Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25204 - pubb. 28/04/2021

Ragionevole durata del processo e riunione delle impugnazioni

Cassazione Sez. Un. Civili, 30 Marzo 2021, n. 8774. Pres. Di Iasi. Est. Doronzo.


Ragionevole durata del processo - Diritto fondamentale - Conseguenti poteri giudiziali - Dovere di evitare dispendio di attività processuali inutili - Riunione di procedimenti fuori dalle ipotesi di cui agli artt. 115 e 82 disp. att. c.p.c. - Istanza - Requisiti - Valutazione del giudice - Applicabilità nel giudizio di cassazione - Fattispecie



Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c., di evitare ed impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da concrete garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a esplicare i suoi effetti. Ne deriva che l'istanza per la trattazione congiunta di una pluralità di giudizi relativi alla medesima vicenda, non espressamente contemplata dagli artt. 115 e 82 disp. att. c.p.c., deve essere sorretta da ragioni idonee ad evidenziare i benefici suscettibili di bilanciare gli inevitabili ritardi conseguenti all'accoglimento della richiesta, bilanciamento che dev'essere effettuato con particolare rigore nel giudizio di cassazione in considerazione dell'impulso d'ufficio che lo caratterizza. (Nel ribadire il principio, la S.C. ha ritenuto non meritevole di accoglimento la richiesta di riunione motivata dalla diversità di conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero negli altri procedimenti). (massima ufficiale)


 


Fatti

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 27/8/2015, A.B. e altri litisconsorti, dopo aver esposto di essere insegnanti precari in possesso del diploma di maturità magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002, hanno chiesto al Tribunale adito, nel contraddittorio con il MIUR e gli uffici scolastici territoriali, di "accertare e dichiarare la nullità e/o dichiarare l'illegittimità con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati".

1.1. La nullità e l'annullamento sono stati chiesti ai sensi dell'art. 31 cod. proc. amm., con riferimento: a) al D.M. 3 giugno 2015, n. 325, nella parte in cui, pur prevedendo l'inclusione dei docenti in possesso di titolo abilitativo conseguito entro il 30 giugno 2015, non consente ai ricorrenti, nella qualità di docenti abilitati perchè in possesso di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002, di presentare domande di inserimento in graduatoria; b) al silenzio rigetto dell'amministrazione seguito alla diffida presentata da essi ricorrenti per ottenere l'inserimento nella III fascia delle graduatorie ad esaurimento (d'ora in poi solo GAE); c) alle GAE definitive di III fascia ripubblicate ai sensi del D.M. n. 325 del 2015, dai vari dirigenti degli uffici scolastici regionali e provinciali valide per l'anno scolastico 2015/2016.

1.2. La domanda è stata estesa agli atti presupposti, costituiti dal D.M. n. 235 del 2014, di cui il D.M. n. 325 del 2015, è parte integrante, e da tutti gli altri atti e provvedimenti connessi e collegati, compresa la circolare n. 2198/2015 e la nota ministeriale n. 15457/2015, nella parte in cui consentono l'inserimento nelle GAE soltanto ai diplomati magistrali ante 2001/2002, destinatari di provvedimenti giudiziari favorevoli.

1.3. I ricorrenti hanno altresì chiesto la declaratoria, in via cautelare, del loro diritto ad essere inseriti nella III fascia delle GAE per l'anno scolastico 2015/2016.

1.4. A fondamento della domanda, hanno sostenuto che del R.D. n. 1054 del 1923, art. 53 e del D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 194 e 197, prevedono che il diploma magistrale, ove conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, abilita alla professione di docente per la classi di concorso per la Scuola dell'infanzia (AAAA) e la Scuola primaria (EEEE); che la L. n. 296 del 2006, nel trasformare le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, ha stabilito che tutti i docenti già in possesso di abilitazione alla data del 1/1/2007 hanno diritto ad essere inseriti nelle suddette graduatorie; che i decreti indicati, invece, impediscono tale inserimento, negando al diploma da loro conseguito il valore di titolo abilitante all'insegnamento.

