Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25138 - pubb. 15/04/2021

E’ nulla la sentenza di fallimento pronunciata a seguito di istanza proposta personalmente dal curatore

Cassazione civile, sez. I, 04 Marzo 2021, n. 5985. Pres. Cristiano. Est. Vella.


Fallimento – Sentenza dichiarativa – Nullità – Istanza di fallimento proposta personalmente dal curatore – Nullità



Il procedimento volto alla dichiarazione del fallimento in estensione richiede l'assistenza tecnica per il curatore che propone l'istanza ex art. 147, comma 4, l. fall., trattandosi di giudizio camerale a carattere contenzioso cui risulta applicabile l'art. 82, comma 3, c.p.c. (massima ufficiale)


 

Il sostituto Procuratore generale presso la Corte di cassazione aveva chiesto l’affermazione del seguente principio (Conforme)

Il curatore può assumere l'iniziativa che avvia il procedimento camerale diretto all’estensione del fallimento ex art. 147 comma 4 l.fall. con il ministero obbligatorio del difensore. Vedi la requisitoria


 


Fatto

1. La Corte d'appello di Caltanissetta ha rigettato il reclamo proposto da (*) s.n.c., A.B. e A.T. avverso la sentenza del Tribunale di Gela che in data 15/10/2013 aveva dichiarato - su istanza L. Fall., ex art. 147, comma 5, proposta il 20/06/2013 dal curatore del Fallimento (*) s.r.l., già dichiarato in data 22/01/2013 - il fallimento della (super)società di fatto tra (*) s.r.l. e (*) s.n.c., nonchè di quest'ultima società e dei suoi soci illimitatamente responsabili A.B. e A.T..

1.1. Per quanto rileva in questa sede, la Corte territoriale ha ritenuto infondato il motivo col quale era stata eccepita la nullità della sentenza per difetto di assistenza tecnica del curatore, che aveva proposto istanza L. Fall., ex art. 147, comma 5, personalmente, rilevando: i) che l'istanza può essere presentata anche in proprio; ii) che l'eventuale difetto di rappresentanza, sanabile ai sensi dell'art. 182 c.p.c., era stato in effetti sanato in sede di reclamo. Essa ha altresì osservato: che il curatore non necessitava dell'autorizzazione del giudice delegato; che non c'era stata violazione del contraddittorio per mancata notifica agli eredi del socio defunto M.R., essendo già annotato sul Registro delle Imprese il suo decesso alla data di presentazione della domanda di fallimento in estensione (tanto più ignorandosi la data del decesso del socio e l'eventuale presenza di debiti ad essa anteriori); che la mancata concessione del termine L. Fall., ex art. 161 comma 6, non rilevava, in quanto la domanda di concordato preventivo in bianco era stata presentata solo per conto della (*) s.n.c., il cui fallimento conseguiva ipso iure dal fallimento della s.d.f. di cui era ritenuta socio illimitatamente responsabile; che, nel merito, sussisteva la prova dell'esistenza della cd. supersocietà di fatto.

2. Avverso detta decisione (*) s.n.c. e A.B. hanno proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi, corredato da memoria ex art. 380 bis1 c.p.c.; il Fallimento intimato non ha svolto difese; il p.m. ha depositato requisitoria scritta concludendo per l'accoglimento del primo motivo di ricorso e la revoca della dichiarazione di fallimento della s.d.f..

 

Motivi

2.1. Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 6, 15 e 147, per "difetto di rappresentanza tecnica del curatore", in quanto, essedo il procedimento per dichiarazione di fallimento in estensione L. Fall., ex art. 147, un procedimento con parti contrapposte in posizione antagoniste che trae origine da una domanda analoga a quella L. Fall., ex art. 6, e destinato a concludersi con un provvedimento idoneo ad incidere sui diritti fondamentali della persona, la rappresentanza processuale tecnica è imprescindibile, così come in ogni procedimento camerale che risolve una controversia su diritti o su status con un provvedimento di carattere decisorio, suscettibile di passare in giudicato. Nel caso di specie, invece, il curatore aveva agito personalmente, con conseguente nullità della domanda e di tutti gli atti successivi, compresa la sentenza di fallimento, senza possibilità di sanatoria ex art. 182 c.p.c., come erroneamente affermato dalla Corte d'appello.

2.2. Il secondo mezzo lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2290 c.c., L. Fall., artt. 10 e 11, nonchè "Disintegrità del contraddittorio", in ragione della mancata notifica del ricorso in estensione agli eredi del socio M.R., deceduto il 27/12/2012, posto che alla data della domanda (20/06/2013) non era decorso l'anno L. Fall., ex artt. 10 e 11.

2.3. Con il terzo motivo, rubricato "Omessa insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 5, relativamente all'art. 115 c.p.c.", ci si duole che il fallimento sia stato dichiarato da un collegio di cui faceva parte il giudice delegato dell'originario fallimento di (*) s.r.l., che il collegio non abbia deciso iuxta alligata et probata, utilizzando atti e documenti non resi noti ai fallendi, e che manca la prova dell'esistenza della cd. super società di fatto.

3. Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti due.

