Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22802 - pubb. 11/01/2019

Efficacia nei confronti del debitore ceduto della cessione di rapporti giuridici in blocco

Cassazione civile, sez. I, 17 Marzo 2006, n. 5997. Pres. De Musis. Est. Marziale.


Banca - Cessione di rapporti giuridici in blocco - Pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'art. 58, secondo comma, del d.lgs n. 385 del 1993 - Sufficienza - Notificazione al debitore ceduto - Ammissibilità - Modalità - Incidenza sul trasferimento del credito - Esclusione



L'art. 58, secondo comma, del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (nel testo originario, applicabile "ratione temporis") ha inteso agevolare la realizzazione della cessione "in blocco" di rapporti giuridici, prevedendo, quale presupposto di efficacia della stessa nei confronti dei debitori ceduti, la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale, e dispensando la banca cessionaria dall'onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti. Tale adempimento, ponendosi sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall'art. 1264 cod. civ., può essere validamente surrogato da questi ultimi, e segnatamente dalla notificazione della cessione, che non é subordinata a particolari requisiti di forma, e può quindi aver luogo anche mediante l'atto di citazione con cui il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto, ovvero nel corso del giudizio. Esso, comunque, é del tutto estraneo al perfezionamento della fattispecie traslativa, in quanto rileva al solo fine di escludere l'efficacia liberatoria del pagamento eseguito al cedente, senza incidere sulla circolazione del credito, il quale fin dal momento in cui la cessione si é perfezionata é nella titolarità del cessionario, che é quindi legittimato a ricevere la prestazione dovuta anche se gli adempimenti richiesti non sono stati ancora eseguiti. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MUSIS Rosario - Presidente -

Dott. CAPPUCCIO Giammarco - Consigliere -

Dott. MARZIALE Giuseppe - rel. Consigliere -

Dott. RORDORF Renato - Consigliere -

Dott. SCHIRÒ Stefano - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PAVAN S.p.a. (già Pavan Mapimpianti s.p.a.), in persona dell'amministratore delegato, elettivamente domiciliata in Roma, *, presso il prof. avv. B. M., che con l'avv. D. G. lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.p.a., in persona dell'amministratore delegato, elettivamente domiciliata in Roma, *, presso il prof. avv. G. G., che la rappresenta e difende in virtù di procura in calce a margine del controricorso;

- controricorrente -

e

EFIBANCA - ENTE FINANZIARIO INTERBANCARIO S.p.a.;

- intimata -

avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma n. 523/02 del 5 febbraio 2002. Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 14 novembre 2005 dal Dott. Giuseppe Marziale;

Uditi, per le parti, il prof. avv. B. e il prof. avv. G.;

Udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale Dott. GOLIA Aurelio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 - Con atto di citazione notificato, rispettivamente, il 27 e il 4 giugno 1996 l'Efibanca s.p.a. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, la Pavan-Mapimpianti s.p.a. (d'ora innanzi: Pavan) e la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. (d'ora innanzi: B.N.L.), chiedendo la condanna della prima al pagamento di Dollaro USA 870.000, o del suo controvalore in lire, oltre accessori e, in via subordinata, la condanna dell'altra convenuta alla restituzione o al risarcimento, in suo favore, per un importo corrispondente. Esponeva l'attrice:

- che il 3 marzo 1992 la Pavan aveva concluso con la Food Products Co. (d'ora innanzi: F.P.), con sede in Arabia Saudita, un contratto avente ad oggetto la fornitura di un impianto per la produzione di pasta;

che, a garanzia dell'esatto adempimento delle obbligazioni assunte dalla Pavan, la Arab National Bank (d'ora innanzi: A.N.B.) aveva rilasciato, in favore della Food Products una garanzia bancaria a prima richiesta per la somma di Dollari USA 870.000;

- che il rilascio di tale garanzia era stato "controgarantito" da essa esponente con una lettera di garanzia le cui modalità e i cui contenuti erano state specificati in una separata convenzione stipulata il 28 marzo 1994 con la Pavan;