1.5. Hanno aggiunto che, con sentenza del 16/4/2015, n. 1973, il Consiglio di stato ha annullato il D.M. n. 235 del 2014, nella parte in cui, nel fissare i criteri di inserimento nelle GAE, ha precluso ai docenti muniti di diploma magistrale di essere inseriti, e ciò in violazione della L. n. 296 del 2006 (art. 1, comma 605, lett. c); che il Miur non aveva dato applicazione generalizzata alla sentenza e, con il decreto n. 325 del 2015, aveva riproposto all'art. 5 le disposizioni contenute nel D.M. annullato; che tale atto costituiva elusione del giudicato ai sensi di quanto dispone della L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, oltre ad essere affetto da vizi di eccesso di potere per sviamento e illogicità; che non era in discussione l'efficacia erga omnes della sentenza del Consiglio di stato, in quanto l'annullamento disposto in sede giurisdizionale aveva ad oggetto un provvedimento (il D.M. n. 235 del 2014) a contenuto generale e inscindibile, di tipo normativo, sicchè l'annullamento spiegava i suoi effetti nei confronti di tutti i destinatari, non potendo l'atto esistere per taluni e non esistere per altri, secondo la costante giurisprudenza amministrativa.

2. - Il TAR adito, con ordinanza n. 4943 del 2015, ha rigettato la richiesta cautelare, rilevando che, "con riferimento alla domanda di annullamento del D.M. MIUR n. 325 del 2015, l'atto impugnato dispone espressamente, all'art. 5, che, per quanto non espressamente previsto nel medesimo decreto, valgono le disposizioni di cui al D.M. M.I.U.R. n. 235 del 2014, e che quest'ultimo è stato definitivamente annullato con la sentenza del C.d.S. n. 1973/2015, passata in giudicato, e che, pertanto, fa stato nei confronti di tutti gli interessati"; e che, "per quanto attiene alla richiesta di inserimento nelle G.A.E. con riserva sussiste, per consolidato orientamento della sezione nella materia, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito".

3. L'ordinanza del Tar è stata impugnata dinanzi al Consiglio di Stato che, con ordinanza n. 1461/2016, ha accolto l'istanza cautelare e ha disposto l'ammissione con riserva in graduatoria.

4. Fissata l'udienza di discussione per il merito davanti al Tar, i ricorrenti hanno proposto, con ricorso notificato per via telematica in data 21/5/2020, ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Il MIUR e le amministrazioni scolastiche intimate non hanno svolto attività difensiva.

Il Pubblico Ministero, nelle conclusioni rassegnate ai sensi dell'art. 380-ter c.p.c., ha chiesto che sia dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo, richiamando il precedente di queste Sezioni unite n. 8098/2020 e sottolineando che la domanda proposta dai ricorrenti ha ad oggetto l'annullamento-nullità del D.M. n. 325 del 2015 e, solo in via successiva, il diritto ad essere collocati in graduatoria.

In prossimità della Camera di consiglio i ricorrenti hanno depositato memoria con la quale hanno chiesto la riunione del presente giudizio ad altri, aventi il medesimo oggetto e pendenti dinanzi a questa Corte, insistendo in ogni caso per l'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve essere disattesa l'istanza, avanzata dai difensori dei ricorrenti nella memoria ex art. 380 ter c.p.c., di riunione del presente procedimento ai ricorsi pendenti dinanzi a questa Corte ed iscritti ai numeri 16328/2020 e 14253/2020.

1.1. Questa Corte ha già affermato che il "rispetto del diritto fondamentale a una ragionevole durata del processo impone al giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c., di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a esplicare i suoi effetti".

1.2. Si è aggiunto che "l'istanza per la trattazione congiunta di una pluralità di giudizi relativi alla medesima vicenda, non espressamente contemplata dall'art. 115 c.p.c. e art. 82 disp. att. c.p.c., deve essere sorretta da ragioni idonee ad evidenziare i benefici suscettibili di bilanciare gli inevitabili ritardi conseguiti all'accoglimento della richiesta, bilanciamento che dev'essere effettuato con particolare rigore nel giudizio di cassazione in considerazione dell'impulso d'ufficio che lo caratterizza" (Cass. 27/05/2019, n. 14365; Cass. 10/3/2012, n. 3189).

