Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25845 - pubb. 08/09/2021

Ecco le conseguenze dell’omesso deposito del provvedimento impugnato con l’opposizione ex art. 99 l.f.

Cassazione civile, sez. I, 29 Luglio 2021, n. 21826. Pres. Cristiano. Est. Vannucci.


Fallimento – Opposizione allo stato passivo – Natura – Omesso deposito del provvedimento impugnato – Conseguenze



L'opposizione al decreto che rende esecutivo lo stato passivo di fallimento ha natura di impugnazione della decisione del giudice delegato alla procedura, di segno anche solo parzialmente negativo in ordine alla domanda di ammissione al passivo e il procedimento, incidentale alla formazione del passivo della procedura, che con detta impugnazione si instaura trova la sua intera disciplina nella L.Fall., art. 99.

In tale procedimento non trova dunque applicazione la disciplina recata dagli artt. 339 c.p.c. e ss. in tema di appello secondo il rito ordinario di cognizione e, in particolare, dall'art. 347 c.p.c., comma 2, (dispositivo dell'obbligo per l'appellante di depositare copia autentica della sentenza appellata); con la conseguenza che nel caso di mancato deposito da parte dell'opponente di copia della decisione del giudice delegato (non rientrante fra i documenti da depositare, ovvero da indicare, a pena di decadenza, ai sensi della L.Fall., art. 99, comma 2, n. 4), ritenuta indispensabile ai fini della decisione sull'impugnazione, il tribunale non potrà legittimamente definire l'opposizione con pronuncia, di rito ovvero di merito, fondata solo su tale omissione, ma dovrà sollecitare officiosamente la cooperazione delle parti costituite all'acquisizione di tale atto ovvero, in alternativa, accedere direttamente al fascicolo d'ufficio della procedura per riscontrarne il contenuto. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


Fatto

1. Con decreto emesso il 4 giugno 2018 il Tribunale di Patti respinse l'opposizione, proposta dalla X. s.r.l., allo stato passivo del fallimento della (*) s.r.l., nella parte in cui il giudice delegato alla procedura ebbe a rigettare la domanda di ammissione da tale società proposta per credito, pari a 88.907,50, da collocare al chirografo, derivante da contratto preliminare stipulato il 8 agosto 2015 e rimasto inadempiuto.

1.2 La motivazione fondante tale decisione è nel senso che: l'opponente, pur avendo prodotto il provvedimento del giudice delegato di accoglimento, parziale, della domanda di insinuazione, non aveva depositato altresì il progetto di stato passivo, al cui contenuto il medesimo provvedimento aveva rinviato per il rigetto di detta domanda; ciò aveva reso impossibile la verifica del contenuto della decisione impugnata, le ragioni della dichiarata inopponibilità del credito alla curatela e lo stesso interesse dell'opponente, oltre che la fondatezza dei motivi dell'opposizione (a sostegno di tale decisione il decreto cita il principio affermato da Cass. n. 19802 del 2015 e da Cass. n. 2677 del 2012).

2. Per la cassazione di tale decreto la X. s.r.l. propose ricorso contenente tre motivi di impugnazione.

3. L'intimata curatela del fallimento della (*) s.r.l. non ha svolto difese.

4. La ricorrente ha anche depositato memoria.

5. Con ordinanza interlocutoria n. 19551 del 2020 la causa è stata rimessa per la discussione in pubblica udienza.

6. Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta le cui conclusioni sono in epigrafe trascritte.

 

Motivi

1. Con il primo motivo la società ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 99 e dell'art. 347 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo (come chiarito nel contenuto della memoria depositata) che secondo legge il provvedimento impugnato, da produrre nel giudizio di opposizione, è solo quello costituito dal decreto di esecutività dello stato passivo (dalla cui comunicazione decorre il termine dell'opposizione), da essa ricorrente depositato, e non anche il progetto di stato passivo (formato dal curatore) il quale avrebbe dovuto essere esaminato d'ufficio dal Tribunale.

2. Il motivo è fondato.

La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che l'opposizione allo stato passivo del fallimento (come disciplinata a seguito del D.Lgs. n. 169 del 2007), ancorché abbia natura impugnatoria, costituendo il rimedio avverso la decisione del giudice delegato interna a procedimento sommario, non è un giudizio di appello: il relativo procedimento è dunque integralmente disciplinato dalla L.Fall., art. 98, comma 2 e art. 99; non anche dalle disposizioni del codice di rito relative al giudizio di cognizione in appello (in questo senso, cfr., fra le molte: Cass. n. 4708 del 2011; Cass. n. 2677 del 2012; Cass., n. 24972 del 2013; Cass. n. 9617 del 2016; Cass. n. 21581 del 2018).

