Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6619 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 03 Agosto 2007, n. 17059. Pres., est. Plenteda.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Concordato preventivo - Annullamento e risoluzione - Effetti - Dichiarazione di fallimento consecutiva - Irretrattabilità delle somme riscosse dai creditori nella procedura di concordato preventivo - Assolutezza - Esclusione - Pagamenti attuati in violazione delle cause legittime di prelazione - Estraneità alle finalità del concordato - Sussistenza - Fattispecie.



In materia di risoluzione del concordato preventivo, si applica il principio per cui gli obblighi di restituzione posti dall'art.140 legge fall. (dettato in materia di concordato fallimentare) a carico dei creditori costituiscono un effetto ordinario della apertura del fallimento consecutivo ogni qual volta non vi sia stata salvezza, nei pagamenti attuati in costanza della procedura concorsuale minore, delle cause legittime di prelazione. (Nella fattispecie la S.C. ha confermato la pronuncia dei giudici di merito che, sul presupposto che alla banca creditrice chirografaria era stato effettuato un pagamento senza che prima fosse soddisfatto il credito privilegiato dell'I.N.P.S.,avevano condannato il creditore "accipiens" alla restituzione in favore del fallimento di quanto riscosso, negando inoltre ogni rilievo di natura pregiudiziale alla valutazione dell'insieme dell'attivo ovvero delle prospettive della liquidazione fallimentare,essendo la predetta esigenza di recupero delle somme versate in violazione della "par condicio creditorum" diretta conseguenza della risoluzione ai sensi dell'art.186 legge fall.). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



Massimario, art. 122 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato - Presidente -
Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. SCHIRÒ Stefano - rel. Consigliere -
Dott. PETITTI Stefano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona del Direttore titolare pro tempore della Filiale Capogruppo di Firenze, elettivamente domiciliata in ROMA CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso l'avvocato SCOGNAMIGLIO RENATO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO DELLA BRUNETTO PRATESI S.R.L., CASSA DI RISPARMIO DI PISTOIA E PESCIA S.P.A.;
- intimati -
e sul 2^ ricorso n. 00491/04 proposto da:
GENTILI PIER LUIGI, nella qualità di Curatore fallimentare della società BRUNETTO PRATESI S.R.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONTE ZEBIO 30, presso l'avvocato GIAMMARIA CAMICI, rappresentato e difeso dall'Avvocato PAOLO LENSI, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona del Direttore titolare pro tempore della Filiale Capogruppo di Firenze, elettivamente domiciliata in ROMA CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso l'avvocato RENATO SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso principale;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 631/03 della Corte d'Appello di FIRENZE, depositata il 08/04/03;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 26/06/2007 dal Consigliere Dott. Donato PLENTEDA;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale; il rigetto dell'incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso, previa riunione dei ricorsi, per il rigetto del ricorso principale e per l'accoglimento di quello incidentale limitatamente agli onorari.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con separati atti il curatore del fallimento della soc. Brunetto Pratesi s.r.l. convenne dinanzi al Tribunale di Pistoia la Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e la Banca Monte dei Paschi di Siena e ne chiese la condanna al pagamento, rispettivamente, di L. 541.175.848 e L. 967.796.117, loro versate, in esecuzione di un concordato preventivo risolto per inadempimento, nella percentuale chirografaria, senza che prima fosse stato soddisfatto il credito privilegiato dell'INPS.
Le convenute resistettero, invocando l'art. 140 L. Fall., a sostegno della non restituibilità di quanto riscosso.
Riuniti i procedimenti, il tribunale accolse la domanda con sentenza 8.9.2000, che, appellata dai due istituti di credito, è stata poi confermata dalla Corte di Appello di Firenze con decisione 8.4.2003. La corte territoriale ha ritenuto che la intangibilità dei pagamenti è condizionata al rispetto del principio della par condicio creditorum e dell'ordine delle prelazioni; e tanto nella specie non si era verificato, essendo risultato che il concordato era stato risolto, proprio perché non era stato eseguito il pagamento dovuto al creditore privilegiato.
