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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24027 - pubb. 11/01/2020.

Stato di insolvenza e rilevanza delle cause che lo hanno determinato


Cassazione civile, sez. VI, 24 Settembre 2013. Pres. Di Palma. Est. Ragonesi.

Stato d'insolvenza - Rilevanza delle cause - Esclusione - Prospettive di superamento nel breve periodo - Necessità - Fattispecie relativa a spese di inizio attività e contrasti fra i soci


Ai fini della dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza deve essere valutato secondo dati oggettivi, prescindendo da qualsiasi indagine in ordine alle relative ragioni; pertanto, nessuna rilevanza hanno le cause che lo hanno determinato, a meno che da esse non possa evincersi una situazione di mera temporanea difficoltà. (Nella specie, la società fallita aveva fatto riferimento alle spese di inizio attività e a contrasti tra soci, senza però spiegare quali prospettive di componimento vi erano nel breve periodo, circostanza quest'ultima che sola avrebbe potuto avallare il carattere transitorio della crisi). (massima ufficiale)

 

Fatto

La Corte, rilevato che sul ricorso n. 16075/12 proposto dal Fallimento A. di Puglia s.r.l. nei confronti della Imperatrice di Puglia s.r.l., e Semiramide s.r.l. in liquidazione il consigliere relatore ha depositato ex art. 380 bis cpc la relazione che segue.

"Il relatore Cons. Ragonesi, letti gli atti depositati, osserva quanto segue.

Il Fallimento Imperatrice di Puglia s.r.l. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi avverso la sentenza della Corte d'Appello di Bari n. 273/12 con cui veniva accolto il reclamo proposto dalla società fallita avverso la sentenza del Tribunale di Bari n.43/2011 che ne aveva dichiarato il fallimento.

La Imperatrice di Puglia s.r.l. si difende con controricorso.

L'altra intimata non ha svolto attività difensiva.

Con i due motivi di ricorso il fallimento ricorrente contesta sotto il profilo della L. Fall., art. 5, e del vizio motivazionale la sentenza impugnata per avere escluso l'esistenza dello stato d'insolvenza.

Il motivi appaiono manifestamente fondati.

Il Tribunale, nell'esaminare l'esistenza o meno di una situazione d'insolvenza ha, in sintesi, osservato quanto segue.

a) Era priva di rilievo l'inadempienza riguardo al credito di 216.000,00, vantato dalla s.r.l. Semiramide a titolo di canoni per l'affitto di azienda dal giugno 2009 a giugno 2010 poichè la reclamante aveva dedotto di avere effettuato un pagamento parziale e poi di essersi accollata altri oneri della soc. Semiramide, risultando alla fine creditrice nei confronti della stessa per Euro 171.436,85, importo reclamato con domanda riconvenzionale proposta in sede di opposizione al precetto mentre la predetta società si era limitata a una contestazione generica, senza fornire chiarimenti di sorta. Il mancato pagamento doveva quindi ritenersi determinato non già da uno stato di insolvenza, bensì esclusivamente dalla contestazione del debito.

b) Le risultanze del bilancio 2009, evidenziavano debiti per Euro 259.958,00, una perdita di esercizio di Euro 55.231,00 rispetto ad un capitale sociale di soli Euro 10.000,00, un patrimonio netto negativo di Euro 45.228,00 e liquidità per soli Euro 9.508,00. Ha peraltro ritenuto che trattandosi del primo esercizio di una società da poco costituita, le perdite, nell'importo innanzi precisato, non potevano considerarsi indicative di una situazione di insolvenza cronica ed irrimediabile, ma trovassero invece giustificazione nella entità dei costi iniziali di organizzazione e avviamento dell’attività aziendale e lasciassero aperte le possibilità di recupero negli esercizi successivi anche perchè il patrimonio negativo era stato nel frattempo ridotto d Euro 20.778,00.

