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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2593 - pubb. 01/08/2010.

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Cassazione civile, sez. I, 01 Aprile 2009. Rel., est. Cultrera.

Prova civile - Documentale (prova) - Scrittura privata - Data - Certa - In genere - Amministrazione straordinaria - Ammissione al passivo - Credito documentato con scrittura privata - Fatto diverso da quelli tipizzati nell'art. 2704, primo comma, cod. civ. - Valutazione del giudice di merito circa la sussistenza e l'idoneità del fatto in concreto - Criteri - Carattere obiettivo del fatto e sua estraneità allo stesso deducente - Necessità.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Liquidazione coatta amministrativa - Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - In genere - Ammissione al passivo di un credito risultante da scrittura privata - Certezza e computabilità della data - Necessità - Disciplina di cui all'art. 2704, primo comma, cod. civ. - Rilevanza - Fatti equipollenti a quelli tipizzati nella norma - Valutazione - Criteri.


In sede di accertamento dello stato passivo nell'amministrazione straordinaria, ai fini della decisione circa l'opponibilità alla procedura di un credito documentato con scrittura privata non avente data certa, allorchè sia dedotto un fatto diverso da quelli tipizzati, in forma esemplificativa e non tassativa, nell'art. 2704, primo comma, cod. civ. (registrazione, morte o sopravvenuta impossibilità fisica di uno dei sottoscrittori, riproduzione in un atto pubblico), è compito del giudice di merito valutare caso per caso la sussistenza e l'idoneità del fatto equipollente a stabilire la certezza della data del documento, con il limite del carattere obiettivo del fatto stesso, il quale non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere altresì sottratto alla sua disponibilità. (massima ufficiale)

Massimario, art. 96 l. fall.

Massimario, art. 207 l. fall.

  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario - Presidente -
Dott. BERNABAI Renato - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - rel. Consigliere -
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 21892/2004 proposto da:
SILVAGNI GUGLIELMO (c.f. SLVGLL50E16F839K), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAIAMONTI 4, presso l'avvocato INTERNULLO ROSARIA, rappresentato e difeso dagli avvocati FRANGINI ALFREDO, VOZZA LIA, rispettivamente giusta procura a margine del ricorso e procura speciale per Notaio dott. FLAVIA COLANGELO di ROMA - Rep. n. 16865 del 04.03.09, depositata in cancelleria il 12.03.09;
- ricorrente -
contro
CONSORZIO IMPRESA COSTRUZIONI ROMAGNOLI LOMBARDI - IRCES IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, SERVIZI INGEGNERIA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE;
- intimati -
sul ricorso 24598/2004 proposto da:
CONSORZIO IMPRESA COSTRUZIONI ROMAGNOLI LOMBARDI IRCES IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RONCIGLIONE 3, presso l'avvocato GULLOTTA FABIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MACRÌ GIULIO, giusta procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente al ricorso incidentale -
contro
SILVAGNI GUGLIELMO;
- intimato -
avverso la sentenza n. 420/2004 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 12/05/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/03/2009 dal Consigliere Dott. CULTRERA MARIA ROSARIA;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato FRANGINI ALFREDO, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale;
udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l'Avvocato GULLOTTA FABIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento di quello incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e per il rigetto di quello incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d'appello di Brescia, con la decisione ora impugnata n. 420 depositata il giorno 12 maggio 2004, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Brescia del 21 maggio 2001, ha ammesso al passivo della procedura d'amministrazione straordinaria del Consorzio Imprese Romagnoli Lombardi - IRCES - per l'importo di Euro 247.872,77 il credito dedotto dal Prof. Ing. Guglielmo Silvagni, escluso invece in sede di formazione dello stato passivo, ma senza attribuire il privilegio chiesto dall'istante a mente dell'art. 2751 bis c.c., n. 2.