1.3. Nel caso di specie, le ragioni addotte nell'istanza, costituite dalle diverse conclusioni rassegnate dal Pubblico ministero negli altri procedimenti, non appaiono tali da giustificare un rinvio della decisione del presente ricorso, considerata l'autonomia dei giudizi, il compiuto esercizio da parte dei ricorrenti del diritto di difesa con riguardo alle conclusioni scritte del Pubblico Ministero, l'esigenza di assicurare la piena osservanza della previsione di cui dell'art. 111 Cost., comma 2, sulla ragionevole durata del processo.

2. Il regolamento preventivo di giurisdizione è ammissibile. Esso invero può essere proposto anche dall'attore in presenza di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della giurisdizione del giudice adito, e, dunque, di un interesse concreto ed immediato alla risoluzione della questione in via definitiva da parte delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, per evitare che vi possano essere successive modifiche della giurisdizione nel corso del giudizio, così ritardando la definizione della causa (Cass. Sez. Un. 18/12/2018, n. 32727).

2.1. L'ammissibilità del regolamento preventivo non è esclusa dalla decisione del giudice amministrativo in sede cautelare, atteso che il provvedimento cautelare in corso di causa non costituisce sentenza, neppure quando risolva contestualmente la questione di giurisdizione, tranne che la questione medesima sia stata riferita al solo procedimento cautelare e il regolamento sia stato proposto per ragioni che attengono ad esso in via esclusiva (Cass. Sez. Un. 15/12/2016, n. 25840; Cass. Sez. Un., 20/6/2014, n. 14041).

Nel caso in esame, la questione posta con il presente regolamento non è riferita al procedimento cautelare, ma riguarda il merito delle domande proposte dinanzi al Tar.

3. A tal fine, i ricorrenti hanno dedotto che vi è stato un revirement nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che, con sentenza della Adunanza plenaria del 20 dicembre 2017, n. 11, ha negato l'efficacia erga omnes del giudicato formatosi sull'annullamento del D.M. n. 235 del 2014, decisione confermata con le successive sentenze n. 4 e 5 del 27 febbraio 2019. In queste ultime si è ritenuto, contrariamente a quanto in precedenza statuito, che il D.M. impugnato non contiene alcuna disposizione lesiva o escludente nei confronti dei diplomati magistrali non inseriti nelle GAE, "trattandosi di un decreto che detta criteri e procedure per aggiornare le graduatorie" e, pertanto, "non si rivolge a coloro che, per qualsiasi motivo, non sono stati inseriti in dette graduatorie".

3.1. Preso atto di questo mutamento, i ricorrenti hanno valorizzato la parte della domanda volta ad ottenere l'accertamento del loro diritto all'inserimento nelle graduatorie, da qualificarsi in termini di diritto soggettivo a fronte di determinazioni assunte dalla Pubblica Amministrazione con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato.

3.2. Il ricorso al Tar - hanno precisato - era stato presentato, in via cautelativa, al fine di far valere l'efficacia nei loro confronti della sentenza del Consiglio di Stato n. 1973/2015, ma, - a seguito delle sentenze dell'Adunanza plenaria che, invece, avevano disconosciuto l'efficacia erga omnes della sentenza di annullamento ed avevano escluso la natura lesiva del D.M. n. 235 del 2014 -, era divenuto necessario verificare se effettivamente la causa azionata dinanzi al Tar rientrasse o meno della giurisdizione amministrativa.

4. Reputano queste Sezioni unite, condividendo le conclusioni del Pubblico ministero, che sussista la giurisdizione del giudice amministrativo.

Le questioni poste nel presente regolamento sono state già oggetto di ampia e diffusa disamina da parte di queste Sezioni Unite con l'ordinanza 15/12/2016, n. 25840, alle quali questa Corte intende dare continuità.

4.1. In questa decisione - resa in una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella oggi all'esame, sia con riguardo agli atti impugnati sia con riguardo alle ragioni dell'impugnazione - si è affermato, richiamando principi ormai consolidati, che, in tema di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a rapporti di lavoro pubblico privatizzato, spetta alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo la controversia nella quale la contestazione investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge degli atti organizzativi, attraverso i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi (nello stesso senso, Cass. Sez. Un., 8/6/2016, n. 11712; Cass. Sez. Un., 15/12/2015, n. 25210; Cass. Sez. Un., 3/11/2011, n. 22733; Cass. Sez. Un., 9/2/2009, n. 3052).

