Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23934 - pubb. 11/01/2020

Fallimento e bilanci degli ultimi tre esercizi

Cassazione civile, sez. VI, 28 Giugno 2012, n. 11007. Pres. Plenteda. Est. Rosa Maria Di Virgilio.


Fallimento - Sussistenza dei requisiti di non fallibilità - Bilanci degli ultimi tre esercizi - Base documentale necessaria - Sussistenza - Prova legale - Configurabilità - Esclusione - Inattendibilità - Conseguenze - Onere della prova dei requisiti di non fallibilità - Fattispecie



Ai fini della prova da parte dell'imprenditore della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all'art. 1, comma 2, legge fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non anche una prova legale, per cui, ove non considerati attendibili dal giudice (nella specie, attesi i rilievi del curatore nella relazione ex art. 33 legge fall., l'approvazione di plurimi bilanci nella stessa assemblea, il difetto del "quorum", pur essendovi solo due soci e la mancata contabilizzazione di un consistente debito verso terzi), l'imprenditore rimane onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


Il relatore ha depositato la relazione del seguente tenore:

"Premesso:

Con sentenza 27 luglio - 28 settembre 2010, la Corte d'appello di Roma ha respinto il reclamo proposto da Fanni 2000 s.r.l. avverso la sentenza di fallimento n. (OMISSIS) del Tribunale di Roma, condannando la reclamante alle spese del giudizio, rilevando la sussistenza del credito azionato dalla società istante, Zeta 2000, derivante dalla pronuncia giudiziale che, accogliendo la domanda della stessa soc. Fanni 2000, di nullità della compravendita di compendio immobiliare, ha condannato l'acquirente Zeta 2000 alla restituzione e, in accoglimento della riconvenzionale, la venditrice Fanni 2000 alla restituzione del prezzo, nè poteva ritenersi sussistente tra le due obbligazioni rapporto di corrispettività; che le attività desunte dai bilanci societari degli ultimi tre esercizi risultavano inferiori alla soglia di legge, ma che i bilanci non costituivano un parametro affidabile, risultando alla stregua degli elementi evidenziati nella relazione del Curatore, L. Fall., ex art. 33, macroscopiche carenze ed irregolarità nelle scritture contabili e nei bilanci degli esercizi dal 2002 al 2007, tutti approvati il 31/10/2008, per riferita mancanza del quorum assembleare, pur essendo due i soci dal 1996, che unitamente alla mancata approvazione del bilancio per il 2008, non consentivano un quadro completo ed attendibile dei conti societari; che in particolare, la pesante esposizione con tal P.V. non risultava riportata nei bilanci, ma era comprovata sia pure attraverso accertamento incidentale, dalla sentenza 1593/05 del Tribunale di Roma, ed ammessa dalla stessa reclamante là dove asserisce che il debito si sarebbe estinto per rimessione, anche se smentita dal Curatore nella relazione, ove si da atto della insinuazione al passivo per la somma di Euro 570.829,45, in data 18/9/2009.

Il Tribunale aveva rilevato che la mancata restituzione del prezzo della vendita è da farsi risalire a stato di insolvenza e non solo ad un episodio isolato di inadempimento, alla stregua dei dati evidenziati (irreperibilità della Fanni, come constatato in sede di pignoramento, ricorso per dichiarazione di fallimento notificato non presso la sede, inesistente, ma nel luogo di residenza dell'amministratrice, esito negativo del pignoramento, esposizione verso il P., decennale inattività, copertura delle perdite con riserve in conto capitale).

Ricorrono Fanni 2000 s.r.l. e G.C., sulla base di tre motivi.

Si difende con controricorso Zeta 2000; il Fallimento non ha svolto difese.

1) Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione della L. Fall., artt. 1 e 15; la Fanni ha depositato i bilanci degli ultimi tre esercizi con i quali ha provato il rispetto dei requisiti, non ha fatto formale deposito della situazione economica, patrimoniale e finanziaria aggiornata L. Fall., ex art. 15, comma 4, stante l'inattività; la Corte d'appello, pur ritenendo l'idoneità della documentazione prodotta a provare il possesso dei requisiti congiunti di non fallibilità, inopinatamente ha introdotto altri e diversi parametri extra bilancio, ovvero, la relazione del Curatore, di formazione successiva alla stessa sentenza di fallimento, la presunta esistenza del debito di circa 500.000,00 a favore del P., che comunque era di Euro 310.000,00 circa, quindi sotto la soglia di legge.

2) Col secondo motivo, i ricorrenti denunciano omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto controverso e decisivo per il giudizio: la Corte del merito ha erroneamente valutato la "questione P."; la Fanni nel reclamo aveva precisato che il debito era stato rimesso in data antecedente al fallimento, riservandosi la produzione della quietanza dell'11/6/09 alla successiva udienza, ma dopo l'udienza del 15 luglio 2009, vi era stata la declaratoria di fallimento, e la produzione era stata effettuata in sede di reclamo;

il legale che aveva difeso il P., che si era insinuato al passivo del Fallimento, aveva poi rinunciato al ricorso ed il P. aveva presentato esposto contro il Curatore, che era stato revocato dall'incarico; nello stato passivo dichiarato esecutivo non vi era la domanda di ammissione del P.; vi erano tutte le evidenze documentali per escludere l'esistenza del debito verso il P., ma tutti questi fatti non sono stati considerati dalla Corte del merito.

3) Col terzo motivo, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 5: alla data dell'istanza di fallimento, la Fanni aveva impugnato in appello la sentenza di nullità contrattuale, presentato due inibitorie ed aveva proposto opposizione ex art. 615 c.p.c.; il titolo della Zeta, costituente l'unico credito, era comunque contestato, e la società non aveva protesti nè procedure esecutive in corso.