Contrariamente a quanto si era sostenuto nella precedente decisione che, accogliendo l'eccezione del Consorzio secondo cui l'incarico da cui scaturiva il credito controverso era stato affidato non già all'Ing. Silvagni bensì alla società Servizi Ingegneria che si era quindi avvalsa del suo apporto, e che quindi a sua volta aveva proposto giudizio d'opposizione in relazione alla medesima ragione di credito, riunita al giudizio ma anch'essa respinta, ha ritenuto che il credito controverso rappresentasse parte del corrispettivo che spettava all'istante per l'opera prestata in favore del Consorzio in forza dei tre incarichi professionali descritti in domanda, aventi ad oggetto la redazione di progetto fognario a servizio del Comune di Tavernanova in Casalnuovo di Napoli, e di altro progetto relativo allo smaltimento delle acque meteoriche 1^ lotto della Circumvallazione Comparto 3 esterna del Comune di Casalnuovo, affidatigli con lettera 27 aprile 1987 indirizzata sia al predetto professionista che alla società Servizi Ingegnera. Escluso che tale ultimo soggetto giuridico potesse considerarsi destinatario dell'incarico, stante il divieto posto dalla L. n. 1815 del 1939, art. 2, di esercizio da parte di società di capitali di attività protetta, qual era quella realizzata nella specie, residuava solo l'ing. Silvagni, siccome in indirizzo oltre alla detta società. Le risultanze probatorie stavano peraltro a dimostrare che il progettista si era avvalso della struttura organizzativa della società. Nel merito ha valorizzato la menzionata lettera, l'iscrizione del debito verso l'Ing. Silvagni nelle scritture contabili del Consorzio, la comunicazione speditagli dal Commissario L. Fall., ex art. 207, la fattura n. 3/87 emessa dal ricorrente in relazione al pagamento di un primo acconto sul compenso dovutogli per la dedotta causale.
Contro di essa l'ing. Silvagni ha proposto il presente ricorso per cassazione con 2^ motivi resistiti dalla procedura intimata con controricorso contente ricorso incidentale affidato a cinque mezzi. Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
In linea preliminare deve disporsi la riunione dei ricorsi a mente dell'art. 335 c.p.c., in quanto sono stati indirizzati contro la medesima decisione. Evidenti ragioni di ordine logico impongono l'esame prioritario del ricorso incidentale con cui la procedura:
1.- Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2704 c.c., in relazione alla L. Fall., artt. 44, 45 e 92 e correlato vizio d'omessa o insufficiente motivazione laddove si è ritenuto provato il conferimento dell'incarico all'Ing. Silvagni, deducendolo dalla riscontrata nullità dell'incarico se fosse stato conferito alla società Servizi Ingegneria, sostiene che l'approdo viola il principio sancito nella norma sostanziale rubricata in tema d'opponibilità degli atti ai terzi. La prova della conclusione di un contratto non può desumersi attraverso lettere - quelle del Consorzio datate 27 aprile 1987 e 21 settembre 1988 - prive di data certa nonché indirizzate a due destinatari diversi. Le perplessità che ne scaturiscono sono insuperabili, ne' risultano superate dall'adesione, prestata acriticamente dalla Corte territoriale alla tesi difensiva dell'istante, secondo cui il documento d'incarico ha due destinatari, la società ed il professionista, la prestazione rientrava tra quelle riservate ad architetti ed ingegneri, il contratto con la società sarebbe nullo secondo normativa vigente ratione temporis, l'incarico perciò deve ritenersi conferito al professionista.
Tale prova "per esclusione" non è consentita anche e soprattutto con riferimento ai criteri vigenti in materia fallimentare. La Corte ha disapplicato il principio sull'onere della prova, ne' la sentenza è assistita da esauriente motivazione laddove argomenta nei sensi riferiti, in quanto non si comprende perché il giudicante abbia ritenuto escluso il conferimento dell'incarico alla società, e di conseguenza, data la ravvisata nullità, la conclusione del contratto col professionista, tanto più che i testi escussi di parte avversa hanno riferito che l'incarico era stato conferito alla società.
