Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6838 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 17 Luglio 2008, n. 19719. Est. Schirò.


Società - Di capitali - Società cooperative - In genere (nozione, caratteri, distinzioni, tipi: a responsabilità limitata e non limitata) - Società cooperativa a responsabilità limitata - Obblighi del socio - Rimborso di spese ed oneri per il funzionamento della società - Previsione in clausola statutaria - Validità - Sussistenza - Fondamento.



In tema di responsabilità del socio di società cooperativa a responsabilità limitata, deve ritenersi legittima la clausola statutaria che preveda l'obbligo dei soci di rimborsare alla società tutte le spese e gli oneri per il suo funzionamento, non implicando essa un'incidenza sulla tipologia societaria così da far assumere alla cooperativa la veste di società a responsabilità illimitata, in quanto detta clausola non impegna i soci per le obbligazioni sociali verso i terzi, ma regola solo i rapporti interni alla società ed è, inoltre, pienamente compatibile con la realizzazione dell'oggetto sociale, afferendo ad una prestazione accessoria ad esso funzionale. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. SCHIRÒ Stefano - rel. Consigliere -
Dott. TAVASSI Marina Anna - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VELTRI FRANCA, elettivamente domiciliata in Roma, piazza Mazzini 8, presso l'avv. CRIMI Giuseppe, che la rappresenta e difende, insieme con l'avv. STROZZI Sandro, del Foro di Alessandria, per procura in atti;
- ricorrente -
contro
COOPERATIVA EDILIZIA DIANA s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempre, elettivamente domiciliata in Roma, via Tortolini 34, presso l'avv. PAOLETTI Nicolo, che la rappresenta e difende, insieme con l'avv. SASSI Gian Franco, del Foro di Alessandria, per procura in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 1256 del 30 luglio 2004.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3 aprile 2008 dal relatore, cons. Dott. SCHIRÒ Stefano;
udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza n. 1256 del 30 luglio 2004, la Corte di appello di Torino rigettava l'appello proposto da Franca Veltri nei confronti della Cooperativa Diana s.c.e.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Alessandria in data 23 maggio 2002, con la quale era stata respinta l'opposizione della stessa Veltri contro il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Pretore di Alessandria per l'importo di L. 52.364.349, oltre agli accessori, e con la quale l'opponente aveva dedotto che la somma a lei richiesta dalla Cooperativa per la suddivisione di ulteriori costi di costruzione del fabbricato sociale, in cui era ricompreso l'alloggio assegnatole, non era dovuta, avendo ella già pagato quanto dovuto all'atto di assegnazione dell'immobile, con rilascio di relativa quietanza, e non essendo i soci della cooperativa edilizia tenuti a pagare i debiti della società, fermo restando che spettava all'ingiungente provare la sussistenza del proprio credito.
2. A fondamento della decisione, la Corte territoriale così motivava:
2.a. la quietanza di pagamento ricevuta all'atto dell'assegnazione dell'immobile, e indipendentemente dalla legittimità o meno di tale assegnazione, era priva di rilevanza, contenendo la medesima "la insuperabile precisazione" che essa valeva "per le spese sino ad oggi" sostenute dalla cooperativa per la costruzione dell'edificio, con la conseguenza che le spese successive al rilascio della quietanza (tra le quali quelle sostenute dalla cooperativa in via transattiva con le imprese costruttrici e poste a base del decreto ingiuntivo) non potevano essere ricomprese tra quelle precedentemente sostenute ed oggetto della quietanza;
2.b. la ripartizione tra i soci del maggior debito della cooperativa era stato oggetto di varie deliberazioni societarie, approvate anche dalla stessa opponente che aveva partecipato alle relative assemblee;
2.c. andava infine disattesa la tesi dell'appellante, secondo cui il debito assunto in via transattiva dalla cooperativa con le imprese costruttrici sarebbe stato un debito esclusivo della cooperativa stessa, che non poteva essere trasferito ai soci; infatti tra la cooperativa e i soci "sussiste uno stretto vincolo di sussidiarietà", nel senso che i debiti assunti dalla cooperativa per la realizzazione dell'oggetto sociale (costruzione di alloggi ed autorimesse) dovevano essere soddisfatti con i versamenti in denaro da parte dei soci, a nulla rilevando nella specie la questione se lo statuto sociale prevedesse o meno il potere degli organi sociali di richiedere ai soci versamenti suppletivi, in quanto le relative delibere sociali non erano mai state impugnate dall'appellante, con conseguente sanatoria dell'eventuale causa di annullabilità. 3. Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Veltri sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso la Cooperativa edilizia Diana s.r.l. in liquidazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente - denunciando violazione dell'artt. 111 Cost., comma 6, artt. 2511, 2514, 2516, 2537 c.c., art. 112 c.p.c., e dei principi generali che regolano le società cooperative, nonché omessa o carente motivazione circa un punto decisivo della controversia - censura la sentenza impugnata, per non avere i giudici di appello preso in considerazione il motivo di gravame proposto contro la sentenza di primo grado, con il quale si era contestato il principio, affermato dal Tribunale, secondo cui la regola della responsabilità limitata dei soci della cooperativa, fissata dall'art. 2514 c.c., andava riferita soltanto alla responsabilità diretta del socio nei confronti dei creditori sociali, ma non operava nei rapporti interni tra socio e cooperativa, e si era dedotto che la regola della responsabilità limitata costituiva principio fondamentale dell'ordinamento, confermato anche nello statuto della cooperativa, con la conseguenza che la contrarietà delle delibere assembleari a tale principio comportava la nullità (e non la semplice annullabilità) delle delibere stesse, che di fatto determinavano anche la trasformazione, con mera deliberazione di assemblea ordinaria, di una società cooperativa a responsabilità limitata in una cooperativa a responsabilità illimitata.
1.1. Il motivo è privo di fondamento.
La Corte di merito ha espressamente affrontato la questione dedotta dalla ricorrente, affermando che tra cooperativa e soci "sussiste uno stretto vincolo di sussidiarietà", nel senso che i debiti assunti dalla cooperativa per la realizzazione dell'oggetto sociale (costruzione di alloggi ed autorimesse) dovevano essere soddisfatti con i versamenti in denaro da parte dei soci, a nulla rilevando nella specie la questione se lo statuto sociale prevedesse o meno il potere degli organi sociali di richiedere ai soci versamenti suppletivi, in quanto le relative delibere sociali non erano mai state impugnate dall'appellante, con conseguente sanatoria dell'eventuale causa di annullabilità.
Il principio enunciato dalla Corte di merito, non specificamente contestato dalla ricorrente, è conforme all'orientamento di questa Corte, secondo cui la clausola statutaria di una società cooperativa a responsabilità limitata, che preveda l'obbligo dei soci di rimborsare alla società tutte le spese e gli oneri per il suo funzionamento, non incide sulla tipologia societaria, trasformando la cooperativa a responsabilità limitata in una società a responsabilità illimitata, in quanto la clausola medesima non impegna i soci per le obbligazioni sociali verso i terzi, ma riguarda i rapporti interni alla società, ed, inoltre, è pienamente compatibile con la realizzazione dell'oggetto sociale, afferendo ad una prestazione accessoria funzionale alle finalità mutualistiche (Cass. 1979/6310; 1999/12157).
Deve di conseguenza escludersi che le delibere assembleari della cooperativa, attuative dell'obbligo del socio di concorrere al pagamento dei debiti assunti dalla cooperativa stessa per la realizzazione dell'oggetto sociale, "costituiscano una deviazione dai principi fondamentali del diritto societario", non venendo in discussione "la irresponsabilità personale" del socio della cooperativa verso i terzi, ma esclusivamente la rilevanza, all'interno della società, della responsabilità del socio, regolata nelle clausole statutarie conformemente ai fini della cooperativa (Cass. 1999/12157).
Non ricorrono pertanto gli estremi dei vizi di omessa motivazione e di omessa pronuncia denunciati dalla ricorrente.
2. Con il secondo motivo la Veltri denuncia violazione dell'art. 2697 c.c., artt. 112 e 210 c.p.c., nonché delle norme in tema di onere della prova, e si duole che la Corte di appello, senza procedere all'esame delle censure svolte sul punto avverso la sentenza di primo grado, non abbia tenuto conto che l'onere della prova in ordine all'esistenza e all'esperibilità del credito vantato incombeva sulla cooperativa, la quale non ha invece fornito detta prova, omettendo addirittura di ottemperare all'ordine del Tribunale di depositare tutta la documentazione contabile inerente ai rapporti di credito - debito che hanno dato luogo alle procedure arbitrali tra la cooperativa e le imprese costruttrici e al decreto ingiuntivo, senza che la Corte di merito abbia tratto conseguenza da tale omessa ottemperanza.
