Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26869 - pubb. 11/01/2021

In sede di ripartizione dell'attivo fallimentare non può essere dichiarata la compensazione

Cassazione civile, sez. I, 05 Maggio 2000, n. 5639. Pres. Rocchi. Est. Proto.


Fallimento - Ripartizione dell’attivo - Compensazione tra credito già ammesso al passivo e credito vantato dal fallito e contestato o comunque non verificato con la procedura ex art. 109 legge fall. - Ammissibilità in sede di piano di riparto - Esclusione - Fondamento



In sede di ripartizione dell'attivo fallimentare non può essere dichiarata la compensazione tra un credito già accertato ed ammesso nello stato passivo del fallimento ed un credito vantato dalla società fallita che sia contestato o, comunque, non risulti ancora accertato secondo il procedimento previsto dall'art. 109 legge fall., giacché, per un verso, anche il credito - debito di massa controverso necessita della verificazione quale unico procedimento idoneo ad assicurare il principio della concorsualità mediante la partecipazione e il contraddittorio di tutti gli interessati, e, per altro verso, nell'ambito del piano di riparto non è possibile rimettere in discussione l'importo dei crediti ammessi e le cause di prelazione riconosciute o escluse in sede di verificazione, dovendo il giudice, in tale fase, limitarsi al controllo dell'esecuzione delle decisioni già assunte in sede di formazione dello stato passivo, della graduazione dei crediti e dell'ammontare delle somme da distribuire. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Alfredo ROCCHI - Presidente -

Dott. Vincenzo PROTO - rel. Consigliere -

Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO - Consigliere -

Dott. Giovanni VERUCCI - Consigliere -

Dott. Paolo GIULIANI - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

 

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO IMIC FINANZIARIA SpA, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SALLUSTIANA 26, presso l'avvocato IPPOLITO GIULIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati TARZIA GIORGIO, CAPPA STEFANO, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

FIRS ITALIANA ASSICURAZIONI SpA in liquidazione coatta amministrativa, in persona del Commissario Liquidatore pro tempore, domiciliata in ROMA presso la CANCELLERIA CIVILE della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato RIVOLTA GIAN CARLO, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso il decreto del Tribunale di MONZA, depositato l'11/06/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/11/99 dal Consigliere Dott. Vincenzo PROTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Umberto APICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Svolgimento del processo

1. La Firs Italiana di Assicurazioni s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa (FIRS) - a seguito di conciliazione giudiziale intervenuta nel corso dell'opposizione allo stato passivo promossa dalla stessa Firs - fu ammessa al passivo del fallimento Imic Finanziaria s.p.a. (IMIC), nella misura di lire 1.235.958.877, con provvedimento del 3 giugno 1997.

2. Con decreto depositato il 24 febbraio 1998 il giudice delegato al fallimento IMIC - avendo il curatore, con raccomandata in data 16 gennaio 1998, chiesto che il credito di lire 1.235.958.877 della FIRS fosse compensato col credito di lire 600.000.000 vantato dalla IMIC verso la FIRS - approvò e rese esecutivo il secondo piano di riparto parziale, nel quale il credito della FIRS fu indicato, per effetto della compensazione, in lire 635.958.877.

3. Il 10 marzo 1998 la FIRS propose reclamo contro il decreto, lamentando la inammissibilità della compensazione operata in quella sede, sotto diversi profili.

4. Con decreto depositato in data 11 giugno 1998 il Tribunale di Monza accolse il reclamo e dispose la modifica del piano di riparto, tenendo conto che il credito chirografario della FIRS Italiana di Assicurazioni s.p.a. in l.c.a. ammontava a lire 1.235.858.977. Il Tribunale osservò:

- che, laddove il convenuto non abbia nel corso del giudizio dedotto la compensazione, non potrebbe più farlo una volta che sul credito dell'attore si sia formato il giudicato, e che, essendo stato nella fattispecie definito il giudizio di opposizione allo stato passivo proposto dalla FIRS, il curatore fallimentare non poteva più opporre in compensazione crediti che avrebbe potuto far valere anteriormente;

- che, stante la regola della cristallizzazione dei rapporti giuridici al momento del fallimento, la compensazione legale avrebbe potuto essere dichiarata nel corso della procedura soltanto se i relativi presupposti si fossero verificati prima della sentenza dichiarativa di fallimento ed entrambi i crediti fossero risultati certi e liquidi alla data del fallimento; e precisò che nella fattispecie era esclusa ogni possibilità di compensazione, sia ritenendo che uno dei due crediti fosse sorto successivamente alla dichiarazione di fallimento; sia che la genesi dei crediti fosse da collocarsi prima del fallimento e dovesse ritenersi che uno di essi non fosse certo e liquido; sia, infine, che entrambi i crediti fossero da considerarsi certi e liquidi.

5. Avverso questo provvedimento ha proposto ricorso per cassazione a norma dell'art.111 Cost. il fallimento IMIC in base a due motivi. Ha resistito con controricorso la FIRS. Il ricorrente ha depositato memorie.