2.- Col secondo mezzo, deducendo analogo vizio, ribadisce che i documenti che proverebbero il credito sono privi di data certa. La sentenza impugnata ha inoltre disapplicato il disposto dell'art. 2709 c.c., laddove afferma l'opponibilità alla procedura dei libri e delle scritture contabili del Consorzio. Non risulta altrimenti una situazione debitoria verso l'istante, come del resto emerge dalla deposizione resa dal geom. Tamani, all'epoca a.u. del Consorzio. 3.- Col terzo motivo ribadisce il medesimo vizio in relazione alla L. Fall., art. 207 e critica la decisione impugnata laddove attribuisce efficacia probatoria alla lettera 5 dicembre 1996 inviata ai sensi della disposizione fallimentare in rubrica dal Commissario straordinario all'ing. Silvagni, che rappresenta comunicazione standard, priva di ammissione di esistenza del debito. 4. - Col quarto motivo deduce analogo vizio con riferimento agli artt. 2704, 2712 e 2719 c.c., ed ascrive al giudice d'appello d'aver erroneamente attribuito efficacia probatoria alla fattura n. 3/87 emessa dallo stesso Silvagni, priva di data certa, e in quanto atto di parte, inidonea a provare il credito. La decisione impugnata è peraltro priva di adeguata motivazione in ordine alla riferibilità delle prestazioni ivi descritte all'incarico controverso. 5.- Col quinto motivo chiede la riforma della pronuncia impugnata in punto spese.
Il ricorrente principale deduce in memoria difensiva l'infondatezza di ciascuna delle censure esaminate osservando che il complesso degli atti acquisiti conferma: 1.- l'anteriorità dell'incarico conferitogli; 2.- la corretta interpretazione della vicenda; 3.- la logicità di tale ricostruzione, l'unica che consente di dare congrua spiegazione alla contemporanea indicazione di due destinatari delle lettera di conferimento dell'incarico. La valutazione delle emergenze processuali esaminate è stata infine condotta nel pieno rispetto delle norme richiamate dalla procedura.
I primi quattro motivi, che sono connessi logicamente e possono per l'effetto esaminati congiuntamente, appaiono infondati. La Corte territoriale, rendendo conto del suo percorso logico con motivazione esauriente ed immune da vizi logici, ha ricostruito la vicenda sostanziale sulla scorta del complesso delle emergenze documentali apprezzate, tutte specificamente riferite, nel senso che l'incarico progettuale, che all'epoca, stante il suo contenuto, non avrebbe potuto essere conferito alla società d'ingegneria, era stato affidato al professionista, e l'indicazione della società nelle missive indirizzate dal Consorzio ad entrambi altro non voleva dire che quest'ultimo si sarebbe avvalso della struttura di supporto della società nella fase esecutiva, come del resto era emerso dal frontespizio delle tavole progettuali relative alla fognatura di Tavernanova redatte dall'ing. Silvagni, allegate agli atti. Pacifico infatti che le opere commissionate presupponevano attività di progettazione, e che le lettere 27 aprile 1987 e 21 settembre 1988 del Consorzio contengono dichiarazione di conferimento dell'incarico per le opere specificate cui si riferisce la domanda, le perplessità del Tribunale, scaturenti dall'anzidetta duplice indicazione dei destinatari era superabile secondo il senso logico attribuitovi, rilevato ancora che, proprio perché terzo, non ha senso che il Commissario dichiari di non conoscere gli effetti dell'art. 214 c.p.c., delle dette scritture.
Circa il requisito della data certa, pacifico il principio invocato dalla procedura, non se ne può inferire che i mezzi di prova non spiegano efficacia nei confronti del Commissario. Se il debito si rinviene nelle scritture contabili, queste valgono contro la procedura ex art. 2709 c.c., e di tanto ha dato atto la lettera inviata dal Commissario all'ing. Silvagni a mente della L. Fall., art. 207, attestante proprio il fatto che il suo credito risultava iscritto nelle scritture del Consorzio.
Emerge da tale tessuto argomentativo che tutte le risultanze documentali esaminate- le due lettere del Consorzio di conferimento dell'incarico, le scritture contabili del Consorzio stesso in cui risultava iscritto il debito verso l'ing. Silvagni, le tavole progettuali relative ad una delle opere eseguite redatte da quest'ultimo da cui questi risultava progettista e la società figurava quale struttura di supporto tecnico, il pagamento da parte del Consorzio dell'importo della fattura n. 3/87 emessa dal professionista e riscontrata senza indurre perplessità dal Consorzio- verificate singolarmente in senso analitico ma apprezzate nella loro sintesi, secondo la Corte territoriale hanno fondato un quadro probatorio indiziario esauriente, idoneo a dimostrare che il credito controverso rappresentasse parte del compenso che l'istante aveva maturato nei confronti del Consorzio quale corrispettivo delle opere che egli aveva progettato su suo incarico.
