Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24914 - pubb. 24/02/2021

Il piano di concordato preventivo può prevedere l’assegnazione di strumenti finanziari partecipativi convertibili in obbligazioni

Tribunale Ravenna, 29 Maggio 2020. Pres. Sereni Lucarelli. Est. Farolfi.


Concordato preventivo - Strumenti finanziari partecipativi - Ammissibilità



Il piano di concordato preventivo può prevedere l’assegnazione (nel caso di specie prevista in due distinte tranche pari ad un soddisfacimento nominale del 20% del credito iniziale) di strumenti finanziari partecipativi convertibili in obbligazioni, il cui regolamento preveda il rimborso degli strumenti assegnati ai creditori chirografari mediante la distribuzione annuale di dividendi e riserve in una determinata misura minima garantita di una percentuale dell’importo dei crediti oggetto di conversione entro una data determinata. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


Omissis

1. Vicende del procedimento In data 6-7 dicembre 2018 questo Tribunale, facendo seguito al ricorso ex art. 161 co. 6 l.f. proposto dalla società Cooperativa M. e C.R. (d’ora innanzi C. o la ricorrente) ha concesso un termine di gg. 60 per il deposito del piano concordatario (preannunciato come in continuità), della relazione del professionista attestatore, nonché della ulteriore documentazione prevista dall’art. 161 l.f., nominando quali Commissari giudiziali i dottori *

Con successivo decreto collegiale del 6 febbraio 2019 è stata concessa una proroga di gg. 60 e nel termine così concesso da questo Tribunale la società ricorrente ha depositato il piano concordatario in continuità preannunciato.

Con decreto ex art. 162 l.f., in data 6-7 maggio 2019, è stato fissato un termine di gg. 15 per formulare chiarimenti ed alcune integrazioni/modifiche al piano così predisposto. A fronte di specifica istanza, tale termine è stato brevemente prorogato al fine di consentire il deposito di una memoria integrativa e della ulteriore documentazione richiesta, confermando invece la data del 5 giugno 2019 per l’udienza di discussione sulla proposta di concordato.

Il Tribunale di Ravenna, all’esito, con decreto pronunciato in data 12 giugno 2019, ha dichiarato aperta la procedura di Concordato preventivo a favore di C.R.

soc. coop., nominando Giudice delegato il Dott. Alessandro Farolfi. Con il medesimo decreto, il Collegio ha confermato nella carica di Commissari giudiziali i medesimi professionisti officiati nella fase preconcordataria, nonché disposto la convocazione dei creditori per l’udienza del 13/11/2019 ed ordinato il deposito su conto vincolato delle somme di cui all’art. 163 co. 2 n.

4) l.f.

A tal punto la società debitrice, ravvisata la necessità di predisporre alcune modifiche ed integrazioni al piano già depositato, in data 25/09/2019 ha chiesto un differimento dell’adunanza dei creditori che è stato concesso, previo parere favorevole dei Commissari giudiziali, con decreto del 27 settembre 2019; il Tribunale di Ravenna, a parziale modifica del decreto di ammissione alla procedura di concordato, ha così differito alla data dell’11 marzo 2020 l’adunanza dei Creditori ai sensi dell’art. 174 l.f. e la ricorrente ha depositato la proposta contenente le modifiche nel termine concesso del 17 dicembre 2019.

A seguito del sopravvenire dell’emergenza da Covid 19 (c.d. pandemia da Coronavirus) il Presidente del Tribunale ha dichiarato l’urgenza della predetta adunanza ai sensi del D.L. 8 marzo 2020, n. 11 (intitolato “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”, pubblicato in G.U. Serie Generale n. 60 dell’08/03/2020) che si è perciò tenuta, nel rispetto delle regole igienico sanitarie previste (adozione di d.p.i. e distanziamento sociale) nella data prevista dell’11 marzo 2020.

All’esito si è disposta la prosecuzione dell’adunanza, al fine di completare le operazioni di verifica dei crediti ammessi al voto e consentire un più ampio contraddittorio, tenuto conto del numero elevatissimo dei creditori coinvolti (circa 11.500). L’udienza ex art. 174 l.f. è perciò proseguita in data 25/03/2020 previa ulteriore dichiarazione d’urgenza del procedimento ai sensi dell’analogo D.L. 17 marzo 2020, n. 28 (in G.U. Serie Generale n. 70 del 17/ 03/2020), nel frattempo emanato.

