Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2600 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 13 Marzo 2009, n. 6198. Rel., est. Bernabai.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Passività fallimentari (accertamento del passivo) - Formazione dello stato passivo - In genere - Decreto ingiuntivo - Successiva dichiarazione di fallimento del debitore ingiunto - Opponibilità del decreto alla massa dei creditori - Condizioni - Dichiarazione di esecutività anteriore al fallimento - Necessità - Sussistenza - Fondamento - Ammissione al passivo del credito con riserva di produzione della documentazione attestante la mancata opposizione del decreto ex art. 645 cod. proc. civ. - Opposizione rituale ex art. 98 legge fall. da parte del creditore - Necessità.



Il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale solo a seguito della dichiarazione di esecutività ai sensi dell'art. 647 cod. proc. e, dunque, è inopponibile alla massa dei creditori concorsuali se non dichiarato esecutivo prima della sentenza dichiarativa di fallimento, ricorrendo l'esigenza di verificarne l'irrevocabilità soprattutto quando, come nella specie, il provvedimento monitorio è stato emesso, ex art. 633, primo comma, n. 2 cod. proc. civ., senza una vera prova scritta, sulla base della sola notula corredata del parere dell'ordine professionale; ne consegue che se il creditore viene ammesso al passivo, con riserva di produzione del certificato della cancelleria attestante la mancata opposizione ex art. 645 cod. proc. civ., il predetto provvedimento deve essere impugnato nelle forme e nei termini di cui all'art. 98 legge fall.. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



Massimario, art. 26 l. fall.

Massimario, art. 95 l. fall.

Massimario, art. 98 l. fall.


  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. BERNABAI Renato - rel. Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 4409/2006 proposto da:
FERRARI GIUSEPPE FRANCO (c.f. FRRGPP50B08M109X), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. AVEZZANA 31, presso l'avvocato DE DOMINICIS Tommaso, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BOZZI ITALO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA F.M.C. TELECOM S.P.A. (c.f. e P.I. 01467960694), in persona del Curatore Dott.ssa CUCINELLA LUCIANA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 6, presso l'avvocato LUPIS STEFANO, rappresentata e difesa dall'avvocato CONTI Domenico, giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso il provvedimento del TRIBUNALE di VASTO, depositata il 13/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 05/02/2009 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato ROMOLO DE DOMINICIS, per delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato DOMENICO CONTI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto emesso l'8 novembre 2005 il Tribunale di Vasto respingeva il reclamo proposto, ai sensi del R.D.L. 16 marzo 1942, n. 267, art. 26, dall'avv. Giuseppe Franco Ferrari avverso il decreto emesso il 2 marzo 2004 con cui il giudice delegato al fallimento della F.M.C. TELECOM s.p.a. aveva dichiarato esecutivo lo stato passivo, che ammetteva il credito professionale del Ferrari, portato da decreto ingiuntivo, con riserva di produzione del certificato della cancelleria attestante la mancata opposizione ex art. 645 cod. proc. civ..
Motivava che si trattava di riserva tipica - e non atipica, come sostenuto dal reclamante - e che il provvedimento doveva essere quindi impugnato con opposizione allo stato passivo L. Fall., ex art. 98, data la tardività della produzione del provvedimento monitorio munito della certificazione richiesta, in data successiva alla dichiarazione di esecutività dello stato passivo.
Avverso il decreto proponeva ricorso per cassazione l'avv. Ferrari. Nell'unico motivo, formulava distinte censure, deducendo la violazione della L. Fall., artt. 95 e 98, e la carenza e contraddittorietà dalla motivazione, dal momento che la riserva imposta non era giustificata, alla luce della produzione tempestiva della nota professionale liquidata dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati, di per sè idonea a dimostrare il credito privilegiato: a nulla rilevando che egli avesse anche agito in via monitoria per ottenere un titolo esecutivo; la violazione di legge, nell'ammissione al passivo del credito con riserva di produzione di documenti, di natura atipica, cautelativa e non bisognosa, quindi, di formale opposizione allo stato passivo; la violazione di legge nell'erronea esclusione delle spese sostenute per l'emissione del decreto ingiuntivo e di quelle attinenti la successiva procedura di espropriazione forzata.
Resisteva con controricorso la curatela fallimentare. All'udienza del 5 febbraio 2009 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima delle doglianze, il Ferrari deduce la violazione della L. Fall., art. 95, sostenendo che il credito controverso era già documentato cosicché doveva considerarsi atipica la riserva apposta al provvedimento di ammissione, la cui elisione non esigeva quindi l'opposizione allo stato passivo: tanto più, che era già stata prodotta tempestivamente una copia del decreto ingiuntivo, ancorché priva della formula esecutiva.
Il motivo è infondato.
È ius receptum di questa Corte che, qualora un credito venga ammesso al passivo fallimentare con riserva di produzione dei documenti giustificativi, l'opposizione allo stato passivo a norma della L. Fall., art. 98, costituisce l'unico mezzo per conseguire l'eliminazione della riserva: non essendo a tal fine idoneo il mero deposito di documenti nella cancelleria del giudice delegato, o l'invio degli stessi al curatore, in epoca successiva al decreto di esecutività, perché ciò equivarrebbe ad eludere il controllo degli altri creditori e, di riflesso, l'onere incombente sulla parte di dimostrare il proprio credito in contraddittorio (Cass., sez. 1^, 19 giugno 2008, n. 16.657; Cass., sez. 1^, n. 205 agosto 2004, n. 16.859; Cass., sez. 1^, 16 Aprile 2003, n. 6010).
Nè si può prescindere dall'opposizione sulla base della pretesa natura atipica della riserva. Questa, infatti, viene così definita dal ricorrente; ma erroneamente, dal momento che il deposito del decreto ingiuntivo non più suscettibile di opposizione integrava la prova del carattere non contenzioso del credito professionale e quindi la sua insindacabilità in sede concorsuale; a differenza della mera notula del professionista liquidata dal Consiglio dell'ordine.
Appare quindi conforme a diritto la decisione del Tribunale di Vasto, dovendosi ribadire che il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale soltanto a seguito della dichiarazione di esecutività ai sensi dell'art. 647 cod. proc. civile (Cass., sez. 1^, 26 marzo 2004, n. 6085); con la sua conseguente inopponibilità alla massa se non dichiarato esecutivo prima della dichiarazione di fallimento (Cass., sez. 1^, 1 Aprile 2005, 6918; Cass., sez. 1^, 22 Settembre 1997, n. 9346): non essendo assimilabile la fattispecie monitoria alla sentenza tuttora impugnabile, che esige il gravame del curatore ove questi non intenda ammettere al passivo il credito accertato, sia pure non irrevocabilmente (L. Fall., art. 95, comma 3:
Cass., sez. 3^, 20 marzo 2006, n. 6098).
Sul punto, si può aggiungere che l'esigenza di verificare, in sede concorsuale, l'irrevocabilità del decreto ingiuntivo è tanto più giustificata in presenza di un provvedimento monitorio c.d. puro (art. 633 cod. proc. civ., comma 1, n. 2); privo, cioè, di una vera prova scritta (ibidem, n. 1): in cui, come detto da autorevole dottrina, la parcella delle spese e prestazioni (art. 636 cod. proc. civ.), redatta dallo stesso creditore (sia pur corredata dal parere della competente associazione professionale), colora - più che dimostra - la pretesa creditoria.
Il rigetto della predetta censura ha natura pregiudiziale ed assorbe le ulteriori doglianze.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2009