Esecuzione Forzata


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25982 - pubb. 14/12/2017

Impugnazione del decreto del giudice dell'esecuzione con ricorso straordinario per Cassazione

Cassazione civile, sez. III, 14 Novembre 2017, n. 26830. Pres. Vivaldi. Est. D'Arrigo.


Opposizione agli atti esecutivi - Atti e provvedimenti opponibili - Fase sommaria

Riscossione coattiva - Cartella di pagamento - Opposizione all'esecuzione



In quanto provvedimento decisorio e definitivo, può essere impugnato direttamente con ricorso straordinario per Cassazione il decreto del presidente del tribunale o di sezione o del giudice dell'esecuzione che dichiari inammissibile, senza procedere né alla fase sommaria, né a quella di merito di un'opposizione esecutiva già iscritta a ruolo; infatti, la decisione nel merito di un’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi adottata uno actu, senza la dovuta separazione fra la fase sommaria e quella di merito, direttamente a scioglimento della riserva assunta dal giudice dell’esecuzione sull’istanza di sospensione, integra un’evidente lesione del diritto di difesa delle parti, in quanto comporta la soppressione dell’intera fase di instaurazione del giudizio di merito e, comunque, dei termini previsti dagli articoli 281-quinquies e 190 cod. proc. civ. per la fase decisoria.

È inammissibile un ricorso in opposizione avverso una procedura esecutiva non iscritta a ruolo, essendo la relativa iscrizione onere di qualunque interessato ai sensi dell'art. 159-ter disp. att. c.p.c.; peraltro, tale conclusione non può estendersi all'ordine di pagamento diretto ex art. 72-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per il quale, se adempiuto, non esiste alcun onere di previa iscrizione a ruolo, con la conseguenza che l'ammissibilità del ricorso avverso tale ordine non è condizionata ad alcuna previa iscrizione a ruolo. (massima ufficiale)


 


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Caio - edotto dal suo istituto di credito dell’avvenuta notificazione, da parte dell’agente di riscossione SAP s.r.1., di un pignoramento ex art. 72-bis d.P.R. n. 602 del 1973 - depositava telematicamente, in data 16 novembre 2015, un ricorso in opposizione agli atti esecutivi, deducendo, fra l’altro, che l’atto era stato notificato solamente al terzo pignorato, ma non a lui nella veste di debitore esecutato.


In data 18 dicembre 2015 il Tribunale di Roma, con decreto inaudita altera parte, dichiarava inammissibile l’opposizione, rilevando che la stessa era rivolta avverso una procedura esecutiva non iscritta a ruolo e quindi non ancora formalmente pendente innanzi all’ufficio giudiziario adito.


Avverso tale provvedimento il Caio propone ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., articolato in cinque motivi e seguito da successive memorie. La SAP s.r.l. non ha svolto attività difensiva.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.:


-la violazione degli artt. 101 e 117 Cost. e dell’art. 6, par. 1, CEDU;


-la violazione dell’art. 13 CEDU;


-la violazione degli art. 617, secondo comma, e 618 cod. proc. civ.;


-la violazione e falsa applicazione dell’art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ., nonché dell’art. 156 cod. proc. civ. e dell’art. 72-bis d.P.R. 29 settembre 197, n. 602;


-la violazione dell’art. 111, secondo comma, Cost. e dell’art. 183, terzo comma, cod. proc. civ.


Tutte le doglianze sono volte a denunciare l’illegittimità di una decisione di inammissibilità del ricorso assunta inaudita altera parte, senza disporre la comparizione delle parti e senza l’assegnazione di un termine per l’introduzione del giudizio di merito. Si tratta, dunque, di censure largamente sovrapponibili, che possono essere trattate congiuntamente.


Il ricorso è fondato e deve essere accolto, nei termini che seguono.

Va affrontato, anzitutto, il problema dell’autonoma impugnabilità del decreto di inammissibilità pronunciato senza convocazione delle parti.


Com’è noto, il decreto inaudita altera parte con il quale il giudice dell’esecuzione sospende il processo esecutivo nei casi di urgenza - ai sensi dell’art. 625, secondo comma, cod. proc. civ. - non è impugnabile, poiché difetta dei caratteri della stabilità. Col medesimo provvedimento, infatti, il giudice dell’esecuzione deve fissare l’udienza di comparizione delle parti e, alla stessa, deve provvedere con ordinanza, confermando, modificando o revocando il decreto. Peraltro, neppure tale ordinanza è autonomamente ricorribile per cassazione, giacché il rimedio impugnativo tipico è quello del reclamo ai sensi degli art. 624, secondo comma, e 669-terdecies cod. proc. civ. (v. sul punto Sez. 3, Sentenza n. 2353 del 31/01/2017, Rv. 642720).