- che la "controgaranzia" rilasciata in favore della Arab National Bank era stata assunta, in un secondo momento, dalla B.N.L., a sua volta "controgarantita" da essa esponente;

- che il 24 aprile 1996 la B.N.L. le aveva comunicato di avere onorato il proprio obbligo di controgaranzia in favore della A.N.B. e di averle addebitato il relativo importo sul conto corrente a lei intestato;

- che le obiezioni mosse dalla Pavan all'escussione della controgaranzia erano infondate in quanto la richiesta di rimborso formulata dalla A.N.B. era stata tempestiva e pienamente rituale;

1.1 - Il Tribunale - dopo aver posto in evidenza che la A.N.B., nell'escutere la "controgaranzia", non aveva fatto alcun riferimento all'inadempimento dell'obbligazione principale - respingeva la domanda proposta nei confronti della Pavan con sentenza del 17 febbraio 1999, osservando che l'attrice non poteva esimersi, per il principio di buona fede e correttezza nell'esecuzione del mandato che la legava alla società convenuta, dal verificare se la ricorrenza di tale presupposto fosse stato, o meno, dichiarata. La domanda, avanzata in via subordinata dalla stessa Efibanca nei confronti della B.N.L., era invece accolta, in base alla considerazione che tale società, aderendo senza muovere obiezioni alla richiesta di rimborso formulata dalla A.N.B., era venuta meno, a sua volta, ai doveri di buona fede e di correttezza che le incombevano.

1.2 - Proponeva appello la B.N.L., qualificandosi come successore a titolo particolare della Efibanca, in forza di contratto di cessione "in blocco" concluso il 23 dicembre 1999 con quest'ultima società, ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 58,. 1.3 - La Corte territoriale accoglieva il gravame, dopo averlo dichiarato ammissibile, osservando: a) che la formula giustificativa non era stata riprodotta nella lettera di controgaranzia; b) che detta formula aveva comunque un rilievo solo "formale", e doveva quindi escludersi che la sua mancanza avesse reso "inammissibile" la richiesta di pagamento.

1.4 - La Pavan ha chiesto la cassazione di tale sentenza con quattro motivi di ricorso, illustrati con memoria.

La BNL si è opposta all'accoglimento del gravame e ha depositato, a sua volta, memoria illustrativa.


MOTIVI DELLA DECISIONE

2 - Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente - denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 111, 116 e 132 c.p.c., dell'art. 2697 c.c., del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 58, nonché vizio di motivazione - censura la sentenza per non aver rilevato l'inammissibilità dell'appello proposto dalla B.N.L. quale cessionaria della Efibanca senza fornire la prova della propria legittimazione.

Nessuno di tali rilievi può essere accolto.

2.1 - Dagli atti di causa che - tenuto conto del vizio prospettato, inerente ad una condizione per la trattazione del merito della causa:

Cass. 20 novembre 2003, n. 17606; 1 marzo 2004, n. n. 4121 - possono essere oggetto di diretto esame da parte di questa Corte, si ricava:

- che la B.N.L. assumeva di essere subentrata in corso di causa, quale cessionaria, nel credito azionato dalla Efibanca contro la ricorrente;

che, a dimostrazione di tale assunto, aveva depositato: a) copia del "Foglio Inserzioni" della Gazzetta Ufficiale n. 53 del 4 marzo 2000, nel quale era stata pubblicata, ai sensi dell'art. 58, secondo comma, D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, la notizia dell'avvenuta cessione

"in blocco" di una serie di crediti in suo favore da parte dell'Efibanca, dei quali venivano forniti i relativi numeri identificativi; b) copia della lettera inviata il 21 febbraio 2000 dalla B.N.L. alla Efibanca, nel cui allegato si precisava che il credito contraddistinto nel documento sub a) dal n. 5/4342 era quello vantato dalla Efibanca nei confronti della Pavan;

- che la società Efibanca, costituendosi in grado d'appello ha confermato l'avvenuto acquisto del credito da parte della B.N.L. ed ha prestato adesione alle conclusioni con le quali detta società aveva chiesto la condanna in proprio favore della Pavan (v. comparsa di costituzione e risposta depositata il 28 giugno 2000). Ciò premesso, si osserva quanto segue.

