Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6614 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 05 Dicembre 2002, n. 17249. Est. Losavio.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Liquidazione dell'attivo - In genere - Disciplina dettata in tema di esecuzione forzata - Applicabilità - Condizioni e limiti - Dichiarazione di decadenza dell'aggiudicatario per inadempienza - Contestuale fissazione di un'udienza per l'audizione delle parti - Necessità - Esclusione - Fondamento.



In tema di vendita di beni fallimentari, deve escludersi che il giudice delegato, con il decreto dichiarativo della decadenza dell'aggiudicatario per inadempienza, sia tenuto a fissare un'udienza per l'audizione delle parti, giusta disposto degli artt. 569 cod. proc. civ. e 176 disp. att. cod. proc. civ., trattandosi di adempimento estraneo alla procedura fallimentare, caratterizzata, per converso, dall'impulso d'ufficio e dalla legittimazione del curatore a presentare l'istanza di vendita. (massima ufficiale)


Massimario, art. 109 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSARIO DE MUSIS - Presidente -
Dott. GIOVANNI LOSAVIO - rel. Consigliere -
Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO - Consigliere -
Dott. DONATO PLENTEDA - Consigliere -
Dott. WALTER CELENTANO - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
MIRABELLA GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRATELLI RUSPOLI 8, presso l'avvocato TOMMASO PROTO, rappresentato e difeso dall'avvocato GIUSEPPE ROMANELLI, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CURATELA FALLIMENTO ORTOFRUTTA SNC DI MIRABELLA ALFONSO E CASCELLA MARIA, in persona del Curatore Antonio Del Manto, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE BRUNO BUOZZI 68, presso l'avvocato FRANCO MELONI, rappresentato e difeso dall'avvocato BRUNO FALCONE, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso il decreto del Tribunale di NOCERA INFERIORE, depositato il 15/02/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/03/2002 dal Consigliere Dott. Giovanni LOSAVIO;
udito per il resistente, l'Avvocato MELONI, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Umberto APICE che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Giuseppe Mirabella, aggiudicatario di un immobile alla vendita con incanto promossa - davanti al giudice delegato - dal curatore del fallimento della società in n.c. Ortofrutta di Mirabella Alfonso e Casciello Maria e dei soci personalmente, proponeva reclamo ex art. 26 l.f. al Tribunale di Nocera Inferiore contro il decreto del giudice delegato che aveva dichiarato la sua decadenza a norma dell'art. 587 c.p.c. per la asserita inadempienza costituita dal deposito, oltre il termine stabilito, di una parte del prezzo. Il Tribunale fallimentare con decreto 15 febbraio 2000 rigettava il reclamo, rilevando che il Mirabella del prezzo di aggiudicazione (pari a L. 300 milioni) nel termine stabilito nella ordinanza di vendita aveva depositato - l'8 febbraio 1999 - Lire 165 milioni mentre, tenuto conto della cauzione versata in Lire 81 milioni, avrebbe dovuto depositare lire 219 milioni, e versò poi la differenza di lire 54 milioni, a termine scaduto, il 26 marzo successivo. Il Tribunale per altro negava che valesse come causa di giustificazione (idonea ad escludere la decadenza) l'addotto errore del Mirabella che aveva dapprima imputato a prezzo anche l'importo - appunto di lire 54 milioni - dovuto preventivamente versare a titolo di presumibili spese di vendita in ottemperanza a una prescrizione della ordinanza di vendita, quando in ogni caso la sanzione della decadenza è dalla norma connessa al fatto obbiettivo della inottemperanza del termine perentorio, indipendentemente dalla considerazione di profili soggettivi di colpevolezza (sicché se pur fosse scusabile, l'errore del Mirabella sarebbe irrilevante). Contro questo decreto Giuseppe Mirabella ha proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Costituzione, argomentando quattro motivi di impugnazione.
Il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, illustrato infine con memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia violazione del "combinato disposto" degli artt. 587, primo comma, c.p.c. e 176 disposizioni di attuazione dello stesso codice, per non avere il giudice delegato, nello stesso provvedimento con il quale aveva disposto la decadenza dell'aggiudicatorio, fissato l'udienza per l'audizione delle parti a norma dell'art. 569 c.p.c., così come prescrive la norma di attuazione, così privando il Mirabella "del suo diritto di difesa".
La censura è infondata.
Si deve innanzitutto rilevare che la fissazione dell'udienza per la audizione delle parti è prevista dall'art. 176 disp. att. c.p.c. non già in funzione dell'(eventuale) esercizio delle facoltà difensive dell'aggiudicatorio dichiarato decaduto, cui invece è dato il rimedio di cui all'art. 617, comma 2, c.p.c. (e nella vendita immobiliare fallimentare a lui è dato il reclamo al Tribunale a norma dell'art. 26 legge fallimentare, nella specie proposto), bensì al fine della prosecuzione del processo espropriativo ordinario fondato sul principio dell'impulso di parte.