Questa Corte, inoltre, ha escluso la ricorribilità ex art. 111, settimo comma, Cost. dell’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione definisce la fase sommaria, concedendo (o meno) la sospensione dell’esecuzione, anche nel caso in cui abbia omesso di fissare il termine perentorio per l’iscrizione a ruolo della causa di merito, giacché neppure in questa ipotesi è stato ravvisato il carattere della definitività del provvedimento, quand’anche contenga la statuizione sulle spese di lite (Sez. 6 -3, Ordinanza n. 9652 del 13/04/2017, Rv. 643828; Sez. 6 -3, Ordinanza n. 25902 del 15/12/2016, Rv. 642321; Sez. 6 -3, Ordinanza n. 25111 del 14/12/2015, Rv. 638308; Sez. 3, Sentenza n. 22033 del 24/10/2011, Rv. 620286). In una simile evenienza, difatti, la parte interessata può sempre chiedere al giudice la fissazione del termine per l’introduzione del giudizio di merito, con istanza ai sensi dell’art. 289 cod. proc. civ., nel termine perentorio previsto da detta norma, ovvero può introdurre o riassumere di sua iniziativa il giudizio di merito, sempre nel detto termine.


Il caso in esame, tuttavia, non è riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 625, secondo comma, cod. proc. civ. e differisce da quelli cui si riferisce la citata giurisprudenza per una molteplicità di motivi.


Anzitutto, con tale provvedimento non è stata concessa o negata la sospensione del processo esecutivo, ma è stata direttamente dichiarata l’inammissibilità (nel merito) dell’opposizione. Il decreto in questione, pertanto, non ha carattere interinale, non è fondato su ragioni di urgenza e non contiene la contestuale convocazione delle parti. Esso non è destinato ad essere confermato o modificato con ordinanza, nel contraddittorio delle parti, ma ha - al contrario - attitudine astratta ad assumere caratteri di definitività.


In secondo luogo, e ciò è decisivo, il provvedimento non risulta adottato nell’ambito della fase sommaria di un procedimento a struttura (potenzialmente) bifasica, qual è l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi. La pronuncia impugnata incide su un ricorso già regolarmente iscritto a ruolo e quindi vertente nella fase del giudizio di merito. Alla stessa, pertanto, non è possibile riferire i principi tratti dalle sentenze di questa Corte sopra citate. Siamo, infatti, in presenza di una vera e propria decisione pronunciata nel merito, come si ricava, da un lato, dalla circostanza che il dispositivo del provvedimento non è di concessione (o diniego) della sospensione del processo esecutivo, bensì di inammissibilità dell’opposizione; e, dall’altro, dall’impossibilità che a tale pronuncia segua l’instaurazione del giudizio di merito. Non ricorrono, quindi, le circostanze ritenute da questa Corte decisive al fine di escludere la definitività (e quindi l’autonoma impugnabilità) del provvedimento.


Si deve quindi concludere nel senso che con il provvedimento impugnato si è inteso decidere definitivamente l’opposizione agli atti esecutivi nel merito. Esso, pertanto, non essendo appellabile, può costituire oggetto di ricorso straordinario ex art. 111, settimo comma, cod. proc. civ.


Tanto premesso, risulta fondata, anzitutto, la denunciata violazione degli art. 617, secondo comma, e 618 cod. proc. civ.


Nel paragrafo precedente, esaminando la questione sotto l’angolatura dell’autonoma impugnabilità del provvedimento reso dal Tribunale di Roma, se ne è messa in evidenza la portata sostanzialmente decisoria e l’attitudine a divenire definitivo (ossia a passare in giudicato). È quindi possibile affermare che, pur avendo la veste formale di decreto (per di più, pronunciato inaudita altera parte), il provvedimento de quo tiene il luogo della sentenza di merito con la quale si sarebbe dovuto definire l’opposizione agli atti esecutivi, dopo la regolare costituzione del contraddittorio.


In simili evenienze, questa Corte ha già affermato la nullità del provvedimento adottato in violazione del rispetto della sequenza procedimentale, delle garanzie difensive e dei termini processuali previsti dal libro secondo del codice di rito (Sez. 3, Sentenza n. 21258 del 20/10/2016, Rv. 642952; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 19061 del 31/07/2017, Rv. 645354).


