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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25256 - pubb. 07/05/2021.

La mancata comparizione del creditore all’udienza per la dichiarazione di fallimento è interpretabile come tacita rinuncia all’istanza?


Appello di Catania, 26 Febbraio 2021. Pres. Milone. Est. Fichera.

Fallimento – Dichiarazione – Udienza – Mancata comparizione del creditore a seguito di rinvio – Rinuncia tacita alla istanza di fallimento – Esclusione


La mancata comparizione del creditore istante all’udienza fissata a seguito di rinvio di quella per la comparizione del debitore non è di per sé interpretabile come rinuncia tacita all’istanza di fallimento e ciò anche nell’ipotesi in cui, come avvenuto nel caso di specie, il debitore, alla prima udienza, abbia chiesto il rinvio e formulato una proposta di definizione della vertenza. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

 

Corte di Appello di Catania

Omissis

All'udienza del 19.02.2021 la causa veniva posta in decisione.

Concisa esposizione delle ragioni in fatto e diritto della decisione

Con ricorso proposto ai sensi dell'art. 18 L. Fall.. proponeva reclamo avverso la sentenza n. 2/2020 emessa dal Tribunale di Siracusa in data 20.01.2020 con la quale era stato dichiarato il fallimento di *

Il reclamante lamenta l'erroneità della sentenza per i motivi di seguito esposti ed esaminati.

Il fallimento reclamato si è costituito domandando il rigetto del reclamo.

 

Improcedibilità della istanza di fallimento per intervenuta desistenza.

Il reclamante sostiene che il fallimento non poteva essere dichiarato perché l'unico creditore istante 1 ) avrebbe desistito dalla istanza di fallimento.

Il creditore, infatti, alla prima udienza prefallimentare, tenutasi il 21.11.2019, aveva domandato un rinvio rappresentando al Giudice delegato che la società debitrice aveva formulato una proposta di pagamento bonario a saldo e stralcio da effettuarsi entro il 15.1.2020) senza poi comparire ulteriormente. Il giudice delegato rinviava il procedimento al 19.12.2019 al fine di acquisire informazioni urgenti sulla esposizione debitoria della società debitrice (come si evince dal verbale di udienza). All'udienza del 19.12.19, il creditore istante non compariva ed il giudice delegato si riservava di riferire al collegio.

Dalla mancata comparizione del creditore istante il reclamante trae la conclusione che l'istanza di fallimento doveva intendersi rinunziata ed il tribunale non avrebbe, pertanto, potuto dichiarare il fallimento.

Il motivo di reclamo pone la questione del se possa ritenersi ammissibile - in sede di istruttoria prefallimentare - una rinunzia tacita, per condotta concludente, del creditore istante e nel caso di positivo accertamento di tale questione occorre valutare se la condotta del creditore assume valore concludente.

In proposito occorre distinguere tra la rinunzia all'istanza di fallimento meramente processuale (non determinata cioè dall'estinzione del debito) e la rinunzia determinata dall'avvenuta estinzione del debito.

Nella fattispecie manca ogni prova — foss'anche presuntiva — dell'avvenuta estinzione del debito, dovendo, quindi, la eventuale desistenza qualificarsi come meramente processuale.

A tale qualificazione consegue, tuttavia, la necessità che la rinunzia venga esternata nella sede processuale, cioè dinanzi al giudice delegato, fatto questo che non è avvenuto.

Il motivo di reclamo non merita, quindi, accoglimento.

 

Debito sotto soglia ed esercizio di poteri officiosi da parte del tribunale in violazione della regola dell'onere della prova

Il reclamante premesso che il debito nei confronti del creditore istante era inferiore alla soglia minima (euro 30.000,00) richiesta dall'art. 15 L. Fall. per poter dichiarare il fallimento, lamenta che il tribunale abbia dichiarato il fallimento dopo aver accertato d'ufficio l'esistenza di altri debiti scaduti in violazione dell'art. 2697 c.c.

