Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6857 - pubb. 01/08/2010

.

Cassazione civile, sez. II, 23 Marzo 1995, n. 3380. Est. Santilli.


Società - Fusione - Modalità - Atto di fusione - Soggezione all'iscrizione nel registro delle imprese - Deliberazioni di fusione - Soggezione all'omologazione.



Gli atti di fusione di società sono sottoposti alla pubblicità costitutiva dell'iscrizione sul registro delle imprese e non alla omologazione del Tribunale, che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2502 - 2411 cod. civ., è invece, prescritta per le deliberazioni di fusione. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Filippo VERDE Presidente
" Renato SANTILLI Rel. Consigliere
" Ugo RIGGIO "
" Giuseppe BOSELLI "
" Antonino ELEFANTE "
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
S.E.F.I.L. - SOCIETÀ PER L'EDILIZIA, LA FINANZA, L'INDUSTRIA E LAVORI PUBBLICI S.R.L., con sede in Foggia alla via Crispi n. 55, in persona del Presidente del Consiglio d'Amministrazione dott. Rocco De Filippis (subentrata - per fusione - nel patrimonio attivo e passivo della S.I.P. s.a.s., giusta atto per Notar Finizia del 14.1.88 reg. il 22.1.88 al n. 67); elettivamente domiciliata in Roma, via di Porta Pinciana n. 6, presso il prof. avv. Michele Giorgianni, rappresentata e difesa dall'avv. Vittorio Mitolo, per delega in calce al ricorso;
Ricorrente
contro
GESUALDO LORENZO;
Intimato
per la cassazione della sentenza n. 95-92 della Corte di Appello di Bari del 23.12.91 - 8.2.1992;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6.10.94 dal Cons. Rel. Dott. Renato Santilli;
udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. S. Lanni che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 7.1.1986 il sig. Lorenzo Gesualdo - premesso di avere eseguito in Foggia e S. Giovanni Rotondo opere in subappalto a favore della subcommittente s.a.s. S.I.P. del dott. Rocco De Filippis, per un importo complessivo di L. 83.700.000, ricevendo solo acconti e rimanendo creditore della somma di L. 66.490.000 - convenne davanti al tribunale di Foggia la predetta società, chiedendo che venisse condannata al pagamento della somma ancora dovuta, con rivalutazione ed interessi legali. Con sentenza 2.12.88 l'adito giudice accolse la domanda, nella contumacia della convenuta, che fu condannata al pagamento della somma di L. 76.463.500 con interessi legali dal 24.4.85. Proposta impugnazione da parte della s.r.l. S.E.F.I.L. (Società per l'edilizia, la finanza e l'industria con sede in Foggia), in cui la S.I.P. era stata incorporata per fusione, deducendo, nei motivi, di avere pagato al Gesualdo acconti per L. 77.146.909 e di avere messo a sua disposizione la somma residua di L. 8.000.000 in libretto bancario a lui intestato.
La Corte d'appello con sentenza 23.12.91 rigettò il gravame osservando, da un lato, che la società appellante era priva di legittimazione passiva, non essendo stato omologato dal tribunale l'atto di fusione tra di essa e la società convenuta, e, dall'altro, che, comunque, non erano stati provati gli asseriti pagamenti, essendosi contestato dalla controparte che la prodotta documentazione si riferisse ai rapporti per cui è causa o a rapporti con esso Gesualdo; ne', per la stessa corte, era possibile ammettere la prova per interpello, "apparentemente inutile attesa la posizione difensiva di rigoroso contrasto con l'appellato sulle circostanze di cui ai vari capitoli formulati dalla controparte", nonché quella per testi, da ritenere sospetta essendo normale in tali casi l'emissione di quietanza liberatoria soprattutto riguardo a rapporti obbligatori di rilevante importo.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso la Sefil con atto notificato il 16.4.92 deducendo tre motivi; non resiste con controricorso l'intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo si denuncia la violazione e l'erronea applicazione degli artt. 2501, 2502, 2503, 2504, c.c., nonché il difetto, l'insufficienza e la contraddittorietà della motivazione per avere il giudice di merito ritenuto soggetto ad omologazione l'atto pubblico di fusione, omologazione invece prevista solo (art. 2502-2 c.c.) per le deliberazioni di fusione. Nè per il ricorrente avrebbe rilievo l'argomento secondo cui l'omologazione dell'atto di fusione sarebbe necessaria a tutela dei creditori di ciascuna della società, posto che tale esigenza verrebbe ad esser soddisfatta proprio con l'omologazione della deliberazione di fusione. Il motivo è fondato.
