Esecuzione Forzata


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21403 - pubb. 20/03/2019

Esecuzione immobiliare: determinazione del prezzo di vendita non vincolata dalla stima

Tribunale Palermo, 25 Gennaio 2019. Est. Valentina Imperiale.


Esecuzione forzata immobiliare - Individuazione del prezzo di vendita - Determinazione del giudice dell’esecuzione non vincolata dal prezzo di stima



La individuazione del prezzo di vendita è rimessa unicamente al giudice dell’esecuzione (art. 568 c.p.c.), il quale non è vincolato al prezzo di stima individuato dall’esperto stimatore, potendo, per converso, determinarlo valorizzando altri ed ulteriori circostanze di fatto (per esempio, la occupazione dell’immobile, anche temporanea, la più rapida allocazione del bene nel mercato, la ragionevole durata del processo esecutivo, la riduzione del valore di mercato per l’assenza della garanzia per vizi, lo stato d’uso e di manutenzione, lo stato di possesso).

L’art. 591-bis c.p.c. ha assegnato al G.E. il potere di disporre ribassi fino al limite di un quarto (25%) e dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto fino al limite della metà; ove  il richiamo è da intendersi nel senso che, a partire dal quinto tentativo di vendita, è possibile disporre un ribasso, rispetto al precedente prezzo a base d’asta, pari alla metà. (Alessandro Auletta) (riproduzione riservata)



N. 14728/2018 R.G.

TRIBUNALE DI PALERMO

Sezione Sesta Civile – Esecuzioni Immobiliari

 

Il Tribunale di Palermo, sesta sezione civile, riunito in camera di consiglio, in persona dei magistrati:

Dott.ssa Gabriella Di Marco Presidente

Dott.ssa Valentina Imperiale Giudice rel. est.

Dott. Fabrizio Minutoli Giudice

ha emesso la seguente

ORDINANZA

sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 21.12.2018 nel procedimento di reclamo ex artt. 624 e 669 terdecies c.p.c., iscritto al n. 14728/2018 R.G., proposto da C. G., rappresentata e difesa dall’avv. Caterina D’Amato, presso il cui studio in Palermo, piazza G. Amendola n. 43, è elettivamente domiciliata,

avverso

l’ordinanza del 7 settembre 2018 con cui il Giudice dell’esecuzione, dott. Francesco Gallegra, ha rigettato l’istanza di sospensione e revoca del provvedimento emesso in data 19.03.2018 formulata dall’odierna reclamante in seno all’opposizione proposta, ai sensi degli artt. 617 c.p.c., nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare n. 263-3/2013 R.G.Es..

All’udienza del 9 novembre 2018 la reclamante chiedeva un termine per documentare la notifica del reclamo a tutte le parti.

Con memoria depositata in data 6 dicembre 2018 si costituiva il creditore procedente, Italfondiario s.p.a. n.q. di procuratore di Penelope SPV s.r.l..

FATTO

1. Giova premettere in punto di fatto che, la reclamante, sig.ra C. G., è creditore intervenuto nella procedura esecutiva n. 236/2013 promossa da Italfondiario s.p.a. nei confronti di Bruno Marco Antonio Maria ed avente ad oggetto l’immobile sito in Palermo, via Quintino Sella n. 68. Tale immobile pignorato è adibito a residenza familiare dell’odierna reclamante, già coniuge dell’esecutato, e delle figlie minori (giusta provvedimento di assegnazione emesso dal Presidente del Tribunale di Palermo in data 17/05/2011 e trascritto il 24/05/2011).

Con istanza, depositata in data 15/03/2018, la reclamante chiedeva al Giudice l’assegnazione del bene pignorato al prezzo base d’asta fissato per il tentativo di vendita del 20.03.2018 e, segnatamente, pari a € 238.613,00; l’istanza veniva dichiarata inammissibile, con il decreto del 18.03.2018, per tardività, atteso il mancato rispetto del temine fissato dall’art. 588 c.p.c.

Avverso il predetto decreto e la successiva aggiudicazione proponeva ricorso agli atti esecutivi ex art. 617 comma 2, c.p.c. la cui domanda cautelare veniva rigettata con ordinanza del 7.09.2018.

