Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2592 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 08 Aprile 2009, n. 8516. Rel., est. Bernabai.


Società - Di capitali - Società per azioni - Organi sociali - Amministratori - Responsabilità - Versi i creditori sociali - Fallimento - Azione di responsabilità nei confronti degli amministratori - Prescrizione - Decorrenza - Condizioni - Oggettiva conoscibilità per i creditori dell'insufficienza patrimoniale - Fatti sintomatici - Fattispecie.

Azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare - Presupposti - Insufficienza del patrimonio sociale - Prescrizione - Decorrenza - Oggettiva conoscibilità dell'inefficienza da parte dei creditori - Fatti sintomatici - Fattispecie.



In tema di azione di responsabilità contro gli amministratori, promossa dal curatore fallimentare ex art. 146 legge fall., nel testo "ratione temporis" vigente, la conoscibilità esteriore dell'incapienza patrimoniale, da cui dipende la decorrenza del termine di prescrizione dell'azione, va accertata, al di fuori dell'ipotesi in cui sia stata vanamente esercitata l'azione esecutiva, alla stregua di fatti sintomatici di assoluta evidenza, come la chiusura della sede, bilanci fortemente passivi, l'assenza di cespiti suscettibili di espropriazione forzata, mentre non assume rilievo l'eventuale impossibilità del conseguimento dell'oggetto sociale, ancorchè monotematico, la quale può presuntivamente ritenersi causa di scioglimento della società, ex art. 2448, primo comma, n. 2, cod. civ., ma non costituisce anche causa automatica di insolvenza o d'insufficienza della garanzia patrimoniale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, nella parte in cui aveva escluso che, ai fini della decorrenza della prescrizione, assumesse rilievo la revoca di una convenzione per la vendita dei titoli di viaggio di un'azienda municipalizzata di trasporti, che costituiva la principale attività della società). (massima ufficiale)


Massimario, art. 146 l. fall.


  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. BERNABAI Renato - rel. Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 24129/2007 proposto da:
CORREALE EMILIO (c.f. CRRMLE51L26F839D), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso l'avvocato SANDULLI Michele, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato NARDONE ANTONIO, giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CONFESERCENTI FEDERAZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI (c.f. 94073670633), in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO TOSCANI 95, presso l'avvocato MANGANELLA TERESA MARIA, rappresentato e difeso dagli avvocati MAISTO Gaetano, SCHIAVO FEDERICO, giusta procura a margine del controricorso;
FALL. IN.CO.TUR. CONFESERCENTI INIZIATIVE COMMERCIO E TURISMO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (c.f. 05174550631), in persona del Curatore Dott.ssa FORTUNA GIOCONDA, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato SCOTTI GALLETTA ANTONIO, giusta procura a margine del controricorso;
A.N.M. - AZIENDA NAPOLETANA MOBILITÀ S.P.A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 149, presso l'avvocato MAZZEO LORENZO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrenti -
contro
RUGGERO GIOVANNI, COSTA FORTUNATO, CUSATI LUIGI, TRIFARI GIOVANNI, GABRIELI FRANCO, VISONE GIORGIO;
- intimati -
sul ricorso 27954/2007 proposto da:
RUGGERO GIOVANNI (c.f. RGGDNN42E15M558Q), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BELLINI 14, presso l'avvocato PERNA DOMENICO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
CORREALE EMILIO, FALL. IN.CO.TUR. CONFESERCENTI INIZIATIVE COMMERCIO E TURISMO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, A.N.M. - AZIENDA NAPOLETANA MOBILITÀ S.P.A., CONFESERCENTI FEDERAZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI, COSTA FORTUNATO, CUSATI LUIGI, TRIFARI GIOVANNI, GABRIELI FRANCO, VISONE GIORGIO;
- intimati -
sul ricorso 30041/2007 proposto da:
FALL. IN.CO.TUR. CONFESERCENTI INIZIATIVE COMMERCIO E TURISMO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (c.f. 05174550631), in persona del Curatore Dott.ssa FORTUNA GIOCONDA, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato SCOTTI GALLETTA ANTONIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
RUGGERO GIOVANNI, A.N.M. - AZIENDA NAPOLETANA MOBILITÀ S.P.A., CONFESERCENTI FEDERAZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI, COSTA FORTUNATO, CUSATI LUIGI, TRIFARI GIOVANNI, GABRIELI FRANCO, VISONE GIORGIO, CORREALE EMILIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 3883/2006 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/12/2006;
preliminarmente la Corte dispone la riunione dei ricorsi, proposti avverso la stessa sentenza;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/02/2009 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato MICHELE SANDULLI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale;
udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale Fallimento, l'Avvocato ANTONIO SCOTTI GALLETTA che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del ricorso 30041/07 del Fallimento;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l'accoglimento del primo, del secondo, del dodicesimo, del tredicesimo e del quattordicesimo motivo del ricorso principale, rigetto degli altri motivi; per l'inammissibilità del ricorso incidentale di RUGGERO GIOVANNI; per l'assorbimento del ricorso incidentale del Fallimento. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato tra il 29 dicembre 2000 ed il 2 gennaio 2001 la curatela del fallimento dell'IN.CO.TUR-Confesercenti Iniziative Commercio e Turismo s.r.l., dichiarato con sentenza 1 Ottobre 1997 dal Tribunale di Napoli, proponeva azione di responsabilità L. Fall., ex art. 146, nei confronti dei cinque membri del consiglio di amministrazione pregresso, tra cui CORREALE Emilio e RUGGERO Giovanni, nonché nei confronti del liquidatore, Visone Giorgio, esponendo:
- che l'attività sociale si basava essenzialmente sulla convenzione con l'A.N.M.-Azienda Napoletana Mobilità (già ATAN) per la vendita e la distribuzione di titoli e tessere di viaggio, il cui ricavato doveva essere versato all'ente concedente con le modalità specifiche indicate nella convenzione, mediante accreditamento in conto corrente o assegno circolare non trasferibile;
- che nel periodo 1990 /1991 era stata revocata la predetta concessione a causa di un consistente ammanco di cassa rilevato dall'A.N.M. dopo che la Banca Nazionale dell'Agricoltura, tesoriere comunale, aveva negato di aver ricevuto dalla IN.CO.TUR la somma di L. 733.200.000, quale corrispettivo dei titoli di viaggio venduti, al netto della commissione del 6%;
- che il successivo procedimento penale aveva accertato che la somma predetta era stata versata in mani del signor Gabrieli Franco, all'epoca tesoriere dell'azienda, il quale se l'era appropriata, rilasciando quietanze generiche, scarsamente leggibili;
- che con sentenza 23 Gennaio 1996 la Corte dei Conti aveva condannato la società, in solido con il Gabrieli F., al risarcimento del danno in favore dell'A.N.M., che aveva poi chiesto e ottenuto il fallimento della concessionaria IN.CO.TUR s.r.l. in liquidazione.