In precedenza, i Commissari Giudiziali avevano provveduto a depositare la relazione ex art. 172 l.fall., successivamente integrata, rilevando in seguito alla verifica ed alle rettifiche in ordine al passivo ed all’attivo realizzabile la fattibilità del piano concordatario in continuità così definitivamente precisato e sottoposto all’approvazione dei creditori, nonché la sua convenienza per gli stessi rispetto ad uno scenario liquidatorio fallimentare.

All’esito dell’udienza in data 25/03/2020, il ceto creditorio chirografario ammesso al voto è risultato pari a complessivi Euro 1.486.744.131, suddiviso nelle seguenti classi:

Classe * ammontare dei crediti ammessi al voto Euro 931.758.652 Classe * ammontare dei crediti ammessi al voto Euro 342.267.234 Classe * ammontare dei crediti ammessi al voto Euro 61.486.746 Classe * ammontare dei crediti ammessi al voto Euro 151.231.499.

Su tale premessa, il G.d. ha indicato in Euro 743.372.069 il quorum richiesto dall’art. 177, comma 1, l. fall. quale maggioranza dei crediti ammessi al voto per l’approvazione della proposta concordataria, precisando che, attesa la suddivisione del ceto creditorio chirografario in classi, il concordato sarebbe risultato approvato qualora la maggioranza fosse stata raggiunta anche nel maggior numero delle classi votanti.

Nel corso dell’udienza i Commissari giudiziali hanno dato atto che prima dell’adunanza avevano espresso per lettera, telefax oppure a mezzo posta elettronica anche certificata il proprio voto favorevole alla proposta concordataria creditori per un ammontare complessivo di crediti pari ad Euro 867.435.043 e voti contrari alla stessa pari ad Euro 9.743.088. Non essendo stata raggiunta la maggioranza per classi, è stato concesso il termine di 20 gg., ex art. 178 l.f., al fine di consentire al ceto creditorio ulteriori espressioni di voto.

Nei venti giorni successivi all’adunanza dei creditori, così come relazionato dai C.G., sono pervenuti ulteriori voti favorevoli per un importo complessivo pari ad Euro 294.514.951 e voti contrari per un importo corrispondente ad Euro 16.247.615. In considerazione dei voti giunti in precedenza e registrati nel corso della ricordata adunanza, sono quindi risultati espressi voti favorevoli per complessivi Euro 1.161.949.994 (pari al 78,15% dei crediti ammessi al voto) e voti contrari espressi per complessivi Euro 25.931.428 (pari al 1,74% dei crediti ammessi al voto); non hanno fatto pervenire il proprio voto soggetti titolari di crediti per Euro 298.862.707. È stata quindi raggiunta ampiamente la maggioranza di legge e quella per classi richiesta per l’approvazione della proposta di concordato, come risulta dal seguente schema riepilogativo, che per comodità espositiva si riporta:

Classe * Ammontare dei voti favorevoli: Euro 822.652.296 Ammontare dei voti contrari: Euro 10.045.386 Maggioranza occorrente: Euro 465.879.327 Classe * Ammontare dei voti favorevoli: Euro 155.189.283 Ammontare dei voti contrari: Euro 12.064.485 Maggioranza occorrente: Euro 171.133.618 Classe * Ammontare dei voti favorevoli: Euro 56.219.752 Ammontare dei voti contrari: nessuno Maggioranza occorrente: Euro 30.743.374 Classe * Ammontare dei voti favorevoli: Euro 127.888.663 Ammontare dei voti contrari: 3.821.557 Maggioranza occorrente: Euro 75.615.751 Per una percentuale complessiva di voti favorevoli pari al 78,15% dei crediti ammessi al voto ed un ammontare di voti contrari espressi pari all’1,74%; il resto non votanti.

Sulla scorta dei risultati che precedono, con decreto del 22 aprile 2020 il Tribunale di Ravenna ha fissato per il giorno 20 maggio 2020, ore 10.00, l’udienza ex art. 180 l.f. per l’omologazione della proposta concordataria.