La predetta ordinanza veniva reclamata deducendo:

a) l’erroneità del provvedimento in ragione della natura non perentoria del termine di cui all’art. 588 c.p.c. e la conseguente ammissibilità dell’istanza di assegnazione con vendita ad un prezzo più alto dell’aggiudicazione avvenuta all’offerta minima efficace di euro 178.960,00;

b) in via subordinata, l’irregolarità dell’intero procedimento di vendita per violazione dell’art. 591, comma 2, c.p.c. a tenore del quale “Il giudice può altresì stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà. Il giudice, se stabilisce nuove condizioni di vendita o fissa un nuovo prezzo, assegna altresì un nuovo termine non inferiore a sessanta giorni, e non superiore a novanta, entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo 571”;

c) in via ulteriormente subordina, l’illegittimità dell’intero procedimento di vendita e, conseguentemente, la ricorrenza dei presupposti per l’operatività del potere – ex officio rimesso al G.E. – di sospensione della vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto (art. 586 c.p.c). In particolare, la reclamante deduceva che il bene era stato posto in vendita a seguito di una illegittima decurtazione dal valore effettivo (pari ad euro 997.230,00) al prezzo base d’asta di € 565.500,00 operata per tenere conto del provvedimento di assegnazione della casa familiare. La rivalutazione al ribasso del cespite – alla stregua dei criteri espressi nella relazione integrativa dell’Esperto, Arch. Daniela Carollo, del 6.05.2014 - risultava erroneamente applicata atteso il principio della non opponibilità del diritto di abitazione al creditore ipotecario (cfr. Cass. n. 7776/2016);

d) le condizioni di salute dell’occupante dell’immobile e del proprio nucleo familiare (con particolare riferimento alle condizioni della figlia Anna, come da documentazione che produceva);

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il reclamo non è fondato per i motivi che saranno di seguito illustrati e, conseguentemente, deve essere rigettato.

1.1. Il primo motivo censurato, attenendo alla questione della ordinarietà o perentorietà del termine di cui all’art. 588 c.p.c. merita una preliminare disamina in ordine all’istituto della c.d. assegnazione del bene pignorato.

In primo luogo, si è ritenuto che l’assegnazione non costituisce un mezzo di soddisfazione coattiva del credito alternativo rispetto alla vendita forzata, bensì successivamente concorrente con quest'ultimo, nel senso che i creditori possono accedervi solo dopo che sia tentata, con esito negativo, la vendita (cfr. Cass. 16799/2008).

Inoltre, nel caso di più creditori, occorre altresì precisare che, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza di assegnazione, il creditore/assegnatario deve, con la sua offerta, soddisfare i crediti dei creditori con privilegio (nel caso di specie, del procedente, Italfondiario n.q., che nella gradazione dei crediti, trova prioritaria allocazione in ragione dell’antecedente iscrizione ipotecaria rispetto al titolo dell’intervenuta) nonché le spese di procedura.

Ciò premesso, occorre dar conto che, in ordine alla natura del termine per la presentazione dell’istanza di assegnazione, non si registra una unanimità di vedute in dottrina e giurisprudenza. Invero, a fronte di una tesi che – nell’ottica di una tendenziale equiparazione della “istanza di assegnazione” alla “offerta di acquisto” – privilegia la non perentorietà del termine di cui all’art. 588 c.p.c, si sviluppa anche un differente indirizzo interpretativo che valorizza la natura perentoria del termine con conseguente decadenza del potere da parte del creditore istante di depositare istanza di assegnazione tardiva.

Gli indirizzi sopra richiamati, ove va, pertanto, collocato anche il precedente giurisprudenziale invocato in seno al reclamo (cfr. Cass. n. 8857/2011), si sono sviluppati con riferimento al quadro normativo antecedente alle riforme di cui al d.l. n. 83/2015 e d.l. 59/2016 (e segnatamente, quando l’istituto trovava applicazione residuale, presupponendo l’infruttuoso esito della vendita con incanto).

Tali recenti riforme, però, oltre ad avere esteso la portata applicativa dell’istituto anche al caso, come quello che ci occupa, della vendita senza incanto, hanno inciso – estendendone la portata – sulla funzione dell’istituto dell’assegnazione (e non solo).

Resta, conseguentemente, da chiedersi se le modifiche appena richiamate, nella misura in cui abbiano inciso sulla ratio dell’istituto, possano valere anche quali chiavi di lettura nella individuazione della natura ordinatoria o perentoria del termine.

A tal proposito, occorre immediatamente sgomberare il campo dall’assunto che la perentorietà del termine debba escludersi in assenza di esplicita qualificazione legislativa.

Infatti, tale obiezione risulta facilmente superata dall’elaborazione giurisprudenziale condotta dalle Sezioni Unite, le quali hanno avuto modo di precisare - valorizzando indirizzi già espressi in altre pronunce (Cass. 8 febbraio 2006 n. 2787; 5 marzo 2004 n. 4530 tra le altre) – che, anche laddove il legislatore non abbia provveduto a qualificare il termine come perentorio o da osservare a pena di decadenza, la natura perentoria dello stesso possa essere tratta dalla sua funzione, ammettendo, quindi, che il termine può essere perentorio anche in assenza di una sua esplicita qualificazione in tal senso (cfr. Cass. S.U. n. 262/2010).

