Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24025 - pubb. 11/01/2020

La ragionevole contestazione dei crediti toglie all'inadempimento del debitore il significato indicativo dell'insolvenza

Cassazione civile, sez. I, 19 Marzo 2014, n. 6306. Pres. Vitrone. Est. Di Amato.


Stato d’insolvenza - Ragionevole contestazione dei crediti - Conseguenze - Accertamento incidentale - Necessità



Ai fini della dichiarazione di fallimento, la ragionevole contestazione dei crediti toglie all'inadempimento del debitore il significato indicativo dell'insolvenza, cosicché il giudice deve procedere all'accertamento, sia pur incidentale, degli stessi. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


Fatto

Con sentenza del 16 luglio 2011 la Corte di appello di Salerno rigettava i reclami proposti dalla s.a.s Manufatti Cemento A. di V.F.  C. (d'ora in avanti MCF) nonchè da quest'ultimo, quale socio illimitatamente responsabile, avverso la sentenza in data 24 novembre 2010 con cui il Tribunale di Sala Consilina ne aveva dichiarato il fallimento su istanza della s.p.a. GDA e della s.r.l. TD Elektronics. In particolare, per quanto ancora interessa, la Corte di appello osservava che: 1) la MCF non aveva assolto l'onere di provare di possedere i requisiti di non fallibilità previsti dalla L. Fall., art. 1, comma 2, non avendo prodotto non solo i bilanci (alla cui redazione, peraltro, non era obbligata essendo soggetta a regime di contabilità semplificata), ma neppure il registro IVA;

d'altro canto, elementi certi al riguardo non potevano trarsi dalla documentazione acquisita a seguito degli accertamenti demandati alla Guardia di Finanza dal giudice delegato all'istruttoria prefallimentare; 2) lo stato di insolvenza risultava dagli inadempimenti nei confronti dei due creditori istanti, entrambi muniti di titoli esecutivi. Più precisamente, la GDA, che vantava un credito di restituzione di Euro 350.000,00 pari all'importo versato in occasione del preliminare di vendita di un immobile successivamente venduto a terzi dalla MCF, aveva prima ottenuto decreto ingiuntivo per detto importo e, poi, in sede di opposizione, la concessione della provvisoria esecuzione nei limiti della somma non contestata di Euro 250.000,00=. Al riguardo, non rilevava la circostanza che il Tribunale non aveva fatto menzione del credito della s.p.a. GDA nella motivazione della sentenza poichè, comunque, era richiamato il ricorso per fallimento dalla stessa presentato. La s.r.l. TD Elektronics, d'altro canto, era munita di decreto ingiuntivo divenuto definitivo per mancata opposizione per un importo di Euro 49.920,00=; rispetto a tale credito non assumeva rilievo la circostanza che dopo il fallimento il credito era stato ceduto a tale C.F., indicato dai reclamanti come il legale rappresentante della effettiva debitrice, s.r.l. Elettronica Gelbison, e che il C. aveva rinunciato al credito e desistito dall'istanza di fallimento; 3) oltre che dai suddetti inadempimenti l'insolvenza risultava dalla cessazione dell'attività commerciale e dall'avvenuta cessione dei beni strumentali e delle strutture ove la MCF esercitava la sua attività; 4) il reclamo incidentale proposto subordinatamente dalla s.p.a. GDA era inammissibile per tardività poichè la stessa si era costituita appena sei giorni prima dell'udienza fissata per la comparizione delle parti.

La s.a.s. MCF e V.F. propongono ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi illustrati con due successive memorie. La s.p.a. GDA resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato.

 

Motivi

Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione della L. Fall., art. 1, comma 2, ed il vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello aveva omesso di considerare i dati risultanti dalle indagini svolte dalla Guardia di Finanza attestanti che il capitale sociale ammontava alla data del 28 novembre 2008 ad Euro 180.759,91;

che il fatturato degli anni 2006, 2007 e 2008 aveva registrato un reddito rispettivamente di Euro 113.000,00=, di Euro 20.000,00 e di Euro 134.000,00; che non risultavano debiti di importo superiore ad Euro 500.000,00=. Con lo stesso motivo i ricorrenti lamentano, per il caso di ritenuta insufficienza delle prove acquisite, che il fallimento sia stato dichiarato in assenza della prova del superamento dei limiti dimensionali previsti dal citato art. 1.