Costituendosi ritualmente, il Correale E. eccepiva la carenza di legittimazione passiva, per aver rassegnato le dimissioni dalla carica durante la seduta del consiglio di amministrazione del 27 giugno 1990 - e quindi, in data anteriore ai fatti - la cui omessa iscrizione nel Registro delle imprese andava imputata a negligenza dei restanti consiglieri. Eccepiva altresì la prescrizione dell'azione e la corresponsabilità dell'A.N.M., che chiamava, pertanto, in causa, per il danno cagionato dalla condotta illecita del proprio dipendente infedele, ex artt. 2049 e 1227 cod. civ.. Deduceva, nel merito, l'estraneità ai fatti pregiudizievoli, posti in essere dal solo Visone G., delegato per la gestione delle vendite dei biglietti A.N.M., e chiamava in manleva la propria associazione sindacale d'appartenenza Confesercenti-Federazione provinciale di Napoli, che aveva accettato le sue dimissioni sollevandolo da ogni responsabilità per gli atti di gestione posti in essere. Svolgeva altresì domanda di rivalsa nei confronti del Visone G. e del Gabrieli F..
A sua volta, il Ruggero G., costituendosi in giudizio, eccepiva la buona fede nell'affidamento riposto nella prassi costantemente seguita dall'A.N.M. di ricevere i pagamenti senza l'osservanza delle modalità stabilite nella convenzione.
L'A.N.M., chiamata in causa, eccepiva la carenza di legittimazione passiva e l'infondatezza delle domande svolte nei suoi confronti;
mentre la Confesercenti eccepiva la nullità della domanda di garanzia, proposta da difensore sfornito di procura, nonché la prescrizione del diritto fatto valere e negava, nel merito, di aver esonerato da responsabilità il Correale E..
Gli altri convenuti restavano contumaci.
Con sentenza 3 Giugno 2004 il Tribunale di Napoli condannava Ruggero Giovanni, Correale Emilio e gli altri convenuti al pagamento in solido della somma di Euro 390.668,66, detratte le eventuali somme incassate dalla curatela da Gabrieli Franco; oltre gli interessi legali e la rivalutazione monetaria. Rigettava le domande proposte dal Correale E. con gli atti di chiamata in causa nei confronti dell'A.N.M. e della Confesercenti e condannava i convenuti alla rifusione delle spese di giudizio.
Con sentenza 19 dicembre 2006 la Corte d'appello di Napoli respingeva i gravami proposti dal Correale E. e dal Ruggero G. e in accoglimento parziale dell'impugnazione incidentale della curatela maggiorava le spese giudiziali liquidate in suo favore. Motivava:
- che era infondata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva del Correale E. perché le dimissioni annunciate il 27 giugno 1990 riguardavano la sola carica di amministratore delegato, così come indicato testualmente a verbale; e solo il 26 febbraio 1996 era stata annotata nel registro delle imprese la cessazione della funzione di consigliere;
- che l'inosservanza delle clausole della convenzione di concessione stipulata con l'A.N.M. era a lui imputabile, rispondendo obiettivamente al suo intento di migliorare i ricavi, mantenendo per più tempo la disponibilità delle somme di pertinenza dell'azienda concedente;
- che era infondata l'eccezione di prescrizione quinquennale, dal momento che il dies a quo coincideva con la sentenza 23 gennaio 1996 della Corte dei Conti che aveva dichiarato la responsabilità amministrativa dell'INCOTUR nella cattiva gestione del rapporto di concessione, e il termine non era ancora maturato alla data dell'11 luglio 2000, allorché era stato notificato il ricorso per sequestro conservativo, avente efficacia interruttiva;
- che l'osservanza puntuale della concessione amministrativa era un dovere funzionale degli amministratori, tanto più che la società operava esclusivamente in funzione del rapporto concessorio con l'A.N.M. ed era quindi loro imputabile in via solidale il non aver impedito la violazione delle modalità di pagamento;
- che era inaccoglibile la tesi del concorso di colpa dell'A.N.M. ex artt. 2049 e 1227 cod. civ., dato che il giudice penale aveva attribuito al Gabrieli F. la condotta criminosa e alla sua azienda di appartenenza la qualità di vittima;
- che era pure infondata la censura sul rigetto della domanda di garanzia verso la Confesercenti, data l'autonomia nell'esercizio della carica goduta dal Corneale: a nulla rilevando gli attestati di stima del suo operato da parte dell'associazione;
- che, per quanto riguardava il Ruggero G., non era rilevante, fini esimenti, l'allegata supremazia esercitata dagli altri membri del consiglio di amministrazione, che non poteva incidere sui suoi doveri di vigilanza.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione, articolato in 14 motivi e notificato tra il 14 ed il 28 settembre 2007, il Correale E..