2.1. Anche tale doglianza è destituita di fondamento. La Corte di appello, con idonea motivazione, ha dato atto che la ripartizione del debito della cooperativa tra i vari soci è stato oggetto di varie deliberazioni societarie approvate con il concorso del voto della stessa appellante e mai impugnate tempestivamente, con conseguente sanatoria dell'eventuale causa di annullabilità, restando quindi irrilevante la questione se lo statuto della cooperativa prevedesse espressamente il potere degli organi sociali di chiedere versamenti suppletivi di danaro ai soci della cooperativa.
Anche tale motivazione non è stata specificamente censurata dalla ricorrente e comunque, alla stregua delle argomentazioni svolte dalla Corte di merito, non sussiste la dedotta violazione delle norme di legge indicate dalla Veltri.
3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione degli artt. 1199 e 1372 c.c., nonché vizio di motivazione, e si critica la sentenza impugnata per non aver riconosciuto efficacia liberatoria alla quietanza prodotta in giudizio all'opponente. La ricorrente deduce in particolare che i giudici di appello abbiano errato ad interpretare detta quietanza, contenuta nell'atto di assegnazione dell'immobile, estrapolando dal contesto complessivo di tale atto la frase a cui hanno fatto riferimento e senza tener conto che nelle righe immediatamente precedenti si dava atto che il valore dell'unità immobiliare assegnata ammontava a L. 55.069.000, - di cui L. 28.069.000, già corrisposte e di cui si dava quietanza a pagamento delle spese sino ad allora effettuate dalla cooperativa - e si prevedeva l'assunzione da parte dell'assegnataria dell'obbligo di pagare la differenza di L. 27.000.000, tramite accollo della quota di mutuo gravante sull'alloggio, con rilascio da parte della cooperativa di ampia quietanza liberatoria di tutte le obbligazioni della parte assegnataria.
Lamenta ancora la Veltri che il proprio impegno di mallevare la cooperativa riguardava soltanto gli oneri derivanti dal mutuo, mentre nessun altro impegno era stato da lei assunto in relazione al costo dell'alloggio e che lo stesso atto di assegnazione era stato preceduto da una delibera del consiglio di amministrazione, nel cui verbale del 21 marzo 1984 si era attestato che erano stati ultimati i lavori di costruzione dello stabile e che si rendeva necessario stipulare gli atti di assegnazione delle singole unità immobiliari ai soci, con la conseguenza che le somme richieste dalla cooperativa, anche a volerle considerare come quote pari al costo dell'alloggio, non avrebbero potuto riguardare la ricorrente stessa, che aveva assolto ogni onere relativo alla quota di sua pertinenza con il pagamento della somma computata al momento dell'assegnazione del proprio alloggio.
3.1. La censura è inammissibile. La Corte di appello di Torino, interpretando la quietanza prodotta dalla Veltri e la clausola dell'atto di assegnazione in cui la stessa era contenuta, ha ritenuto che detta quietanza, contenendo "l'insuperabile precisazione" che essa valeva per le spese sino ad allora sostenute dalla cooperativa per la costruzione dell'edificio, non poteva riguardare le spese successive, tra le quali proprio quelle sostenute dalla cooperativa per adempiere alla transazione con le imprese costruttrici. La ricorrente ha censurato l'interpretazione fornita dai giudici di appello, deducendo che dall'atto di assegnazione risultava che ella aveva assolto ogni onere nei confronti della cooperativa, relativamente ai costi di costruzione del proprio alloggio, con il pagamento della somma di L. 55.069.000, indicata nell'atto medesimo come corrispondente al valore complessivo dell'immobile assegnato, ma argomentando in tal modo, anziché dedurre la violazione dei criteri legali d'interpretazione del contratto o l'esistenza di specifici vizi della motivazione della sentenza impugnata, ha inammissibilmente proposto un'interpretazione della clausola contrattuale e della quietanza in essa contenuta diversa da quella prospettata dal giudice di merito.
3.1.1. Osserva, al riguardo, il collegio che l'interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un'attività riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità, oltre che per vizi di motivazione, soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, attraverso la necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato. Inoltre, la denuncia del vizio di motivazione implica la puntualizzazione dell'obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento svolto dal giudice del merito, mentre nessuna delle due censure può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una diversa interpretazione (Cass. 2006/10131), fermo restando che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l'interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un'altra (Cass. 2007/4178; 2007/5273; 2007/15604).