Infatti, la decisione nel merito di un’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi adottata uno actu, senza la dovuta separazione fra la fase sommaria e quella di merito, direttamente a scioglimento della riserva assunta dal giudice dell’esecuzione sull’istanza di sospensione, integra un’evidente lesione del diritto di difesa delle parti, in quanto comporta la soppressione dell’intera fase di instaurazione del giudizio di merito e, comunque, dei termini previsti dagli articoli 281-quinquies e 190 cod. proc. civ. per la fase decisoria.


Il decreto adottato dal Tribunale si fonda sull’affermazione che sarebbe inammissibile la proposizione di un ricorso in opposizione avverso una procedura esecutiva non iscritta a ruolo.


A tali conclusioni il Tribunale perviene anche valorizzando quanto previsto dall’art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ., inserito, in sede di conversione del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132.


La norma dispone che «colui che, prima che il creditore abbia depositato la nota di iscrizione a ruolo prevista dagli articoli 518, 521-bis, 543 e 557 del codice, deposita per primo un atto o un’istanza deve depositare la nota di iscrizione a ruolo e una copia dell’atto di pignoramento».


Dalla lettura della norma si trae argomento per affermare che: (a) l’iscrizione a ruolo del processo esecutivo può essere curata anche da un soggetto diverso dal creditore; (b) è necessario che il pignoramento sia iscritto a ruolo, prima che chiunque depositi un’istanza inerente al processo esecutivo. Di conseguenza, ascrivendo anche l’opposizione all’esecuzione contenente la domanda di sospensione fra le “istanze” che possono essere proposte solo dopo l’iscrizione a ruolo del pignoramento, il Tribunale ha concluso nel senso che sarebbe dovuto essere onere dell’opponente iscrivere a ruolo il pignoramento che egli intendeva opporre, non avendovi già provveduto il creditore, prima di depositare il ricorso in opposizione.


In effetti, l’introduzione - nel 2015 - dell’art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ. risponde all’esigenza di risolvere quelle situazioni di stallo che si sarebbero potute creare dopo le modifiche al codice di rito apportate dal d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni nella legge 10 novembre 2014, n. 162, che ha addossato al creditore procedente l’onere di depositare in cancelleria l’atto di pignoramento per la relativa iscrizione a ruolo.


Anteriormente a tale novella, infatti, l’atto di pignoramento veniva immediatamente depositato in cancelleria dall’ufficiale giudiziario e il creditore procedente provvedeva semplicemente alla regolarizzazione fiscale della procedura (art. 518, sesto comma, art. 543, quarto comma, e art. 555, secondo comma cod. proc. civ.).


In tal modo, il giudice dell’esecuzione poteva essere investito dell’opposizione anche se, formalmente, il pignoramento non era ancora (fiscalmente) iscritto a ruolo, in quanto comunque il fascicolo dell’espropriazione forzata era già pendente innanzi a lui. Oggigiorno, invece, poiché l’atto di pignoramento viene consegnato al creditore procedente e spetta a quest’ultimo depositare l’atto in cancelleria, unitamente alla nota di iscrizione a ruolo, è ben possibile che l’opposizione venga proposta prima del compimento di tale adempimento, con la conseguenza che il giudice dell’esecuzione potrebbe essere investito dell’opposizione (e della richiesta di sospensione) di una procedura esecutiva non ancora pendente innanzi al suo ufficio e che, in ipotesi, potrebbe non essere mai iscritta a ruolo, neppure in seguito.


Tale eventualità, come s’è detto, è oggi scongiurata per effetto della previsione - contenuta nell’art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ. - della facoltà di iscrivere a ruolo il pignoramento anche per iniziativa di un soggetto diverso dal creditore.


Nonostante il ragionamento sotteso al provvedimento impugnato sia, dunque, condivisibile, in concreto risulta fondata la censura relativa alla violazione dell’art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ. in relazione all’art. 72-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.


Infatti, l’ordine di pagamento diretto rivolto dall’agente della riscossione, ai sensi dell’art. 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, è un provvedimento amministrativo che, però, dà l’avvio ad un’espropriazione forzata dei crediti vantati dal debitore verso i terzi che si svolge secondo un procedimento semplificato, concepito dal legislatore come procedimento speciale interamente stragiudiziale. Qualora l’ordine di pagamento sia spontaneamente adempiuto dal terzo, i suoi effetti, sono equiparabili a quelli dell’ordinanza di assegnazione prevista - nella procedura ordinaria - dall’art. 553 cod. proc. civ. In particolare, il pagamento da parte del terzo pignorato completa la vicenda espropriativa, determinando non solo e non tanto il trasferimento del diritto di credito dal debitore esecutato all’agente della riscossione procedente, con l’estinzione del credito del terzo pignorato nei confronti dell’esecutato, quanto piuttosto l’immediato effetto satisfattivo che consegue alla riscossione delle somme dovute (Sez. 3, Sentenza n. 2857 del 13/02/2015, in motivazione).