In vista di tale udienza, i Commissari hanno depositato il proprio definitivo parere favorevole, ex art. 180 l.f., nel quale, non ravvisando elementi ostativi alla omologazione della proposta, per comprendere adeguatamente l’importanza e la complessità del piano, sono contenute le seguenti tabelle riassuntive (rinviando invece per l’analisi di ciascuna voce dell’attivo e passivo alla relazione ex art. 172 l.f. ed alla successiva integrazione in atti, da intendersi in questa sede integralmente richiamate, nelle quali sono altresì confluite le verifiche che i commissari hanno ritenuto di demandare alla società di revisione A.B. S.p.a.):

“ omissis per l’attivo (*)  omissis  e per il passivo omissis  (*) In vista dell’udienza già ricordata del 20 maggio 2020 sono pervenute talune opposizioni (n. 12 complessive) e nel corso dell’udienza si è proceduto alla discussione delle medesime, nel contraddittorio con la ricorrente e con i Commissari giudiziali, nonché degli altri creditori intervenuti.

Il Pubblico ministero ha prestato definitivo parere favorevole alla omologazione ed all’esito dell’udienza il G.D. si è riservato di riferire al Collegio.

2. La proposta di concordato La proposta concordataria formulata in via definitiva dalla ricorrente ed ammessa al voto può così essere sintetizzata:

a) pagamento regolare delle spese prededuttive e dei costi della procedura, stimati nella proposta in complessivi Euro 57.887.566 e rettificati dai C.G. in Euro 57.943.081;

b) pagamento integrale, da eseguirsi entro un anno dal decreto di omologa del concordato, dei creditori muniti di privilegio speciale e generale stimati in complessivi Euro 91.346.634 e rettificati dai C.G. in Euro 88.256.109; il piano prevede il declassamento a chirografo, nei limiti di capienza ex art. 160 co. 2 l.f., del credito per IVA di rivalsa e dei crediti dei locatori;

c) pagamento integrale dei fornitori chirografari strategici contenuti nella Classe 1 intendendosi con questa espressione i creditori le cui prestazioni sono considerate dalla ricorrente essenziali ai fini della continuità aziendale e della conseguente generazione dei flussi di cassa stimati in Euro 34.351.941 e rettificati dai C.G. in Euro 34.510.125, da eseguirsi entro due anni dal decreto di omologa del concordato;

d) soddisfacimento, parziale e non monetario, della restante parte dei creditori chirografari suddivisi in classi e distinti in particolare come segue:

Classe *) creditori chirografari effettivi di natura finanziaria, stimati in Euro 931.758.768 Classe *) creditori chirografari effettivi di natura non finanziaria, stimati in Euro 474.854.389 Classe *) creditori chirografari garantiti da C., stimati in Euro 153.789.095 Classe 5) creditori chirografari potenziali Fondi R., stimati in Euro 289.127.728 attraverso l’assegnazione (prevista in due distinte tranche pari ad un soddisfacimento nominale del 20% del credito iniziale) di strumenti finanziari partecipativi convertibili in obbligazioni denominati per brevità SFP il cui regolamento prevede il “rimborso” degli strumenti assegnati ai creditori chirografari, mediante la distribuzione annuale di dividendi e riserve nella misura minima effettiva garantita del 10% dell’importo dei crediti oggetto di conversione entro la data del 30 giugno 2031. Nell’ipotesi in cui operi la successiva conversione degli SFP in obbligazioni viene invece previsto il rimborso nella misura fissa del 10% oltre interessi, in forza di “Rimborsi Anticipati Obbligatori annuali” e del “Rimborso alla data di scadenza” del 31 dicembre 2026. La proposta precisa che l’operazione di conversione degli SFP in obbligazioni non attiene all’esecuzione del concordato, trattandosi di diritto esercitabile post omologazione dal titolare di SFP, il cui credito è già stato estinto mediante la datio in solutum degli SFP (secondo il citato rapporto); la ricorrente precisa ulteriormente che per la medesima ragione, anche le distribuzioni ed i rimborsi previsti a favore, rispettivamente, dei titolari di SFP e degli obbligazionisti si pongono quali eventi successivi all’esecuzione del piano, operando l’estinzione del credito attraverso l’assegnazione degli strumenti finanziari partecipativi, così come previsto dall’art. 160 co. 1 lett. a) l.f., alla cui stregua il piano può prevedere “la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito”.

e) la proposta non prevede infine alcun soddisfacimento in relazione alla Classe 6), relativa ai creditori chirografari postergati, stimati in Euro 9.142.427.

