Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 4695 - pubb. 23/05/2011

Imprenditore agricolo e imprenditore commerciale, criteri di distinzione dopo la riforma

Cassazione civile, sez. I, 10 Dicembre 2010, n. 24995. Est. Piccininni.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Apertura (dichiarazione) di fallimento - Imprese soggette - In genere - Nozione di impresa agricola ex art. 2135 cod. civ. novellato - Collegamento potenziale tra attività imprenditoriale e fondo - Sufficienza - Maggiore ampiezza della nozione - Conseguenze ai fini della fallibilità - Fattispecie.



In tema di presupposti soggettivi della fallibilità, la nozione d'imprenditore agricolo, contenuta nell'art. 2135 cod. civ.,nel testo conseguente la modifica introdotta con il d.lgs n. 228 del 2001, ha determinato un notevole ampliamento delle ipotesi rientranti nello statuto agrario, avendo introdotto mediante il richiamo alle attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, anche attività che non richiedono una connessione necessaria tra produzione e utilizzazione del fondo, essendo sufficiente a tale scopo il semplice collegamento potenziale o strumentale con il terreno invece che reale come richiesto nella nozione giuridica antevigente. Ne consegue che ai fini dell'assoggettamento a procedura concorsuale, tenuto altresì conto che l'art.2135 cod. civ. non è stato inciso da alcuna delle riforme delle procedure concorsuali, l'accertamento della qualità d'impresa commerciale non può essere tratto esclusivamente da parametri di natura quantitativa, non più compatibili con la nuova formulazione della norma. (Nella fattispecie, la Corte ha cassato la pronuncia di secondo grado che aveva ritenuto sussistente la qualità d'impresa commerciale e la conseguente fallibilità di un'azienda agricola sulla base della dimensione dell'impresa, della complessità dell'organizzazione, della consistenza degli investimenti e dell'ampiezza del volume d'affari). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



Massimario, art. 1 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - Consigliere -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Mariotti Giovanni e Ziliotti Gianni, elettivamente domiciliati in Roma via Cosseria 5 presso l’avv. Romanelli Francesco Guido, che con l’avv. Fabrizio Colli li rappresentata e difende giusta delega in atti;
- ricorrenti –
contro
Fallimento Azienda Agricola Casearia Antica Torre di Bocelli Gino in persona del curatore, elettivamente domiciliato in Roma via Azuni 9 presso l’avv. De Camelis Paolo, rappresentato e difeso dall’avv. Adinolfi antonio giusta delega in atti;
- controricorrente -
Arduini Armando, Bocelli Gino, Associazione Provinciale Imprese di Meccanizzazione Agricola Industriali e Artigiane, Associazione Provinciale Allevatori Parma, Confederazione Italiana Agricoltori Parma, Consorzio Agrario di Parma coop. a r.l., Federazione Provinciale Coldiretti Parma, Unione Provinciale Agricoltori di Parma in persona dei rispettivi rappresentanti legali;
- intimati -
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1324 del 18.8.2008;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 2.11.2010 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;
Uditi gli avv. Romanelli per i ricorrenti e De Camelis con delega per il fallimento;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 18.8.2008 la Corte di Appello di Bologna rigettava i reclami proposti da Gianni @Ziliotti e Giovanni @Mariotti, titolari delle omonime imprese individuali, avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Parma aveva dichiarato il fallimento della ditta individuale Azienda Agricola Casearia Antica Torre di Bocelli dr. Gino, su istanza dello stesso debitore e del creditore Arduini Armando. Il reclamo era stato incentrato sull’insussistenza del presupposto soggettivo per la dichiarazione di fallimento, trattandosi di impresa agricola, prospettazione che veniva tuttavia disattesa, in ragione della dimensione dell’impresa; delle modalita’ di esercizio dell’attivita’ di trasformazione e commercializzazione dei prodotti, realizzate anche attraverso l’acquisto di materie prime presso soggetti terzi; della consistenza delle passivita’ riscontrate (Euro 23.392.031,96), oltre che della qualita’ dei creditori (banche, personale, fornitori).