Pertanto, mentre il pignoramento presso terzi regolamentato dal codice di rito si configura come fattispecie a formazione progressiva, che inizia con la notificazione dell’atto di cui all’art. 543 cod. proc. civ. e si completa innanzi al giudice con la dichiarazione positiva di quantità ovvero con l’accertamento dell’obbligo del terzo, il procedimento speciale previsto dall’art. 72-bis del D.P.R. n. 602 del 1973 inizia con la notificazione dell’ordine di pagamento diretto e si completa con il pagamento diretto da parte del terzo. In sostanza, il pignoramento presso terzi “esattoriale” non transita mai davanti all’ufficio giudiziario, neppure per l’assegnazione delle somme, e quindi non deve essere iscritto a ruolo.


Il precipitato di tali considerazioni è che l’art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ. non è applicabile al pignoramento effettuato ai sensi dell’art. 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973: poiché il pignoramento presso terzi “esattoriale” non va iscritto a ruolo innanzi al tribunale, nessun interessato - neppure il debitore opponente - può sostituirsi, ai sensi del citato art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ., al creditore in tale incombente.


L’iscrizione a ruolo del pignoramento ex 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, semplicemente, non esiste in quanto non è prevista dalla legge.


Va quindi ribadito che l’opposizione agli atti esecutivi avanzata dal debitore esecutato con pignoramento dei crediti verso terzi, ai sensi dell’art. 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973, va qualificata come opposizione proposta in pendenza di esecuzione, assoggettata, come tale, alla disciplina di cui agli artt. 617, comma 2, e 618 cod. proc. civ., con l’obbligo del giudice, dopo aver dato o negato i provvedimenti indilazionabili o la sospensione della esecuzione, di dar corso al giudizio ordinario di cognizione, sicché, ove esso manchi, è nullo il provvedimento con cui sia stata definita l’opposizione (Sez. 3, Sentenza n. 21258 del 20/10/2016, Rv. 642952).


In conclusione, il provvedimento impugnato risulta viziato sotto un duplice aspetto. Per un verso, perché, a prescindere dal merito della decisione, esso definisce nel merito un ricorso in opposizione agli atti esecutivi mentre esso versa ancora in fase sommaria, addirittura prima ancora dell’instaurazione del contraddittorio, in violazione dell’art. 618, secondo coma, cod. proc. civ., che impone la necessaria scissione fra la fase sommaria del giudizio e quella a cognizione piena, quest’ultima da svolgersi nei termini e secondo la sequela processuale di cui agli artt. 163 ss. cod. proc. civ. Per altro verso, perché è erroneo anche nel merito, in quanto ritiene applicabile al pignoramento ex art. 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 quanto previsto in tema di iscrizione a ruolo dall’art. 159-ter disp. att. cod. proc. civ., laddove le due norme sono invece incompatibili fra loro, dal momento che questo speciale pignoramento effettuato in via amministrativa non deve essere iscritto a ruolo.

Infine, giova ricordare che il provvedimento emesso dal presidente di sezione del tribunale che, anziché designare il giudice istruttore dinanzi al quale sarebbero dovute comparire le parti, dichiara inammissibile la domanda proposta con ricorso in opposizione agli atti esecutivi impedendo l’iscrizione del ricorso medesimo sul ruolo della sezione e l’inizio della fase di merito, emesso in violazione dei poteri attribuiti al presidente stesso e in violazione dell’art. 168-bis cod. proc. civ. ed integra una violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 cod. proc. civ. e del principio del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. (Sez 3, Sentenza 14 gennaio 2014, n. 524, non massimata).

Il provvedimento impugnato deve essere quindi cassato, con rinvio al Tribunale di Roma che, attenendosi ai principi di diritto sopra formulati, dovrà disporre per il prosieguo del giudizio. Allo stesso si demanda anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.


P.Q.M.


accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia per il prosieguo del procedimento al Tribunale di Roma cui demanda di provvedere anche per le spese del giudizio di legittimità.


Così deciso in Roma, il 21 settembre 2017.