Il motivo è inammissibile per mancanza del requisito di autosufficienza, non essendo stati trascritti, almeno nella parte essenziale, i documenti contenenti i dati accertati dalla Guardia di Finanza. Resta assorbita ogni considerazione sulla evidente irrilevanza di dati riferiti al capitale anzichè all'attivo patrimoniale ed ai redditi anzichè ai ricavi lordi nonchè sulla chiara indicazione della L. Fall., art. 1 circa il soggetto onerato della prova.

Con il secondo motivo si deduce la violazione della L. Fall., art. 5, nonchè il vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello aveva ritenuto sussistente lo stato di insolvenza, malgrado l'assenza di sintomi significativi, sulla base di un debito verso la s.r.l. TD Elektronics in realtà non riferibile alla fallita, ma alla s.r.l.

Elettronica Gelbison, e sulla base di un debito verso la s.p.a. GDA integralmente contestato e ciò sebbene risultasse che la MCF aveva incassato dalla vendita di un immobile la somma di Euro 1.650.000,00=.

Il motivo è infondato. Il credito della TD Elektronics, istante per il fallimento, risultava, come è pacifico in causa, da un decreto ingiuntivo definitivo perchè non opposto. In tale situazione, esistente al momento della dichiarazione di fallimento, è del tutto irrilevante che il debito della MCF derivasse o meno dal fatto che la stessa, come sostiene, avesse (illecitamente) accettato che fosse a lei intestata una fattura relativa ad una fornitura in favore di altra società.

Per quanto concerne, poi, il credito della s.p.a. GDA lo stesso risultava da un titolo provvisoriamente esecutivo e la fallita neppure in questa sede ha esposto quali fossero i motivi che le avrebbero consentito di trattenere, oltre alla caparra confirmatoria di Euro 50.000,0=, la restante somma ricevuta in acconto del prezzo di una compravendita che non si era perfezionata. In tema di crediti contestati, la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che, ai sensi della L. Fall., art. 6, il fallimento è dichiarato, fra l'altro, su istanza di uno o più creditori, circostanza che non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, nè l'esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all'esclusivo scopo di accertare la legittimazione dell'istante (Cass. s. u. 23 gennaio 2013, n. 1521); lo stesso accertamento incidentale deve essere compiuto al fine di stabilire la sussistenza dello stato di insolvenza in relazione a crediti contestati.

Pertanto, in assenza di una ragionevole contestazione dei crediti che, se sussistente, toglie all'inadempimento del debitore il significato indicativo dell'insolvenza (Cass. 15 maggio 1971, n. 1409), appare del tutto congrua ed immune da vizi logici e giuridici la motivazione della sentenza impugnata laddove ha attribuito rilievo anche all'inadempimento verso la s.p.a. GDA, peraltro unitamente alle circostanze, neppure considerate dai ricorrenti, della cessazione dell'attività commerciale e dell'avvenuta cessione dei beni strumentali e delle strutture ove la MCF esercitava la sua attività.

Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'art. 112 c.p.c., lamentando che la Corte di appello, pur avendo ritenuto inammissibile il reclamo incidentale della s.p.a. GDA, con il quale la stessa lamentava la mancata considerazione del suo credito, aveva poi contraddittoriamente valutato detto credito, sul quale il Tribunale aveva invece taciuto, per affermare l'insolvenza della MCF. Il motivo è infondato. Nella giurisprudenza è ricorrente, a far tempo da Cass. 5 novembre 2010, n. 22546, l'affermazione secondo cui il reclamo avverso la dichiarazione di fallimento, secondo la disciplina dettata dalla L. Fall., art. 18, nella formulazione del c.d. decreto correttivo (D.Lgs. n. 169 del 2007), avrebbe effetto pienamente devolutivo (Cass. ord. 6 giugno 2012, n. 9174; Cass. 24 maggio 2012, n. 8227; Cass. 2 aprile 2012, n. 5227); tale affermazione trova riscontro nella relazione illustrativa del citato D.Lgs. ove si legge che la sostituzione dell'"appello" con il "reclamo" ... vale ad escludere l'applicabilità della disciplina dell'appello dettata dal codice di rito e ad assicurare l'effetto pienamente devolutivo dell'impugnazione, com'è necessario attesi il carattere indisponibile della materia controversa e gli effetti della sentenza di fallimento, che incide su tutto il patrimonio e sullo status del fallito. In realtà, tuttavia, nella citata sentenza n. 22546/2010, contrariamente a quanto appare dalla sua massima, non si afferma affatto la natura "pienamente devolutiva" del reclamo, quasi come se lo stesso potesse limitarsi ad una richiesta di riesame. La sentenza, infatti, dopo avere ricordato che il reclamo deve contenere l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l'impugnazione, con le relative conclusioni e l'indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti (L. Fall., art. 18, comma 2, n. 3), sottolinea i poteri officiosi della Corte di appello (L. Fall., art. 18, comma 10:

all'udienza, il collegio, sentite le parti, assume, anche d'ufficio, nel rispetto del contraddittorio, tutti i mezzi di prova che ritiene necessari, eventualmente delegando un suo componente), ricordando il rilievo ad essi attribuito dalla Corte costituzionale con la sentenza 1 luglio 2009, n. 198. Da tali presupposti, e dalla necessità di un loro coordinamento, la ricordata decisione, risolvendo il caso al suo esame, fa condivisibilmente discendere che il debitore benchè non costituito avanti al tribunale, può indicare anche per la prima volta, in sede di reclamo, i mezzi di prova di cui intende avvalersi.

Pertanto, si può parlare di effetto pienamente devolutivo soltanto nel senso che al reclamo non sono applicabili gli artt. 342 e 345 c.p.c. e le parti sono abilitate a proporre anche questioni non affrontate nel giudizio innanzi al tribunale. Il devolvibile non incontra perciò i limiti dettati dalle citate disposizioni, ma il devoluto è pur sempre soltanto quello definito dal reclamo (cfr. Cass. 28 ottobre 201, n. 22110).

Da tali premesse discende pianamente che, poichè i reclamanti avevano devoluto alla Corte di appello la questione della insolvenza, la stessa Corte ha fatto un legittimo uso dei suoi poteri officiosi prendendo in considerazione, indipendentemente da quanto fatto dal Tribunale, anche il credito vantato dalla s.p.a. GDA. Con il quarto motivo si deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. ed il vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello non aveva posto a fondamento della sua decisione le prove emergenti dagli atti di causa e, contraddittoriamente, aveva utilizzato solo quegli accertamenti della Guardia di Finanza dai quali trarre elementi per affermare la sussistenza dello stato di insolvenza.

Il motivo è inammissibile per le ragioni esposte nell'esame del primo motivo.

Con il quinto motivo si deduce il vizio di motivazione per l'omessa ammissione della prova per testi diretta a provare che l'unico credito valutato dal primo giudice per la declaratoria di fallimento non doveva essere adempiuto dalla fallita, ma dalla s.r.l Elettronica Gelbison, effettiva debitrice.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo stati riportati i capitoli di prova. Resta assorbita ogni considerazione sull'infondatezza del motivo alla stregua di quanto esposto nell'esame del secondo motivo.

Con il ricorso incidentale subordinato la s.p.a. GDA deduce la violazione dell'art. 184 bis lamentando di non essere stata rimessa nei termini, considerato che la tardività della sua costituzione era conseguita, incolpevolmente, al fatto che il decreto di fissazione dell'udienza innanzi alla Corte di appello aveva assegnato ai resistenti il termine di cinque giorni prima dell'udienza per il deposito di memorie e non di dieci come previsto dalla L. Fall., art. 18.

Il ricorso resta assorbito dal rigetto del ricorso principale.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna in solido la s.a.s Manufatti Cemento A. di V.F.  C. e V.F. al rimborso, in favore della s.p.a. GDA, delle spese di lite liquidate in Euro 3.700,00=, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CP. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2014.