Deduceva:
1) la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., e la nullità della sentenza per omessa decisione sulla domanda di rivalsa svolta nei confronti del Visone G. e del Gabrieli F., quali responsabili diretti del danno;
2) il difetto assoluto di motivazione in ordine al rigetto della medesima domanda di rivalsa;
3) la carenza di motivazione nel diniego di efficacia esimente delle dimissioni dalla carica di amministratore riportate nel verbale consiliare del 27 giugno 1990 e riscontrate con lettera del presidente della Confesercenti - associazione che aveva indicato il Correale E. come proprio rappresentante nel consiglio di amministrazione della Incotur - oltre che con dichiarazione di manleva da responsabilità;
4) la violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., per l'omessa valutazione di documenti attestanti la cessazione dalla carica e altresì per il rigetto dell'actio ad exhibendum di ulteriore documentazione, di contenuto conforme, in possesso della società;
5) l'omessa e insufficiente motivazione in ordine al rigetto dell'eccezione di prescrizione, il cui termine era stato erroneamente fatto decorrere dalla sentenza della Corte dei Conti, anziché dalla genesi del credito risarcitorio (ottobre - dicembre 1990), o al più tardi dalla revoca della convenzione, a seguito della scoperta dell'appropriazione indebita, che aveva determinato la cessazione dell'attività sociale (anno 1991);
6) la violazione degli artt. 2935, 2392, 2394 e 2949 c.c., nel testo ante riforma, e della L. Fall., art. 146, nonché della L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 2 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti), per non aver accertato che il diritto di credito nei confronti del responsabile amministrativo non sorgeva ex nunc con la sentenza della Corte dei Conti, avente natura dichiarativa, di condannale non costitutiva, bensì dal giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere: non essendo controverso che l'attività sociale fosse cessata dopo la revoca della concessione della vendita dei biglietti A.N.M. e restando irrilevante la data di nomina del curatore, la cui azione L. Fall., ex art. 146, ha natura derivativa e quindi preesiste alla dichiarazione di fallimento;
7) la carenza di motivazione in ordine al diniego dell'ordine di esibizione dei bilanci della società successivi al 1990, idonei a dimostrare l'insufficienza del patrimonio sociale, conoscibile dai terzi;
8) la carenza di motivazione della ritenuta responsabilità del Correale E., desunta sulla base della sola decisione della Corte dei Conti, che non lo riguardava direttamente, ne' era passata in giudicato;
9) la violazione degli artt. 2392 e 2394 cod. civ. e L. Fall., art. 146, nell'aver affermato una responsabilità di natura oggettiva del Correale E., senza accertamento della colpa, al di fuori dei limiti della vigilanza sintetica incombente sui membri del consiglio di amministrazione;
10) l'omessa o contraddittoria motivazione nell'affermazione di responsabilità, ad onta della delega concessa al commercialista Visone G. nella gestione dei rapporti con l'A.N.M.;
11) la carenza di motivazione nell'affermazione del nesso di causalità diretto ed immediato tra la condotta del Correale E. ed il danno sociale;
12) la violazione degli artt. 2049 e 1227 cod. civ., per l'omesso accertamento della corresponsabilità dell'A.N.M., quale datrice di lavoro del Gabrieli F., autore dell'illecito;
13) la carenza ed illogicità della motivazione per aver trascurato di prendere in considerazione i dati documentali da cui emergeva in modo incontrovertibile la responsabilità dell'A.N.M. per il fatto illecito del suo dipendente Gabrieli F., ex art. 2049 cod. civ., con conseguente obbligazione di rivalsa nei confronti del ricorrente, in caso di sua condanna;
14) l'omessa e contraddittoria motivazione del rigetto della domanda di manleva svolta nei confronti della Confesercenti, che aveva rilasciato dichiarazione liberatoria, con nota del 27 giugno 1990, in cui riconosceva che il Correale E. si era scrupolosamente attenuto al mandato conferitogli e lo sollevava da ogni onere e responsabilità derivanti dalla sua attività di amministratore delegato: dichiarazione, che la Corte d'appello di Napoli aveva erroneamente svalutato al rango di mero attestato di stima e che invece doveva intendersi giuridicamente valida a fini esimenti, non incorrendo nei limiti di cui all'art. 1229 cod. civ.. La sentenza veniva impugnata altresì da Ruggero Giovanni, con ricorso incidentale articolato in tre motivi, nei quali si deduceva 1) la violazione dell'art. 2935 c.c., comma 1, e artt. 2932 e 2933 cod. civ., nonché del D.L. 13 gennaio 1994, n. 22, art. 1 (Interventi urgenti a sostegno dell'economia) e L. Fall., art. 146, per l'erroneo rigetto dell'eccezione di prescrizione, il cui termine iniziale coincideva con la scoperta dell'ammanco di cassa da parte dell'A.N.M.: non potendo sussistere dubbi, ab initio, sull'incapacità patrimoniale dell'Incotur, il cui capitale sociale era di sole L. 20.000.00, a far fronte al debito risarcitorio;
2) la violazione degli artt. 2381, 2392 e 2393 cod. civ. e artt. 115 e 166 cod. proc. civ., nonché il vizio di motivazione
nell'affermazione di responsabilità concorrente del Ruggero G., nonostante la delega concessa al Correale E. dal consiglio di amministrazione, con Delib. 31 marzo 1987, e l'impossibilità di prevenire l'illecito mediante il controllo generico sull'attività sociale;
3) l'inosservanza degli artt. 2392 e 1218 cod. civ. e artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché la carenza di motivazione, per non aver rilevato l'impossibilità, per il Ruggero G., di impedire il danno, consumato nell'arco di soli due mesi, non avendo egli neppure la delega di firma sui conti correnti della società.
