Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 3617 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 05 Novembre 2010, n. 22549. Est. Cultrera.


Procedimenti sommari - D'ingiunzione - Decreto - Opposizione - In genere - Rinuncia stragiudiziale all'opposizione da parte dell'opponente - Conseguenze - Estinzione del giudizio e definitività dell'ingiunzione - Esclusione - Insinuazione al passivo fallimentare del credito - Iscrizione ipotecaria eseguita sulla base del predetto decreto ingiuntivo - Opponibilità alla massa - Esclusione.



La rinuncia stragiudiziale all'opposizione a decreto ingiuntivo che non si traduca in una rinuncia agli atti del giudizio formalizzata dall'opponente ai sensi dell'art. 306 cod. proc. civ., non determina né l'estinzione del giudizio né la definitività dell'ingiunzione. Pertanto, sopravvenuto il fallimento dell'opponente, la formale pendenza del giudizio di opposizione determina l'inopponibilità al fallimento dell'intervenuta rinuncia, avendo il credito azionato in via monitoria ancora natura di "res litigiosa"e dovendo, conseguentemente disporsene l'ammissione al passivo in chirografo anche quando sia stata iscritta, in virtù della provvisoria esecuzione del decreto opposto, ipoteca giudiziale anteriormente al fallimento. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



Massimario, art. 95 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo - Presidente -
Dott. RORDORF Renato - Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 9762/2005 proposto da:
BANCO DI SICILIA S.P.A. (c.f. *051002070827*), in persona del Responsabile dell'Ufficio Recupero Crediti di Palermo pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SOMALIA 250, presso l'avvocato PONZO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DE SANTIS IMPORT-EXPORT S.A.S. DI GAETANO DE SANTIS (c.f. *00700390826*), in persona del Curatore Dott. BARBERA ANTONIO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso l'avvocato MARZI FILIPPO MASSIMO, rappresentata e difesa dall'avvocato MARINO ALBERTO, giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
contro
CAPITALIA S.P.A.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 337/2004 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 31/03/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/10/2010 dal Consigliere Dott. CULTRERA Maria Rosaria;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato MARINO Alberto che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Banco Di Sicilia, con domanda introdotta con atto del 16.6.98, ha chiesto l'ammissione allo stato passivo del fallimento della società De Santis Import Export s.a.s e del socio accomandatario De Santis Gaetano del credito di L. 2.749.612.607 portato da decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, chiesto ed ottenuto nei confronti della società in bonis, sulla cui base aveva iscritto ipoteca giudiziale.
Il giudice delegato ha ammesso il credito in chirografo nell'importo di L. 2.596.159.749, ha invece escluso la prelazione rilevando che il decreto ingiuntivo non era definitivo, poiché pendeva ancora l'opposizione proposta dalla società debitrice, poi fallita, e l'iscrizione ipotecaria non era perciò opponibile alla massa. Il Banco di Sicilia ha proposto opposizione allo stato passivo con ricorso del 16.6.98 innanzi al Tribunale di Palermo insistendo per il riconoscimento del privilegio. Con sentenza 10/3 - 6/4/2000, il Tribunale fallimentare ha respinto l'opposizione e la Corte d'appello di Palermo, innanzi alla quale la banca ha proposto gravame, con sentenza depositata il 31 marzo 2004, ha confermato la statuizione. Avverso suddetta decisione il Banco di Sicilia ha infine proposto il presente ricorso per cassazione articolato in due motivi. Ha resistito con controricorso il curatore fallimentare. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione dell'art. 2909 c.c., art. 647 c.p.c., e vizio di omessa ed insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia. Si censura la sentenza impugnata per aver sostenuto l'irrilevanza, ai fini della definitività del decreto ingiuntivo, della rinuncia all'opposizione al decreto ingiuntivo, formalizzata dalla società De Santis con atto 27.11.97, prima della declaratoria del suo fallimento. Si pone la questione di diritto se la rinuncia stragiudiziale, nelle condizioni riferite, procurando pendenza solo formale del giudizio d'opposizione al decreto ingiuntivo, sia idonea a rendere definitivo il provvedimento opposto. Il resistente deduce infondatezza della censura. Il motivo è infondato.