2.2 - Questa Corte ha statuito, in reiterate occasioni, che il contratto di cessione si conclude per effetto del consenso manifestato dal cedente e dal cessionario e che, pertanto, gli adempimenti richiesti dall'art. 1264 c.c., perché tale contratto abbia effetto nei confronti del debitore ceduto rimangono estranei al perfezionamento della fattispecie traslativa (Cass. 22 dicembre 1988, n. 7013; 17 marzo 1995, n. 3099; 21 gennaio 2005, n. 1312). Essi rilevano, infatti, al solo fine di escludere l'efficacia liberatoria del pagamento eseguito al cedente, senza incidere sulla circolazione del credito. Il quale, conseguentemente, fin dal momento in cui la cessione si è perfezionata è nella titolarità del cessionario, che è quindi legittimato a ricevere la prestazione dovuta anche se, nel frattempo, gli adempimenti richiesti dall'art. 1264 c.c., comma 1, non sono stati ancora eseguiti (Cass. 30 agosto 1995, n. 9195; 21 gennaio 2005, n. 1312). Ciò spiega perché si ritenga, con orientamento ormai costante, che la notificazione della cessione non richiede particolari requisiti di forma e può, pertanto, essere effettuata anche mediante l'atto di citazione con il quale il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto (Cass. 30 luglio 2004, n. 14610; nello stesso senso già:

Cass. 19 febbraio 1952, n. 438; 1 giugno 1960, n. 1428; 28 novembre 1961, n. 2737) o anche successivamente, nel corso del giudizio (Cass. 12 maggio 1990, n. 4077, oltre a Cass. 14610/04, cit.).

2.2.1 - Con il D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58, comma 2, si è inteso agevolare la realizzazione delle cessioni "in blocco" di rapporti giuridici, dispensando la banca cessionaria dall'onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti. Quale presupposto di efficacia della cessione rispetto ai debitori ceduti è stata infatti prevista la pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale, di un avviso dell'avvenuta cessione. Appare evidente che tale adempimento si poneva, secondo le norme in quel momento in vigore, sulla stessa linea di quelli prescritti dall'art. 1264 c.c. e che, pertanto, al pari di questi ultimi, esso è del tutto estraneo al perfezionamento della cessione. Nè può esservi dubbio che, poiché trattasi di norma agevolativa, l'eventuale carenza delle formalità da essa prescritte, possa essere surrogata dagli adempimenti stabiliti in via generale dall'art. 1264 c.c. e, in particolare, dalla notificazione della cessione al

debitore ceduto.