Resisteva con distinti controricorsi il fallimento INCOTUR, che eccepiva, in via pregiudiziale di rito, l'inammissibilità per tardività dell'impugnazione svolta dal Ruggero G., formalmente incidentale, ma rivolta, in realtà, nei suoi confronti e non contro il ricorrente principale Correale E., senza il rispetto dei termini di cui all'art. 327 cod. proc. civ.. Proponeva, a sua volta, ricorso incidentale condizionato al rigetto della predetta eccezione, deducendo il giudicato formatosi sulla sentenza di primo grado, non impugnata tempestivamente dal Ruggero G.: senza che la Corte d'appello di Napoli rilevasse la preclusione, avendo invece deciso nel merito il gravame con pronuncia di rigetto.
La curatela del fall. Incotur resisteva altresì all'impugnazione del Coreale E. con distinto controricorso; così come l'A.N.M. e la Confesercenti.
Entro il termine di cui all'art. 378 cod. di rito il Correale E. e il fallimento Incotur depositavano memorie illustrative. All'udienza del 5 febbraio 2009 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i primi due motivi, da esaminare congiuntamente attesa l'affinità di contenuto, il Correale E. deduce la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., ed il difetto assoluto di motivazione in ordine all'omessa decisione sulla sua domanda di rivalsa nei confronti del Visone G. e del Gabrieli F., quali responsabili diretti del danno.
Le censure sono fondate.
Dagli atti dei due gradi del processo di merito - che questa corte di legittimità può esaminare, quale giudice del fatto in tema di error in procedendo - si evince che il ricorrente aveva proposto domanda di rivalsa nei confronti del Visone G. e del Gabrieli F. nella comparsa di risposta con cui si era tempestivamente costituito dinanzi al Tribunale di Napoli (cfr. comp. di risp., pag. 15, punto 5); e tale domanda aveva puntualmente reiterato in sede di gravame dinanzi alla Corte d'appello di Napoli (cfr. atto d'appello, pagina 26, punto 5).
Nella sentenza impugnata tali domande non sono state affatto esaminate; onde, è fondata la doglianza di omessa pronuncia, cui consegue l'annullamento, in parte qua, della decisione. Con il terzo ed il quarto motivo il ricorrente censura la carenza di motivazione nel diniego dell'efficacia esimente delle dimissioni dalla carica di amministratore e la violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., per l'omessa valutazione di documenti attestanti la sua cessazione dalla carica e per il rigetto dell'actio ad exhibendum.
Entrambe le doglianze sono infondate.
La corte territoriale ha fornito un'adeguata motivazione delle ragioni per le quali ha ritenuto che le dimissioni verbalizzate riguardassero solo la delega gestoria concessa al Correale E. e non pure il rapporto di amministrazione nella sua interezza. È vero che nell'operazione ermeneutica ha valorizzato soprattutto il canone letterale - che, del resto, è il primo e principale tra i principi legali enunciati in tema d'interpretazione del contratto (art. 1362 cod. civ., comma 1) - ma non si è sottratta ad una verifica complessiva del comportamento, mettendo in evidenza che nessuna deliberazione immediata di riduzione del numero dei membri componenti del consiglio di amministrazione fu adottata (art. 2386 cod. civ., comma 1, art. 2487 cod. civ.): riducendosi l'iniziativa contestuale del consiglio di amministrazione (peraltro riunito in persona di soli tre membri) ad una generica manifestazione di intenti che prefigurava la proposta alla futura assemblea di una modifica statutaria in tal senso, per nulla incompatibile con la permanenza del Correale E. nel munus, privo di poteri delegati. In questo contesto motivazionale, il riferimento ulteriore alle dichiarazioni rese da altro componente del consiglio (Ruggero G.) riveste solo valore argomentativo e accessorio, onde ne resta irrilevante la confutazione critica. Così come si palesa superflua, per quanto detto, la doglianza sul rigetto dell'actio ad exhibendum, ex art. 210 cod. proc. civ., prospettata oltretutto in mera funzione esplorativa, oggetto del quarto motivo di ricorso. Del tutto infondata, al riguardo, è l'allegazione difensiva di un ulteriore presupposto per la responsabilità dell'amministratore dimissionario, consistente nella prova - il cui onere si vorrebbe riversato sulla curatela - che il pregiudizio non si sarebbe verificato se i creditori avessero avuto notizia della cessazione dalla carica di amministratore delegato. Si tratta, infatti, di una prova negativa, di per sè eccezionale in sede dogmatica e, come tale, bisognosa di specifica previsione normativa, nella specie mancante.
Nell'ambito della questione in esame, la sentenza contiene anche un riferimento alla data d'iscrizione nel Registro delle imprese delle dimissioni del Correale E. (26 febbraio 1996), di gran lunga posteriore alla genesi del debito risarcitorio dell'Incotur, che adombra l'ulteriore profilo d'inopponibilità ai terzi creditori (art. 2193 c.c., comma 1, art. 2457 ter e 2497 bis cod. civ., applicabili non solo alla nomina, testualmente menzionata, ma anche, per logica simmetria, alla revoca e alle dimissioni
dell'amministratore, di pari rilevanza: Cass., sez. 3, 26 luglio 2004, n. 14051; Cass., sez. 3, 26 novembre 2002, n. 16692): la cui azione di responsabilità è stata pure esercitata, cumulativamente, dal curatore del fallimento INCOTUR, L. Fall., ex art. 146. Tesi, che trova, in effetti, rispondenza in una risalente giurisprudenza (Cass., sez. 1, 25 ottobre 1965, n. 2241).