3.1.2. Privo di rilevanza nella specie è il richiamo da parte della ricorrente all'orientamento giurisprudenziale secondo cui al socio assegnatario, dopo la stipula del contratto di acquisto, non può essere imposto alcun adeguamento di prezzo, qualora ciò non trovi fondamento del predetto contratto, con la conseguenza che, nell'ipotesi in cui l'organo gestorio della cooperativa deliberi, per converso, detta maggiorazione in contrasto con le previsioni contrattuali, il socio non ha l'onere di impugnare tale delibera entro termini prefissati per legge, trattandosi di un mero atto interno all'ente, inidoneo ad incidere sui diritti derivanti dal contratto di cessione dell'alloggio (Cass. 2003/6016; 2007/7646). Infatti nel caso di specie il giudice del merito ha accertato che la quietanza di pagamento non riguardava l'intero prezzo di assegnazione dell'immobile, ma soltanto le spese sostenute fino a quel momento dalla cooperativa, mentre il pagamento da parte dei soci delle somme aggiuntive necessarie a far fronte ai maggiori costi di costruzione del fabbricato sociale è stato approvato da delibere assembleari assunte con il voto della stessa attrice, e comunque non impugnate e, per tale ragione, divenute vincolanti per tutti i soci. 4. Con il quarto motivo la ricorrente prospetta la violazione degli artt. 2516 e 2379 c.c., in relazione all'art. 2514 c.c., e all'art. 111 Cost., comma 7, nonché vizio di motivazione, e si duole che la Corte di appello non abbia preso in esame la censura sollevata avverso la sentenza di primo grado, che aveva attribuito rilevanza all'avvenuta approvazione da parte di varie assemblee, anche con il voto favorevole della stessa Veltri, della ripartizione tra i soci del debito della cooperativa, senza tener conto che l'opponente non poteva immaginare di dover rispondere del debito in prima persona, avendo assolto ogni onere a suo carico, e senza considerare che l'approvazione del piano di ripartizione aveva comportato un' abnorme modificazione dell'atto costitutivo della cooperativa, assunto in sede di assemblea ordinaria con conseguente nullità insanabile delle delibere in questione, denunciabile in qualunque momento. 4.1. La doglianza non merita accoglimento.
Va ribadito quanto già osservato con riferimento al primo motivo di ricorso, nel senso che le delibere assembleari della cooperativa, attuative dell'obbligo del socio di concorrere al pagamento dei debiti assunti dalla cooperativa per la realizzazione dell'oggetto sociale, non costituiscono una deviazione dai principi fondamentali del diritto societario, non mettono in discussione il principio della limitazione della responsabilità personale del socio nei confronti dei terzi e non comportano un'abnorme modificazione dell'atto costitutivo della cooperativa. Le ulteriori argomentazioni della ricorrente contrastano con il principio della vincolatività della delibera assembleare non impugnata dai soci nei termini di legge. 5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c., in relazione al D.M. n. 127 del 2004, e lamenta la liquidazione degli onorari in misura superiore a quanto previsto dalla tariffa e a quanto richiesto dalla parte, con vizio di ultrapetizione.
La censura è fondata soltanto in relazione al superamento dell'importo massimo richiesto dalla cooperativa a titolo di onorari (Euro 4.550,00), avendo i giudici di appello liquidato il maggior importo di Euro 5.550,00, mentre va rigettata in ordine all'asserito superamento dei limiti tariffari, avendo la Corte di merito, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, legittimamente liquidato nella misura di Euro 300,00, gli onorari, per la partecipazione a due udienze e per aver provveduto anche alla liquidazione degli onorari per la partecipazione all'udienza di sospensione dell'esecutività della sentenza di appello. 6. La sentenza impugnata deve essere conseguentemente annullata sul punto della liquidazione degli onorari e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con la determinazione degli onorari spettanti alla cooperativa appellata nella misura di Euro 4.550,00; confermata nel resto la sentenza di appello.
L'esito del giudizio giustifica la totale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte:
Rigetta i primi quattro motivi e accoglie, nei termini di cui in motivazione, il quinto motivo. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida gli onorari del giudizio di appello in Euro 4.550,00.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 3 aprile 2008.
Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2008