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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21882 - pubb. 11/01/2019.

Credito da somministrazione di energia elettrica eseguita in periodo precedente all'ammissione dell'impresa all'amministrazione controllata


Cassazione Sez. Un. Civili, 22 Maggio 1996. Est. Bibolini.

Disciplina dell'art. 74, secondo comma, legge fallimentare - Applicabilità alla procedura di amministrazione controllata - Esclusione - Credito da somministrazione di energia elettrica eseguita in periodo precedente all'ammissione dell'impresa all'amministrazione controllata - Successiva ammissione dell'impresa somministrata all'amministrazione straordinaria - Carattere di prededucibilità del predetto credito - Esclusione


La disciplina del secondo comma dell'art. 72 legge fallimentare (a norma del quale il curatore subentrante nel contratto di somministrazione deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute), non essendo attuazione concreta di un principio generale attinente alla natura del contratto, non può avere generale applicazione a tutti i casi di continuazione del rapporto nel corso di procedure concorsuali cui detta disciplina specifica non sia normativamente estesa; ne' il carattere eccezionale della disciplina stessa, tipicamente connessa ad una procedura concorsuale e liquidatoria con carattere satisfattivo, può comportare l'applicazione analogica ad altre procedure, come l'amministrazione controllata, in cui la concorsualità assume connotazioni particolari, con finalità essenzialmente conservative delle condizioni originarie del concorso, in relazione alla temporaneità dell'esperimento della singola procedura. Ne consegue che il credito da somministrazione maturato da un soggetto agente in situazione di monopolio, ex art. 2597 cod.civ., per erogazioni di energia elettrica eseguite in favore di una impresa in periodo anteriore all'ammissione della stessa alla procedura di amministrazione controllata, non ha il carattere della prededucibilità nella consecutiva procedura di amministrazione straordinaria, cui la somministrata sia stata successivamente ammessa. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Vittorio VOLPE Primo Presidente
" Marcello TADDEUCCI Pres. di Sez.
" Michele CANTILLO "
" Vittorio VOLPE Consigliere
" Vito GIUSTINIANI "
" Francesco AMIRANTE "
" Vincenzo CARBONE "
" Giovanni OLLA "
" Gian Carlo BIBOLINI Rel. "
ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 13812-92 proposto

da

S.P.A. ENEL - ENTE NAZIONALE PER L'ENERGIA ELETTRICA, in persona dei suoi legali rappresentanti, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Umberto Monacciani, Sergio Vinciguerra e Maria Teresa Barbantini, presso la quale ultima è domiciliata in Roma, Piazza di Trevi n. 86-6, giusta procura in calce al ricorso introduttivo; nonché dall'avv. Nicola Picardi per procura speciale in atti;

Ricorrente

contro

S.P.A. FABBRICA ITALIANA TUBI FERROTUBI - F.I.T. in Amministrazione Straordinaria, con sede in Milano, in persona del Commissario Straordinario Avv. Rosario Nolasco, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Domenico Cavaliere e Mario Adornato, elettivamente domiciliata presso il primo in Roma, via Corvisieri n. 46, per delega a margine del controricorso con ricorso incidentale;

Intimata

e su ricorso n. 948-93 proposto

da

S.P.A. FABBRICA ITALIANA TUBI FERROTUBI - F.I.T. in Amministrazione Straordinaria, con sede in Milano, in persona del Commissario Straordinario Avv. Rosario Nolasco, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Domenico Cavaliere e Mario Adornato, elettivamente domiciliata presso il primo in Roma, va Corvisieri n. 46, per delega a margine del controricorso con ricorso incidentale;

Controricorrente e ricorrente incidentale

contro

S.P.A. ENEL - ENTE NAZIONALE PER L'ENERGIA ELETTRICA, in persona dei suoi legali rappresentanti, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Umberto Monacciani, Sergio Vinciguerra e Maria Teresa Barbantini, presso la quale ultima è domiciliata in Roma, Piazza di Trevi n. 86-6, giusta procura in calce al ricorso introduttivo;

Controricorrente a ricorso incidentale

avverso la sentenza n. 1691-91 pronunciata dalla Corte d'Appello di Milano in data 25 ottobre 1991;
udita la relazione del consigliere Gian Carlo Bibolini;
Sentiti gli Avv. ti Picardi e Marcello Adornato con delega i quali hanno chiesto rispettivamente l'accoglimento del ricorso principale con il rigetto di quello incidentale e l'accoglimento del ricorso incidentale con il rigetto di quello principale;
sentito il P.M. Dott. FRANCO MOROZZO DELLA ROCCA il quale ha chiesto l'accoglimento del primo motivo del ricorso principale, il rigetto del secondo e l'assorbimento del ricorso incidentale;