Propone ricorso con due motivi la Banca Monte dei Paschi di Siena, illustrato da memoria; resiste con controricorso il curatore del fallimento, che propone anche ricorso incidentale con un motivo, a sua volta resistito dalla ricorrente principale.
Non svolge difese la Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 140, comma 3, in relazione all'art. 186 L. Fall.; nonché carenza e contraddittorietà della motivazione sul punto se il pagamento alla Cassa di Risparmio di Prato, poi incorporata dalla Banca Monte dei Paschi, avesse leso la par condicio.
Tanto non era stato provato e comunque la motivazione a riguardo era stata carente, essendosi la sentenza impugnata limitata ad affermare che il credito dell'INPS era privilegiato e per tale sua natura era stato violato l'ordine delle prelazioni.
Con il secondo si ripropone la medesima censura -congiuntamente a quella di omessa pronunzia - in relazione al mancato esame della deduzione svolta dalla banca ricorrente nei gradi di merito, in ordine sia alla incongruenza tra la misura del credito dell'Inps, risultante dall'elenco delle passività formato in sede di concordato (L. 2.300.000.000) e quello esposto dal curatore nel giudizio, pari a circa il doppio; sia alla comparazione di quanto ricevuto dalla ricorrente rispetto a quanto le spettava, per cui il curatore avrebbe dovuto prima valutare le attività fallimentari, compresi i beni offerti in garanzia, poi verificare le ragioni di credito dell'istituto previdenziale e infine ricostruire quanto dovuto al Monte dei Paschi, al quale si sarebbe potuto chiedere solo la eccedenza eventuale.
Con il ricorso incidentale il curatore lamenta la violazione delle tariffe forensi e dell'art. 91 c.p.c., nonché la omessa motivazione, in relazione alla circostanza che erano state liquidate le competenze in misura inferiore ai minimi inderogabili, senza specificare le voci superflue o eccessive, in riferimento a quanto esposto nella nota spese.
Dei ricorsi va disposta la riunione.
Il ricorso principale non merita di essere accolto.
Il primo motivo non ha alcun pregio. L'assunto, infatti, che non basti la violazione dell'ordine delle prelazioni a giustificare la richiesta di restituzione delle somme riscosse dalla banca ricorrente, duale creditrice chirografaria, si appalesa contrario proprio alle norme di cui è stata denunziata la violazione, posto che il principio della stabilità delle riscossioni, affermato dall'art. 140 L. Fall., comma 3, di cui va fatta applicazione in sede di concordato preventivo, a norma dell'art. 186 L. Fall. (Cass. 3943/1976; 1047/1968), suppone che i pagamenti siano stati legittimamente eseguiti in favore dei creditori chirografari e cioè nel rispetto della par condicio creditorum e dell'ordine delle cause legittime di prelazione, regola nella specie rimasta inosservata, tanto che ne è derivata la risoluzione, per inadempimento, della procedura.
E meno ancora può trovare giustificazione la stabilità delle riscossioni quando, come nella specie, ad avere determinato la risoluzione sia stata proprio la anomalia dei pagamenti, che ha comportato il sovvertimento delle regole della concorsualità e del rispetto delle cause di prelazione, giacché la caducazione del concordato è mirata a ristabilire il rispetto di quelle regole, con il recupero alla massa attiva del fallimento sopravvenuto delle somme versate in violazione di esse.
Il secondo motivo è inammissibile, perché deduce una questione non rilevante.
Posto che la violazione di legge risulta consumata all'interno della procedura concorsuale minore, nella sua fase esecutiva, è del tutto inconferente che il fallimento, nel corso del quale si sia proceduto all'attività di recupero delle somme pagate abbia o meno avuto o potesse avere le risorse per soddisfare la pretesa de creditore illegittimamente pretermesso; ed è dunque infondato l'assunto che avrebbe dovuto dapprima il curatore "valutare il complesso delle attività fallimentari, alla loro liquidazione comprendendo anche i beni offerti in garanzia, poi verificare le ragioni di credito dell'Inps, quindi ricostruire quanto dovuto al Monte dei Paschi di Siena, potendo richiedere soltanto la eventuale eccedenza". L'anomalia verificatasi nella procedura di concordato posta a base della sua risoluzione ha infatti determinato, ipso iure, la esigenza del recupero delle somme versate in violazione dell'ordine delle prelazioni, corrispondenti, in parte, alle ragioni creditorie vantate dall'Inps, la quale, per essere frutto di accertamento divenuto giudicato, non è controvertibile.