Avverso la decisione Giovanni @Mariotti e Gianni @Ziliotti, nella qualita’ di titolari delle rispettive ditte, proponevano ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, poi ulteriormente illustrati da memoria, cui resisteva con controricorso il fallimento. La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 2.11.1010.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i motivi di impugnazione i ricorrenti hanno rispettivamente denunciato:
1) violazione degli artt. 2135, 2195, 2221 c.c. della L. Fall., art. 1, del D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 1, degli artt. 99 e 112 c.p.c., per l’errata qualificazione dell’impresa Antica Torre come impresa commerciale, qualificazione per di piu’ effettuata sulla base di considerazioni del tutto apodittiche;
2) violazione dell’art. 2135 c.c., del D.Lgs. 228 del 2001, art. 1, per il fatto che la qualita’ non agricola dell’imprenditore sarebbe stata a torto desunta dall’ordinaria acquisizione di materie prime e di mangimi da soggetti terzi;
3) violazione della L. Fall., art. 18, per la mancata ammissione di prove per testi, richieste al fine di dare dimostrazione della natura agricola dell’impresa;
4) vizio di motivazione, con riferimento all’affermata natura commerciale dell’impresa;
5) vizio di motivazione, per l’omessa pronuncia sul punto relativo all’affermata superfluita’ del giudizio concernente l’esistenza dei requisiti soggettivi di cui alla L. Fall., art. 1, al fine di "escludere l’agrarieta’ dell’impresa fallenda".
Osserva il Collegio che con il primo, il secondo ed il quarto motivo di impugnazione, che possono essere esaminati congiuntamente poiche’ fra loro connessi, il ricorrente ha sostanzialmente denunciato l’erroneita’ dei parametri adottati dalla Corte territoriale al fine di escludere la qualita’ agricola dell’impresa in questione, qualificata viceversa come commerciale e in quanto tale sottoposta alla disciplina del fallimento. Al riguardo va invero considerato che la Corte di Appello, dopo aver correttamente rilevato che l’iscrizione dell’Azienda Agricolo - Casearia "Antica Torre" di Bocelli Gino nel registro delle imprese con la qualifica di impresa agricola "non impedisce di accertare lo svolgimento effettivo e concreto di attivita’ commerciale rientrante nei parametri di cui alla L. Fall., art. 1", ha poi ritenuto sussistere i requisiti richiesti dalla legge per la fallibilita’ dell’impresa, e cio’ essenzialmente per le sue dimensioni e la complessa organizzazione in cui e’ stata articolata la sua attivita’ (si tratta di cinque unita’ locali, oltre la sede legale, variamente dislocate e titolari di immobili, terreni e fabbricati del valore di circa Euro 20.478.682);
per la consistenza degli investimenti effettuati e l’ampiezza del complessivo volume di affari (lo stato patrimoniale al 26.7.2007 registrava un attivo di Euro 21.549.714,48 ed un passivo di Euro 23.392.031,96, mentre il conto economico indicava un costo di Euro 6.745.877,02 per gli acquisti di materie prime e mangimi, a fronte di ricavi per Euro 4.903.560,54); per l’incapacita’ di provvedere autonomamente all’acquisizione delle materie prime e la conseguente dipendenza da terzi per il soddisfacimento di tale esigenza. I parametri valutativi adottati dalla Corte di merito sono tuttavia errati.
Ed infatti va in proposito rilevato che l’originaria configurazione dell’imprenditore agricolo, quale risultante dal contenuto dell’art. 2135 c.c., e’ stata significativamente modificata a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 (ed integrata - ma la circostanza non rileva in questa sede con la formulazione della nozione di imprenditore ittico dettata nel D.Lgs. n. 226 del 2001).
In particolare, premesso che il nuovo testo dell’art. 2135 c.c. e’ stato emanato con delega conferita al Governo per l’emanazione di decreti contenenti norme per la modernizzazione nei settori delle foreste, della pesca e dell’agricoltura e che tale delega e’ stata esercitata con la predisposizione dei corrispondenti decreti (rispettivamente nn. 226, 227, 228), si osserva che esso si articola in tre commi (nella precedente versione l’articolo era composto di due commi), il primo dei quali sostanzialmente ripetitivo della vecchia versione (salva la sostituzione del richiamo all’allevamento di animali, anziche’ all’allevamento del bestiame), il secondo contenente l’indicazione in dettaglio delle attivita’ da intendere come agrarie, il terzo con la specificazione di quelle connesse a queste ultime.