Ora, tornando al caso di specie, l’interpretazione sistematica delle norme e l’assunto della eterogeneità dell’istanza di assegnazione rispetto all’offerta di acquisto (per mancanza di cauzione e di irrevocabilità) porta a ritenere che il termine a ritroso rispetto alla vendita del cespite pignorato (nel termine di dieci giorni prima della data dell'udienza fissata per la vendita), persegua la funzione di rendere l’istanza di assegnazione conoscibile alla platea dei possibili e successivi offerenti per evitare la lesione del diritto – normativamente sancito dall’art. 572, comma 3, c.p.c. – dell’offerente che voglia presentare una offerta inferiore al prezzo base determinato dall’art. 568 c.p.c. o al prezzo ribassato a seguito dei successivi esperimenti di vendita.

Il deposito anticipato dell’istanza di assegnazione lascerebbe, infatti, impregiudicato il diritto dell’eventuale presentatore dell’offerta minima di partecipare nella consapevolezza di una mancata aggiudicazione, consentendogli, altresì, di valutare – con effetto benefico per la procedura esecutiva – anche la presentazione di un’offerta pari o superiore – pure di poco – al prezzo base in funzione della già depositata istanza di assegnazione.

Conseguentemente, il Tribunale ritiene che l’istanza di assegnazione depositata dalla sig.ra C. a soli cinque – in luogo dei dieci – giorni prima dell’esperimento di vendita sia stata correttamente qualificata inammissibile dal Giudice dell’Esecuzione per tardività.

Inoltre, privilegiando la tesi, ad avviso del Collegio maggiormente aderente alla ratio della previsione normativa, della perentorietà del termine di cui all’art. 588 c.p.c. è da escludere una proroga, anche tempestivamente richiesta, del suddetto termine a ritroso.

Le considerazioni sopra esposte confermano l’infondatezza del motivo di reclamo prospettato.

Peraltro non va trascurato che, nel caso di specie, la reclamante non risulta avere contestualmente indicato il nocumento sostanziale arrecatole, né la prova del concreto ed attuale pregiudizio derivante all’opponente – reclamante (in proposito, si rimanda a Cass., 25.1.2012, n. 1029, Cass., 13.5.2014, n. 10327, Cass., 16.5.2014, n. 10841, e Cass., 30.1.2018, n. 2294), soprattutto ove si consideri che alla stessa era consentito, non trattandosi di debitore esecutato, di partecipare come offerente al procedimento di vendita, anche presentando una offerta di acquisto minima (seppure accompagnata dal versamento della cauzione).

1.2. Con riferimento alle censure afferenti all’irregolarità ed illegittimità del procedimento di vendita, prospettate in via subordinata, occorre procedere ad esaminare, con priorità quella di cui alla lettera c), la quale attiene ad una questione di natura preliminare e assorbente rispetto agli altri vizi denunciati (lettere b e d).

Esclusa ogni valutazione in ordine alla incompatibilità tra la domanda principale (che presuppone la piena validità del procedimento di vendita ai fini dell’accoglimento della domanda di assegnazione) e quelle subordinate - sulle quali, quindi, potrebbero sorgere dubbi in ordine alla proponibilità nel medesimo atto -, giova subito premettere che la censura - in un giudizio prognostico da compiersi in tale sede - non supera il vaglio di rilevanza ed ammissibilità.

Infatti, preme rilevare che, se da un lato, occorre dare conto dell’evoluzione giurisprudenziale riportata dalla reclamante (Cass. n. 7776/2016), a tenore del quale, in materia di assegnazione della casa familiare, l'art. 155 quater c.c. (applicabile "ratione temporis"), laddove prevede che "il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'art. 2643" c.c., va interpretato nel senso che entrambi non hanno effetto riguardo al creditore ipotecario che abbia acquistato il suo diritto sull'immobile in base ad un atto iscritto anteriormente alla trascrizione del provvedimento di assegnazione, il quale perciò può far vendere coattivamente l'immobile come libero; d’altro canto, però, le doglianze prospettate si risolvono in osservazioni alla relazione di stima integrativa dell’Esperto depositata in data 6.05.2014 e, come tali, sono tardive, ai sensi dell’articolo 173 bis dd.aa. c.p.c., in quanto non rilevate ed eccepite nell’udienza fissata ai sensi dell’articolo 569 c.p.c.

Ed anche a volere accedere alla tesi che la reclamante abbia avuto conoscenza dei fatti idonei a determinare la illegittimità del procedimento di vendita soltanto in seguito all’udienza per disporre la delega delle operazioni di vendita e, segnatamente, solo dopo il consolidarsi dell’indirizzo ermeneutico sopra richiamato, ne conseguirebbe, in ogni caso, la tardività della censura eccepita a distanza di oltre due anni e, nonostante, siano nelle more intercorsi molteplici esperimenti di vendita senza che il creditore abbia proposto reclamo ex art. 591 ter c.p.c.