FATTO

La s.p.a. Fabbrica Italiana Tubi Ferrotubi - F.I.T. veniva ammessa alla procedura di amministrazione controllata con decreto del 18 agosto 1982 e, dopo pochi mesi, all'amministrazione straordinaria con decreto ministeriale in data 9 dicembre 1982 che autorizzava contestualmente la continuazione dell'esercizio dell'impresa. Il 31 maggio 1984 il Commissario Giudiziale depositava presso la Cancelleria del Tribunale di Milano lo stato passivo, nel quale era ammesso un credito dello ENEL con rango chirografario ammontante a complessive L. 9.395.114.291, costituente il corrispettivo di somministrazioni di energia elettrica verificatesi in data anteriore all'inizio dell'amministrazione controllata, nonché nel corso di questa procedura.
Proponendo ricorso in opposizione allo stato passivo con atto notificato il 16 luglio 1984, lo ENEL rivendicava sia importi superiori a quelli riconosciuti, sia il rango in anteclasse per le forniture anteriori all'amministrazione controllata, per quelle effettuate nel corso di detta procedura ed inoltre per quelle eseguite nel corso dell'amministrazione straordinaria, oltre al decorso degli interessi fino alla data del deposito dello stato passivo (31 maggio 1984). Il rango prededucibile per le erogazioni anteriori all'instaurarsi di qualsiasi procedura avrebbe dovuto trovare fondamento, secondo domanda, nella disciplina dell'art. 74 L.F.
Il Tribunale di Milano con sentenza 11 giugno 1987 riconosceva la prededucibilità per il credito maturato nel corso dell'amministrazione controllata e dell'amministrazione straordinaria, con gli interessi maturati, in entrambi i casi, fino alla data del deposito dello stato passivo; riconosceva, come accessorio del credito relativo alle somministrazioni anteriori all'amministrazione controllata, gli interessi maturati anche nel corso di detta procedura fino all'apertura dell'amministrazione straordinaria. Per questo credito, peraltro, era esclusa la richiesta prededuzione, sul presupposto che l'autorizzazione del Commissario all'esercizio dell'impresa non comportasse automaticamente la continuazione dei rapporti di somministrazione in corso, ed inoltre in considerazione del fatto che, nella specie, il Commissario non aveva manifestato la volontà di subentrare nel rapporto di somministrazione ne' con atti espliciti, ne' per fatti concludenti, avendo per contro stipulato un autonomo contratto, con impegno di minore potenza, in relazione alle diminuite esigenze connesse alla ripresa produttiva solo parziale.
Su appello dello ENEL ed appello incidentale della F.I.T., pronunciava la Corte d'Appello di Milano che, con sentenza n. 1691-91, dava integrale conferma a quella di I grado. In particolare la Corte milanese, affrontava e definiva le seguenti questioni:
A) Rigettava l'appello incidentale della procedura F.I.T. confermando il capo della sentenza del Tribunale che aveva riconosciuto gli interessi maturati nel corso dell'amministrazione controllata per i crediti da somministrazione anteriori all'apertura di detta procedura.
Riteneva in proposito la Corte del merito:
1) l'art. 55 L.F., che fa discendere dalla dichiarazione di fallimento la sospensione degli interessi convenzionali o legali, non è richiamato dalle norme che regolano l'amministrazione controllata. Il mancato richiamo non è spiegabile con una dimenticanza del legislatore, trovando la sua ragione in esigenze prevalentemente tecnico-pratiche correlate al concorso, non necessariamente all'insolvenza in quanto tale, tanto che la sospensione decorre dalla dichiarazione di fallimento, non dalla realizzazione o evidenziazione precedente dell'insolvenza;
2) non giova il rilievo che la norma sulla sospensione del decorso degli interessi è richiamata per l'amministrazione straordinaria, in quanto questa procedura ha finalità ibride, non necessariamente ed esclusivamente coerenti alla gestione dell'impresa, come nell'amministrazione controllata; basti rilevare che accanto alla finalità principale "promozionale", esiste quella liquidatoria con salvaguardia del concorso;
3) non è richiamabile il principio della consecuzione delle procedure per fare retroagire la sospensione, prevista per il fallimento (e l'amministrazione straordinaria), all'inizio della procedura concorsuale. Non esiste, infatti, un principio generale secondo cui tutti gli effetti della procedura per ultima instaurata in consecuzione retroagiscano al momento dell'instaurazione della prima della serie. Occorre valutare caso per caso, istituto per istituto. Il fatto che l'amministrazione controllata e l'amministrazione straordinaria abbiano in comune il presupposto dello stato di insolvenza (ché tale è nella sostanza la momentanea difficoltà), non è sufficiente per applicare estensivamente alla prima procedura la sospensione che vige per la seconda, proprio perché la sospensione non è correlata all'insolvenza, in quanto tale, ma al concorso. D'altronde il decorso degli interessi, in quanto esteso a tutti i creditori, non è lesivo della par condicio. B) In ordine al dedotto (dall'appellante ENEL) subentro del Commissario nel contratto di somministrazione di energia elettrica in virtù dell'autorizzazione all'esercizio dell'impresa, la Corte riteneva:
1) anche in presenza di autorizzazione all'esercizio dell'impresa, trovano applicazione i criteri degli art. 72 e 74 L.F. (richiamati dall'art. 201 L.F. a sua volta richiamato dall'art 1 della L. 3 aprile 197 n. 95), per cui è da escludere un subentro automatico del commissario nei contratti di somministrazione in corso all'inizio della procedura, ed inerenti all'esercizio aziendale. Pur ritenendo che il commissario non sia tenuto a chiedere l'autorizzazione al subentro, essendo sufficiente al fine l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa (Cass. 14 luglio 1989 n. 3319), egli ha pur sempre la scelta tra sciogliersi dal contratto, subentrare nello stesso o stipulare un nuovo contratto a nuove condizioni, per cui non può ritenersi subentrato finché egli non abbia fatto la sua scelta.
2) L'analisi dei rapporti epistolari intercorsi tra il Commissario e lo ENEL, interpretati puntualmente dalla Corte di Milano, portava a ritenere che non esistesse alcuna intenzione del commissario di subentrare nei rapporti in corso, ma la volontà di stipulare nuovi contratti, con minore potenza impegnata, in relazione a minori esigenze di energia elettrica per la ridotta ripresa produttiva. Il fatto che questa posizione si sia tradotta in un'appendice aggiunta al vecchio contratto non è chiarificatore nel senso voluto dallo ENEL, in quanto ogni parte fece salve le diverse posizioni in ordine alla novità, o continuità, del contratto.
3) Fra i fatti dedotti dallo ENEL in relazione alla manifestazione di volontà di subentrare nel contratto per fatti concludenti, non è neppure enunciata la continuazione dell'utilizzazione dell'energia elettrica, prima di manifestare l'intenzione di stipulare un nuovo contratto a diverse condizioni (detta possibilità è enunciata solo tardivamente nella comparsa conclusionale in appello); non esiste, comunque in atti la prova che detta utilizzazione di fatto vi sia stata.
4) la Corte d'Appello rigettava la tesi esposta dallo ENEL, secondo cui il subentro sarebbe automatico quando il somministrante sia, come nella specie, un monopolista, in quanto l'opinione si tradurrebbe in un illecito vantaggio per il monopolista, in contrasto con il principio di eguaglianza dell'art. 3 Cost. C) Veniva rigettata la richiesta dello ENEL di ammissione al passivo di ulteriori interessi, per i crediti ammessi in prededuzione, dalla data di deposito dello stato passivo fino alla data dell'effettivo pagamento, anche per il decorso del giudizio di appello. Rilevava sul punto la Corte del merito la mancanza di domanda tempestiva, in proposito, in quanto lo ENEL nell'atto di opposizione aveva chiesto gli interessi fino al deposito dello stato passivo. Non essendovi, quindi, interessi correnti nel giudizio di primo grado, non potevano ammettersi a saldo gli interessi fino alla sentenza di appello.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, lo ENEL; proponeva controricorso e ricorso incidentale, sulla base di un unico motivo, la procedura della s.p.a. F.I.T.; lo ENEL depositava controricorso a ricorso incidentale. Entrambe le parti depositavano memorie.
Previa ordinanza 1 marzo 1995 della prima sezione di questa Corte, il ricorso era rimesso dal Presidente alla decisione delle Sezioni Unite in considerazione della rilevanza della questione dibattuta.