Il piano precisa che la società ricorrente provvederà: “a) “continuare l’attività in modo da generare flussi di cassa positivi (compresi i claims relativi alle commesse in corso) in eccesso rispetto alle necessità finanziarie della gestione corrente e tali da consentire omissis  il pagamento integrale dei creditori in prededuzione, di quelli privilegiati, e dei Fornitori Strategici, e da assicurare omissis  la miglior soddisfazione dei creditori, oltre naturalmente la prosecuzione dei rapporti di lavoro e dei rapporti commerciali”; b) “incassare tutti i crediti, sia relativi a claims afferenti a commesse terminate, che commerciali o di altra natura”; c) “cedere a terzi omissis  taluni asset non strumentali all’attività aziendale (in particolare, immobili, sia di C. che di C.I. S.p.A., in parte previa loro ultimazione e quindi valorizzazione)”-, d) “emettere in due tranches la prima subito dopo l’omologazione (entro 90 giorni), la seconda nel periodo intercorrente tra il 12 e il 18 mese successivo all’omologa strumenti finanziari partecipativi (‘SFP’) convertibili in Obbligazioni da attribuire ai creditori chirografari distinti nelle Classi *, *, * e *, ad estinzione delle relative passività; i risultati positivi attesi dalla continuità aziendale contribuiranno a valorizzare gli SFP destinati a soddisfare i suddetti creditori chirografari, ovvero, ove convertiti, a rimborsare le Obbligazioni”.

In particolare, la cessione di alcuni assets immobiliari viene prevista dal piano come sussidiaria, rispetto alle oltre attività di prosecuzione del core businness e di incasso di crediti commerciali e claims, al fine di meglio garantire l’esecuzione di distribuzioni in favore dei creditori concorsuali sia strategici (cui comunque sono riservate prioritariamente, come per i creditori prededuttivi e privilegiati, tutti i flussi netti prodotti negli esercizi fino al primo semestre 2021) che titolari di SFP o a seguito di conversione di obbligazioni (rispettivamente nel primo caso fino al 31/12/2030 e nel secondo fino al 31/12/2026).

3. Le opposizioni avanzate Avverso la richiesta di omologazione della proposta di concordato che precede, approvata da un’ampia maggioranza sia per crediti complessivi che per classi votanti, sono pervenute talune opposizioni, che in sintesi appare opportuno brevemente sintetizzare, senza che le stesse rendano necessari ulteriori concessioni di termini, avendo i Commissari giudiziali e la stessa ricorrente preso posizione su tutti i passaggi argomentativi che stanno alla base delle opposizioni medesime, una parte delle quali è ulteriormente la mera reiterazione di un precedente reclamo ex art. 26 l.f. già sottoposto al pieno contraddittorio di tutte le parti interessate.

Ciò detto, si passa all’esame delle opposizioni e si procederà, quindi, a raggrupparle per categorie di motivi proposti, per una maggiore chiarezza espositiva.

(*) 1. La E.I. S.r.l. (società nata dalla scissione di A.C.I. S.p.a.) risulta inserita in Classe * della proposta concordataria per Euro 24.495,25 nonché per ulteriori complessivi Euro 682.758,42 di crediti già spettanti ad A.C.I. S.p.a. e poi confluiti in E.I. S.r.l. a seguito della menzionata scissione;

l’istante contesta la legittimità del meccanismo di conversione del credito mediante datio in solutum costituita da strumenti finanziari partecipativi che, a detta dell’opponente, non avrebbero alcun valore economico e priverebbero il concordato della possibilità di ottenerne la risoluzione; si deduce altresì la eccessiva durata del piano;

(*) Le sintetizzate opposizioni non possono trovare accoglimento, alla luce delle seguenti considerazioni che, per ragioni espositive, si raggruppano per categoria omogenea di censure:

(*) 3.4. Sulla contestata legittimità del soddisfacimento in forma non monetaria dei crediti chirografari, pure sostenuta da alcune opponenti, giova considerare che la proposta si muove nel solco di quanto previsto dall’art. 160 co.