La disamina funditus del problema è resa superflua dal rigetto della censura attinente l'accertata limitazione alla delega della manifestazione di volontà abdicativa del Correale E.. Per mera completezza d'analisi si può soggiungere che non appare peraltro condivisibile l'estensione della responsabilità - che è in ogni caso per fatto proprio, anche quando consista in omessa vigilanza (culpa in vigilando) - a comportamenti messi in atto da altri amministratori in epoca successiva, sol perché la società, attraverso il competente organo - e non l'amministratore dimissionario - abbia omesso di adempiere agli obblighi di pubblicità. Sul punto, è appena il caso di notare che la legge non impone alcuna prescrizione all'amministratore cessante, ponendo la pubblicità a carico del collegio sindacale: alla cui inerzia non si vede come possa supplire lo stesso ex amministratore (che potrebbe perfino ignorare l'inadempienza), privo di legittimazione a richiedere l'iscrizione, essendo ormai estraneo all'organizzazione societaria.
Non sembra dunque esatto che l'amministratore rinunziante che abbia rispettato le prescrizioni poste dall'art. 2385 cod. civ., (comunicazione scritta al consiglio di amministrazione e al presidente del collegio sindacale, se esistente) vada incontro a responsabilità postuma per fatto di terzi, a differenza dell'amministratore defunto, o revocato per volontà della società od ope legis (art. 2393 cod. civ., comma 5), che non rispondono dei fatti intervenuti dopo gli eventi che hanno posto fine all'incarico:
esclusa l'assimilabilità, sotto questo profilo, della sua posizione a quella del socio illimitatamente responsabile receduto senza la pubblicità richiesta (art. 2290 c.c., comma 2).
Con il quinto e sesto motivo il ricorrente deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione nel rigetto dell'eccezione di prescrizione.
Sotto entrambi profili le censure sono infondate.
La sentenza impugnata ha posto il dies a quo del termine di prescrizione in coincidenza con la sentenza della Corte dei conti che ha accertato la responsabilità patrimoniale dell'Incotur per la violazione delle modalità contrattuali di versamento dei ricavi della vendita dei biglietti di viaggio A.N.M.. Ad avviso del ricorrente, l'esigibilità del credito risarcitorio andava invece retrodatata al momento stesso della scoperta dell'ammanco di cassa, e cioè all'ottobre-novembre 1990, in forza della L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, comma 2 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti) secondo cui "il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta". La tesi difensiva confonde, peraltro, il credito risarcitorio diretto nei confronti del responsabile dell'appropriazione indebita e della società di appartenenza, coobbligata solidale ex art. 2049 cod. civ., con la responsabilità degli amministratori di quest'ultima ex art. 2392 cod. civ., per inadempimento dell'obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione con la diligenza del mandatario, secondo la formulazione testuale della norma vigente all'epoca dei fatti. È di tutta evidenza, infatti, che quest'ultima non sorge contestualmente all'obbligazione restitutoria e risarcitoria a carico dell'autore del fatto illecito. Pertanto, alla data dell'esercizio dell'azione di responsabilità L. Fall., ex art. 146 (11 luglio 2000) non erano maturate ne' la prescrizione dell'azione sociale - sospesa fino al momento della cessazione dalla carica (art. 2941 c.c., n. 7), verificatasi, per le ragioni già esposte, solo con la messa in liquidazione della società (28 dicembre 1995) - ne' la prescrizione riguardante l'azione dei creditori, decorrente solo dal momento in cui il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento delle loro ragioni: evento questo, che presuntivamente coincide con la dichiarazione di fallimento, salva la prova contraria del suo verificarsi in epoca anteriore o posteriore (Cass., 7 novembre 1997, n. 10.937). Anche se la conoscenza dell'incapienza patrimoniale non postula l'inutile esercizio dell'azione esecutiva - e quindi, a monte, la formazione di un titolo giudiziario verso l'Incotur, quale, nella specie, ottenuto con la sentenza 23 gennaio 1996 della Corte dei conti - essa va accertata, fuori di tale ipotesi ordinaria, sulla base di fatti sintomatici di assoluta evidenza, come la chiusura della sede (c.d. fuga dell'imprenditore), bilanci fortemente passivi, assenza di cespiti suscettibili di espropriazione forzata ecc.; di cui non è menzione in sentenza. Del tutto inidonea allo scopo di dimostrare la conoscibilità esteriore dell'insufficienza patrimoniale dell'Incotur - e, di riflesso, la maturazione della prescrizione, retrodatata nel suo decorso - si palesa invece la mera revoca della convenzione con l'A.N.M. a seguito della scoperta dell'ammanco di cassa, occorsa nel 1991. La tesi difensiva non ha pregio giacché, anche ammesso che l'oggetto sociale dell'Incotur fosse monotematico e contemplasse quindi la sola commercializzazione dei biglietti di viaggio A.N.M., resta il fatto che la revoca in questione poteva ritenersi presuntivamente causa di scioglimento della società per sopravvenuta impossibilità di conseguire l'oggetto sociale (art. 2448 c.c., comma 1, n. 2, testo previgente); ma, non pure, causa automatica di insolvenza o a fortiori d'insufficienza della garanzia patrimoniale, prima ancora della condanna della società al risarcimento dei danni subiti dall'A.N.M..