Preventivamente si deve disporre la riunione dei due ricorsi, proposti contro la stessa sentenza.
RICORSO ENEL n. 13812-92.
I )
Con il primo mezzo di cassazione la s.p.a. ENEL deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1 e 2 L. 3 aprile 1979 n. 95 (NDR: D.L. 30.01.1979, n. 26 artt. 1 e 2) e degli artt. 72, 74 e 201 L.F. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Il motivo coglie il punto della sentenza della Corte di Milano con cui è stato negato il carattere della prededucibilità ai crediti di somministrazione di energia elettrica relativi ad erogazioni anteriori all'ammissione della F.I.T. alla procedura di amministrazione controllata, che ha preceduto l'amministrazione straordinaria.
Il riconoscimento della prededucibilità è chiesto in base a due distinti indirizzi logici, rispettivamente segnati dalle richiamate sentenze della Corte di Cassazione 27 maggio 1989 n. 2572 e 8684- 90 nonché 18 ottobre 1990 n. 101667.
In base al primo indirizzo, secondo cui l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa nell'amministrazione straordinaria, unitamente alla continuata utilizzazione dell'energia erogata, costituiscono situazioni sufficienti per affermare l'avvenuto subentro della procedura nel rapporto di somministrazione in corso, la ricorrente deduce che l'erogazione di energia elettrica avvenne senza soluzione di continuità anche nel periodo corrente tra la data di ammissione alla procedura (9 dicembre 1982) e quella in cui il Commissario inviò allo ENEL il primo controverso telegramma relativo alla instaurazione del rapporto (24 dicembre 1982). L'erroneità della sentenza della Corte di Milano consisterebbe nel fatto di non avere esaminato la documentazione in atti, nella quale vi era la fattura 11 gennaio 1983 relativa alle erogazioni del mese di dicembre 1982 per importi che, confrontati con quelli dei periodi precedenti, indicherebbero la mancanza di sostanziale diversità, tanto da dimostrare la continuità dell'erogazione e dell'utilizzazione dell'energia elettrica.
Il secondo profilo è basato sull'unitarietà del rapporto di somministrazione e della prestazione, per cui se esso è prededucibile nell'amministrazione controllata, il carattere della prededucibilità deve essergli riconosciuto anche nella amministrazione straordinaria conseguente, in virtù del principio della consecuzione delle procedure concorsuali.
Il tema della controversia nel giudizio di legittimità, quale dedotto dal mezzo di cassazione in esame ed emerso dal dibattito tra le parti, richiede che si valuti se un credito da somministrazione, maturato da un soggetto (agente in situazione di monopolio ex art.2597 C.C.) per erogazioni di energia elettrica eseguite in favore di una impresa in periodo anteriore all'ammissione della stessa alla procedura di amministrazione controllata, abbia, o non, il carattere della prededucibilità (e debba, o non, essere computato in anteclasse) nella consecutiva procedura di amministrazione straordinaria, cui la somministrata sia stata successivamente ammessa.
In linea generale il tema può essere affrontato in base ad un duplice iter logico, e cioè:
A) applicando direttamente la disciplina dell'art. 74 L.F., nell'ipotesi in cui il commissario dell'amministrazione straordinaria sia subentrato nel rapporto di somministrazione. Il richiamo dell'art. 1 della L. 3 aprile 1979 n. 95 alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa regolata dagli artt. 195 e ss L.F. (e, quindi, anche all'art. 201 che a sua volta richiama tutte le disposizioni del titolo II, capo III, sezione IV , in cui è compreso l'art. 74 L.F.), consente l'applicazione diretta all'amministrazione straordinaria del disposto dell'art. 74 comma 2 L.F., secondo cui il commissario, che subentra nel rapporto di somministrazione pendente, deve soddisfare integralmente il prezzo anche delle erogazioni già avvenute. Poiché le erogazioni effettuate prima del l'amministrazione controllata cui sia seguita la procedura di amministrazione straordinaria, hanno determinato la maturazione di crediti comunque anteriori all'ultima procedura della serie (che sia espressione di un'unica situazione di crisi scandita in più procedure successive), il subentro del commissario nel rapporto determinerebbe il vincolo di prededucibilità nella soddisfazione sul patrimonio del debitore di tutti i crediti anteriori che abbiano fonte in quel contratto, e quindi anche quelli anteriori all'amministrazione controllata. Il presupposto di questa linea logica deve ricercarsi nel fatto che il Commissario
dell'amministrazione straordinaria sia subentrato nel rapporto di somministrazione in corso.
B) La seconda linea logica da affrontare presuppone che si accerti se il credito per somministrazione sorto prima della procedura di amministrazione controllata, con continuazione del rapporto nella pendenza di questa, costituisca per l'imprenditore debito da soddisfare nel corso della gestione dell'impresa sotto controllo, e ciò o in ipotetica applicazione all'amministrazione controllata della disciplina 75 dell'art. 74 L.F., o in applicazione di un più generale principio connesso alla unitarietà del contratto di somministrazione, di cui lo stesso art. 74 costituirebbe applicazione al caso concreto del fallimento. Una volta che si ritenesse il credito maturato anteriormente come credito di gestione dell'amministrazione controllata e in quanto tale non soggetto alla moratoria, il principio della consecuzione delle procedure lo renderebbe prededucibile nella procedura finale della serie, secondo l'interpretazione estensiva dell'art. 111 n. 1 L.F., e ciò indipendentemente dal fatto che il Commissario dell'amministrazione straordinaria sia, o non, subentrato nel rapporto.
Entrambe le linee logiche indicate sono state proposte, in via alternativa, dalla ricorrente e debbono costituire oggetto di disamina.
AA) Sotto il primo profilo la ricorrente ha richiamato, e riprodotto in lunghi stralci, la sentenza della I sezione di questa Corte n. 8684-90 (che richiamava anche Cass. n. 2472-1989) e nella quale erano stati espressi due principi fondamentali, e cioè:
