione di partite ai sensi dell'art. 2425-bis cod.civ.; b)- relativamente ai periodi d'imposta 1978 e 1981, recuperò a tassazione , ai soli fini i.lo.r., le somme di £. 4.072.000 (1978) e di £. 1.022.000(1981), in quanto la Società non aveva dimostrato, per omessa tenuta di contabilità separata, che i corrispondenti costi afferivano specificamente a ricavi esenti ai sensi dell'art. 26 del d.P.R. n. 601 del 1973.
Con tre distinti ricorsi del 20 marzo 1984 alla Commissione tributaria di I° grado di Pisa, la Società impugnò i predetti avvisi, chiedendone l'annullamento e deducendo, in particolare: - che, quanto al rilievo sub a) - siccome la cessione aveva avuto ad oggetto, non già materiali di sua produzione, bensì materie prime acquistate e poi rivendute allo stesso prezzo - era legittimo non aumentare i ricavi e ridurre i costi di esercizio, poiché il risultato complessivo era identico ai fini del conto economico; - e che, quanto al rilievo sub b), la propria struttura organizzativa aziendale e le modalità di esecuzione dei lavori rendevano impossibile la tenuta di una contabilità separata tra attività tassabili e quelle esenti ai fini i.lo.r., sicché essa aveva applicato un criterio di proporzionalità nella deduzione dei costi. In contraddittorio con l'Ufficio - che instò per la reiezione dei ricorsi - la Commissione adita, con decisione n. 2402/84 del 18 marzo 1985, riuniti i ricorsi, li accolse.
1.2 A seguito di appello dell'Ufficio, la Commissione tributaria di II° grado di Pisa, con decisione n.103/86 del 10 febbraio 1986, respinse il gravame.
1.3 Adita dall'Ufficio, la Commissione tributaria centrale, con decisione n. 5057 del 22 ottobre 1997, accolse il ricorso. In particolare, la Commissione ha così, testualmente, motivato:
A)-"Non appare dubbio, anzitutto, che la cessione di materie prime, di cui alla fattura n. 217 del 1977, in base alla quale la ISOLVER ha incassato £. 26.843.011+iva, costituisca un ricavo e come tale debba essere dichiarato e considerato. Se poi l'operazione comporta anche dei costi, di questi, se denunciati e documentati, si terrà conto. Non è ammissibile, quindi, quella sorta di 'compensazione' tra ricavi e costi operata dalla Società contribuente". B)- "Sulla seconda questione (criterio proporzionale per le attività soggette ad ILOR e per quelle esenti) appare assorbente e decisivo rilevare che, nei precedenti gradi, l'Ufficio aveva dedotto la mancanza di prova che i costi specifici oggetto delle rettifiche fossero direttamente imputabili a ricavi esenti. Detta prova, il cui onere incombe evidentemente sulla Società contribuente, non è stata fornita, ne' in sede di accertamento ne' in sede contenziosa. Per tale assorbente ragione non si può dunque ammettere il criterio proporzionale adottato per individuare i ricavi derivanti da attività svolte in zone esenti da ILOR; ma tali ricavi andavano individuati ed indicati specificamente".
1.4 Avverso tale decisione la Isolver S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, illustrati con memoria. Resiste, con controricorso, il Ministro delle Finanze. MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1 Con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione di norme di diritto - art. 360 n.3 c.p.c. - in relazione alla normativa in materia di bilancio - art.2425-bis c.c."), la Società ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che l'importo portato dalla fattura de qua non potrebbe essere qualificato siccome ricavo, avendo ad oggetto cessione di materie prime acquistate e poi cedute nello stesso atto ed allo stesso prezzo di acquisto, per cui essa, al fine di operare correttamente, doveva necessariamente ridurre i costi e non incrementare i ricavi; sicché, nella specie, non sarebbe stata operata alcuna compensazione.
Con il secondo motivo (con cui deduce: "Violazione di norme di diritto - art. 360 n. 3 c.p.c. - in relazione all'art. 74 Dpr 597/73 - oggi art. 75 Dpr 917/86 - e 2 comma 6-bis D.L. 26.4.1990 n.90 introdotto dalla L. 26.6.1990 n. 165"), la ricorrente lamenta che i Giudici a quibus avrebbero omesso di tener conto che - anche a voler qualificare l'operazione di cui al precedente motivo siccome "compensazione" - la Società sarebbe incorsa in una irregolarità meramente formale, anche al fine dell'applicazione delle sanzioni. Infine, con il terzo motivo (con cui deduce: "Violazione di norme di diritto - art. 360 n. 3 c.p.c. - in relazione all'art. 74 Dpr 597/73 - oggi art. 75 Dpr 917/86 - e 36 Dpr 601/73"), la Società ricorrente - dopo aver sottolineato che essa operava sia in zone in cui era stata esentata dall'i.lo.r., sia in zone non agevolate - ribadisce la legittimità della deduzione dei costi relativi a ricavi esenti, dalla stessa operata con il criterio proporzionale di cui all'art.74 comma 2 del d.P.R. n. 597 del 1973.
2.2 Il ricorso deve essere respinto.
Il primo motivo è privo di fondamento.
La Commissione tributaria centrale, infatti, ha accertato che quella documentata dalla fattura n. 217 del 1997 costituisce operazione di "cessione di materie prime....in base alla quale la Isolver ha incassato £. 26.843.011+iva" ed ha qualificato tale corrispettivo siccome ricavo di esercizio, considerandolo, pertanto, componente positivo del relativo reddito d'impresa (cfr., supra, n. 1.3, lett.A).
