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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20433 - pubb. 07/09/2018.

Poteri di intervento pubblici sulle fondazioni ex art. 25 c.c.


Consiglio di Stato, 13 Luglio 2018, n. 4288. Est. Grasso.

Fondazioni – Controllo pubblico – Art. 25 c.c. – Scopo del controllo – Conseguenti limiti


Le forme di controllo pubblico cui l’art. 25 del Codice civile assoggetta le fondazioni sono funzionalmente (e restrittivamente) preordinate alla tutela dell’ente, trovando ragione nell’assenza di un controllo interno analogo a quello esercitato nelle associazioni dei membri o da appositi organi a ciò deputati. Questi poteri dell’autorità amministrativa dell’art. 25 Cod. civ. esprimono non una funzione di tutela nel merito, o di controllo sulla mera opportunità delle determinazioni o gestionale o di indirizzo, che sarebbero – specie alla luce delle riforme liberalizzatrici del 1997/2000 (art. 13, comma 1, l. 15 maggio 1997, n. 127; art. 1, comma 1, l. 22 giugno 2000, n. 192; d.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361) - incompatibili con l’autonomia privata degli enti destinatari; ma piuttosto una funzione di vigilanza, cioè di controllo di legittimità rispetto alla legge e all’atto di fondazione; il quale controllo a sua volta non è astratto e generale, ma funzionale alla salvaguardia dell’interesse interno e istituzionale dell’ente, in rapporto a quanto giustifica la sua esistenza giuridica come tale, cioè alla preservazione del vincolo di destinazione del patrimonio allo scopo voluto dal fondatore e a suo tempo stimato meritevole di separazione di responsabilità con l’atto di riconoscimento giuridico della fondazione. È ammissibile, in siffatta prospettiva, una sollecitazione ab extra diretta all’uso del potere di annullamento, mera segnalazione di terzi, inidonea a veicolare (quasi fosse un rimedio concorrente o alternativo), pretese di definizione di contenziosi in relazione all’interesse immediato e diretto del denunziante (interesse che invece ha la sua ordinaria tutela in giustizia e nelle pertinenti sedi). Ma per essere, se del caso, presa in considerazione occorre pur sempre che si inserisca nel margine di un detto controllo e che non ne ecceda. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

FATTO

 

1.- Con atto di appello notificato nei tempi e nelle forme di rito, la Fondazione Fioroni Museo e Biblioteca pubblica, come in atti rappresentata e difesa:

a) premetteva che, con deliberazione n. 116 in data 19 novembre 2013, il proprio consiglio di amministrazione aveva disposto, nel quadro di una manovra di contenimento della spesa per il personale (divenuta asseritamente insostenibile rispetto alla disponibilità delle risorse), il licenziamento, per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 della legge n. 604 del 1966, della dott.ssa Lia Marchionni e del dott. Oliviero Farneti, già dipendenti a tempo indeterminato della fondazione;

b) precisava che il detto licenziamento, comunicato con lettere raccomandate, rispettivamente in data 4 dicembre 2013 e 9 dicembre 2013 era stato impugnato dai due dipendenti con ricorsi al Tribunale ordinario in funzione di giudice del lavoro;

c) aggiungeva che, in data 25 agosto 2015, gli stessi dipendenti avevano inoltrato alla Regione Veneto istanza di annullamento, ai sensi dell’art. 25 Cod. civ., della detta deliberazione consiliare, cui aveva fatto seguito la nota prot. n. 488356 del 30 novembre 2015, con la quale la Regione aveva rappresentato il proprio intendimento di annullare la delibera (una al pedissequo licenziamento) perché contraria agli artt. 5 e 11 dello Statuto dell’ente, essendo stata, di fatto, adottata con l’intervento e con il voto di soggetto non legittimato, e, pertanto, in mancanza del prescritto quorum;

d) puntualizzava di aver vanamente rappresentato all’Amministrazione regionale l’insussistenza dei presupposti per il prospettato annullamento (tra l’altro evidenziando che il consiglio di amministrazione, nella seduta del 27 novembre 2015, aveva deliberato la ratifica della deliberazione del 19 novembre 2013 e degli atti posti in essere in esecuzione della stessa);

e) lamentava che, con deliberazione n. 203 in data 3 marzo 2016, la Giunta regionale aveva, infine, disposto l’annullamento, per contrasto con l’art. 11 dello Statuto della Fondazione e sulla ritenuta non sanabilità, per via di ratifica, del vizio riscontrato;

f) esponeva di aver ritualmente impugnato la determinazione regionale dinanzi al Tribunale amministrativo per il Veneto, il quale, tuttavia, aveva, con sentenza n. 420/2017, respinto il ricorso.