I ) al Commissario della procedura di amministrazione straordinaria non è consentito sciogliere un contratto di somministrazione di energia elettrica con l'ente erogatore in regime di monopolio, al solo fine di stipulare altro contratto della stessa natura, alle stesse condizioni e, necessariamente, con lo stesso erogatore monopolista.
II ) In presenza dell'autorizzazione all'esercizio dell'impresa, il comportamento del Commissario di un'amministrazione straordinaria, il quale continui di fatto l'utilizzazione di energia elettrica, senza preventivamente comunicare all'ENEL la volontà di stipulare altro contratto di somministrazione a condizioni diverse da quelle che reggono un rapporto pendente all'inizio della procedura concorsuale, costituisce condotta fattiva univocamente volta ad escludere la sospensione del contratto e diretta al subentro nel contratto stesso di somministrazione pendente, con conseguente prededucibilità del credito per le erogazioni, tanto anteriori che successive.
Secondo la posizione assunta dalla ricorrente attuale, la Corte milanese avrebbe eluso detti principi perché:
1) il commissario nella specie non aveva manifestato, subito dopo l'ammissione alla procedura con contestuale autorizzazione alla continuazione dell'impresa, la volontà di non subentrare nel contratto di somministrazione in corso;
2) ciò malgrado, nel periodo corrente tra la data del decreto di ammissione all'amministrazione straordinaria (9 dicembre 1982) ed il giorno 24 dicembre 1982, la FIT continuò l'utilizzazione di energia elettrica con consumo non diverso da quello precedentemente utilizzato.
Di conseguenza, la pronuncia della Corte d'Appello sarebbe erronea sia nell'avere sostenuto la sospensione del contratto in quel periodo di tempo, sia nel negare la prova dell'utilizzazione di energia in quel lasso di tempo (utilizzazione che costituirebbe comportamento concludente di continuazione del rapporto), in quanto l'analisi delle bollette prodotte per il mese di dicembre 1982, non esaminate dalla Corte del merito con vizio incidente su situazione essenziale, darebbe la dimostrazione di detta utilizzazione.
Il tenore della doglianza viene ancorato a criteri e principi già espressi dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, la cui validità non viene contestata dalle parti. Dal richiamo dei principi, peraltro, non derivano le conseguenze che la ricorrente sostiene e propone.
Sono, infatti, condivisibili le affermazioni secondo cui:
a) il subentro del commissario nel contratto di energia elettrica pendente non richiede specifica autorizzazione nella procedura di amministrazione straordinaria, essendo la stessa implicita nell'autorizzazione all'esercizio dell'impresa, e ciò in virtù del carattere di essenzialità di detti contratti per la continuata gestione dell'impresa;
b) ciò malgrado la scelta se subentrare, o non, nel-contratto, ed a quali condizioni, costituisce pur sempre una potestà che compete al commissario, avvalendosi della disposizione dell'art. 74 L.F. (applicabile alla procedura in esame in virtù dei ricordati e successivi richiami normativi), nonché della sospensione del rapporto concesso dall'art. 72 L.F., interpretato come principio generale applicabile a tutti i rapporti di scambio nel fallimento e nelle procedure cui detta disciplina è estesa dalla legge con specifici richiami;
c) la scelta può essere fatta anche per fatti concludenti, quali l'utilizzazione in concreto dell'energia elettrica, quando non vi sia stata la preventiva manifestazione della volontà di volere instaurare un nuovo rapporto con diverso contenuto (minore impiego di potenza). Situazione, questa, alla quale non si può opporre la vigenza della sospensione, perché sospensione di un contratto significa sospensione della sua esecuzione e, nel caso della somministrazione di energia elettrica, sospensione dell'erogazione e dell'utilizzazione.
L'utilizzazione costituisce esecuzione dell'unico contratto in corso, finché non inizi il procedimento di revisione del rapporto, quanto meno con la manifestazione della volontà di variazione e di nuova stipulazione.
d) Ne consegue che l'eventuale utilizzazione di energia elettrica, senza la preventiva manifestazione della volontà di variazione, costituisce atto di subentro nell'unico contratto pendente, mentre l'utilizzazione dopo la manifestazione della volontà di variazione deve imputarsi al nuovo contratto che verrà stipulato ed alla cui conclusione il monopolista non può sottrarsi. Sulla base di detti criteri la ricorrente ha abbandonato la linea principale sostenuta nei gradi di merito, ancorata al fatto che lo stesso scambio di corrispondenza intervenuto tra le parti costituiva fatto concludente relativo alla continuazione del contratto. Essa concentra ora la doglianza solo sul breve periodo anteriore al primo telegramma inviato dal commissario (periodo dal 9 dicembre al 24 dicembre 1982), nel corso del quale sarebbe avvenuta l'erogazione di energia elettrica per quantità equivalenti a quelle utilizzate prima dell'inizio della Amministrazione straordinaria. Peraltro sul punto la Corte del merito aveva dato una duplice ed alternativa motivazione, affermando, da un lato (pag 20 - 21 della sentenza della Corte d'Appello), che lo ENEL non aveva invocato nell'appello, come concludente manifestazione di subentro, l'utilizzazione di energia elettrica da parte del Commissario nel breve periodo di tempo in esame, e che solo tardivamente (nella comparsa conclusionale d'appello) sembrava avere fatto cenno a detta situazione con la citazione della sentenza n. 2572-1989 della Corte di Cassazione); ritenendo, d'altro lato, che non era stata data la dimostrazione di detta utilizzazione nel breve periodo in esame. In sostanza lo ENEL tentò, sia pure tardivamente, di adeguare la tesi inizialmente proposta all'indirizzo segnato da sopravvenute pronunce di questa Corte.