1 lett. a) l.f., secondo cui “L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito”.

La norma costituisce una delle più importanti novità della riforma della legge fallimentare avvenuta negli anni 20062007, tale da sancire il c.d. principio di atipicità della proposta concordataria. Seppure si deve ritenere che tale riforma non abbia comportato una completa privatizzazione della procedura di concordato (così come emerge dalla disciplina riformata soprattutto alla luce della c.d. miniriforma del 2015), tuttavia è innegabile che il legislatore abbia voluto accentuare il momento negoziale dell’incontro dei consensi dei creditori, nell’ovvio presupposto che gli stessi siano stati regolarmente e chiaramente informati della crisi e degli aspetti legati alla proposta ed alla sua realizzazione.

Da tempo, inoltre, è riconosciuta la possibilità di inserire nel piano di concordato la realizzazione di operazioni di carattere straordinario, come l’affitto d’azienda, l’aumento di capitale con conversione forzosa in equity dei crediti, l’emissione di titoli obbligazionari, operazioni di fusione o scissione societaria (su questo vds. per brevità Cass. 18 gennaio 2018, n. 1181). Trattasi, peraltro, volta a volta di verificare la legittimità della singola operazione rispetto ad una disciplina che va ricostruita secondo un principio di reciproca integrazione, dando luogo a quello che icasticamente è stato definito diritto societario-concorsuale.

Nei limiti consentiti dal presente provvedimento, per quanto riguarda gli strumenti finanziari partecipativi, più in particolare, l’addentellato normativo circa la loro utilizzabilità in sede di concordato preventivo va ricercato oltre che nel già citato art. 160 co. 1 l.f., ove parla espressamente di “attribuzione ai creditori di omissis  altri strumenti finanziari e titoli di debito” nell’art. 2346 c.c., il cui ultimo comma afferma che “resta salva la possibilità che la società, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione”.

Si tratta quindi di strumenti finanziari cedibili, aventi natura intermedia fra i titoli azionari e quelli obbligazionari.

Rispetto ai primi si differenziano perché l’apporto (anche ove effetto di conversione rispetto ad un preesistente credito) non va ad incrementare il capitale sociale, né attribuiscono ai titolari la qualità di socio o la possibilità di votare nell’assemblea dei soci. Rispetto alle obbligazioni, invece, essi si connotano per taluni contenuti partecipativi, consistenti in diritti amministrativi a vario titolo riconosciuto dallo stato e dal relativo regolamento di emissione.

Ai fini della verifica della fattibilità giuridica dell’operazione, si ricorda inoltre che lo statuto di C. prevede all’art. 37-bis che la competenza all’emissione degli SFP spetti esclusivamente all’Assemblea straordinaria, la quale può limitarsi a deliberare l’emissione degli SFP, approvando “l’importo o il numero massimo di SFP da emettere e i limiti temporali massimi dell’emissione, anche in più tranches, ed il relativo regolamento omissis  delegando ogni ulteriore determinazione e attività nel rispetto dei suddetti limiti di importo o numero e di tempo previsti dalla delibera di emissione al Consiglio di Amministrazione”.

In conformità alle norme statutarie, l’Assemblea di C. in data 16 maggio 2019 ed in data 12 dicembre 2019 ha quindi deliberato l’emissione degli SFP, fino all’importo nominale massimo di Euro 500.000.000, in due o più tranches, entro il limite temporale massimo di quattro anni a decorrere dalla data della delibera, ossia il 16 maggio 2023.

I diritti partecipativi patrimoniali ed amministrativi attribuiti ai titolari degli SFP sono dettagliati nella medesima proposta e nel Regolamento approvato dall’assemblea straordinaria dei soci di C. del 16 maggio 2019 e modificato in data 12 dicembre 2019.

3.5. Lamentano ancora taluni opponenti che la proposta di concordato comporterebbe il risultato di privare i creditori della possibilità di richiederne la risoluzione, in caso di inadempimento di non scarsa importanza ex art. 186 l.f., o che la durata del piano sarebbe eccessiva determinando un’assenza di convenienza del medesimo rispetto all’alternativa liquidatoria.