3.1. Secondo la Corte territoriale, "pure assumendo, in tesi, che l'istanza del curatore L. Fall., ex art. 147, comma 4, richieda la rappresentanza tecnica (...) la questione andrebbe comunque sussunta nell'ambito della previsione dell'art. 182 c.p.c., comma 2, con la sola conseguenza dell'obbligo per il giudice di promuovere la sanatoria (ciò in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del difetto, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali - cfr. Cass. SU sent. n. 9217/2010 e, per il caso specifico di difetto di rappresentanza processuale, Cass. SU sent. n. 28337/2011)"; di conseguenza, l'avvenuta costituzione della curatela fallimentare con il ministero del difensore in sede di reclamo avrebbe sanato "l'assunto difetto di rappresentanza".

3.2. La statuizione non è condivisibile.

4. Due sono le questioni implicate: i) se il curatore che agisca ai sensi della L. Fall., art. 147, comma 4, (cui rinvia il successivo comma 5) debba necessariamente avvalersi del ministero di un difensore; ii) in caso positivo, se (ed in quali limiti) il fatto di non essersene avvalso è passibile di sanatoria ai sensi della L. Fall., art. 182, comma 2.

5. Sotto il primo aspetto, in assenza di un'espressa disposizione di legge sulla necessità o meno della difesa tecnica, occorre considerare la natura del procedimento per dichiarazione del fallimento, cui quello in estensione L. Fall., ex art. 147, comma 4, fa espresso richiamo (mediante il rinvio alle disposizioni contenute nella L. Fall., artt. 15,18 e 22).

5.1. Orbene, pur essendo stato di recente precisato che il procedimento per la dichiarazione di fallimento - in ragione delle proprie specifiche caratteristiche improntate alla massima celerità e speditezza (quali lo svolgimento in camera di consiglio, le peculiari modalità di notificazione di cui alla L. Fall., art. 15, comma 3, la possibilità per il debitore di difendersi personalmente senza l'ausilio della difesa tecnica, l'eventuale abbreviazione dei termini processuali, l'adozione di misure cautelari e conservative a tutela del patrimonio dell'impresa) - non può essere assimilato in toto al rito ordinario di cognizione (Cass. 20957/2018; cfr. Cass. 8611/2020 che evoca la "particolare natura dell'istruttoria prefallimentare, non riducibile ad un processo tra parti contrapposte, in quanto idonea a dar luogo, nel caso di accoglimento della domanda, ad un accertamento costitutivo valevole "erga omnes""), dottrina e giurisprudenza, nel registrarne la rigorosa procedimentalizzazione - frutto della riforma del 2006 e dei correttivi del 2007 e 2012 - convergono sulla qualificazione del procedimento "prefallimentare" come giudizio camerale a carattere contenzioso e a cognizione piena, in cui vengono assicurati il contraddittorio tra le parti, il diritto di difesa e l'espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d'ufficio, essendo comunque residuati dei poteri d'accertamento ufficiosi del giudice (Cass. 20661/2019, che ne ha tratto l'applicabilità dell'art. 38 c.p.c.; conf. Cass. 5257/2012, 12550/2013, 22110/2010, 1098/2010; cfr. Cass. 17078/2016 in tema di condanna alle spese ex art. 96 c.p.c., comma 3). Si tratta di una posizione che affonda più in generale le sue radici nella tesi che ritiene assimilabili ai processi di cognizione ordinaria quelli di tipo camerale, qualora utilizzati dal legislatore per la tutela giurisdizionale di diritti (Cass. 13055/1999, 14139/2002).

5.2. Su queste basi deve quindi ritenersi applicabile la regola generale dettata dall'art. 82 c.p.c., comma 3, per cui, "salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale e alla Corte di appello le parti devono stare in giudizio con il patrocino del procuratore" (norma, si noti, ora integralmente recepita dal D.Lgs. n. 14 del 2019, art. 8, comma 2, per tutte le procedure disciplinate dal CCII).

5.3. In effetti, un'eccezione alla predetta regola è stata individuata nel "ricorso del debitore" (così qualificato dalla L. Fall., art. 6, sebbene si sia dubitato della sua stessa qualificabilità come "domanda giudiziale": v. Cass. 19983/2009) finalizzato al proprio fallimento, L. Fall., ex art. 14, per il quale, alla luce delle sue peculiarità, si è ritenuto che egli possa assumere l'iniziativa senza particolari formalità e senza il ministero obbligatorio di un difensore - come peraltro consentito in altri procedimenti unipersonali che si svolgono in camera di consiglio (Cass. 25366/2006, 27268/2006, 6861/2013) - "almeno se e fino a quando la sua istanza non confligga con l'intervento avanti al tribunale di soggetti, portatori dell'interesse ad escludere la dichiarazione di fallimento, ciò implicando lo svolgimento di un contraddittorio qualificato, che potrebbe definire diversamente la natura contenziosa del procedimento" (Cass. 20187/2017).

6. Una volta risolto nei sensi appena detti il primo aspetto, resta da valutare se ed entro quali limiti possa operare la sanatoria ai sensi della L. Fall., art. 182, comma 2, nel testo novellato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, - a tenore del quale "Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione" - applicabile ai giudizi instaurati, come quello per cui è causa, successivamente alla sua entrata in vigore (4 luglio 2009).