2.2.2 - I rilievi mossi dalla ricorrente alla ritualità della pubblicazione dell'avviso in Gazzetta sono pertanto inconferenti, dovendo ritenersi, per quanto si è detto, che con l'atto d'appello (ivi p. 12) la cessionaria B.N.L. ha dato notizia al debitore ceduto (la Pavan) dell'avvenuta cessione del credito e che la notifica di tale atto vale quale notifica della cessione (retro, P. 2.2). Quanto poi all'affermazione che la pubblicazione dell'avviso in G.U. e la lettera spedita alla Efibanca non fornirebbero prova "apprezzabile positivamente" dell'avvenuta cessione del credito, basta rilevare che la prova della cessione può essere ricavata anche dagli atti difensivi del cedente (Cass. 14610/04, cit.) e che, nel caso di specie, come del resto era stato già posto in evidenza dalla difesa della B.N.L., la presa di posizione della Efibanca (che, confermando, con la comparsa di costituzione e risposta d'appello, il trasferimento del credito alla B.N.L. e desistendo dalla pretesa avanzata nella precedente fase di giudizio, aveva prestato piena adesione alle conclusioni con le quali quest'ultima aveva chiesto, quale cessionaria, la condanna della Pavan ad eseguire la prestazione dovuta in proprio favore) era tale da non consentire più alcun dubbio in ordine all'esistenza della cessione e alla legittimazione della B.N.L., a proporre appello avverso la sentenza di primo grado. 2.2.3 - Con il motivo in esame la sentenza impugnata è stata censurata anche per vizio di motivazione, assumendo che sarebbe stata omessa ogni indicazione delle ragioni per le quali sono state ritenute infondate le considerazioni svolte a confutazione delle prove dedotte a dimostrazione della successione della B.N.L. nel diritto controverso (retro, P. 2). Ma tale doglianza è palesemente inammissibile, essendo pacifico che una questione di natura processuale non può essere oggetto di ricorso per cassazione sotto il profilo di vizio della motivazione, giacché in tal caso questa Corte è (anche) giudice del fatto, essendo abilitata a procedere al diretto esame degli atti e delle risultanze processuali (Cass., sez. un., 4 ottobre 2002, n. 14275; 10 luglio 2003, n. 10840; Cass. 18 giugno 2003, n. 9707; 15 luglio 2003, n. 11034). Il motivo deve essere quindi respinto in ogni sua parte. 3 - Il secondo mezzo di gravame (con il quale - denunziandosi violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 132 c.p.c., in relazione all'art. 2697 c.c. e vizio di motivazione - viene mosso alla Corte territoriale l'addebito di aver mancato di pronunciarsi "circa l'assoluta mancanza di prova dei pagamenti che si afferma essere stati effettuati da Efibanca; B.N.L. e A.N.B. nei confronti ... rispettivamente di B.N.L., di A.N.B. e di F.P.", vale a dire della Foods Products Co., beneficiarla della garanzia) è chiaramente inammissibile.

Il vizio di omessa pronuncia è configurabile, infatti, solo rispetto alle eccezioni riservate all'iniziativa di parte (Cass. 6 giugno 2002, n. 8220), mentre nel caso di specie la società Pavan si era limitata a contestare l'esistenza di uno dei fatti costitutivi (l'avvenuto pagamento della somma dovuta in controgaranzia) del diritto alla rivalsa azionato nei suoi confronti dalla Efibanca, la cui mancanza, in base ai principi, poteva essere rilevata dal giudice anche d'ufficio.

Le ragioni che portano a ritenere inammissibile la denunzia, in sede di legittimità, del vizio di motivazione rispetto alla deduzione di violazioni di natura processuale (che tale, malgrado il riferimento all'art. 2697 c.c., sia la natura della censura formulata con il secondo motivo di gravame è reso evidente, in particolare, dalla puntualizzazione fatta a p. 7 della memoria) sono state esposte nel precedente paragrafo, al quale non resta che fare rinvio. 4 - Con il terzo motivo, la ricorrente - denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c., e segg. e artt. 1710 c.c., e segg., nonché vizio di motivazione - censura la sentenza impugnata per aver accolto la pretesa avanzata dalla Efibanca (e, per essa, della B.N.L.) di essere rimborsata delle somme corrisposte (a suo dire) alla società F.P. in adempimento dell'obbligo di garanzia, senza considerare: a) che tale richiesta non era stata accompagnata dalla attestazione del mancato adempimento dell'obbligazione principale, secondo la formula contrattuale "stating the failure of Pavan"; b) che il rimborso era stato effettuato senza verificare la ricorrenza di tale presupposto; c) che tale verifica la società "controgarante" era tenuta ad effettuare in esecuzione dei doveri di diligenza inerenti al mandato che le era stato conferito dalla società ordinante; d) che la formula contrattuale sopra riportata alla lettera "a" non rappresentava una mera formalità, in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, implicava per il beneficiario l'onere di specificare gli estremi dell'inadempimento del debitore principale.