4.2. Questa affermazione si fonda sul rilievo che possono darsi situazioni nelle quali la contestazione in giudizio della legittimità degli atti, espressione di poteri pubblicistici, previsti del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1, implica la deduzione di una posizione di interesse legittimo, nella quale il rapporto di lavoro non costituisce l'effettivo oggetto del giudizio, ma, per così dire, lo sfondo rilevante ai fini di qualificare la prospettata posizione soggettiva del ricorrente, derivando gli effetti pregiudizievoli direttamente dall'atto presupposto (ancora Cass. Sez. Un., n. 11712/2016, cit.).

4.3. Con specifico riguardo alle controversie aventi ad oggetto l'inserimento dei docenti nelle graduatorie permanenti (ora ad esaurimento), la giurisprudenza di questa Corte ha individuato una chiara linea di demarcazione tra le giurisdizioni, che distingue a seconda che la questione involga un atto di gestione delle graduatorie, nella quale viene in rilievo in via diretta la posizione soggettiva dell'interessato e il suo diritto al collocamento nella giusta posizione nell'ambito della graduatoria medesima, - e dunque la giurisdizione del giudice ordinario, oppure la validità dell'atto amministrativo di carattere generale, se non regolamentare, che disciplina l'accesso alle graduatorie e, solo quale conseguenza dell'annullamento di tale atto, la tutela della posizione individuale dell'aspirante all'inserimento in una determinata graduatoria (Cass. Sez. Un. 13/9/2017, n. 21198; v. nello stesso senso, Cons. St. 9/3/2016, n. 953) - con la conseguente attrazione della controversia

nella giurisdizione del giudice amministrativo (v. in tal senso, Cass. n. 21198/2017, cit.).

4.4. Si è altresì precisato che le procedure relative alla formazione e all'aggiornamento delle graduatorie permanenti (oggi ad esaurimento) del personale docente non si configurano come procedure concorsuali e, quindi, non appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo ma a quella del giudice ordinario, in quanto vengono in considerazione atti ricompresi tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 2, di fronte ai quali sussistono soltanto diritti soggettivi, poichè la pretesa consiste (solo) nella conformità o difformità a legge degli atti inerenti al rapporto già instaurato e quindi di gestione della graduatoria utile per l'eventuale assunzione (Cass. Sez. Un., 15/12/2016, n. 25836, e prima ancora, Cass. Sez. Un., 13/2/2008, n. 3399, seguita da Cass. Sez. Un., 28/07/2009, n. 17466; Cass. Sez. Un. 10/11/2010, n. 22805; Cass. Sez. Un. 16/12/2013, n. 27991; Sez. Un. 23/07/2014, n. 16756; per la giurisprudenza amministrativa, Cons. St. 9/3/2016, n. 953; Cons. St., 12/7/2011, n. 11).

4.5. Tuttavia, la fattispecie è diversa allorchè l'oggetto del giudizio sia l'accertamento della legittimità della regolamentazione stessa delle graduatorie ad esaurimento, adottata con atto ministeriale. In tal caso, infatti, viene contestata la legittimità della disciplina delle graduatorie ad esaurimento al fine di ottenerne l'annullamento in parte qua, e non già la singola collocazione del docente in una determinata graduatoria, eventualmente previa disapplicazione degli atti amministrativi presupposti, anche di natura normativa subprimaria. La giurisdizione allora non può che essere del giudice amministrativo (Cass. Sez. Un. 16/12/2013, n. 27991 e n. 27992).

4.6. Come la giurisdizione del giudice ordinario in materia di lavoro pubblico contrattualizzato è recessiva in favore di quella generale di legittimità del giudice amministrativo in caso di impugnazione di atti organizzativi a contenuto generale con cui le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici ovvero individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi o determinano le dotazioni organiche complessive ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1 (cfr. Cass., S.U., n. 22779 del 2010), a maggior ragione sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo ove l'oggetto del giudizio sia l'impugnazione di un atto regolamentare di normazione sub primaria (cfr. Corte Cost. n. 41 del 2011).

4.7. La giurisdizione del giudice amministrativo sussiste anche nei confronti di atti amministrativi a contenuto generale ed astratto, sebbene privi di natura regolamentare, in caso di azione diretta al loro annullamento ove il contenuto degli stessi sia riconducibile del D.Lgs. n. 165 del 2001, cit. art. 2, comma 1.