L'onere della prova nel procedimento istruttorio per la dichiarazione di fallimento va declinato come segue "In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, l'art. 1. l f nel testo modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, art. 1, comma 2, pone a carico del debitore l'onere di provare di essere esente da fallimento, così gravandolo della dimostrazione del non superamento congiunto dei parametri ivi prescritti, mentre residua in capo al tribunale un potere di indagine officiosa finalizzata ad evitare la pronuncia di fallimento ingiustificato, che si esplica nell'acquisizione di informazioni urgenti, nell'utilizzazione dei dati di ricavi lordi in qualunque modo essi risultino (e, dunque, a prescindere dalle allegazioni del debitore) e nell'assunzione dei mezzi di prova officiosa ritenuto necessari nel giudizio di impugnazione. Tale ruolo di supplenza è necessariamente limitato ai fatti da esse dedotti quali allegazione difensive, ma non è rimesso a presupposti vincolati poiché richiede una valutazione del giudice di merito circa l'incompletezza del materiale probatorio e l'individuazione di quello utile alla definizione del procedimento nonché circa la sua concreta acquisibilità e rilevanza decisoria, " (Cass. 1075/20).

E' poi pacifico che il tribunale fallimentare — per la verifica del superamento della soglia del debito richiesta dall'art. 15 L. Fall. - possa avvalersi delle informazioni assunte ex officio (cfr. Cass. 10170/18).

Dalle informazioni assunte d'ufficio dal Tribunale è emersa l'esistenza di debiti della società reclamante nei confronti di per un importo di circa € 1.800.000,00 e di per oltre 40.000,00 euro (e per questo debito era stata promossa una procedura di espropriazione immobiliare).

E' stata, dunque, accertata l'esistenza di debiti superiori alla soglia di legge richiesta dall'art. 15 L.F.

Fall., palesandosi, così, l'infondatezza del motivo di reclamo.

 

Assenza dello stato di insolvenza

Lo stato d'insolvenza dell'imprenditore commerciale, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento che va accertato dal tribunale, si realizza in presenza di una situazione d'impotenza strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività (Cass., n. 15572/19; 29913/18; n. 26217/05).

Secondo il reclamante il tribunale avrebbe errato nell'omettere di valutare la capacità della società di "di estinguere le proprie passività", capacità che risulterebbe confermata dalla avvenuta estinzione di alcune procedure esecutive sia mobiliari che immobiliari ed alcune istanze di fallimento erano state abbandonate.

Premesso che in atti non v'è prova della rinunzia a procedura esecutive e/o ad istanze di fallimento, l'eventuale rinunzia a procedure esecutive pendenti non deporrebbe ex sé per l'assenza dello stato di insolvenza a fronte dell'inesistenza di alcuna prova che consenta conoscere entità del debito posto a fondamento delle procedure esecutive (che si assumono estinte) e le ragioni della rinunzia del creditore procedente.

L'esistenza di ingenti crediti iscritti a ruolo dimostra poi l'esistenza dello stato di insolvenza dovendosi, necessariamente, ritenere che il mancato pagamento del debito iscritto al ruolo dipenda dall'incapacità strutturale della società di farvi fronte.

Per completezza di argomentazione, va ancora osservato che lo stato passivo (dichiarato esecutivo in data 2.7.2020; doc. 3,4) ha accertato una massa passiva di complessivi € 4.046.717,85, di cui € 3.523.096,97 per crediti privilegiati e € 523.620,88 per crediti chirografari.

Anche tale motivo di reclamo non merita, dunque, di essere condiviso.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

Sussistono i presupposti per l'applicazione dell'art. 1, co. 17, L. 288/12.

 

P. Q. M.

La Corte di Appello di Catania, prima sezione civile, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. 747/19 R.G, così statuisce: rigetta il reclamo; omissis

Così deciso in Catania, nella camera di consiglio della prima sezione civile della corte di appello, il 26.02.2021

Il presidente Veronica Milone  

Il consigliere est. Antonino Fichera