Tali doglianze non sembrano però cogliere nel segno, se si considera che il meccanismo di soddisfacimento della datio in solutum o conversione dei crediti chirografari delle classi *, *, * e * da un lato non esaurisce il contenuto delle obbligazioni concordatarie, dall’altro non esclude l’astratta possibilità di ricorrere alla citata norma, a fronte di inadempimenti o patologie della fase esecutiva della proposta concordataria. Sotto il primo profilo, infatti, si deve osservare che i crediti prededuttivi, i crediti privilegiati, nonché le ragioni di credito essenziali e funzionali alla continuità (cioè riconducibili ai creditori strategici collocati in classe 1) sono destinati a dover ricevere un soddisfacimento monetario entro termini stringenti di cui può predicarsi un futuro ed eventuale inadempimento (alle scadenze i primi, entro un anno dalla omologazione i secondi, entro due anni i “fornitori strategici”). Ma si deve inoltre considerare che il meccanismo di emissione degli SFP è previsto debba avvenire in due tranches, la seconda delle quali in un termine compreso fra i 12 ed i 18 mesi dalla omologazione, così da potersi certamente evidenziare con ragionamento astratto in tale lasso temporale possibili scostamenti rispetto al piano concordatario, di cui resterà quindi possibile la denuncia in sede giudiziale.

Sotto altro profilo, invece, il meccanismo remissorio collegato alla modalità di soddisfacimento non monetaria secondo un rapporto di conversione fra credito e valore nominale degli SFP (tale da comportare l’estinzione dell’80% del primo), mentre non esclude la perdurante esistenza post omologazione di un residuo credito del 20% di quello inziale, rende la distribuzione di utili o flussi monetari collegati al possesso dello strumento finanziario partecipativo (o della obbligazione conseguente alla possibilità di conversione prevista) adempimento che fuoriesce dal perimetro esecutivo del concordato in senso stretto, sì che la durata del piano non può conseguentemente parametrarsi all’esaurimento di tali distribuzioni (previste fino al 31/12/2030 nel caso di mancata opzione per la conversione degli SFP in obbligazioni e fino al 31/12/ 2026 nella diversa ipotesi di successiva conversione).

Si deve inoltre evidenziare che la proposta concordataria prevede il soddisfacimento dei creditori privilegiati entro un anno dalla omologazione, fruendo così della moratoria annuale prevista dall’art. 186 bis co. 2 lett. c) l.f., ma senza prevedere alcuno sforamento di detto termine, sì che neppure nel caso di specie si pone il problema della falcidia temporale dei creditori privilegiati oltre l’orizzonte annuale di cui si è detto.

Quanto alla comparazione con l’ipotesi liquidatoria, infine, è noto che l’art. 186 bis l.f. prevede quale necessario corredo documentale e requisito della proposta con continuità aziendale che “la relazione del professionista di cui all’articolo 161, terzo comma, deve attestare che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori”. Tale relazione è presente ed è stata ritenuta congrua dai Commissari giudiziali. Al di là di tale constatazione, pur dirimente, i Commissari giudiziali hanno nuovamente riformulato le valutazioni che avevano già espresso nella relazione ex art. 172 l.f. (e successiva integrazione) in ordine alla convenienza della proposta concordataria rispetto all’alternativa fallimentare, anche ricorrendo all’ausilio della società di revisione A.B. S.p.a., confermando le proprie iniziali considerazioni.

Più in particolare l’organo commissariale ha rilevato che secondo una valutazione di ragionevolezza la proposta di concordato in continuità di C. possa ritenersi preferibile nell’ottica del soddisfacimento dei creditori a qualsiasi altra procedura di carattere liquidatorio. L’abbandono della continuità concordataria avrebbe infatti quale conseguenza pressoché immediata la risoluzione in danno delle commesse da parte dei committenti e quindi l’escussione delle garanzie rilasciate ai clienti che produrrebbe un maggior debito chirografario (stimato dall’attestatore dott. T. in almeno 400 milioni di Euro), oltre alla verosimile difficoltà della Società nell’incassare crediti e claims residui, profilando un possibile mancato incasso di gran parte degli stessi e/o un allungamento nei tempi di riscossione.