Alla questione posta deve darsi risposta nel senso che la rinuncia stragiudiziale, a meno che non si traduca nella rinuncia agli atti del giudizio, non determina l'estinzione del giudizio d'opposizione al decreto ingiuntivo, ne' per l'effetto la definitività dell'ingiunzione stessa. Suddetto effetto si realizza nella sola ipotesi in cui la rinuncia dell'opponente sia formalizzata ai sensi dell'art. 306 c.p.c. - cfr. Cass. n. 5676/2003 sul solco del precedente n. 3581/78. La sua rilevanza può essere delibata dal solo giudice dell'opposizione che, valutata alla sua stregua la;
persistenza dell'interesse delle parti a proseguire quel giudizio, assumerà le conseguenti statuizione di merito. In conclusione, i suoi effetti, esaurendosi esclusivamente nell'alveo di questo processo, non dispiegano alcun rilievo in sede di verifica in sede fallimentare, atteso che il credito comunque rappresenta res litigiosa, inopponibile alla massa.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 52, 93 e 95, e lamenta erroneità della decisione impugnata per aver escluso il privilegio ipotecario benché accedesse a credito che era stato ammesso allo stato passivo sulla base del medesimo titolo. Pone la questione se sia legittima l'esclusione della prelazione in relazione a credito riconosciuto ed ammesso allo stato passivo fallimentare sulla base dello stesso decreto ingiuntivo posto a base dell'iscrizione ipotecaria addotta a sostegno dell'invocata collocazione. Il riconoscimento del credito per il quale è stato ottenuto decreto ingiuntivo non definitivo alla data del fallimento dovrebbe comportare anche il riconoscimento della prelazione derivante da medesimo titolo.
La decisione impugnata ha dato alla questione corretta soluzione seppur con motivazione che deve in parte essere corretta, avendo affermato che l'ammissione di un credito allo stato passivo dispiega efficacia endofallimentare e non determina la convalida del decreto ingiuntivo opposto. Molto più semplicemente l'argomento va trattato rilevando che poiché il decreto ingiuntivo opposto è inefficace nei confronti della massa è inefficace, melius inopponibile, anche l'ipoteca giudiziale iscritta, in quanto il titolo provvisorio che giustifica l'iscrizione non è più suscettibile di diventare definitivo nei confronti della massa stessa - cfr. Cass. nn. 2789/1996, 6918/2005-. L'ammissione del credito allo stato passivo, depurato degli interessi che accedono alla garanzia e delle spese della sua iscrizione, non fa stato ai fini dell'opponibilità del privilegio derivante dalla garanzia stessa in quanto poggia evidentemente non già sulla forza di giudicato attribuita al decreto ingiuntivo, ma piuttosto sulla ritenuta efficacia probatoria della produzione documentale allegata dal creditore per dimostrare esistenza e misura del credito oggetto della sua domanda di ammissione, evidentemente coincidente con quella posta a base del ricorso in monitorio. La questione di costituzionalità in subordine dedotta dalla ricorrente è manifestamente infondata. Si assume nel motivo che la censurata interpretazione offerta dalla Corte territoriale lede il principio di eguaglianza in quanto non si giustifica il diverso trattamento dei creditori ipotecari, a seconda se il decreto ingiuntivo posto a base dell'iscrizione, sia o non definitivo. Si rileva, peraltro, ma genericamente, che non sono soddisfacenti gli argomenti spesi in sentenza per escludere la fondatezza del rilievo.
La questione è stata già esaminata e risolta da questa Corte con sentenza n. 9347/1997, richiamata nella sua difesa anche dal resistente, che ha escluso che arrechi vulnus ai dettami costituzionali contenuti negli artt. 3 e 24 Cost. il combinato disposto della L. Fall., artt. 52, 93, 95 e 96, nella parte in cui esclude che il creditore possa fondare la propria domanda di ammissione allo stato passivo il decreto ingiuntivo opposto ed invocare come titolo di prelazione l'ipoteca giudiziale iscritta in base ad esso. La peculiarità del sistema di verifica dei crediti in sede fallimentare rende conto di tale trattamento differenziato rispetto ai crediti fondati su decreto ingiuntivo definitivo. Non è infatti opponibile alla massa un titolo che integra una situazione giuridica provvisoria che può diventare definitiva non già nell'ambito concorsuale, bensì nell'alveo del giudizio ordinario di cognizione instaurato con l'opposizione, al quale è e resta estranea la massa dei creditori. Ben diverso è il caso in cui il credito si basa su decreto ingiuntivo definitivo che, al pari di qualunque altro titolo giudiziale, ha forza ed efficacia di giudicato. La presente impugnazione devesi perciò rigettare, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese della presente fase di legittimità liquidare in Euro 6.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2010. Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2010