Per quanto detto, resta assorbita la doglianza, oggetto del settimo motivo di ricorso, sul diniego dell'ordine di esibizione dei bilanci a partire dal 1990 - che aveva comunque natura esplorativa - in presenza dei menzionati elementi preclusivi del decorso della prescrizione.
Con l'ottavo motivo il ricorrente deduce la carenza di motivazione della ritenuta responsabilità del Correale E..
Il motivo è infondato.
Anche se è esatto che la sentenza 23 gennaio 1996 emessa dalla Corte dei Conti fa stato nei confronti dei soli soggetti evocati nel giudizio di responsabilità amministrativa promossa dal Procuratore regionale - tra cui non rientra il Correale E. - essa, da un lato, ha affermato la responsabilità della società Incotur nei confronti dell'A.N.M., in solido con l'autore materiale dell'appropriazione indebita e, dall'altro, ha parimenti accertato la violazione della convenzione in ordine alle modalità di versamento degli incassi delle vendite di biglietti, agevolativa, in misura determinante, della condotta delittuosa del dipendente infedele: e quindi in rapporto di causalità con il danno subito dall'azienda pubblica. Trattandosi di violazione di un obbligo specifico di vigilanza sulla corretta gestione del rapporto contrattuale - che, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, costituiva l'unica attività imprenditoriale svolta dall'Incotur - incombeva sull'amministratore l'onere della prova liberatoria dell'inimputabilità del fatto dannoso per assenza di colpa, che la Corte Territoriale ha motivatamente ritenuto non assolto, senza che la relativa statuizione possa essere sottoposta a riesame nel merito in questa sede.
Con il nono e decimo motivo, esaminabili congiuntamente per affinità di oggetto, il ricorrente censura, sotto il concorrente profilo della violazione di legge e della carenza di motivazione, la ritenuta responsabilità, di natura oggettiva, del Correale E.. I motivi sono infondati.
L'addebito di responsabilità a carico del Correale E. non appare affatto accertato su base meramente oggettiva. Al contrario, la Corte d'appello di Napoli ha messo in evidenza l'esigenza, addirittura elementare, del controllo omesso sulle modalità di versamento all'azienda concedente delle somme ricavate dalla vendita dei suoi titoli di viaggio, che esauriva l'attività sociale dell'Incotur. Cosicché, verificare il corretto adempimento dell'obbligo di pagamento secondo le modalità specifiche previste nella convenzione - di evidente funzione cautelativa proprio contro possibili appropriazioni indebite - costituiva quindi inadempienza della doverosa vigilanza sull'andamento della gestione. Nè si può dire che l'osservanza di tale controllo costituisse, invero, un'inesigibile nimia diligentia, dal momento, che, contrariamente all'assunto difensivo, non richiedeva affatto la presenza materiale del Correale E. al momento dell'emissione degli assegni, ma solo la verifica formale della loro natura non trasferibile ed eventualmente l'accertamento, tramite contatti con l'azienda creditrice, del buon esito dei versamenti. Correttamente, la Corte d'appello di Napoli ha dunque concluso che la ricognizione, da parte degli amministratori, delle modalità solutorie prescritte dalla convenzione con l'A.N.M. non potesse limitarsi al mero riscontro della registrazione contabile dei pagamenti, a pena di ridurre l'obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione ad una formula vacua di contenuti concreti. Tanto più che non si è trattato, nella specie, di un unico episodio di appropriazione indebita, bensì reiterato più volte, per un danno complessivo di ammontare elevatissimo.
Si aggiunga che dopo le dimissioni dall'incarico di amministratore delegato rassegnate dal Correale E., non sostituito nella predetta carica, gli obblighi di gestione incombevano in via diretta su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, incluso, ancora, lo stesso Correale E.. Sotto questo profilo, non si può riconoscere, infatti, natura di delega in senso tecnico, con efficacia esimente (art. 2392 c.c., comma 1), all'attribuzione de facto di compiti operativi/ (Cass., sez. 1^ 29 agosto 2003, n. 12696): tanto meno, se al commercialista della società, sig. Visone G., che non faceva parte del consiglio di amministrazione. Al riguardo si osserva, in sede dogmatica, che, sebbene negli ampi poteri degli amministratori debba riconoscersi quello di conferire a dipendenti procure, anche generali, ad negotia, è escluso che in tal modo si possa affidare a terzi la concreta direzione dell'attività sociale, con totale svuotamento e sostanziale abdicazione delle prerogative gestorie (Cass., sez. 1^, 5 novembre 1968, n. 3652). Pertanto, pur se debba ritenersi che la mansione assegnata al Visone G. andasse al di là di quella di un semplice adiectus solutionis causa nei rapporti con l'A.N.M. - come dimostrato anche dalla successiva nomina a liquidatore - non per questo veniva meno l'amministrazione attiva dei consiglieri (ed il connesso dovere di vigilanza reciproca), autori della delega impropria e quindi responsabili dell'attività del delegato in base ai principi dettati in tema di sostituzione nel mandato (art. 1717 c.c., comma 1).
In conclusione, il Correale E., anche dopo la rinuncia alla delega, è restato amministratore al pari di tutti gli altri componenti del consiglio, e dunque tenuto non solo alla vigilanza c.d. sintetica - che comunque non potrebbe mai ridursi ad una passiva sine cura - sull'andamento generale della gestione, ma alla conduzione diretta e diligente di un affare che, di fatto, costituiva l'unica l'attività imprenditoriale dell'Incotur e, proprio per il suo rilievo economico, (palesato dalla dichiarazione di fallimento conseguitane) esigeva una soglia di attenzione elevata.