c) Mancavano i tipici segnali rivelatori dello stato di crisi, rappresentati da protesti rilevando che titoli esibiti risultavano protestati per mancanza di autorizzazione, in quanto emessi dal precedente amministratore poi revocato e dalle esecuzioni individuali (i pignoramenti negativi effettuati dai lavoratori erano del 18 marzo 2011, e quindi contestuali alla dichiarazione di fallimento).

d) Vi erano crediti non pagati ai lavoratori per oltre 31 mila Euro per retribuzioni del periodo luglio-agosto 2010, tfr e altro.

e) Conclusivamente poteva ritenersi uno stato temporaneo di difficoltà dell'impresa originato dalle spese di inizio di attività e dai contrasti insorti tra i soci, sfociati nella revoca del primo amministratore con nomina di un nuovo amministratore, nella impugnazione della delibera di revoca del 26 luglio 2010, ed in una serie di iniziative giudiziarie reciproche in cui si era inserita anche la controversia con la soc. Semiramide.

Osserva la Corte che la motivazione fornita dal tribunale appare in alcuni casi non conforme a principi di diritto consolidati ed in altri insufficiente o contraddittoria.

Per quanto concerne la controversia con la società Semiramide, premesso che la valutazione circa la fondatezza di un credito contestato ai fini della dichiarazione di fallimento è rimessa alla prudente valutazione del giudice di merito, non risulta adeguatamente spiegato quale sarebbe il fondamento della domanda riconvenzionale e quali sarebbero state le ulteriori prestazioni effettuate dalla società fallita alla Semiramide.

Va rilevato poi che lo stato d'insolvenza va desunto sulla base di una obiettiva situazione di illiquidità che non consente di far fronte alle obbligazioni contratte.

Nel caso di specie i dati contabili riportati in sentenza evidenziavano debiti per quasi 260 mila Euro a fronte di un disponibilità di cassa di meno di 10 mila Euro con perdite di esercizio e patrimonio netto negativo. Vi erano poi i 31 mila Euro di stipendi ed altri emolumenti dovuti ai dipendenti, sintomo questo fortemente indicativo di una situazione di difficoltà.

A fronte di ciò la Corte d'appello ha ritenuto che ci si trovasse di fronte ad una situazione di temporanea difficoltà a causa dalle spese di inizio attività e dei conflitti tra soci.

Manca peraltro una indicazione precisa di quali sarebbero stati questi investimenti iniziali e va inoltre ricordato che questa Corte ha più volte chiarito che lo stato d'insolvenza, data la sua natura oggettiva, prescinde dalle cause dai motivi che lo hanno generato.

In tale contesto il tribunale, più che spiegare le cause della situazione di difficoltà di liquidità,avrebbe dovuto spiegare quali prospettive di componimento nel breve periodo potevano determinarsi per la risoluzione dei contrasti tra i soci perchè solo questo avrebbe potuto spiegare il carattere transitorio della crisi.

Appare contraddittoria poi la motivazione circa l'inesistenza dei protesti degli assegni e dei pignoramenti. Entrambi infatti si sono indubbiamente verificati. Per i crediti dei dipendenti vi è stato un pignoramento negativo e non rileva che ciò sia avvenuto in contemporanea con la dichiarazione di fallimento posto che comunque la mancanza di beni pignorabili è stata comunque accertata dall'Ufficiale giudiziario. La circostanza poi che gli assegni fossero stati protestati per mancanza del potere di firma dell'amministratore non toglie che il protesto vi sia stato e la causa appare inerente alla gestione stessa della società.

Ove si condivano le testè riportate considerazioni, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375 c.p.c..

 

PQM.

Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di Consiglio.

Roma 29.4.13.

Il Cons. relatore".

Vista la memoria; rilevato:

che per mero refuso nella relazione è scritto "osserva la Corte" mentre evidentemente le osservazioni sono quelle del relatore;

considerato:

che la documentazione prodotta è inammissibile in quanto non rientrante nelle ipotesi di cui all'art. 372 c.p.c.;

che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra, concordando la Corte sulle rilevate carenze motivazionali della sentenza impugnata;

che pertanto il ricorso va, accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per le spese alla Corte d'appello di Bari in diversa composizione.

 

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2013.