Sul punto, quindi, erano esposti dalla Corte d'Appello due distinti motivi, ciascuno diretto a superare la posizione espressa dall'appellante nella comparsa conclusionale d'appello, uno dei quali fondato sulla novità della doglianza stessa non contenuta nella citazione in appello e tardivamente manifestata. Detta situazione, inoltre, comportava in fatto un distinto e nuovo campo di indagine, puntualizzato sull'erogazione di energia elettrica nel cennato breve lasso di tempo, per cui non poteva essere ritenuta compresa nel più generale motivo di appello che aveva individuato nello scambio di corrispondenza (successiva al breve periodo ora considerato) la condotta concludente del Commissario diretta al subentro. La doglianza svolta con il ricorso di cassazione in esame ha colto solo uno dei due aspetti della questione (quello inerente alla prova dell'utilizzazione di energia elettrica nel breve periodo indicato), lasciando impregiudicato il diverso aspetto sul quale, pertanto, si è verificata la preclusione all'esame per la novità della situazione, evidenziata in appello e divenuta definitiva. Non accoglibile è, pertanto, la doglianza sotto il primo profilo indicato.
BB)
La seconda linea di doglianza inizialmente individuata viene svolta dalla s.p.a. ENEL riportandosi alla giurisprudenza della I sezione di questa Corte, secondo cui la previsione dell'obbligo di soddisfare i crediti pregressi in adempimento di un contratto di somministrazione pendente alla data di inizio di una procedura concorsuale e continuato nel corso della stessa procedura, troverebbe applicazione non solo nel fallimento (procedura per la quale la disposizione specifica dell'art. 74 L.F. è stata data), ma anche nell'amministrazione controllata.
La fondatezza, o non, della tesi richiede un'analisi sistematica sui criteri unitari, o singolari, che reggono le diverse procedure concorsuali, e nelle quali lo stesso carattere concorsuale può assumere una diversa connotazione.
Sul punto costituisce un dato testuale certo il fatto che una disciplina speciale dettata per i rapporti giuridici preesistenti e pendenti alla soglia degli eventi caratterizzanti i sistemi concorsuali, è stata data dal R.D. 16 marzo 1942 n. 267 solo per il fallimento (titolo II, capo III, sezione IV in cui è compreso l'art. 74 relativo al contratto di somministrazione), e che detta disciplina è stata richiamata da norme specifiche per le procedure di liquidazione coatta amministrativa e per quella di amministrazione straordinaria. Nessuna disposizione testuale, invece, esiste (nè diretta, ne' per richiamo) per i rapporti pendenti alla data di ammissione di un'impresa all'amministrazione controllata. Esiste, però, nell'amministrazione controllata una disciplina relativa ai diritti preesistenti verso l'impresa in crisi (diritti di credito che non possono essere soddisfatti in forma esecutiva ne' possono acquisire titoli di prelazione nel corso dell'amministrazione controllata - art. 168 comma 1 e u. cpv. richiamato dall'art. 188 L.F.) ed altra relativa all'andamento della gestione dell'impresa che, se non idonea in un momento qualsiasi del suo svolgimento al conseguimento della soluzione della crisi e della reintegrazione della solvibilità dell'impresa debitrice (art. 192 L.F.), comporta l'immediata cessazione dell'esperimento di gestione sotto controllo e la dichiarazione di fallimento (salvo l'esperimento del concordato preventivo).
Queste due caratteristiche (la moratoria dei crediti pregressi e la gestione dell'impresa al fine del superamento della crisi e della reintegrazione della capacità patrimoniale e finanziaria della debitrice), delineano sia la finalità del tipo di procedura in esame, sia la caratteristica della sua concorsualità. In relazione ad essi si disegna, infine, il regime cui detta procedura deve attenersi in relazione ai contratti preesistenti e pendenti che siano fonte di diritti soggetti alla moratoria.
Il fallimento è una procedura, per così dire, definitiva, preordinata alla liquidazione del patrimonio del fallito per la soddisfazione concorsuale dei creditori anteriori alla soglia degli eventi, che cristallizza le situazioni debitoria e patrimoniale con criterio di universalità soggettiva ed oggettiva. Il carattere concorsuale della procedura attiene essenzialmente alla realizzazione in forma esecutiva del patrimonio del fallito per la soddisfazione dei creditori, in attuazione del principio generale di responsabilità (art. 2740 cc), ed in coerenza con il criterio cui il concorso deve uniformarsi nel nostro ordinamento: la par condicio creditorum (art. 2741 C.C.). La liquidazione del patrimonio comporta anche una disciplina speciale dei rapporti giuridici pendenti che, non essendo liquidabili alla stessa maniera dei beni, debbono essere gestiti secondo regole espressamente date dalla legge. Dal fallimento si esce o con l'esperimento della possibilità di soddisfazione dei creditori previa liquidazione del patrimonio, o con il concordato fallimentare.
L'amministrazione controllata per contro è una procedura per sua natura temporanea (nel limite massimo di due anni), durante la quale viene sperimentata la continuazione della gestione dell'impresa ed è destinata, per sua natura, a determinare o la conquista dell'equilibrio patrimoniale e di liquidità dell'impresa, che acquisti nuovamente la capacità di soddisfare regolarmente, ed a scadenza, le sue situazioni debitorie, ovvero a sfociare nel fallimento (o in altra procedura concorsuale con finalità satisfattiva), nel quale si trasforma secondo il principio della consecuzione delle procedure. Si tratta in definitiva di un esperimento di gestione che, avvantaggiato dalla moratoria delle situazioni debitorie pregresse, e sulla base di una previsione probabilistica, tende all'eliminazione della crisi dell'impresa, mediante la destinazione all'attività di gestione della liquidità che, diversamente, dovrebbe essere destinata alla soddisfazione dei debiti scaduti.
Il carattere della concorsualità, pertanto, non attiene, come nel fallimento, alla liquidazione concorsuale che, nell'ambito della procedura non esiste, ma alla conservazione delle condizioni originarie del concorso, mentre si svolge l'esperimento di gestione, condizioni riflesse nella non modificabilità della massa passiva nella sua entità e nei rapporti reciproci delle componenti in relazione ai titoli di prelazione, nonché nella conservazione quanto meno del rapporto tra massa passiva e massa attiva, tanto che la constatazione dell'impossibilità di conseguire il fine della procedura (tendente al miglioramento positivo di detto rapporto) comporta la conversione in fallimento, o procedura equivalente.