A fronte di ciò, la ricorrente sostiene che "nella specie, invece, si trattava di cessione di materie prime acquistate e poi cedute nello stesso stato ed allo stesso prezzo di acquisto per cui la contribuente per operare correttamente doveva ridurre i costi e non incrementare i ricavi" (cfr., Ricorso, pag. 4).
Orbene, a prescindere dai profili di inammissibilità della censura, laddove questa si contrappone ad un accertamento di fatto compiuto dai Giudici a quibus, non v'è dubbio che l'art.53 comma 1 del d.P.R. n. 597 del 1973 (applicabile alla specie ratione temporis; cfr., ora, l'art. 53 comma 1 lett.b del d.P.R. n. 917 del 1986) - laddove dispone(va), tra l'altro, che "costituiscono ricavi....i corrispettivi delle cessioni di materie prime....acquistat(e) per essere impiegat(e) nella produzione, al netto dei relativi sconti, abbuoni e premi" - prevede proprio la fattispecie oggetto del presente giudizio. E, dunque, se il corrispettivo de quo deve considerarsi ricavo, è altrettanto certo che, come tale, lo stesso deve essere appostato nel conto economico, distintamente da eventuali costi al medesimo afferenti, al fine di non alterare illegittimamente il risultato del conto. Del resto, proprio a tal ultimo fine l'art. 2425-bis comma 2 cod.civ. (nel testo introdotto dall'art.11 della legge n.216 del 1974, applicabile alla specie ratione temporis; cfr., ora, art. 2423-ter comma 6, inserito dall'art. 4 d.lgs. n. 127 del 1991) vieta i compensi di partite. Il secondo motivo è in parte infondato e in parte inammissibile:
infondato - laddove invoca l'applicazione dell'art. 74 del d.P.R. n. 597, come interpretato autenticamente dall'art. 2 comma 6-bis primo periodo del d.l. n. 90 del 1990, conv., con mod., nella legge n. 165 del 1990 - perché la censura si basa su un presupposto errato, e cioè la sufficienza della mera annotazione di una posta passiva nelle scritture contabili, non evidenziata nel conto dei profitti e delle perdite, per la sua deducibilità dal reddito; inammissibile - laddove si sostiene la natura di mera irregolarità formale della compensazione di partite - perché, ove la relativa questione fosse stata introdotta al fine di fruire del preteso, più favorevole trattamento sanzionatorio previsto dal jus superveniens, costituito dall'art. 2 comma 6-bis secondo periodo del d.l.n. 90 del 1990 (nella parte in cui prevede, tra l'altro, che, "salvo che il fatto non costituisca violazione più grave, per il compenso di partite effettuato in violazione del codice civile....si applica la pena pecuniaria prevista dall'art. 48 secondo comma (del d.P. R. n.600 del 1973) aumentata della metà"), la questione medesima, a parte ogni altra considerazione, è stata introdotta, per la prima volta, in questa sede, mentre avrebbe dovuto esser prospettata nel giudizio a quo, nel corso del quale l'invocato jus superveniens era già entrato in vigore (il 29 giugno 1990).
Infine, anche il terzo motivo deve essere respinto (cfr., supra, nn. 1.3 lett. B e 2.1).
Dal momento che costituiscono circostanze incontestate tra le parti quella, secondo cui la Società ricorrente svolgeva attività d'impresa anche in zone meridionali, relativamente alla quale fruiva dell'esenzione dall'i.lo.r., e che la stessa non teneva una contabilità "separata" relativamente alle attività produttive di redditi esenti, è necessario premettere che alla Società doveva applicarsi, invece, l'art. 26 comma 2 secondo periodo del d.P.R. n. 601 del 1973, il quale prevede, imperativamente, che "le imprese che svolgono attività produttive di redditi esenti devono tenere la contabilità in modo che sia possibile determinare separatamente la parte di utili attribuibile a tale attività" (cfr., nei medesimi termini, l'art. 101 comma 4 del d.P.R. n. 218 del 1978, recante t.u. delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno): norma, questa, che è posta a tutela sia dell'interesse pubblico fiscale, volto ad impedire abusi dell'agevolazione, sia di quello del contribuente nella prospettiva, ad es., della dimostrazione della deducibilità di costi ed oneri, in quanto afferenti redditi esenti. Tanto premesso, deve aggiungersi che, nella specie, risulta inapplicabile anche l'invocato art. 74 comma 2 secondo periodo del d.P.R. n. 597 del 1973 (cfr., ora, art. 75 comma 5 secondo periodo del d.P.R. n. 917 del 1986) - laddove prevede(va), tra l'altro, che "i costi e gli oneri....non....suscettibili di imputazione specifica si deducono nella proporzione stabilita nel primo comma dell'art. 58" (relativo alla deducibilità degli interessi passivi) - per la decisiva ragione che siffatta disposizione non si riferisce a tutti i costi e gli oneri, ma, appunto, a quelli non suscettibili di imputazione specifica, vale a dire, ad es., alle c.d. "spese generali". Deve rilevarsi, infine, come correttamente affermato dalla decisione impugnata, che, in conformità alla generale regola di distribuzione dell'onere della prova, spetta, comunque, al contribuente di dimostrare la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per la deducibilità di tutti i costi e gli oneri concretamente dedotti. 2.3 Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in complessive £. 2.650.000, ivi comprese £. 2.500.000 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 7 dicembre 2001.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2002