Sotto questo profilo, la critica contenuta nel decimo motivo di ricorso, rivolta all'attribuzione di responsabilità nel creare una struttura operativa rivelatasi inidonea, ha natura di merito e come tale è inammissibile in questa sede.
Con l'undicesimo motivo il ricorrente deduce la carenza di motivazione nell'affermazione del nesso di causalità diretto ed immediato tra la condotta del Correale E. ed il danno. Il motivo è infondato.
La Corte Territoriale ha correttamente statuito che il non impedire la violazione delle clausole convenzionali da parte di chi aveva il potere di impedirlo - e cioè, gli amministratori dell'Incotur, tra cui il Correale E. - è titolo per l'imputazione del pregiudizio economico subito dall'A.N.M.. Se infatti gli amministratori avessero curato il rispetto della regola del pagamento, tramite assegno circolare non trasferibile o accreditamento in conto corrente, sarebbe venuta meno la stessa possibilità tecnica, per il dipendente infedele dell'A.N.M., di appropriarsi le somme versate. Con il dodicesimo ed il tredicesimo motivo, di contenuto analogo, il ricorrente censura la violazione degli artt. 2049 e 1227 cod. civ., per l'omesso accertamento della corresponsabilità dell'A.N.M., quale datrice di lavoro del Gabrieli F., autore dell'illecito. Le doglianze sono fondate.
In caso di danno sofferto dallo stesso committente per effetto del concorso di azioni del commesso e di altro soggetto, la responsabilità di quest'ultimo per il risarcimento risulta limitata dal concorso nella produzione dell'evento: con la conseguenza che il danneggiato-committente risponde del fatto del coautore del danno, che è un suo dipendente, senza poterne attribuire quella parte di responsabilità che si ricolleghi alla sua condotta a carico del terzo concorrente nell'evento lesivo. (Cass., sez. 3, 30 maggio 1980, n. 3565; Cass., sez. 3, 18 febbraio 1971, n. 430). Il principio generale stabilito dall'art. 2049 cod. civ., è applicabile, infatti, oltre che al caso di danno prodotto a terzi, anche al pregiudizio subito dallo stesso committente che sia derivato dal concorso di azioni del commesso e di altri soggetti (Cass., sez. 3, 29 luglio 1967, n. 2027). Del resto, la responsabilità per culpa in vigilando degli amministratori dell'Incotur non si rivela qualitativamente diversa da quella, per il medesimo titolo, incombente sulla stessa danneggiata A.N.M.: la quale deve quindi sopportare in proprio quella parte di danno riconducibile al fatto illecito del suo dipendente:
salvo, s'intende, il diritto pieno al risarcimento nei confronti di quest'ultimo, autore materiale dell'appropriazione indebita. In contrario, la Corte d'appello di Napoli ha motivato la ritenuta inapplicabilità del concorso di colpa ex art. 1227 cod. civ., sulla base del rilievo che la danneggiata A.N.M. era creditrice sia nei confronti del Gabrieli F., reo dell'appropriazione indebita, sia nei confronti dell'Incotur; ma tale considerazione non è decisiva, trattandosi, appunto, di responsabilità solidale e non esclusiva. Nè vale ad escludere il concorso la diversità giuridica della responsabilità accertata dalla Corte dei Conti nei riguardi dell'Incotur, di natura amministrativa, rispetto a quella aquiliana del Gabrieli F., perché la responsabilità accertata in via solidale a carico degli amministratori discende dall'applicazione delle regole di cui agli artt. 2392, 2394 e 2487 cod. civ., e non v'è quindi ragione per disapplicare, in parte qua, la disciplina civile del concorso del fatto colposo del creditore, quale committente dell'autore dell'illecito (art. 2049 cod. civ.). In sede dogmatica, l'illecito al quale si fa riferimento nell'ambito della responsabilità amministrativa rientra, del resto, nella nozione elaborata nel diritto civile, quale species di un genus comune: anche sotto il profilo del danno, ormai comprensivo di ogni pregiudizio arrecato allo Stato o ad un ente pubblico, e non più ristretto alla risalente configurazione strettamente contabile. Le indubbie peculiarità di natura sostanziale della responsabilità amministrativa - quali l'esigenza, quanto meno, della colpa grave (L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1 - Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti), rintrasmissibilità agli eredi, se non in caso di dolo (ibidem, art. 1, comma 1) e la personalità della responsabilità (art. 1, comma 1 quater L. cit.), in contrasto con la solidarietà connaturale tra obbligati per la medesima causa (artt. 1294 e 2055 cod. civ.) - come pure, quelle processuali, ravvisabili, ad es., nel potere riduttivo in punto quantum debeatur, che è prerogativa tipica del giudice contabile (R.D. n. 2440 del 1923, art. 83; R.D. n. 1214 del 1934, art. 52;
D.P.R. n. 3 del 1957, art. 19), pur se valgono a connotare con aspetti di specialità il giudizio della Corte dei conti, non escludono, per quanto non derogato dalla normativa speciale, l'applicazione della disciplina civile ordinaria. Non appare, dunque, condivisibile la statuizione della Corte d'appello di Napoli che ha escluso il concorso di colpa sulla base della diversità di natura - rispettivamente, amministrativa e civile -dei titoli di responsabilità.
Nè l'accertamento della responsabilità dimidiata del Correale E. è precluso ob rem judicatam, dal momento che egli è rimasto estraneo al processo dinanzi alla Corte dei conti. In proposito, appare decisivo il rilievo della reciproca indipendenza tra il giudizio contabile e quello civile ordinario (Cass., sez. unite, 21 Ottobre 2005, n. 20.343): tale, da escludere, in tesi generale, perfino la necessità della sospensione ex art. 295 cod. proc. civ., nel caso di contemporanea pendenza.