La prima condizione perché la procedura possa iniziare e possa essere proseguita, quindi, è che la posizione reciproca fra i creditori, quale esisteva al momento dell'inizio della procedura costituente la soglia degli eventi rilevanti per il concorso, non sia alterata ne' nella fase di ammissione all'amministrazione controllata, ne' nella fase di gestione dell'impresa sotto il controllo. Da ciò il divieto di qualsiasi creditore anteriore al momento di riferimento di potere pretendere in via esecutiva la soddisfazione del proprio diritto e il divieto del debitore di soddisfarli, pena la conversione in fallimento per violazione della par condicio.
L'altra condizione necessaria perché l'esperimento di gestione possa proseguire fino al termine massimo previsto, è che l'andamento della gestione non alteri le condizioni patrimoniali iniziali, in pregiudizio dei creditori.
Nell'equilibrio fra le situazioni indicate (la conservazione del rapporto tra i creditori originari, secondo il principio dell'art.2741 C.C., la conservazione dell'entità patrimoniale originaria,
l'impulso dinamico ed evolutivo verso una gestione utile), si individua la caratteristica essenziale dell'esperimento gestionale sotto controllo, nel coordinamento tra elementi statici e conservativi ed elementi dinamici.
A questo duplice indirizzo conservativo e dinamico deve uniformarsi il regime dei rapporti pendenti al momento della soglia degli eventi rilevanti per la procedura, tenendo presente che le situazioni conservative, nel duplice aspetto indicato, costituiscono condizioni, costantemente controllabili e doverosamente non alterabili in maniera pregiudizievole, perché la fase dinamica possa avviarsi e continuare. La loro soddisfazione costante, quindi, costituisce un prius logico rispetto alla gestione, posto che la funzione del controllo cui l'imprenditore si sottopone, è proprio il controllo che garantisca la conservazione delle due condizioni base indicate. Il loro venire meno comporta la cessazione dell'esperimento di gestione. Vi è quindi una priorità logica di situazioni e di valori da rispettare, priorità nella quale la conservazione delle condizioni soggettive ed oggettive della concorsualità, esistenti alla soglia degli eventi dell'amministrazione controllata, costituisce condizione essenziale con la quale l'individuazione del regime dei rapporti pendenti deve costantemente confrontarsi e trarre le ragioni della propria disciplina. Basti considerare che tutte le situazioni giuridiche pendenti, che nel loro complesso delineano la crisi dell'impresa, costituiscono situazioni di inadempimento di obbligazioni. Le stesse situazioni, in quanto abbiano la loro fonte in contratti, costituiscono altrettante situazioni di inadempienza contrattuale. Il fatto che ciò malgrado dette situazioni non debbano essere adempiute nell'arco temporale dell'esperimento gestorio, comporta l'estensione del regime dei diritti a quello dei negozi in cui essi abbiano fonte, di cui costituiscano inadempienza contrattuale, contratti che alla soglia degli eventi del concorso siano ridotti a situazioni giuridiche pendenti.
Si tratta ora di valutare in relazione ai postulati di premessa esposti se, e come, il regime previsto dall'art. 74 comma 2 L.F. per il contratto di somministrazione pendente alla data della dichiarazione di fallimento sia, o non, compatibile con la forma particolare che la concorsualità assume nell'amministrazione controllata.
La giurisprudenza di questa Corte, cui il ricorrente ancora la soluzione proposta, considera la disciplina dell'art. 74 comma 2 L.F. non come norma eccezionale tipicamente disposta per la concorsualità fallimentare, ma come norma applicativa di un più generale principio, come tale estensibile a tutte le procedure in cui la concorsualità si esplichi o che in relazione alla concorsualità si definiscono; il principio dell'unitarietà del contratto di somministrazione, donde deriverebbe l'unità del debito e, rispettivamente, del credito e, quindi, in sostanza l'unicità della prestazione contrattuale.
Con queste proposizioni, però, sfuma la caratteristica essenziale del contratto di durata (alla cui categoria indubbiamente appartiene la somministrazione), nel quale all'unità sinallagmatica nella fase genetica, corrisponde la continuità o la periodicità nella fase esecutiva.
Il contratto di somministrazione non mira ad un risultato contrattuale unico (come si verifica per es. nella vendita a consegne ripartite), ma al riprodursi di un risultato contrattuale completo e definitivo in ogni sua manifestazione, per cui le singole prestazioni sono tra di loro indipendenti e distinte, avendo come unico elemento comune il fondamento giuridico sulla cui base sono dovute, e possono essere rinnovate. Di conseguenza, ogni atto di prestazione e contro prestazione non costituisce un adempimento parziale del contratto di durata, ma un adempimento pieno delle obbligazioni da esso sorgenti che se in relazione alla caratteristica di contratto di durata l'adempimento non estingue il rapporto, ma permette il sorgere di nuovi rapporti di credito e di debito. Ogni consegna, o la erogazione continuata, appaga interessi strutturalmente autonomi del creditore, per cui non è individuabile, per la stessa struttura del contratto di durata, una prestazione unica, ma una pluralità di prestazioni in relazione al ripetersi periodico, o continuativo, nel tempo del bisogno del creditore, ancorché la pluralità delle prestazioni sia collegata dall'unicità del contratto che ne è la fonte obbligatoria.
Così configurata, la natura del contratto di somministrazione non è di per sè incompatibile col fatto che una parte dei crediti sorti dal contratto debba essere pagata in prededuzione ed altra abbia natura concorsuale.
Conseguentemente la disciplina dell'art. 74 comma 2 L.F., non costituisce applicazione dell'unità di prestazione derivante dall'unicità del contratto di somministrazione, ma la disposizione che pone il credito pregresso del somministrante fuori concorso non è propria del rapporto di somministrazione, ne' è portato della natura di detto rapporto, ma è frutto del contemperamento, operato equitativamente dalla legge, fra gli interessi della massa e quelli del terzo contraente della procedura fallimentare, con una disciplina la cui base deve individuarsi nell'esistenza del fallimento e nelle sue specifiche finalità.
Di conseguenza, da un lato la disciplina dell'art. 74 comma 2 L.F., non essendo attuazione concreta di un principio generale attinente alla natura del contratto, non può avere generale applicazione a tutti i casi di continuazione del rapporto nel corso di procedure concorsuali, cui detta disciplina specifica non sia normativamente estesa; d'altro lato, il carattere eccezionale della disciplina della norma indicata, tipicamente connessa ad una procedura concorsuale e liquidatoria con carattere satisfattivo, non può comportare l'applicazione analogica ad altre procedure in cui la concorsualità assume connotazioni particolari, con finalità essenzialmente conservative delle condizioni originarie del concorso, in relazione alla temporaneità dell'esperimento della singola procedura.