I Commissari hanno perciò ritenuto di evidenziare che:

i) in caso di fallimento con finalità totalmente liquidatoria, i contratti di appalto attualmente in capo a C. verrebbero con ogni probabilità risolti “in danno” da parte dei committenti, con gravi ripercussioni in termini di richieste risarcitorie nonché mancato pagamento di crediti ancora vantati da C. (claims compresi), ed escussione delle garanzie fideiussorie in essere. Peraltro anche l’eventuale temporanea prosecuzione dell’attività mediante esercizio provvisorio ex art. 104 l.f. sarebbe ragionevolmente limitata al completamento delle commesse in corso escludendo così l’acquisizione di nuove, con sensibile perdita di efficienza economica e con l’impossibilità di coprire gli alti costi di struttura;

ii) l’ipotesi alternativa estrema individuata nella liquidazione fallimentare priva dell’esercizio provvisorio avrebbe ripercussioni negative ulteriormente incisive degli interessi del ceto creditorio poiché venendo a mancare al Curatore il supporto continuativo della struttura tecnico amministrativa di C. dotata delle conoscenze riguardanti l’andamento gestionale ed economico finanziario delle commesse potrebbe trovarsi in gravi difficoltà nella corretta individuazione dei crediti effettivamente da riscuotere dalla stazioni appaltanti, con particolare riferimento ai claims.

Concludendo perciò che “i sottoscritti Commissari giudiziali ritengono che il concordato preventivo con continuità aziendale sia obiettivamente da preferire rispetto all’ipotesi del fallimento della cooperativa C. e ciò tenendo in considerazione anche le eventuali azioni di responsabilità esperibili nei confronti degli Organi di amministrazione e di controllo e della Società di Revisione oltre che le azioni revocatorie astrattamente azionabili”.

Non soltanto, quindi, la prescrizione dell’art. 186 bis l.f. risulta osservata dal punto di vista documentale, ma la stessa appare integrata anche dal punto di sostanziale, avendo la S.C. recentemente affermato che “Il criterio della migliore soddisfazione dei creditori (solo di recente espressamente codificato, sempre con specifico riguardo al concordato con continuità aziendale, oltre che dall’articolo 182-quinquies, comma 4, legge fall., anche nel primo comma del medesimo articolo, nonché nell’art. 186-bis), individua una sorta di clausola generale applicabile in via analogica a tutte le tipologie di concordato, ivi compreso quello meramente liquidatorio, quale regola di scrutinio della legittimità degli atti compiuti dal debitore ammesso alla procedura. Alla luce di tale criterio può agevolmente escludersi non solo che il compimento dell’atto non autorizzato conduca all’automatica revoca del concordato, ma anche che il disvalore oggettivo di tale atto (pregiudizio che esso arreca alla consistenza del patrimonio del debitore) sia ricavabile, sic et simpliciter, dalla violazione della regola della par condicio, essendo, per contro, ben possibile che il pagamento di crediti anteriori si risolva in un accrescimento, anziché in una diminuzione, della garanzia patrimoniale offerta ai creditori e tenda dunque all’obiettivo della loro migliore soddisfazione” (Cass. 19 febbraio 2016).

Si consideri ulteriormente che la valutazione del professionista attestatore dott. T., circa un gap fra attivo derivante dalla prosecuzione del concordato in continuità e quello ritraibile dall’ipotesi liquidatoria, pari ad almeno Euro 360.613.000 non risulta essere mai stato messo in discussione né dai Commissari giudiziali, né dagli opponenti.

4) L’omologazione Superate le predette opposizioni, non vi sono ulteriori ostacoli a pronunciare l’omologazione del concordato preventivo di cui si discute.

Quanto ai profili relativi alla competenza, si deve ricordare che la sede legale di C. si trova a Ravenna, come pure gli uffici direzionali ed amministrativi, e tale corrispondenza alla effettiva sede gestoria mai è stata posta in discussione nel corso della procedura. Del pari le classi risultano formate secondo criteri di ragionevolezza.