 

Motivi della decisione

1. Col primo motivo del ricorso il fallimento denuncia violazione e falsa applicazione del disposto degli artt.1372 c.c., 1374 c.c., 2909 c.c., 185 e 360 n.3 c.p.c. e 93 seg. l.fall. Premesso

che nella fattispecie erano stati posti in essere due distinti contratti - con un primo contratto l'IMIC aveva venduto delle azioni alla FIRS, restandone creditrice del prezzo di lire 600.000.000, ed un secondo contratto con cui le parti avevano transatto l'opposizione allo stato passivo promossa dalla FIRS ed accertato un credito della FIRS verso la IMIC di lire 1.235.958.877 - sostiene che il Tribunale, escludendo che potesse operare la compensazione tra i due crediti in virtù della preclusione del dedotto e del deducibile a fronte dell'esito definitivo del giudizio di opposizione, non avrebbe considerato che il processo di opposizione allo stato passivo non si era chiuso con sentenza, ma con ordinanza del g.i. che aveva dichiarato l'estinzione del giudizio, e che il verbale di conciliazione non era invocabile come giudicato.

Col secondo motivo denuncia vizi di motivazione e violazione dell'art.56 l.fall. e dell'art.1242 c.c. E deduce che il Tribunale avrebbe errato nell'escludere la compensabilità del credito IMIC di lire 600.000.000, perché non certo e non liquido, e non anteriore all'apertura della procedura di l.c.a. della FIRS. Il Tribunale avrebbe errato anche nel ritenere che la compensazione, non eccepita tempestivamente in sede di giudizio di opposizione, non fosse più opponibile dal curatore dopo la formazione del giudicato sullo stato passivo.

2. Il ricorso è ammissibile, in quanto proposto avverso la pronuncia del tribunale emessa in sede di reclamo contro il decreto del giudice delegato in materia di riparto; pronuncia definitiva e dotata di vis decisoria.

3. L'argomentazione posta, in via principale, dal Tribunale a sostegno della propria decisione riposa, essenzialmente, sul rilievo che - indipendentemente dalla verifica dell'esistenza dei requisiti richiesti per l'operatività nella fattispecie della compensazione - il curatore avrebbe dovuto eccepire nel corso del giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dalla FIRS contro il provvedimento di esclusione del proprio credito (e, comunque, prima della definizione del giudizio stesso, conclusosi con l'ammissione per lire 1.235.858.977), anziché in sede di riparto, la compensazione da opporre al credito fatto valere verso la massa. 4. Questa tesi è condivisibile, alla stregua delle

considerazioni che seguono.

4.1. Essa è in linea coi principi generali che regolano la verifica dello stato passivo. L'art.52 l.fall. stabilisce, infatti, che il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, e che ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal capo v, salvo diverse disposizioni di legge; regola valida anche (per il richiamo operato dall'art.201 alle disposizioni del titolo II, capo III, sezione II) per la liquidazione coatta amministrativa, pure se (parzialmente) diverse sono, per quest'ultima, le modalità previste per la formazione dello stato passivo.

4.2. La tesi costituisce anche lo sviluppo coerente del l'orientamento giurisprudenziale che, da un lato, ritiene necessaria la verificazione anche per il credito-debito di massa controverso, quale unico procedimento idoneo ad assicurare il principio della concorsualità mediante la partecipazione e il contraddittorio di tutti gli interessati (ex multis, Cass.12 novembre 1994, n. 9526;

nonché, nella stessa linea, Cass.25 luglio 1992, n. 8983);

dall'altro e correlativamente, limita l'ambito del piano di riparto al controllo dell'esecuzione delle decisioni già adottate in sede di formazione dello stato passivo, della graduazione dei crediti e dell'ammontare della somma da distribuire (ex plurimis, Cass. 10 novembre 1997, n. 11044; Cass.19 marzo 1996, n. 2321; Cass.11 marzo 1996, n. 1982; Cass.13 dicembre 1995, n. 12790). 4.3. In questo quadro la censura svolta dal ricorrente nel primo motivo si rivela priva di consistenza, perché (come risulta dalle osservazioni che precedono) correttamente il Tribunale ha escluso che in sede di piano di riparto potesse essere dichiarata la compensazione tra il credito della Firs, già accertato ed ammesso nello stato passivo del fallimento, ed il credito della società fallita verso la Firs, da questa contestato e, comunque, non ancora accertato secondo il procedimento previsto dall'art.209 l.fall. 4.4. Nè sussiste la denunciata violazione dell'art.2909 c.c., in quanto il giudice a quo ha ritenuto precluso il riesame del credito della FIRS e degli antecedenti logici necessari, in conseguenza dell'avvenuta ammissione del credito stesso nello passivo della IMIC, in virtù, non già della conciliazione giudiziaria, ma del provvedimento di modifica dello stesso; ha cioè considerato che l'ammissione precludeva, nell'ambito della procedura fallimentare, ogni questione relativa all'esistenza e all'entità del credito stesso e all'efficacia del titolo dal quale esso era derivato, e che, conseguentemente, il suo ammontare non poteva essere rimesso in discussione in sede di riparto, per effetto di iniziative (unilaterali) che non erano state oggetto di accertamento, secondo le modalità previste dalla legge.

5. La sostanziale correttezza dell'argomentazione con la quale il Tribunale ha giustificato la propria decisione comporta l'assorbimento dell'esame del secondo motivo. Il decreto impugnato è destinato, infatti, a restare comunque fermo, indipendentemente dalla fondatezza (o dalla infondatezza) della censura svolta nel motivo stesso in merito alla sussistenza dei requisiti per l'operatività della compensazione fatta valere dal curatore fallimentare. 6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Consegue la condanna del fallimento ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione; spese che liquida in complessive lire 8.250.000, di cui lire 8 milioni per onorario. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima Sezione civile, il 22 novembre 1999. Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2000