La pluralità e la distinzione delle prestazioni individuabili nella fase esecutiva, e quindi delle singole situazioni debitorie in relazione alle periodiche erogazioni ricevute, pur nell'ambito del singolo ed unitario rapporto genetico, trovano singolare disciplina nella disposizione dell'art. 168 L.F., che nella conservazione della massa passiva fallimentare preclude la soddisfazione dei crediti maturati per fatto e causa anteriori all'apertura dell'amministrazione controllata.
Di fronte alla legittima sospensione degli adempimenti da parte dell'impresa in amministrazione controllata in relazione alle erogazioni pregresse, compete al somministrante il diritto di sospendere la continuazione delle erogazioni che dall'unità del contratto di durata deriverebbero, con l'attuazione delle forme di autotutela previste dagli artt. 1565 C.C., che non sono incompatibili con la disciplina dell'art. 168 L.F. (richiamata dall'art. 188), limitata alla preclusione dell'azione esecutiva, non già delle azioni volte all'accertamento della situazione vantata ed alla tutela extraconcorsuale della stessa. Il principio, però, seppure valido in linea generale per il contratto di durata, non può trovare applicazione nel caso di erogazioni avvenute in regime di monopolio (art. 2597 cc), in cui l'obbligo di contrattare con chiunque a parità di condizioni si traduce nell'obbligo di continuare la somministrazione all'impresa in amministrazione controllata, volta che le erogazioni nel corso della procedura non sono soggette alla moratoria e configurano la normalità di esecuzione del rapporto secondo la disciplina civilistica ordinaria.
Anche sotto il secondo profilo il motivo di ricorso deve essere rigettato.
II )
Con il secondo mezzo di cassazione lo ENEL deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1499 e 1570 c.c. e dell'art. 345 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. oltre a violazione ed omessa motivazione sull'applicazione degli artt. 55 e 201 L.F. in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. La doglianza coglie la parte della sentenza della C.A. di Milano che ha negato, sul credito ammesso in prededuzione, gli interessi fino al saldo, bloccandoli al momento del deposito dello stato passivo, e ciò su un triplice presupposto, e cioè:
a) nell'atto di opposizione il ricorrente ENEL aveva chiesto gli interessi fino al deposito dello stato passivo e le conclusioni di primo grado, che avevano richiamato quelle dell'atto di opposizione, non avevano ampliato il tema della decisione;
b) detti interessi non erano liquidabili d'ufficio, non trattandosi di interessi compensativi in quanto non inerenti a situazione di responsabilità civile;
c) essi, ancorché richiesti con l'atto di appello, non erano ulteriormente liquidabili, in applicazione dell'art. 345 C.P.C., non essendovi la domanda per il periodo intermedio.
Il ricorrente deduce a doglianza:
A) che si trattava di interessi compensativi ammissibili per i contratti a prestazioni corrispettive e pertanto erano liquidabili d'ufficio.
B) In ogni caso avrebbero dovuto essere liquidati d'ufficio in base alla disposizione dell'art. 55 L.F. il quale blocca il decorso degli interessi alla data dell'apertura della procedura concorsuale "a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio".
Per prassi costante dei tribunali gli interessi ipotecari vengono liquidati d'ufficio; a maggior ragione d'ufficio deve essere la liquidazione degli interessi per i crediti prededucibili, assimilabili agli ipotecari.
C) Se presupposto dell'applicabilità dell'art 345 c.p.c. in materia di interessi è che gli interessi vengano chiesti in primo grado, il ricorrente ricorda che egli con l'atto di opposizione aveva fatto domanda di interessi, a nulla rilevando che ne avesse bloccato il decorso alla data del deposito dello stato passivo. Tali essendo le doglianze sollevate dallo ENEL sul punto, non si ritiene fondato il rilievo sub A), in quanto il carattere compensativo degli interessi previsti dall'art 1499 C.C. ha come presupposto che il bene oggetto del contratto sia produttivo di "frutti o di altri proventi", caratteristica ben difficilmente riscontrabile nell'energia elettrica erogata, perché possa applicarsi la disciplina sopra ricordata alla somministrazione, in base al disposto dell'art. 1570 C.C. Il secondo rilievo coglie aspetti di verità. I crediti prededucibili, ancorché maturati in procedura anteriore all'ultima della serie, non incorrono nella sospensione degli interessi disposta dall'art. 55 L.F., in quanto situazioni non concorsuali e, pertanto, rette dalla disciplina generale dei crediti scaduti ed inadempiuti. Per i crediti maturati nella stessa procedura in cui si chiede il riconoscimento in anteclasse, non è necessario il ricorso alla verificazione dei crediti, trattandosi di credito contratto dallo stesso organo esterno del procedimento concorsuale. Il decorso degli interessi, di conseguenza, con lo stesso titolo della somma capitale, consegue per legge alla scadenza del credito ed alla richiesta di pagamento. I crediti, per contro, maturati in altra procedura precedente, in quanto anteriori all'ultima procedura della serie, sono soggetti al procedimento di verificazione ed all'opposizione da parte dell'interessato, in caso di disconoscimento totale o parziale. Con la domanda originaria l'opponente si è limitato a chiedere per entrambe le componenti gli interessi fino alla data del deposito dello stato passivo, estendendo la richiesta di interessi fino al soddisfo solo con l'atto di appello, tendendo così a fare coincidere l'effetto sostanziale con l'effetto processuale.
Poiché, con l'originaria domanda (atto di opposizione) una richiesta di interessi era pur stata formulata per il periodo successivo all'instaurarsi della amministrazione straordinaria, e poiché la limitazione del decorso non poteva avere una funzione incomprensibilmente abdicativa, ma solo quella di fare corrispondere i dati contabili dello stato passivo con la richiesta del riconoscimento del titolo di prededucibilità, deve ritenersi validamente proposta la richiesta estensione formulata con l'atto di appello, il cui accoglimento non era precluso dalla disciplina dell'art. 345 C.P.C., ancorché con riferimento agli interessi maturati successivamente alla sentenza di primo grado. Nè alla disciplina dell'art. 345 C.P.C. può darsi un'interpretazione restrittiva limitata alle sole ipotesi in cui l'accessorio del credito fosse stato riconosciuto con decorso fino alla sentenza di primo grado. È sufficiente al fine che una domanda sulla voce in contestazione sia stato originariamente formulata, che la limitazione non avesse una funzione abdicativa ad interessi ulteriori, qualora l'inadempienza si fosse protratta ed inoltre che la disciplina di diritto sostanziale consentisse il decorso di interessi per il periodo successivo al primo riconoscimento. Tutti questi requisiti si ravvisano nella specie per cui, quanto meno per la decorrenza di interessi nel periodo successivo alla sentenza di primo grado, il motivo di ricorso merita accoglimento.