Come si è rilevato, nessuna delle opponenti ha sostenuto che il proprio credito verrebbe meglio soddisfatto in una alternativa fallimentare, sì che il c.d. cram down non appare in questa sede richiesto, pur se lo stesso è stato di fatto compiuto retro nel verificare in relazione all’art. 186 bis l.f. la funzionalità al miglior interesse dei creditori in genere dell’ipotesi concordataria rispetto a quella liquidatoria. Anche a fronte del definitivo parere favorevole del Pubblico ministero, si deve perciò ritenere che ove la proposta di concordato abbia raggiunto in modo ampio la maggioranza richiesta all’art. 177 l.f, il piano su cui si basa la proposta di concordato abbia ricevuto il parere favorevole dei Commissari e risultino superate come sopra illustrato le pervenute opposizioni da parte di taluni creditori, non vi siano ragioni ostative all’omologazione del concordato da parte del Tribunale, che in questa sede, a seguito della riforma introdotta dai noti D.Lgs. n. 5 del 2006 e D.Lgs. n. 169 del 2007, ha visto sottratto alla propria sfera di indagine l’accertamento dei requisiti di meritevolezza e di convenienza della proposta concordataria.

Si consideri altresì che già la nota Cass. S.U. 23 gennaio 2013, n. 1521, aveva affermato che “il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti; il controllo di legittimità del giudice si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo; il controllo di legittimità si attua verificando l’effettiva realizzabilità della causa concreta della procedura di concordato;

quest’ultima, da intendere come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento, finalizzato al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e all’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro”. Nel caso di specie, in assenza di profili di illegittimità e di opposizioni di merito, appare vieppiù evidente la non sindacabilità della c.d. fattibilità economica, sulla quale si è già espressa la maggioranza dei creditori.

Più recentemente Cassazione civile sez. I, 27/09/2018, n. 23315, ha affermato che “la previsione dell’art. 186 bis, ultimo comma, l.fall., che attribuisce al tribunale il potere di revocare l’ammissione al “concordato con continuità aziendale” qualora l’esercizio dell’attività di impresa risulti manifestamente dannoso per i creditori, non attribuisce all’organo giudicante il compito di procedere alla valutazione della convenienza economica della proposta che, quando non sia implausibile, è riservata al giudizio dei creditori ma solo verificare che l’andamento dei flussi di cassa, ed il conseguente indebitamento, non siano tali da erodere le prospettive di soddisfazione dei creditori”.

Tale statuizione conferma che, anche nel caso di concordato in continuità, l’introduzione della possibilità di revocare l’ammissione alla procedura se l’esercizio dell’impresa si rivela dannoso per i creditori (perché ad es. invece di produrre utili e flussi finanziari al servizio della buona riuscita della proposta, drena cassa e risorse che altrimenti andrebbero a beneficio dei creditori) non significa aver voluto attribuire all’ufficio giudiziario un vaglio di convenienza economica o sulla riuscita “satisfattiva” del piano, salvo il caso della implausibilità delle assunzioni su cui si fonda e della evidente carenza di fattibilità del medesimo.

In termini non dissimili si è in precedenza rilevato che “in tema di concordato preventivo il controllo del tribunale va effettuato sia verificando l’idoneità della documentazione prodotta (per la sua completezza e regolarità) a corrispondere alla funzione che le è propria, consistente nel fornire elementi di giudizio ai creditori, sia accertando la fattibilità giuridica della proposta, sia, infine, valutando l’effettiva idoneità di questa ultima ad assicurare il soddisfacimento della causa della procedura. Rientrano, nell’ambito di detto controllo, quindi: a) la correttezza e la coerenza delle argomentazioni svolte e delle motivazioni addotte dal professionista a sostegno del formulato giudizio di fattibilità del piano; b) la eventuale impossibilità di dare esecuzione, sia pure parziale, alla proposta di concordato;

c) la eventuale inidoneità della proposta, se emergente prima facie, a soddisfare in qualche misura i diversi crediti rappresentati. Resta, invece, riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito di detto giudizio, che ha a oggetto la fattibilità del piano e la sua convenienza economica” (cfr. Cassazione civile sez. I, 04/05/2016, n. 8799).

Conclusivamente, la proposta definitivamente formulata da C. e sottoposta al voto ampiamente positivo dei suoi creditori deve essere omologata.

omissis