Con il quattordicesimo motivo il Correale E. lamenta l'omessa e contraddittoria motivazione del rigetto della domanda di manleva svolta nei confronti della Confesercenti, che lo aveva designato alla carica di amministratore delegato dell'Incotur, rilasciandogli, a seguito delle dimissioni, una dichiarazione d'inequivoca natura liberatoria.
Il motivo è infondato.
La corte territoriale ha congruamente motivato l'inidoneità della nota 27 giugno 1990 della Confesercenti ad esonerare l'amministratore dalla responsabilità per culpa in vigilando. Non solo perché, con interpretazione insindacabile nel merito, l'ha configurata come generica attestazione di stima priva di risvolti giuridici incisivi, quale, appunto, la liberazione da responsabilità per inadempimento, che avrebbe richiesto ben altra formulazione; ma anche, e soprattutto, perché essa era temporalmente anteriore alla maturazione del danno: e perciò stesso strutturalmente inefficace a porsi come accollo - per di più liberatorio - di un'eventuale obbligazione risarcitoria futura. Non senza notare che non è neppure allegata la causa sottostante ad un'assunzione di responsabilità per fatto altrui, gravida di incognite onerose.
Non pertinente si palesa, al riguardo, il richiamo argomentativo alla liceità, ex art. 1229 cod. civ., di un esonero preventivo per l'ipotesi di colpa lieve: non vertendosi in tema di patto contrattuale, bensì di dichiarazione autonoma, avulsa da qualsiasi contesto negoziale e priva financo dell'expressio causae. Passando ora alla disamina del ricorso incidentale del Ruggero G., si osserva come sia infondata l'eccezione di inammissibilità, per tardività, sollevata dalla curatela del fallimento Incotur, dal momento che il controricorso che lo conteneva è stato notificato in data 23 ottobre 2007, e quindi con il rispetto del termine lungo di impugnare di cui all'art. 327 cod. proc. civ.. Per l'effetto, viene ad essere assorbito il ricorso incidentale subordinato del fallimento -che non è da esaminare con priorità, neppure nella parte in cui investe la questione prima facie pregiudiziale della preclusione da giudicato (Cass., sez. unite, 31 ottobre 2007, n. 23019) - giacché dalla lettura della sentenza impugnata si evince che la Corte d'appello di Napoli si è implicitamente pronunziata sulla tempestività del gravame incidentale del Ruggero G. avverso la sentenza di condanna in primo grado.
Il primo motivo, con cui si deduce la violazione dell'art. 2935, c.c., comma 1, e artt. 2932 e 2933 cod. civ., nonché del D.L. 13 gennaio 1994, n. 22, art. 1, (Interventi urgenti a sostegno dell'economia) e L. Fall., art. 146, per l'erroneo rigetto dell'eccezione di prescrizione, è infondato per le regioni già esposte in relazione ad analoga censura svolta dal Correale E.. Con il secondo e il terzo motivo, da trattare congiuntamente per la sostanziale medesimezza di contenuto, il Ruggero G. si duole della violazione degli artt. 2381, 2392 e 2393 cod. civ. e artt. 115 e 166 cod. proc. civ., nonché del vizio di motivazione nell'affermazione della sua responsabilità concorrente nonostante la delega di poteri gestori al Correale E..
I motivi sono inammissibili.
A prescindere dal rilievo che i fatti all'origine del danno subito dall'Incotur e dei suoi creditori sono stati posti in essere successivamente alle dimissioni da amministratore delegato del Correale E., con la conseguente parificazione di tutti i membri del consiglio d'amministrazione - incluso quindi il Ruggero G. - nell'amministrazione attiva della società, le censure mosse dal ricorrente sono chiaramente volte a prospettare una difforme valutazione delle risultanze istruttorie, avente natura di merito, che non può trovare ingresso in questa sede. Identica conclusione deve trarsi per la dedotta impossibilità di riscontrare le irregolarità commesse negli adempimenti solutori attinenti al rapporto contrattuale con l'A.N.M.: tesi, che adombra la natura solo formale della carica di amministratore del Ruggero G., sostanzialmente relegato ad un ruolo di complemento, privo di effettivi poteri gestori. Non si può, infatti, riconoscere, in linea di principio, efficacia esimente alla pretesa natura solo "formale" dell'incarico di amministratore (Cass. 4 aprile 1998 n. 3483); oltre al rilievo che si tratta comunque di censura di natura meramente assertiva in ordine ad un accertamento di fatto sorretto da diffusa e congrua motivazione.
Il ricorso incidentale del Ruggero G. dev'essere dunque rigettato, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese processuali sostenute dal fallimento Incotur, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte; mentre ne va disposta la compensazione nei confronti delle altre parti.
P.Q.M.
- Accoglie il primo, secondo, dodicesimo e tredicesimo motivo del ricorso principale e rigetta gli altri;
- Rigetta il ricorso incidentale proposto da Ruggero Giovanni e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato del fallimento IN.CO.TUR - Confesercenti Iniziative Commercio Turismo s.r.l. in liquidazione;
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione per un nuovo esame e per le spese del giudizio di legittimità;
- Condanna Ruggero Giovanni alla rifusione delle spese processuali sostenute dal fallimento In.co.tur., liquidate in complessivi Euro 12.200,00, di cui Euro 12.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge e compensa le spese processuali tra le altre parti relativamente al ricorso del Ruggero G..
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2009