Va in primo luogo rilevato che l'omologazione della deliberazione societaria diretta alla fusione con altra società è espressamente prevista dall'art. 2502 c.c., attraverso il richiamo del disposto dall'art. 2411 c.c. che prevede e prescrive il controllo da parte del tribunale della deliberazione di emissione delle obbligazioni da parte della società per azioni. Il richiamo invece non è previsto dall'art. 2504 c.c. per l'atto di fusione, riguardo al quale è richiesta solo l'iscrizione nel registro delle società. Tale elemento testuale, già di per sè significativo e che induce ad escludere la necessità di un successivo controllo giudiziale per tale atto, acquista ancor più valore alla stregua della "ratio" che ispira la normativa che regola il fenomeno delle fusioni societarie. Il legislatore ha infatti ritenuto necessario che le deliberazioni che portano alla incorporazione di una società in un altra o alla loro unione in una nuova società debbano essere sottoposte ad un controllo di legittimità da parte del tribunale in previsione delle profonde ripercussioni di tali eventi sia nella sfera dei soci, sia in quella dei creditori sociali, al fine di evitare che disinvolte manovre operate dalle maggioranze delle società interessate possano pregiudicare, attraverso procedure fraudolente, i diritti dei soggetti sopra indicati. Tale controllo, una volta operato per le deliberazioni che dispongano la fusione, apparirebbe invece un'inutile duplicazione rispetto ai successivi e conseguenti atti di fusione che costituiscono mera esecuzione di quelle deliberazioni. Nè è poi privo di significato ermeneutico che anche la novella di cui al D. lgs. 16.1.91 n. 22 nulla abbia innovato al riguardo, pur avendo disposto, nella materia, procedure e cautele assai più penetranti di quelle originariamente previste.
Pertanto, poiché gli atti societari di fusione sono sottoposte solo alla pubblicità costitutiva dell'iscrizione nel registro delle società (art. 2505 c.c.) e non all'omologazione da parte del Tribunale, prescritto solo per le deliberazioni di fusione (art. 2502 c.c.), la Corte d'appello non poteva ritenere priva di legittimazione a ricorrere la s.r.l. S.E.F.I.L., incorporatrice per fusione della convenuta s.r.l. S.I.P., nel presupposto - erroneo - del non avvenuto assorbimento, per difetto dell'omologazione dell'atto di fusione, della seconda società nella prima.
Con il secondo mezzo si denuncia la violazione degli artt. 228, 230 c.p.c., 102 disp. att. in relazione all'art. 187 c.p.c., nonché il difetto e la contraddittorietà della motivazione per avere la corte di merito denegato l'ammissione di prova per interrogatorio dedotta su circostanza decisive (il pagamento delle opere per cui è causa) con l'argomento della inutilità della prova per l'atteggiamento processuale della parte, dato che essa aveva già escluso la veridicità delle circostanze oggetto della prova stessa, risolvendosi, per la ricorrente, tale argomento in una mera supposizione.
Il motivo appare fondato.
Come questa corte ha ritenuto (v. da ultimo cass. 10.8.90 n. 8137), la valutazione del giudice in ordine all'ammissibilità e alla rilevanza dell'interrogatorio va effettuata, ai sensi dell'art. 187 c.p.c., sulla base del contenuto dei capitoli in relazione ai termini della controversia, e non in base al supposto esito del mezzo istruttorio, perché altrimenti la detta valutazione si tradurrebbe in una illazione, fondata, al più, su di un giudizio del tutto ipotetico.
Con il terzo mezzo si denuncia la violazione e l'erronea applicazione degli artt. 244 e 245 c.p.c. in relazione all'art. 187 c.p.c., 2721 1 e 2 comma c.c., nonché il difetto della motivazione per avere la corte di merito denegato l'ammissione di prova testimoniale relativa al pagamento di lavori eseguiti di un terzo con il non pertinente argomento del sospetto che colpirebbe una prova testimoniale relativa a pagamenti normalmente accompagnati dal rilascio di quietanza.
Va premesso che la corte ha negato ingresso alla prova testimoniale, non per l'operatività del divieto di cui all'art. 2721 c.c., esteso anche agli atti di pagamento del debito dall'art. 2726 c.c., ma ha compiuto un preventivo giudizio di inattendibilità del suo risultato, giudicato sospetto alla stregua della prassi del rilascio di quietanze che accompagna gli atti sopra menzionati. Orbene, anche a prescindere dal fatto che, nella specie, i pagamenti erano avvenuti a mezzo di titoli di credito, è evidente che il giudice di merito ha compiuto quella valutazione nel presupposto della semplice inverosimiglianza del fatto oggetto della prova, in quanto ritenuto discostarsi dal "quod plerumque accidit";
il che invece non può essere ostativo all'ammissione della prova testimoniale (cass. 16.12.83 n. 7421), così come non può costituire ragione per disattendere la testimonianza (cass. 1.7.82 n. 3952), per il solo rilievo che le circostanze in esse rispettivamente dedotte o riferite non siano conformi alla normalità dei fatti, essendo tale giudizio nient'altro che il risultato di un'operazione meramente statistica, dalla quale possono discostarsi singole situazioni, le quali non cessano di essere meno reali solo per il fatto di uscire dalla media degli accadimenti.
La sentenza deve essere pertanto cassata, con rinvio ad altra sezione della stessa corte d'appello; questa dovrà attenersi agli enunciati principi di diritto per statuire sulla legittimazione a ricorrere della s.r.l. SEFIL per decidere sull'ammissione dei mezzi di prova dalla stessa dedotti.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d'appello di Bari. Così deciso il 6 ottobre 1994.