RICORSO INCIDENTALE F.I.T. N. 948-93 R.G.

Con l'unico motivo di ricorso incidentale la F.I.T. deduce la violazione e la falsa applicazione degli art. 55 e 201 L.F. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., dolendosi del fatto che la Corte del merito abbia riconosciuto il decorso degli interessi successivo all'amministrazione controllata fino all'ammissione della società all'amministrazione straordinaria, e ciò per i crediti da somministrazione maturati in data anteriore alla prima procedura della serie ed ammessi al passivo con qualifica chirografaria. In virtù del principio della consecuzione delle procedure, sostiene il ricorrente che la disciplina dell'art. 55 L.F. debba avere retrodatazione ed applicazione anche ai crediti in questione. Il mezzo di cassazione non merita accoglimento.
Basti rilevare al fine che il principio della consecuzione delle procedure si fonda sull'interpretazione estensiva di norme dettate per l'ultima procedura della serie e l'applicazione alle corrispondenti situazioni delle procedure concorsuali precedenti. Detto tipo di interpretazione, però, ha la funzione di disciplinare situazioni non regolate dalla legge e non è consentita quando le situazioni che si vogliono regolare mediante l'estensione di norme specifiche dettate per altre fattispecie abbiano già una propria disciplina espressa e sistematica. Così, nella consecuzione fra amministrazione controllata e amministrazione straordinaria, possono farsi risalire alla prima procedura solo gli effetti della seconda che siano in armonia ed in coerenza con la disciplina dell'amministrazione controllata e che non ledano diritti sussistenti in base al regime dell'amministrazione controllata stessa. In particolare, l'art. 169 L.F. richiama la disciplina dell'art. 55 L.F. in tema di concordato preventivo, ma il richiamo dell'art. 169 (e quindi dell'art. 55) è del tutto pretermesso per l'amministrazione controllata che, com'è noto, è procedura in massima parte regolata con il richiamo di altre norme della R.D. 16 marzo 1942 n. 267. Il fatto che tra le varie norme richiamate sia stato omesso proprio l'art. 55 L.F., in via diretta o mediata, finisce per avere un significato testuale di non applicabilità della sospensione del decorso degli interessi all'amministrazione controllata, interessi per i quali ha vigore l'ordinaria normativa civilistica. D'altronde, il fatto che la concorsualità dell'amministrazione controllata si esplichi essenzialmente nella conservazione della massa passiva (e dei rapporti reciproci tra i creditori) quale era all'inizio della prima procedura della serie, nonché l'ulteriore rilievo che tutti i crediti sono produttivi di interessi, finisce per assolvere la funzione del rispetto della "par condicio", senza la discrepanza tra creditori privilegiati e chirografari che solo con il fallimento (o altra procedura regolata dalla disciplina dell'art. 55 L.F.) si instaura.
Nè può sostenersi la sussistenza di un regime alternativo, per cui gli interessi decorrono solo nella previsione dell'esito positivo dell'amministrazione controllata, mentre in caso di esito negativo e di conversione di procedure si instaurerebbe il diverso regime dell'art. 55 L.F. L'articolo per ultimo citato dispone che dalla soglia degli eventi rilevanti ai fini del concorso, i crediti chirografari non sono produttivi di interessi ai fini del concorso. Applicare estensivamente detta disciplina all'amministrazione controllata significherebbe spostare la soglia degli eventi del concorso dalla dichiarazione di fallimento (o come nella specie, dal decreto di ammissione all'amministrazione straordinaria) al decreto di ammissione all'amministrazione controllata, rendendo da detto momento efficace l'improduttività di interessi ai fini della conservazione delle condizioni di concorso, non già eliminare effetti che già in detta originaria procedura si fossero verificati. Le ragioni sopra esposte, peraltro, sono preclusive dell'interpretazione estensiva dell'art. 55 L.F.. Conseguente è il rigetto del ricorso incidentale.

 

P.Q.M.

La Corte, previa riunione dei ricorsi, rigetta il primo motivo del ricorso principale ed accoglie il secondo; rigetta il ricorso incidentale. Cassa e rinvia, in relazione al motivo accolto, ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Roma 14 luglio 1995.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 22 MAGGIO 1996