4.8. Ne consegue che, ai fini della individuazione di quale sia il giudice munito di giurisdizione in relazione alle controversie concernenti il diritto all'inserimento in una graduatoria ad esaurimento (già permanente), occorre avere riguardo al petitum sostanziale dedotto in giudizio: "Se oggetto di tale domanda è la richiesta di annullamento dell'atto amministrativo generale o normativo, e solo quale effetto della rimozione di tale atto - di per sè preclusivo del soddisfacimento della pretesa del docente all'inserimento in una determinata graduatoria - l'accertamento del diritto del ricorrente all'inserimento in quella graduatoria, la giurisdizione non potrà che essere devoluta al giudice amministrativo, essendo proposta in via diretta una domanda di annullamento di un atto amministrativo. Se, viceversa, la domanda rivolta al giudice è specificamente volta all'accertamento del diritto del singolo docente all'inserimento nella graduatoria, ritenendo che tale diritto scaturisca direttamente dalla normazione primaria, eventualmente previa disapplicazione dell'atto amministrativo che detto inserimento potrebbe precludere, la giurisdizione va attribuita al giudice ordinario" (Cass. Sez. Un. 25840/2016).

5. Questi principi sono stati puntualmente ripresi dalla recente ordinanza di queste Sezioni unite 23/4/2020, n. 8098, che, - in una fattispecie sovrapponibile a quella in esame, riguardante il mancato inserimento di un'insegnante diplomata magistrale nelle graduatorie ad esaurimento ed in cui oggetto l'annullamento era il D.M. n. 400 del 2017 (sostanzialmente riproduttivo delle disposizioni contenute nel D.M. n. 325 del 2015), ha richiamato i principi espressi nell'ordinanza di queste Sezioni Unite n. 25840/2016 (seguiti anche da Cass., Sez. Un., n. 21196/2017, cit., e da ultimo Sez. Un. 26/6/2019, n. 17123/2019).

6. Nel caso in esame, come in quello esaminato nell'ordinanza n. 25840/2016, la domanda dei ricorrenti è chiaramente rivolta all'annullamento del D.M. n. 325 del 2015, nonchè degli atti presupposti, ossia di atti amministrativi di carattere collettivo, costituenti esercizio di potestà autoritativa nella individuazione dei criteri per l'inserimento nelle graduatorie, ribaditi anche dopo che quelli contenuti nel D.M. n. 235 del 2014, sono stati dichiarati illegittimi dal Consiglio di Stato nella sentenza invocata dagli odierni ricorrenti (sent. n. 1973/2015), proprio con riferimento alla mancata previsione dell'inserimento dei titolari di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002.

6.1. Gli stessi motivi di ricorso al Tar non investono direttamente le modalità di valutazione delle singole posizioni soggettive, ma censurano in via principale le determinazioni espresse dal MIUR nel D.M. n. 235 del 2014 (e nei successivi decreti ministeriali), attraverso la deduzione della non conformità a legge dell'atto impugnato, sotto il profilo della violazione del giudicato, dell'eccesso di potere e della violazione di legge, ossia di tipici vizi di legittmità dell'atto amministrativo quale espressione dio esercizio della potestà pubblica, rispetto al quale i ricorrenti possono vantare solo una posizione di interesse legittimo.

Solo all'esito della rimozione del provvedimento impugnato la posizione soggettiva dei ricorrenti potrà assumere consistenza di diritto soggettivo.

6.2 Le difese svolte dai ricorrente nel presente ricorso e, soprattutto, nelle memorie difensive, incentrate essenzialmente sul diverso orientamento giurisprudenziale segnato dalle decisioni dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 11/2017 cit., ribadito nella sentenza n. 4 del 247/2/2019, non valgono mutare il petitum sostanziale della presente controversia, costituito dall'annullamento del D.M. e degli atti presupposti e conseguenti, come si evince chiaramente dalla lettura del ricorso e dei motiv aggiunti.

7. - In conclusione, deve dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo. Poichè il giudizio già innanzi al Tar Lazio, non occorre disporre alcuna translatio iudicii (L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 59).

Le contrastanti pronunce giurisdizionali intervenute in materia giustificano la compensazione delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, dinnanzi al quale rimette le parti; compensa le spese del regolamento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021.