Il presupposto di tale indagine ricostruttiva poggia sull'indiscussa riferibilità del credito controverso alla redazione dei progetti relativi alle opere descritte in domanda. La decisione impugnata enuncia tale dato come elemento indiscusso, ne' la procedura ne offre smentita nei motivi in esame.
Le censure in esame investono infatti questione che, senza controvertere sull'esistenza stessa del contratto di prestazione d'opera professionale, inerisce esclusivamente all'identificazione dell'altro contraente che, a suo dire, non potendosi individuare nella società d'ingegneria per le ragioni giuridiche dedotte in sentenza, neppure potrebbe identificarsi col Silvagni, in quanto egli venne indicato solo come persona autorevole. Tanto col corollario dell'inesistenza giuridica del contratto, e di ogni ragione di credito maturata per effetto della sua incontroversa esecuzione.
Argomentando in via deduttiva, secondo sillogismo corretto nei suoi snodi essenziali, l'organo giudicante, premesso il suddetto dato storico, ha ricostruito la compagine soggettiva del rapporto contrattuale, non certo ispirato dall'esigenza di applicare il principio di conservazione di un atto nullo evocato dai difensori delle parti in sede di discussione, ma ricercando l'effettiva identità delle parti contraenti attraverso indagine che risulta percorsa nel rispetto dei canoni esegetici sostanziali di cui all'art. 1362 c.c. e segg., di cui neppure si denuncia violazione nei motivi in esame. Risulta infatti fondata sul dato testuale, rappresentato dall'indicazione del Silvagni come uno dei destinatari della lettera d'incarico, sul contenuto del contratto stesso avuto riguardo alla natura del suo oggetto, riferito a professione intellettuale protetta e come tale riservata al professionista, infine alla sua esecuzione ad opera proprio del professionista, comprovata dalle tavole progettuali in atti che recano l'indicazione sopra riferita, ma ancor più dal fatto, emerso dalla prodotta fattura ma comunque pacifico, che egli ottenne dal committente, prima ancora dell'apertura della procedura, il pagamento di almeno una parte del corrispettivo dell'opera eseguita. Il fatto che la società d'ingegneria non potesse svolgere l'incarico, siccome comportava l'espletamento d'attività protetta ad essa preclusa, conferma ad avviso della Corte di merito la correttezza della conclusione scaturita dal suddetto percorso ermeneutico. L'argomento non risulta coltivato dunque per fondare asserita inammissibile prova per esclusione, ma completa in via logico deduttiva il quadro indiziario già delineato. Occorre aggiungere che sarebbe stato piuttosto onere della procedura dimostrare, a fondamento della sua eccezione, che la prestazione oggetto del contratto, pacificamente eseguita, fosse stata effettuata dall'ing. Silvagni sotto la direzione e vigilanza della società. La circostanza, solo predicata, non risulta riscontrata, ne' risulta esser stata fatta oggetto di richiesta di prova.
La decisione impugnata poggia dunque su ragionamento fondato sulla valutazione del compendio indiziario esaminato, come già rilevato apprezzato nella sua sintesi ricostruttiva, pertanto giuridicamente corretto, che è insindacabile in punto di fatto, spettando il relativo apprezzamento al solo giudice del merito, risulta infine esaurientemente motivato, in quanto argomentato in maniera tale da identificarne le basi logiche, e non è pertanto censurabile. Tanto meno si presta a critica, avuto riguardo alla denuncia mossa dalla procedura controricorrente circa l'esigenza che la documentazione esaminata fosse munita del requisito della data certa postulato dall'art. 2704 c.c., perché potesse ritenersi opponibile alla procedura.
La Corte territoriale, che mostra invero di avere tenuto ben presente il portato di tale disposizione e la sua applicabilità al processo di formazione dello stato passivo, pone espresso distinguo tra suddetto requisito e l'efficacia probatoria degli atti esaminati, che sostiene non potrebbe escludersi in ragione della sola terzietà del Commissario.
