Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6480 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 06 Febbraio 2002, n. 1593. Est. Nappi.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Apertura (dichiarazione) di fallimento - Imprese soggette - Società - Trasformazione di società in impresa individuale - Fallimento - Ammissibilità - Termine - Entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese - Fattispecie.



La nascita di un'impresa individuale, cui quella collettiva trasferisca il proprio patrimonio, non preclude la dichiarazione del fallimento della società entro un anno dalla sua eventuale cancellazione dal registro delle imprese (nella specie, era stata dichiarata fallita una società disciolta, per mancata ricostituzione della pluralità dei soci a seguito di recesso di uno di questi, con assorbimento integrale del patrimonio nell'impresa individuale del socio superstite; la S.C. sulla base dell'esposto principio ha confermato il rigetto dell'opposizione alla dichiarazione di fallimento). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Angelo GRIECO - Presidente
Dott. Donato PLENTEDA - Consigliere
Dott. Walter CELENTANO - Consigliere
Dott. Salvatore SALVAGO - Consigliere
Dott. Aniello NAPPI Rel. - Consigliere
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
ABS di RIZZO M. & Co. Snc, in persona del legale rappresentante, RIZZO MARCO, elettivamente domiciliati in ROMA CIRCONVALLAZIONE CLODIA 29, presso l'avvocato PIETRO RICCI, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato MARIO MONTEVERDE, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO ABS di RIZZO M. & Co. Snc, in persona del Curatore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA MEDAGLIE D'ORO 169, presso l'avvocato ITALA MANNIAS, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato CORINNA MERLO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
EMMEPI SRL, CERAMICA BELVEDERE SpA, PRODUKTÀ S Srl, MOBILIFICIO FLORIDA SpA, SAGI SpA, CELOTTO SpA;
- intimate -
avverso la sentenza n. 502/99 della Corte d'Appello di TORINO, depositata il 20/04/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2001 dal Consigliere Dott. Aniello NAPPI;
udito per il ricorrente, l'Avvocato Monteverde, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito per il resistente, l'Avvocato Mannias, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Dario CAFIERO che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Torino ribadì il rigetto dell'opposizione proposta dalla s.n.c. ABS e dal socio illimitatamente responsabile Marco Rizzo avverso la sentenza del Tribunale di Novara che in data 4 dicembre 1995 ne aveva dichiarato il fallimento.
I giudici del merito rilevarono che, a seguito del recesso di altro socio avvenuto il 25 febbraio 1994, il socio superstite Marco Rizzo aveva dichiarato, con atto pubblico del 12 gennaio 1995, iscritto il 30 gennaio 1995 nel registro delle società, che non era possibile la ricostituzione della pluralità dei soci, sicché la società veniva sciolta mediante assorbimento integrale del suo patrimonio nell'impresa individuale dello stesso Rizzo. Ritennero, peraltro, i giudici d'appello che lo scioglimento della società non ne aveva comportato l'estinzione, in quanto non ne erano stati estinti i debiti, e quindi non ne precludeva la dichiarazione di fallimento, cui conseguiva anche il fallimento dell'unico socio illimitatamente responsabile.
Ricorrono per cassazione Marco Rizzo e la s.n.c. Abs, che propongono due motivi d'impugnazione, cui resiste con controricorso la curatela fallimentare, che ha depositato anche memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione degli art. 2272 n. 4, 2285, 2308 c.c. e dell'art. 1 legge fall. Sostengono che la mancata ricostituzione della pluralità dei soci entro il termine semestrale previsto dall'art. 2272 n. 4 c.c. non determina necessariamente la liquidazione e poi l'estinzione della società, ma può anche determinare, come è avvenuto nel caso in esame, l'automatica trasformazione in impresa individuale della società sciolta. E poiché l'impresa individuale risultante dalla trasformazione aveva un volume modestissimo di affari, il fallimento non poteva essere dichiarato.
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono vizio di motivazione della sentenza impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano illogicamente negato ogni distinzione tra estinzione e trasformazione della società, mentre è evidente come non sia possibile alcuna trasformazione di ciò che si è estinto. Il ricorso è infondato.
L'art. 2272 n. 4 c.c., invero, prevede lo scioglimento, non l'estinzione della società, come conseguenza della mancata restituzione dei soci. E nel caso in esame deve escludersi che la società Abs si sia estinta, almeno sino alla data del 30 gennaio 1995, in cui fu iscritto nel registro delle società l'atto pubblico del 12 gennaio 1995.
I ricorrenti riconoscono che la società Abs non si è estinta, almeno sino al 30 gennaio 1995, ma sostengono che la sua trasformazione in impresa individuale ne precluda il fallimento. Tuttavia questa affermazione si basa su un'erronea interpretazione della giurisprudenza secondo la quale "una società semplice composta da due soli soci, qualora si sciolga per il venir meno della pluralità dei soci, perde il carattere societario e si trasforma in impresa individuale e la titolarità dei rapporti - già facenti capo alla società - si concentra nel socio residuo, che, quale imprenditore individuale, risponde personalmente delle obbligazioni già sociali" (Cass., sez. I, 16 marzo 1996, n. 2226, m. 496391, Cass., sez. III, 6 febbraio 1984, n. 905, m. 433098). È evidente, infatti, che in questa giurisprudenza si parla di trasformazione in senso generico, non nel senso previsto dagli art. 2498 e ss. c.c. Ma in ogni caso i ricorrenti non chiariscono per quale ragione la cosiddetta "trasformazione" della società in impresa individuale dovrebbe precluderne il fallimento, posto che è indiscusso che anche la società estinta può essere dichiarata fallita entro un anno dall'estinzione, analogamente a quanto l'art. 11 legge fall. prevede per l'imprenditore deceduto, e che a norma dell'art. 10 legge fall. lo stesso imprenditore individuale può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell'attività imprenditoriale (C. Cost., 21 luglio 2000, n. 319). In realtà è vero che "la trasformazione di una società da uno ad altro tipo (anche se si tratti di trasformazione di una società di persone in società di capitali) non è considerata dalla legge come creazione di una nuova società, ma come modificazione dell'atto costitutivo della società, formata, che continua ad esistere in una nuova veste", senza alcun fenomeno successorio (Cass., sez. lav., 16 aprile 1986 n. 2697). Ma è anche vero che, invece, la cosiddetta "trasformazione" di una ditta individuale in una società o di una società in impresa individuale determina sempre un rapporto di successione tra soggetti distinti, perché persona fisica e persona giuridica si distinguono appunto per natura non solo per forma (Cass., sez. I, 30 gennaio 1997, n. 965). Ne consegue che la nascita di un'impresa individuale, cui quella collettiva trasferisca il proprio patrimonio, come nel caso in esame, non preclude la dichiarazione del fallimento della società entro il termine di un anno dalla sua eventuale cancellazione dal registro delle imprese. P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso delle spese in favore della curatela resistente, liquidandole quanto agli onorari in L. 5.000.000 e quanto alle spese in L.220.200. Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2001, nella camera di consiglio della prima Sezione civile.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 6 FEBBRAIO 2002