Ed anzi, proprio la presentazione, in data 15.03.2018, di un’istanza di assegnazione per la vendita del 20.03.2018 manifesta una volontà contraria della reclamante ad interrompere la vendita forzata del cespite pignorato per illegittimità del procedimento di vendita, presupponendo la piena volontà di mantenere quel prezzo base d’asta (pari ad € 238.613,00).

Le considerazioni sopra esposte appaiono suffragate dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha avuto modo di precisare che, attraverso l’opposizione, si stabilizzano i risultati del processo esecutivo, nel senso che, in caso di mancata opposizione (o tardiva opposizione) l’eventuale vizio dello svolgimento dell’attività esecutiva è sanato (in tal senso, cfr. Cass. n. 14449/2016).

Inoltre, anche provando a ricondurre – come prospettato in reclamo – la censura nell’alveo dell’istanza volta a sollecitare un potere ex officio del Giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 586 c.p.c., devono essere ribadite le argomentazioni prospettate dal provvedimento reclamato atteso che non ricorrono quei fattori devianti enunciati dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (Sentenza n. 18451/2015).

A chiusura delle argomentazioni sopra esposte, va aggiunto che la individuazione del prezzo di vendita è rimessa unicamente ai poteri del Giudice dell’Esecuzione (art. 568 c.p.c.), il quale non è vincolato al prezzo di stima individuato dall’Esperto, potendo, per converso, determinarlo valorizzando altri ed ulteriori circostanze di fatto (per esempio, la occupazione dell’immobile, anche temporanea, la più rapida allocazione del bene nel mercato, la ragionevole durata del processo esecutivo, la riduzione del valore di mercato per l’assenza della garanzia per vizi, lo stato d’uso e di manutenzione, lo stato di possesso).

Alla scelta in concreto rimessa al Giudice dell’Esecuzione di individuazione del prezzo base d’asta fa da contraltare la possibilità, per le parti del processo esecutivo – ove deve essere collocata anche la creditrice intervenuta – di proporre opposizione agli atti.

È di tutta evidenza che il Giudice dell’esecuzione, nel bilanciamento dei molteplici interessi in gioco nel caso in esame (inopponibilità del diritto di abitazione al creditore ipotecario, effettiva allocazione del bene pignorato nel mercato e ad un prezzo che permette di coprire interamente il credito del creditore procedente e parte di quello degli intervenuti, ragionevole durata del processo esecutivo) ha - allo stato e ferma ogni esclusiva e successiva valutazione - ritenuto di non potere obliterare all’attività esecutiva in precedenza compiuta (ed, in particolare, ai precedenti tentativi di vendita eseguiti con l’applicazione degli ordinari ribassi del prezzo.

1.3. Le considerazioni appena sviluppate sono estendibili anche alla censura di cui alla lettera b), con l’ulteriore precisazione che la stessa è infondata in quanto il frutto di una non corretta interpretazione dell’art. 591 bis c.p.c.. Tale norma ha assegnato al G.E. il potere di disporre ribassi fino al limite di un quarto (25%) e dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto fino al limite della metà.

Giova precisare che il richiamo è da intendersi nel senso che, a partire dal quinto tentativo di vendita, è possibile disporre un ribasso, rispetto al precedente prezzo a base d’asta, pari alla metà.

1.4. Irrilevanti, ai fini del decidere, appaiono, in ultimo, le condizioni economiche e di salute della reclamante e del nucleo familiare (lettera d) in quanto afferenti a censure che non inficiano la legittimità del provvedimento reclamato, investendo unicamente il quomodo, ossia le concrete modalità per l’attuazione del trasferimento del bene e dell’ordine di liberazione.

In altri termini, occorre precisare che la destinazione del bene pignorato ad abitazione principale del debitore (e del suo nucleo familiare) e le condizioni di salute dei membri che lo abitano non sono in grado – per ciò solo - di rendere illegittima la procedura esecutiva, né rappresentano un ostacolo alla sua definizione con la vendita e l’esecuzione dell’ordine di liberazione.

2. Tenuto conto della costituzione tardiva della convenuta, oltre la prima udienza del 9.11.2018, e della complessità della vicenda trattata sussistono i presupposti per una compensazione totale delle spese di lite.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1 quater d.P.R. n. 115/2002 (“quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1 bis”).

P.Q.M.

1. rigetta il reclamo proposto in data 27 settembre 2018 da C. G. con conferma dell’ordinanza depositata il 7 settembre 2018 nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare n. 236-3/2013 R.G.Es.;

2. compensa interamente le spese di lite;

3. dichiara la sussistenza delle condizioni per il pagamento, da parte della reclamante, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma dell’art. 13 comma 1 quater D.P.R. 30/5/2002 n. 115.

Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di rito.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del 18 gennaio 2019.

Il Giudice relatore 

Valentina Imperiale

Il Presidente

Gabriella Di Marco