6.1. Sul primo quesito (relativo all'an) la risposta di questa Corte è stata affermativa, sul presupposto che, trattandosi di norma non eccezionale, essa e suscettibile di interpretazione estensiva ed applicazione analogica (Cass. 5259/2018, proprio in tema di procedimento prefallimentare; Cass. 24485/2016 e 24068/2013, nell'ambito del giudizio di opposizione allo stato passivo; Cass. 13711/2014, in giudizio ex L. n. 89 del 2001).

6.2. Quanto al secondo aspetto, occorre dare atto dell'esistenza di un orientamento di questa Corte che - anche al di là degli specifici precedenti in materia tributaria che danno indifferentemente rilevanza alla mancanza o invalidità della procura, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12, (ex muitis, Cass. Sez.U, 22601/2004; Cass. 6426/2018) - reputa applicabile la L. Fall., art. 182, comma 2, anche al caso di inesistenza, e non solo nullità, della procura ad litem (Cass. 10885/2018; cfr. Cass. 5259/2018, in procedimento prefallimentare promosso da un dipendente delegato di Equitalia cui in udienza è subentrato il difensore munito di procura), e dunque anche in caso di costituzione della parte personalmente.

6.3. Ad avviso del Collegio è però maggiormente condivisibile il diverso orientamento - cui si intende dare seguito - in base al quale la sanatoria prevista dall'art. 182 c.p.c., comma 2, "presupponendo che l'atto di costituzione in giudizio sia stato comunque redatto da un difensore, si applica nelle ipotesi di nullità, ma non di originaria inesistenza della procura" (Cass. 24257/2018; conf. Cass. Sez. U, 10414/2017); detta norma, infatti, "nel consentire la sanatoria con effetti ex tunc in caso di invalidità della procura o quando questa sia mancante, presuppone che di costituzione in giudizio sia stato comunque redatto dal difensore e non trova perciò, applicazione nella diversa fattispecie in cui l'atto processuale" -come le caso di specie il ricorso del curatore L. Fall., ex art. 147, commi 5 e 4 - "sia stato redatto e proposto personalmente dalla parte (non abilitata nemmeno ai sensi dell'art. 86 c.p.c.) e solo successivamente sia stato ratificato da un difensore al quale la procura sia stata conferita posteriormente alla formulazione dell'atto processuale di riferimento, allorquando il termine perentorio per il suo legittimo compimento sia già spirato, con la conseguente configurazione del corrispondente effetto decadenziale". A ciò è sufficiente aggiungere che, a norma della L. Fall., art. 31, comma 3, "il curatore non può assumere la veste di avvocato o di procuratore nei giudizi che riguardano il fallimento".

6.4. Merita infine ricordare che "il principio secondo il quale gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purchè anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, e sempre che per l'atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, restando conseguentemente esclusa, in questa ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica" (Cass. Sez. U, 13431/2004 e Cass. 8933/2019).

7. La rilevata nullità della "istanza" L. Fall., ex art. 147, comma 4, in quanto proposta personalmente dal curatore, rende nulla la sentenza dichiarativa di fallimento ed assorbe le ulteriori contestazioni mosse con i due restanti motivi di ricorso, rendendo altresì superfluo il rilievo della mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei creditori che avevano proposto il ricorso per la dichiarazione di fallimento della (*) s.r.l., litisconsorti necessari in sede di reclamo (al riguardo Cass. 4917/2016 precisa che, "se il giudice di primo grado non ha disposto l'integrazione del contraddittorio e la corte d'appello non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c., comma 1, resta viziato l'intero procedimento e si impone, in sede di legittimità, l'annullamento, anche d'ufficio, delle pronunce emesse ed il rinvio della causa al giudice di prime cure giusta l'art. 383 c.p.c., u.c., salvo che l'impugnazione risulti assolutamente infondata, l'integrazione del contraddittorio - e dunque la rimessione del giudizio alla prima fase-in tal caso essendo, in forza del principio della ragionevole durata del processo, del tutto ininfluente sull'esito del procedimento").

8. All'accoglimento del ricorso, per le ragioni sopra illustrate, segue la cassazione della sentenza impugnata.

9. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2, con la revoca della dichiarazione di fallimento della società di fatto tra la (*) S.r.l. (già in precedenza dichiarata fallita) e la (*) S.n.c., nonchè dei relativi soci illimitatamente responsabili (*) s.n.c. e, in ripercussione, A.B. e A.T..

10. In considerazione delle divergenze giurisprudenziali di cui si è dato conto, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese, da intendersi - in mancanza di difese dell'intimato soccombente come esonero dall'obbligo di quest'ultimo di rifondere le spese sostenute dai ricorrenti.

 

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti due, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, revoca il fallimento della società di fatto tra (*) S.r.l. e (*) s.n.c., nonchè dei soci illimitatamente responsabili (*) s.n.c., A.B. e A.T., dichiarato con sentenza del Tribunale di Gela n. 17 del 15/10/2013.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021.