Da tale affermazione deriva che la mancata produzione da parte dell'opponente di copia autentica del provvedimento giudiziale impugnato non costituisce causa di improcedibilità della domanda coltivata nel giudizio di opposizione, non trovando applicazione l'art. 339 c.p.c. (in questo senso, cfr. Cass. n. 2677 del 2012, cit.; cui adde: Cass. n. 6804 del 2012; Cass. n. 19802 del 2015; Cass. n. 17086 del 2016).

Invero, l'art. 99, comma 2, nella parte in cui disciplina indica il contenuto del ricorso in opposizione, non fa alcun riferimento alla necessaria allegazione del provvedimento giudiziale impugnato; con la conseguenza che il deposito di copia autentica del decreto del giudice delegato, indispensabile ai fini della decisione, è nel procedimento di opposizione consentita in qualsiasi momento fino alla decisione e anche nel giudizio di rinvio (in questo senso, cfr. Cass. n. 2677 del 2012, cit.; Cass. n. 6804 del 2012, cit).

Tale orientamento non appare tuttavia univoco.

Invero:

a) Cass. n. 2677 del 2012, dopo avere affermato con decisione che la disciplina di cui agli artt. 339 c.p.c. e ss. non trova applicazione al giudizio camerale di opposizione, posto che la L.Fall., art. 99 "indica chiaramente qual è il contenuto del ricorso e l'unico richiamo all'allegazione di documenti attiene a quelli che la parte può discrezionalmente sottoporre al giudice", ha tuttavia evidenziato che nel ricorso in opposizione "e' stato testualmente riportato il contenuto del provvedimento del giudice delegato, come tratto dalla comunicazione del curatore, cosicché sarebbe in ogni caso applicabile il principio secondo cui "In tema di impugnazioni, il precetto enunciato dall'art. 347 c.p.c., comma 2, - secondo cui l'appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza impugnata - mira a garantire soltanto la possibilità dell'esame della sentenza impugnata da parte del giudice d'appello. Ne consegue che la mancata menzione del deposito di copia della sentenza impugnata nell'atto di appello o nella nota di deposito dei documenti offerti in comunicazione non determina l'improcedibilità dell'appello se, al momento della decisione, essa risulti comunque allegata agli atti, ovvero quando nulla impedisce al giudice del gravame di disporre di elementi di giudizio sufficienti ad esprimere la propria decisione, perché in tal caso il giudice è tenuto ugualmente a pronunciare nel merito del gravame, indipendentemente dalla mancanza del formale adempimento richiesto in proposito alla parte appellante" (Sez. L, Sentenza n. 7746 del 14/04/2005) in quanto il giudice del gravame era perfettamente in grado di comprendere il tenore e la motivazione del provvedimento impugnato";

b) tale affermazione di segno problematico, derivante dalla peculiarità del caso di specie, è stata, enfatizzata, senza alcuna motivazione, da Cass. n. 6804 del 2012, secondo cui, in particolare, l'art. 347 c.p.c. "esprime un'esigenza comune a tutti i procedimenti di carattere impugnatorio, non potendosi configurare una decisione del giudice che annulli o modifichi un provvedimento giudiziario senza averne conosciuto il contenuto in un documento che ne garantisca l'autenticità; sicché il precetto contenuto nella norma trova applicazione anche nel giudizio di reclamo avverso lo stato passivo del fallimento";

c) tale netta affermazione di applicabilità dell'art. 347 c.p.c., comma 2, al procedimento di opposizione allo stato passivo (confermata, peraltro, senza particolari approfondimenti, da Cass. n. 17086 del 2016 che ha assegnato a tale affermazione ruolo servente del principio di non sussistenza di improcedibilità dell'opposizione per effetto del mancato deposito di copia del decreto emesso dal giudice delegato alla procedura sulla domanda di ammissione al passivo dell'opponente) è stata ribadita, in particolare, da Cass. n. 19802 del 2015, secondo cui: al procedimento in discorso "e' comunque applicabile il precetto enunciato nell'art. 347 c.p.c. che, ponendo l'onere per l'appellante di inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza impugnata, ha come scopo solo la possibilità dell'esame di detto provvedimento da parte del giudice dell'appello"; il mancato deposito del decreto impugnato da parte dell'opponente impedisce al giudice dell'opposizione di accertare "la soccombenza prospettata dai reclamante a giustificazione del suo interesse" e "la fondatezza della censura sulla motivazione"; la conseguenza di tale mancato deposito è il rigetto nel merito dell'opposizione e non anche la relativa improcedibilità;