Anche in parte qua la decisione devesi ritenere corretta. Rientra nel potere del giudice cui sia devoluta la cognizione su domanda d'ammissione allo stato passivo la valutazione di tutti gli elementi di prova che il presunto creditore adduca per dimostrare l'esistenza del credito oggetto della domanda; laddove essi siano documentali, può però tener conto solo di quelli aventi data certa anteriore all'apertura della procedura, perché solo essi sono opponibili alla massa. L'assenza delle condizioni espresse nella norma richiamata(registrazione, morte o sopravvenuta impossibilità fisica di uno dei sottoscrittori, riproduzione in un atto pubblico)che sono esemplificative e non tassative, non ne preclude tuttavia l'esame, in quanto suddetto requisito può desumersi anche aliunde, attraverso fatti equipollenti, purché si tratti di circostanze oggettive esterne idonee a stabilire in modo ugualmente certo l'anteriorità della formazione del documento, "valutando caso per caso sussistenza ed idoneità a stabilire la certezza della data del documento, con il limite che il fatto non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere altresì sottratto alla sua disponibilità". (Cass. n. 4646/1997). Ciò esclude che l'equipollenza possa desumersi attraverso ragionamento induttivo valorizzando all'uopo elementi presuntivi, ancorché gravi, precisi e concordanti. Il dato che rende certo l'anteriorità del documento deve essere obiettivo e perché sia tale deve essere acclarato nella sua storicità, si da surrogare le circostanze predicate espressamente dalla norma.
Nell'indicata prospettiva di sicuro non può valorizzarsi l'iscrizione del credito in discussione negli stessi documenti contabili del creditore istante, poiché sono nella sua disponibilità, a meno che non risultino regolarmente tenuti, perché in tal caso la data certa emerge dalla vidimazione del pubblico ufficiale anteriore alla dichiarazione di fallimento. Il caso di specie non rientra tuttavia in tale ultimo paradigma. L'esistenza del credito controverso non è stata desunta dalla sua iscrizione nella contabilità dell'istante, professionista privato neppure tenuto a tenere contabilità ufficiale, bensì dall'esame delle scritture dello stesso Consorzio rinvenute dal Commissario, la cui tenuta e regolarità è incontroversa, per forza di cose anteriori all'apertura della procedura, la cui opponibilità alla procedura è fuori discussione. Altro è il discorso circa la loro efficacia probatoria a mente dell'art. 2709 c.c., che sicuramente deve essere esclusa ma non rileva nella prospettiva in esame, altro è la loro collocazione temporale in un momento necessariamente anteriore all'apertura della procedura, che è dato accertato ed indiscutibile.
L'anteriorità alla procedura delle lettere d'incarico più volte menzionate rappresenta dato pacifico, acquisito alla stessa contabilità del Consorzio, così come il pagamento al professionista di somma imputata a parte del compenso maturato per l'opera prestata riferita alla causale in oggetto indicata nella fattura da lui emessa. Il Commissario inviò la comunicazione prescritta al Silvagni a mente della L. Fall., art. 207 individuandolo fra i potenziali creditori, senza con ciò ovviamente manifestare riconoscimento del debito neppure ipotizzabile in relazione a tale comunicazione, proprio perché rinvenne la corrispondente posta passiva nella contabilità della società.
In conclusione i fatti riassunti rappresentano fatti obiettivi che, valutati in relazione alla loro cronologia, la Corte ha ritenuto concretassero dati equipollenti, riconducibili allo stesso debitore, a suo avviso, insindacabile nel merito, idonei a rendere certa l'anteriorità dei documenti esaminati all'apertura della procedura. Di qui l'esistenza del requisito di cui si discute.
Il quinto motivo resta travolto.