Ai fini che qui interessano le modifiche normative significative sono due, e segnatamente quella contenuta nel comma 1, avente ad oggetto la sostituzione della parola bestiame con la parola animali, cui si e’ fatto cenno, e quella relativa alla qualita’ agricola riconosciuta alle attivita’ dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o ad una fase necessaria di esso, indicazione richiamata nel comma 2 dell’articolo in questione.
Sul primo punto occorre invero considerare che il vocabolo "bestiame" era stato interpretato restrittivamente da questa Corte (sia pur con orientamenti non condivisi dalla dottrina prevalente), che aveva reiteratamente affermato la necessita’ di un collegamento dell’allevamento con il fondo, al fine della qualificazione agraria dell’attivita’ svolta (C. 05/8849, C. 98/10527, C. 94/8078, C. 93/11648, C. 85/1571).
La modifica del primo comma nel senso ora richiamato, interpretata anche con riferimento a quanto stabilito nel comma 2, ha determinato dunque un considerevole ampliamento delle ipotesi rientranti nell’ambito di applicazione dello statuto agrario. L’innovazione piu’ rilevante, tuttavia, e’ quella relativa al richiamo contenuto nell’art. 2135 c.c., comma 2 alle attivita’ dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, attivita’ che non richiedono un collegamento necessario fra la produzione e l’utilizzazione del fondo, essendo viceversa sufficiente a tale scopo una semplice potenzialita’ nel senso indicato.
Detta modifica deve essere infatti interpretata come espressione dell’intento del legislatore di superare una nozione "fondiaria" dell’agricoltura, basata esclusivamente sulla centralita’ dell’elemento territoriale, e di sostituirla quindi con una piu’ dinamica ed in linea con la diversa realta’ tecnico - economica, in cui assumano valore prevalente quelle strutture produttive che si possono avvalere della terra come uno strumento di supporto. Non sembra dubbio che la sostituzione di una disciplina che prevedeva un collegamento reale della produzione con il fondo, in una prospettiva di strumentalita’ di quest’ultimo rispetto all’attivita’ imprenditoriale, con altra che viceversa contempla un collegamento anche soltanto virtuale o potenziale con il terreno, possa determinare nell’interprete incertezze in sede applicativa, per effetto dell’ampiezza e della genericita’ della previsione. Analogamente non sembra dubbio che la nozione di imprenditore agricolo desumibile dall’innovazione normativa in esame sia decisamente piu’ ampia rispetto al passato, essendo sufficiente, al fine di legittimarne la configurazione, che il suo intervento nell’ambito del processo produttivo sia limitato ad un’attivita’ di controllo dell’esistenza delle condizioni necessarie per la verificazione di un esito riconducibile all’andamento in se’ del ciclo biologico. Non sembra infine dubbio che tale maggiore ampiezza, proprio in quanto riconducibile a criteri diversi da quelli rispetto ai quali era stata riconosciuta la specialita’ dell’impresa agricola, puo’ legittimare riserve (peraltro specificamente sollevate da parte della dottrina) in ordine all’affermata assoggettabilita’ al fallimento del solo imprenditore commerciale (L. Fall., art. 1). Tuttavia i recenti interventi del legislatore aventi ad oggetto la disciplina delle procedure concorsuali (L. n. 80 del 2005, L. n. 5 del 2006, L. n. 169 del 2007) non hanno operato sul punto alcuna modifica, sicche’ nella specie un giudizio in ordine all’esistenza o meno dei presupposti indicati dall’art. 2135 c.c. rileva ai fini della decisione sulla fallibilita’ dell’imprenditore insolvente. La Corte di appello ha viceversa ignorato le innovazioni risultanti dalla modifica dell’art. 2135 c.c. attestandosi, nell’emettere il relativo giudizio, a criteri sostanzialmente quantitativi (in quanto tali compatibili con la precedente formulazione del citato articolo), e pertanto la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al medesimo giudice in diversa composizione, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’, per una nuova delibazione sulla questione prospettata, alla luce dei parametri indicati dall’art. 2135 c.c. attualmente vigente.
Restano infine assorbiti il terzo ed il quinto motivo di ricorso. P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2010