E poiché la procedura concorsuale è caratterizzata
dall'opposto principio dell'impulso d'ufficio, l'adempimento dell'art. 176 disp. att. deve per altro ritenersi incompatibile (art. 105 l.f.) con la disciplina speciale della vendita fallimentare governata dalla iniziativa del curatore con poteri di proposta e istanza (art. 108, primo e secondo comma, l.f.) (Cass. 2541/1979). 2. Palesemente inammissibile è il secondo motivo con il quale si censura la decisione impugnata per asserita "falsa ed erronea applicazione di legge" e cioè per avere il Tribunale "provveduto ai sensi dell'art. 507 c.p.c.": vero è, infatti, che il decreto del Tribunale è in tutto conforme al modello normativo dell'art. 587 c.p.c. e la espressione conclusiva del provvedimento ("a norma dell'art. 507 c.p.c.") è espressione palese di un errore materiale di trascrizione dattilografica.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullità del provvedimento impugnato per avere il giudice delegato (il cui decreto era stato fatto oggetto del reclamo) partecipato come relatore al collegio deliberante, con asserita violazione del disposto dell'art. 51 sub 4) c.p.c. per inosservanza dell'obbligo di astensione. Il motivo è infondato.
Anche di recente il giudice delle legge (Corte Cost. ord. 176/2001) ha ribadito che la partecipazione del giudice delegato al Tribunale del reclamo (artt. 23, c.1, 25, c.1, sub 1) e 26 l.f.) non pone alcun problema di incompatibilità in ragione dei profili di specialità della procedura concorsuale, mentre in ogni caso varrebbe nella specie il principio - consolidato e indiscusso - secondo cui pur nella ipotesi di astensione obbligatoria del giudice la parte che non abbia presentato rituale istanza di ricusazione non può invocare in sede di impugnazione la mancata astensione come motivo di nullità della sentenza.
4. Con il quarto motivo, infine, il ricorrente censura la decisione per non avere il Tribunale applicato il "principio dell'errore scusabile" che doveva essere nella specie riconosciuto, giacché il comportamento del cancelliere che non sollevò obbiezioni sull'ammontare della somma depositata indusse il convincimento nell'aggiudicatorio della effettiva congruità della somma stessa (così da integrare l'intero prezzo di aggiudicazione). La censura che non prospetta la violazione di alcun disposto di legge implicitamente deduce la inosservanza del principio che sarebbe insito nell'art. 587 c.p.c. secondo cui - così pare doversi intendere - l'"inadempienza dell'aggiudicatario", sanzionata non solo con la decadenza dalla aggiudicazione ma anche con la confisca della cauzione, sarebbe fondata sulla "responsabilità del debitore" cui a norma dell'art. 1218 C.C. è data dunque la prova liberatoria. Pur così più compiutamente svolta la censura è infondata. Il Tribunale che ha negato in concreto la sussistenza nella specie di "giustificazioni di carattere soggettivo per il ritardato adempimento" (e la motivazione al riguardo è incensurabile in questa sede di ricorso straordinario in cassazione ex art. 111 Costituzione dato "per violazione di legge") ha però infine riconosciuto che l'automatismo della sanzione connessa al mancato rispetto del termine decadenziale prescinde da ogni valutazione di imputabilità dell'inadempimento ("...la sanzione è applicabile anche in assenza di profili di colpevolezza..."). E il principio così da ultimo affermato deve essere qui ribadito giacché, come ebbe occasione di rilevare questa stessa Corte con la sentenza 6940/1995, "nel campo della vendita forzata non si esce dalla seguente alternativa, che rispecchia i fini essenziali dell'istituto: o il prezzo è pagato, oppure non può che prodursi la decadenza dell'aggiudicatario, non tanto per attuare un effetto sanzionatorio quanto per porre in essere la premessa che rende possibile un nuovo esperimento di vendita", ponendosi dunque il mancato versamento del prezzo e le sue conseguenze in una sequenza essenzialmente obbiettiva alla quale rimane estranea la considerazione della imputabilità dell'inadempimento e della responsabilità del debitore secondo il modello delle obbligazioni contrattuali (art. 1218 C.C.) (mentre e un tale profilo soffettivo potrebbe riconoscersi rilevanza - ma il tema è estraneo alla causa - ai fini della condanna di cui all'art. 177 disp. att. c.p.c.).
5. Il ricorso, affidato a motivi in parte inammissibili e in parte infondati, deve essere dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente - soccombente - al rimborso delle spese di questo giudizio a favore della curatela fallimentare resistente. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio a favore della curatela fallimentare resistente, liquidate in complessivi Euro 3800, dei quali Euro 3700 per onorari di avvocato.
Così deciso in Roma, il 19 marzo 2002.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2002