4.1 - Neppure tali rilievi possono essere accolti. Nella sentenza impugnata si afferma, ed è comunque incontroverso tra le parti, che le "garanzie", oggetto di esame nel presente giudizio, appartengono al novero di quelle "autonome", e sono quindi prive di ogni vincolo di accessorietà con l'obbligazione principale (Cass. 2 aprile 2002, n. 4637; 23 giugno 2000, n. 8540; 20 agosto 1998, n. 8248). Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il garante assume in tal caso l'impegno di effettuare il pagamento di una determinata somma di denaro in favore del beneficiario della garanzia per il solo fatto che tale soggetto, allegando l'inadempimento dell'obbligazione principale, ne faccia richiesta. Nell'assumere tale obbligo il garante rinunzia ad opporre eccezioni inerenti al rapporto che lo lega al debitore principale al beneficiario della garanzia, anche se dirette a far valere l'invalidità del contratto dal quale tale rapporto deriva (Cass. 7 marzo 2002, n. 3326; 8540/00, cit.; 3 febbraio 1999, n. 920), a meno che non siano fondate sulla nullità per contrarietà a norme imperative o per illiceità della causa, dovendo ritenersi che in quest'ultimo caso l'invalidità del contratto "presupposto" si comunichi al contratto di garanzia, rendendo la sua causa illecita (Cass. 3326/02, cit.). 4.1.1 - Si è ormai chiarito che la buona fede opera, nell'ambito dei rapporti obbligatori, su un piano di reciprocità, quale fonte integrativa degli effetti degli atti di privata autonomia, integrando ovvero restringendo gli obblighi letteralmente assunti dalle parti o derivanti da specifiche norme di legge (Cass. 28 gennaio 1998, n. 831; 5 maggio 1999, n. 12310; 10 ottobre 2003, n. 15150; 24 febbraio 2004, n. 3610). Muovendo da tali premesse, questa Corte ha statuito a più riprese che il garante, quando esistano prove evidenti (le c.d. prove liquide) del carattere fraudolento (o anche solo abusivo) della richiesta di pagamento avanzata dal beneficiario della garanzia, può (e deve) rifiutare il pagamento richiesto (Cass. 24 aprile 1991, n. 4519; 6 aprile 1998, n. 3552; 21 aprile 1999, n. 3964; 1 ottobre 1999, n. 10864). Per corroborare tale conclusione ci si è richiamati ad un istituto giuridico del diritto romano di origine pretoria, l'exceptio doli generalis, concessa al convenuto per difendersi da azioni fondate sullo jus civile, il cui esercizio era da ritenersi tuttavia non conforme all'aequitas perché ispirato da un contegno doloso. Quale che sia il valore di tale riferimento storico, è comunque certo che, nell'ordinamento vigente: a) il riferimento al principio di buona fede nell'esecuzione dei contratti è sufficiente a giustificare, rispetto al tipo di garanzia nel presente giudizio, il rifiuto, da parte del garante, della richiesta di pagamento formulata dal beneficiario della garanzia; b) l'autonomia della posizione del garante, rispetto all'obbligazione garantita non è di ostacolo all'accoglimento di tale conclusione, per la decisiva ragione che il rifiuto opposto dal garante è fondato su circostanze che sono indice di un comportamento malizioso (e, come tale, non conforme a buona fede) del beneficiario della garanzia e, quindi, dell'altro soggetto del rapporto di garanzia; c) che il rifiuto della richiesta di pagamento presentata dal beneficiario della garanzia rappresenta (non una semplice "facoltà", ma) un dovere per il garante, essendo tale soggetto legato, a sua volta, con il debitore principale da un rapporto di mandato che è tenuto ad adempiere con diligenza (art. 1710 c.c.), oltre che secondo buona fede (art. 1375 c.c.); d) che,

conseguentemente, l'accoglimento della richiesta di pagamento avanzata dal beneficiario della garanzia, quando sussistano prove evidenti della sua pretestuosità, preclude al garante la possibilità di agire in rivalsa nei confronti del debitore principale (Cass. 1 ottobre 1999, n. 10864). 4.2 - La Corte territoriale, pur attenendosi a tali principi, ha ritenuto non censurabile l'accoglimento, da parte delle controgaranti, della richiesta di rimborso avanzata dalla A.N.B. dopo aver soddisfatto la pretesa avanzata, nei suoi confronti, dalla beneficiaria della garanzia. Di qui la riforma della sentenza di primo grado che era invece giunta a conclusioni opposte (retro, P., 1.1).