Il primo motivo è infondato, atteso che la Corte d'appello ha valutato l'inattendibilità degli ultimi bilanci (da intendersi relativi agli esercizi 2006 e 2007), rilevando che, alla stregua degli elementi desunti dalla relazione del Curatore, risultavano carenze ed irregolarità nelle scritture contabili e nei bilanci, approvati, insieme a quelli degli esercizi anteriori a partire da quello relativo al 2002, tutti il 31 ottobre 2008, per riferita mancanza del quorum assembleare, nonostante fossero i soci due a partire dal 1996, evidenziando la mancata approvazione del bilancio per il 2008, e che la conferma della inattendibilità dei conti societari era data dalla esistenza della notevole esposizione debitoria verso il P.V., non riportata nei bilanci. Ciò posto, si deve rilevare che la Corte d'appello, nella valutazione propria del merito, ha ritenuto inattendibili i dati dei bilanci, l'ultimo dei quali neppure approvato (e tale rilievo non è stato in alcun modo censurato dai ricorrenti).

Nè la pronuncia di questa Corte 11309/2009 conforta la tesi dei ricorrenti, atteso che è stato affermato nella pronuncia citata che "Secondo quanto prevede la L. Fall., art. 1, gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, quando dimostrino il possesso congiunto di determinati requisiti patrimoniali ed economici, che vanno desunti comunque almeno dai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, al cui deposito il debitore è tenuto a norma della L. Fall., art. 15, comma 40, ai fini appunto della decisione sulla richiesta di fallimento...E benchè non abbiano certamente valore di prova legale, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi sono la base documentale imprescindibile della dimostrazione che il debitore ha l'onere di fornire per sottrarsi alla dichiarazione di fallimento".

Base documentale che la Corte d'appello ha nel caso valutato inattendibile per le ragioni riportate (e la questione del debito verso il P. è stata rilevata dalla Corte d'appello al fine di motivare l'inattendibilità dei bilanci, e non è stata posta a base della declaratoria di fallimento).

Varrebbe in ogni caso il rilievo che, comunque, è stato accertato dalla Corte romana il superamento del limite di non fallibilità di cui alla lett. c) della L. Fall., art. 1, vista l'entità del credito azionato dalla Zeta 2000.

Il secondo motivo è inammissibile, per mancanza di decisività della "questione" P., e degli altri fatti dedotti dai ricorrenti (remissione del debito, rinuncia all'insinuazione, esposto contro gli Organi della procedura, revoca del Curatore), che, per come esposti ed avuto riguardo alle ragioni della sentenza impugnata, sono irrilevanti, avendo la Corte d'appello accertato lo stato di insolvenza e l'ammontare dell'indebitamento verso la Zeta 2000 s.r.l., superiore al limite di legge.

Il terzo motivo è inammissibile.

La Corte d'appello ha ritenuto sussistente lo stato di insolvenza della Fanni 2000 sulla base di una complessiva valutazione, affidata ad una serie di gravi elementi, indicati a p. 8 della sentenza, che hanno motivatamente indotto il Giudice del merito a valutare la mancata restituzione del corrispettivo della vendita non come mero inadempimento, ma come incapacità definitiva dell'impresa di far fronte ai propri debiti.

E' agevole rilevare che la censura dei ricorrenti non coglie la ratio decidendi della pronuncia impugnata, che, inoltre, ha motivato in fatto le ragioni del ritenuto stato di insolvenza.

Il ricorso può essere quindi deciso in Camera di consiglio".

I ricorrenti, che non hanno depositato la memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, all'udienza in Camera di consiglio hanno sostanzialmente riproposto le censure e le argomentazioni fatte valere in ricorso, evidenziando in particolare il procedimento disciplinare a carico del Giudice delegato e l'avvenuta revoca del Curatore.

Il Collegio, visti il ricorso ed il controricorso, valutati i rilievi avanzati dal relatore, nel prestare sostanziale adesione agli argomenti ed alle valutazioni di cui alla relazione, di contro alle deduzioni ulteriormente precisate ed argomentate in sede di udienza camerale dalla difesa dei ricorrenti, rileva ed evidenzia:

1) l'ininfluenza del comportamento in tesi riferibile al Giudice delegato nella fase prefallimentare, atteso che il presente giudizio ha ad oggetto la sentenza della Corte d'appello, che ha respinto il reclamo avverso la sentenza del Tribunale dichiarativa di fallimento;

2) che, ai fini della prova da parte dell'imprenditore della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui alla L. Fall., art. 1, comma 2, i bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non costituiscono prova legale, per cui, ove non considerati attendibili, l'imprenditore rimane onerato della prova della sussistenza comunque dei requisiti della non fallibilità;

3) che nel caso, la Corte d'appello ha concluso per la non attendibilità dei bilanci degli ultimi esercizi non solo considerando i rilievi del Curatore nella relazione L. Fall., ex art. 33, ma l'approvazione dei bilanci degli esercizi dal 2002 al 2007 (il bilancio dell'esercizio 2008 non risulta neppure approvato) nella stessa assemblea, per riferita mancanza del quorum assembleare, pur essendo solo due i soci dal 1996, e la mancata inclusione nei bilanci della forte esposizione debitoria verso P.V., accertata sia pure incidentalmente, nella sentenza del Tribunale di Roma 1593/05, e sostanzialmente riconosciuta dalla parte, sostenendone l'estinzione prima della dichiarazione di fallimento.

Nel resto, le censure ed i rilievi dei ricorrenti hanno trovato adeguata considerazione nella relazione.

Ne consegue la reiezione del ricorso, con condanna dei ricorrenti alle spese del giudizio, come liquidate in dispositivo.

 

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 2700,00, di cui Euro 200,00 per spese; oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012.