Venendo al ricorso principale, col primo motivo il ricorrente deduce che la sentenza impugnata ha escluso il privilegio richiesto con motivazione solo apparente, che non specifica in alcun modo a quale elemento temporale la Corte territoriale abbia fatto riferimento, ne' le ragioni per le quali la prelazione non sia stata ritenuta provata. Non è dato infatti comprendere dallo scarno tessuto motivazionale in cui si articola la decisione impugnata se la Corte territoriale abbia inteso riferire il dato cronologico postulato dalla disposizione normativa di cui all'art. 2751 bis c.c., alla data della sentenza d'ammissione del Consorzio alla procedura d'amministrazione straordinaria, o piuttosto, alla data di consegna dell'elaborato peritale al committente Consorzio, ovvero ad altro parametro cronologico.
Col secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2751 bis c.c., n. 2, per aver la Corte territoriale ignorato che i compensi per i quali è stato ammesso il credito, si riferiscono pacificamente agli ultimi due anni di prestazione.
Applicando a ritroso tale parametro, l'organo giudicante avrebbe dovuto accordare la prelazione per l'intero credito ammesso. Il raffronto tra il conferimento degli incarichi ed il loro esaurimento avrebbe consentito alla Corte d'appello di concludere nei sensi indicati in domanda.
Il resistente deduce inammissibilità ovvero infondatezza di entrambe le censure.
I due motivi connessi logicamente meritano esame congiunto. L'art. 2751 bis c.c., n. 2, introdotto dalla L. 29 luglio 1975, n. 426, art. 2, in base al quale le retribuzioni del professionista e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale dovute per gli "ultimi due anni di prestazione" sono assistite da privilegio generale sui mobili, comporta, in caso di fallimento del debitore, che il privilegio medesimo è invocabile per tutti crediti inerenti all'ultimo biennio dell'attività professionale, ancorché anteriori al biennio precedente l'apertura della procedura concorsuale (v. Cass. n. 28876/2005).
La sentenza non spende alcun argomento critico che illustri il senso dell'interpretazione che si sia inteso offrire del disposto normativo in esame, ne' indica a quale parametro di riferimento il giudicante abbia ancorato il periodo biennale, ovvero quali fossero i dati probatori necessari la cui acquisizione, necessaria ai fini dell'attribuzione del privilegio, sarebbe stata omessa. Appare peraltro inficiata da errore di diritto in quanto costruisce, quale premessa fondante la sua conclusione, un inesistente onere probatorio a carico dell'istante, non predicato dall'art. 93 della legge fallimentare che nel regime previgente prevedeva l'indicazione in domanda delle sole ragioni della prelazione, onerando pertanto il creditore che ne avesse fatto richiesta della prova dei soli presupposti di fatto che consentissero d'individuare la collocazione del suo credito (cfr. Cass. n. 13758/2005).
Stante la genericità di siffatta indicazione, sostanzialmente rimasta immodificata nel testo attuale novellato dal D.Lgs n. 169 del 2007 che aggiunge all'indicazione del titolo di prelazione la descrizione del bene sul quale essa si esercita, rientra nei compiti dell'organo preposto alla formazione dello stato passivo, una volta acquisito il fatto da cui trae titolo la prelazione, verificarne la riconducibilità al paradigma della norma di riferimento. Il corollario avrebbe comportato l'obbligo da parte della Corte territoriale di trarre dal bagaglio probatorio gli elementi utili ad accertare il dato cronologico rilevante secondo il contesto normativo di riferimento, sicché la sua conclusione avrebbe trovato giustificazione solo ove l'esito di tale indagine fosse risultato infruttuoso.
Il ricorso deve perciò trovare accoglimento e la sentenza in parte qua deve essere cassata. Il giudice di rinvio dovrà pertanto provvedere sull'istanza di attribuzione del privilegio, conducendo il suo accertamento sul requisito temporale postulato dalla norma, riferendolo agli ultimi due anni della prestazione eseguita dall'istante, tenendo conto altresì del fatto che suddetta disposizione va interpretata nel senso che le prestazioni del professionista vanno valutate unitariamente con riferimento al momento in cui sono richiesti o devono essere determinati gli onorari, ancorché si riferiscano ad attività svolte oltre il biennio (Cass. nn. 806/2001, 2838/2001, 7309/2000). Sarà compito del giudice di rinvio provvedere altresì sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Riuniti i ricorsi, accoglie il principale e rigetta l'incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'appello di Brescia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2009.
Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2009