Nella sentenza impugnata si afferma che i giudici di primo grado "più che ritenere provato il dolo nella pretesa all'escussione" della controgaranzia, avevano affermato "l'inadeguatezza formale della richiesta" di pagamento, in quanto priva della formula "stating the failure of Pavan", contenente l'attestazione dell'inadempimento della debitrice principale. Ma tale assunto, prosegue la Corte, non può essere condiviso, sia perché la formula sopra indicata non era stata riprodotta nel distinto contratto stipulato con la "controgarante" e non poteva esserle quindi opposta, sia perché il suo valore era comunque meramente "formale", non essendo richiesta "a suffragio, non solo una prova scritta, e neppure un principio di prova, ma perfino una motivazione", e doveva quindi escludersi che la sua mancanza rendesse la richiesta di pagamento giuridicamente irrilevante.

4.3 - La ricorrente, come si è anticipato (retro, P. 4), censura tale capo della sentenza impugnata sotto un duplice profilo:

a) contestando la ricostruzione del significato e della portata della formula "giustificativa effettuati dalla Corte territoriale, deducendo che l'uso dell'articolo determinativo "the", in luogo di quello indeterminativo "a", stava ad indicare che il beneficiario della garanzia non poteva limitarsi ad affermare genericamente l'inadempimento del debitore principale, ma era tenuto a specificarne i contenuti, onde mettere tale soggetto nella condizione di poter reagire prontamente nel caso in cui tale dichiarazione sia manifestamente in veritiera;

b) assumendo che la "controgarante" non poteva esimersi dal verificare se la beneficiaria della garanzia (la società F.P.), nell'Opescutere la garanzia rilasciata in suo favore dalla A.N.B. avesse, o meno, dichiarato che la società debitrice si era resa inadempiente.

4.3.1 - I rilievi specificati alla lettera a) del precedente paragrafo non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità e vanno quindi dichiarati inammissibili. Essi si risolvono, infatti, in una critica dell'interpretazione data dal giudice del merito ad una clausola contrattuale, fondata su un accertamento di fatto la cui esattezza non può essere riconsiderata da questa Corte (Cass. 22 gennaio 1990, n. 321; 13 febbraio 2002, n. 2074; 22 giugno 2005, n. 13399). Nemmeno l'ulteriore rilievo, puntualizzato alla lettera b), può essere accolto, per la decisiva ragione che, essendo nei casi considerati il rapporto di garanzia "autonomo" rispetto a quello garantito, fatti inerenti a quest'ultimo rapporto e al contratto dal quale esso derivi possono assumere rilievo, nei rapporti tra garante e beneficiario della garanzia, solo se espressivi di un comportamento "doloso" (e, come tale, contrario a buona fede) del beneficiario della garanzia (retro, P. 4.1.1). E sempre che l'accertamento probatorio di tali circostanze di fatto sia agevole e di breve durata (retro, loc. ult cit.).

5 - Resta l'ultimo motivo, con il quale la ricorrente - denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1460 e 1710 c.c., nonché vizio di motivazione - si duole che la Corte territoriale abbia omesso di pronunciarsi sull'eccezione con la quale aveva dedotto che la "controgarante", non avendo rilevato, come avrebbe dovuto, che l'escussione della garanzia era stata fraudolenta (o quanto meno abusiva) aveva perso il diritto di agire in regresso nei confronti della debitrice principale.

È agevole osservare che tale censura era assorbita dall'accertamento dell'infondatezza dei rilievi mossi dalla ricorrente alla legittimità dell'accoglimento, da parte delle controgaranti, della richiesta di rimborso avanzata dalla società garante. E che non vi era, pertanto, alcuna necessità di un'espressa statuizione su tale specifica questione.

6 - Il ricorso deve essere quindi respinto in ogni sua parte. Le spese seguono la soccombenza e possono essere liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese, liquidate in Euro 15.100,00 (quindicimilacento/00), di cui Euro 15.000,00 (quindicimila/00) per onorari, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2005. Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2006