Non vale dunque ipotizzare risultati della procedura fallimentare utili a confermare la irretrattabilità di quelle riscossioni, essi appartenendo a vicende successive ed estranee, meramente eventuali, che non possono essere considerate - quand'anche accertate come vere - e che peraltro la ricorrente nemmeno assume come tali, nel momento in cui addebita al fallimento di avere mancato di dedurle e alla corte di merito di non avere esaminato la questione sotto quell'aspetto sollevata.
E altrettanto inconferente è stabilire quale fosse la misura effettiva del credito dell'Inps, poiché anche quella minore tra i due importi segnalati nel ricorso giustifica la restituzione integrale di quanto riscosso, essendo superiore a quanto ricevuto dalla ricorrente.
Merita invece di essere accolto il ricorso incidentale, per ciò che attiene alla misura degli onorari liquidati dalla sentenza impugnata. Se, infatti, con riguardo ai diritti di procuratore la doglianza è inammissibile per difetto di specificità e di autosufficienza, dal momento che l'assunto - secondo cui l'importo di Euro 1.220,00 liquidato non corrisponde a quanto maturato, pari a Euro 2665,43 - è privo della indicazione delle voci della tabella che sarebbero state omesse dal giudice e della elencazione delle prestazioni effettuate, la deduzione dovendo essere riferita alle singole voci e agli importi considerati, allo scopo di consentire alla Corte il controllo, senza l'esame degli atti, trattandosi di error in iudicando;
non altrettanto può dirsi per gli onorari di avvocato, dei quali è stato specificato l'importo minimo maturato per ciascuna prestazione, per il totale di Euro 7.446,30, in luogo dei 3000,00 riconosciuti. Va, tuttavia, precisato a riguardo che la tariffa applicabile, ratione temporis, è quella approvata con D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 e che lo scaglione di riferimento è quello da L. 750.000.001 ad un miliardo.
Il carattere unitario della prestazione difensiva importa, infatti, che gli onorari di avvocato debbano essere liquidati in base alla tariffa vigente nel momento in cui la prestazione è condotta a termine per effetto dell'esaurimento o della cessazione dell'incarico professionale; unitarietà che va rapportata ai singoli gradi in cui si è svolto il giudizio, e quindi al momento della pronunzia che chiude ciascun grado (Cass. 277/1972; 1986/1974; 8160/2001), sicché non ha titolo la ricorrente ad invocare le variazioni della tariffa approvate con D.M. 8 aprile 2004, n. 127, dopo la sentenza di appello.
Quanto poi allo scaglione da prendere in esame, non par dubbio che esso corrisponda al valore della causa, di L. 967.796.117 (Euro 499.824,98), su tale importo vertendo la controversia, che ha ad oggetto la somma riscossa dalla ricorrente e oggetto di pretesa restitutoria.
A tale scaglione gli onorari minimi corrispondenti assommano ad Euro 4655,87, di cui Euro 839,24 per lo studio della controversia; Euro 511,30 per la consultazione con il cliente; Euro 671,40 per ciascuna delle comparse di risposta; Euro 335,70 per l'assistenza alle udienze di trattazione; Euro 1626,83 per la comparsa conclusionale. Il ricorso incidentale va pertanto accolto e poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito con la condanna della Banca Monte dei Paschi di Siena al pagamento delle spese del giudizio di appello in Euro 6725,87, di cui per onorari Euro 4655,87, e per diritti Euro 1.200,00. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in Euro 6.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi e Euro 6.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge. P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; accoglie l'incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alle ragioni accolte e, decidendo nel merito, liquida per il giudizio di appello Euro 6725,87 e condanna la ricorrente principale al pagamento di tale somma in favore del fallimento; condanna inoltre la Banca al pagamento delle spese processuali, in Euro 6.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi e Euro 6.000,00 per onorari; oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2007.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2007