d) di recente, tuttavia, la contraddittorietà interna a tale orientamento è stata evidenziata da Cass. 23138 del 2020 (cui ha fatto seguito Cass. 9339 del 2021) che nel ribadire l'inapplicabilità allo speciale procedimento camerale di cui si discute della disciplina dal codice di rito dettata per l'appello nel giudizio ordinario di cognizione ha escluso l'entrata in giuoco del precetto, in tale disciplina contenuto, recato dall'art. 347 c.p.c., comma 2, e, nella consapevolezza che l'opposizione di cui alla L.Fall., art. 98, comma 2, costituisce fase (eventualmente) incidentale al procedimento di formazione dello stato passivo della procedura concorsuale, ha precisato che la conoscenza del contenuto del decreto giudiziale impugnato in tale procedimento deve essere officiosamente acquisita dal giudice dell'opposizione mediante consultazione del fascicolo della procedura medesima (L.Fall., art. 90 e art. 96, comma 4); con la conseguenza che il collegio incaricato nella trattazione dell'opposizione può acquisire tutti i documenti contenuti nell'unico fascicolo della procedura, siano essi documenti di parte (ove, bene inteso, questa li abbia indicati nel ricorso in opposizione in applicazione della L.Fall., art. 99, comma 2, n. 4),; nel senso che, ai sensi della disposizione di legge da ultimo citata, l'opponente, a pena di decadenza, deve soltanto indicare specificatamente i documenti di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, sì che in mancanza del deposito di uno di essi, il tribunale deve disporne l'acquisizione dal fascicolo d'ufficio della procedura fallimentare ove esso è custodito, cfr.: Cass. n. 12549 del 2017: Cass. n. 25663 del 2020) o provvedimenti del giudice, compresi dunque il decreto di rigetto, anche parziale, della domanda di ammissione al passivo, quello che rende esecutivo lo stato passivo, nonché il progetto dello stato passivo al cui contenuto il decreto del giudice delegato faccia rinvio formale recettizio.

L'orientamento da ultimo richiamato, caratterizzato da razionalità giuridica interna, deve essere in questa sede ribadito; con la precisazione che l'acquisizione al fascicolo del giudizio di opposizione del decreto del giudice delegato e, ove necessario ai fini della decisione sull'opposizione medesima, anche della proposta dal curatore formulata nel progetto di stato passivo, ben può avvenire ad opera di parte a ciò officiosamente sollecitata dal giudice dell'opposizione.

In conclusione, il primo motivo di ricorso è meritevole di accoglimento e il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio allo stesso Tribunale di Patti che, in diversa composizione, pronunciandosi nuovamente sull'opposizione proposta dalla ricorrente, si atterrà al seguente principio di diritto:

"l'opposizione al decreto che rende esecutivo lo stato passivo di fallimento (L.Fall., art. 98, commi 1 e 2) ha natura di impugnazione di decisione del giudice delegato alla procedura, di segno anche solo parzialmente negativo, di domanda di ammissione al passivo e il procedimento, incidentale alla formazione del passivo della procedura, che con essa si instaura ha la sua intera disciplina nella L.Fall., art. 99: in tale procedimento non trova dunque applicazione la disciplina recata dagli artt. 339 c.p.c. e ss. in tema di appello secondo il rito ordinario di cognizione e, in particolare, dall'art. 347 c.p.c., comma 2, (dispositivo dell'obbligo per l'appellante di depositare copia autentica della sentenza appellata); con la conseguenza che nel caso di mancato deposito da parte dell'opponente di copia della decisione del giudice delegato (non rientrante fra i documenti da depositare, ovvero da indicare, a pena di decadenza, ai sensi della L.Fall., art. 99, comma 2, n. 4), ritenuta indispensabile ai fini della decisione sull'impugnazione, il tribunale non potrà legittimamente definire l'opposizione con pronuncia, di rito ovvero di merito, fondata solo su tale omissione; dovendo, invece, sollecitare officiosamente la cooperazione delle parti costituite nell'acquisizione di tale atto ovvero, in alternativa, accedere direttamente al fascicolo d'ufficio della procedura per riscontrarne il contenuto".

3. L'accoglimento del primo motivo di ricorso determina l'assorbimento degli altri motivi, aventi logicamente quale presupposto il mancato accoglimento del primo motivo.

4. Al giudice di rinvio è anche rimessa la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Patti, in diversa composizione, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021.