2.- Avverso detta statuizione l’interessata Fondazione insorgeva con l’epigrafato appello, lamentandone l’erroneità ed invocandone l’integrale riforma.

Si costituivano in giudizio la Regione del Veneto e i controinteressati Lia Marchionni e Oliviero Farneti, che hanno diffusamente argomentato l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza dell’appello.

Alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2018, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

 

DIRITTO

1.- L’appello è fondato e merita di essere accolto.

2.- Vale, preliminarmente, sgombrare il campo dall’eccezione di inammissibilità formulata dai controinteressati, i quali lamentano che l’appello sia inteso alla riproposizione e reiterazione delle disattese ragioni di doglianza, senza una puntuale e specifica critica alla sentenza impugnata.

In proposito, per l'art. 101, 1º comma, Cod. proc. amm., il ricorso in appello deve contenere specifiche doglianze contro i capi della sentenza gravata, posto che l'oggetto del giudizio è costituito da quest'ultima, e non dal provvedimento impugnato in primo grado (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 21 aprile 2015, n. 2015): nondimeno, nel caso di specie, la Fondazione appellante ha formulato, in termini puntuali e specifici, una complessiva e generalizzata censura alle valutazioni espresse dal primo giudice in relazione ai prospettati motivi, i quali allora – ancorché devolutivameante reiterati – non possono ritenersi formulati con esclusivo riguardo ai provvedimenti impugnati, coinvolgendo criticamente anche la gravata statuizione reiettiva.

3.- Ciò premesso, si osserva che oggetto di appello è la sentenza del Tribunale amministrativo del Veneto che, nei sensi detti, ha respinto il ricorso della Fondazione qui appellante contro il provvedimento della Regione Veneto che, ai sensi dell’art. 25 Cod. civ., aveva annullato la deliberazione con cui il consiglio di amministrazione dell’ente aveva deciso, per ragioni di contenimento della spesa, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dei due dipendenti controinteressati.

L’atto di annullamento regionale si fonda sull’esclusivo assunto della ritenuta contrarietà della delibera agli artt. 5 e 11 dello Statuto dell’ente, per essere stata adottata con l’intervento e con il voto di soggetto non legittimato, e, pertanto, in mancanza del quorum richiesto dal medesimo art. 11 per gli atti di straordinaria amministrazione.

La Fondazione lamenta di legge ed eccesso di potere sotto plurimo profilo:

a) il licenziamento dei dipendenti non costituirebbe un atto di straordinaria amministrazione, di tal che non avrebbe richiesto il quorum strutturale (pari a n. 5 consiglieri) indicato dalla Regione, essendo sufficiente la presenza di tre consiglieri;

b) in ogni caso, la partecipazione del quinto componente sarebbe stata legittima (trattandosi di membro ritualmente nominato, ai sensi dell’art. 5 dello Statuto, dal Sindaco di Verona e non di semplice “consigliere delegato”;

c) irrilevante sarebbe che l’atto di nomina non era stato iscritto nel registro delle persone giuridiche, non avendo l’iscrizione natura di pubblicità costitutiva;

d) comunque, la delibera annullata era stata riapprovata per convalida/ratifica nella seduta del 27 novembre 2015 (ed avrebbe errato il Tribunale amministrativo a ritenere non convalidabile l’atto assunto a composizione non legittima; né il tempo trascorso – in difetto di comminatoria di decadenza – sarebbe stato preclusivo);

e) l’annullamento sarebbe viziato per sviamento, atteso che il controllo pubblico sulle fondazioni dovrebbe essere funzionale alla protezione dell’interesse dell’ente, e non dei privati dipendenti;

f) in ogni caso, illegittimo sarebbe l’annullamento, in via consequenziale, del licenziamento, trattandosi di atto assunto nell’esercizio di poteri e facoltà privatistici.

4.- Osserva il Collegio che, nell’ordine logico delle questioni sollevate, meriti di essere esaminato prioritariamente, per la sua attitudine assorbente, il terzo motivo di gravame (sintetizzato supra sub e) con cui la Fondazione si duole che la sentenza impugnata abbia disatteso la censura di sviamento di potere, ritenendo che, in concreto, la Regione avesse, nella vicenda in esame, esercitato il suo potere di controllo “al fine di tutelare il rispetto delle regole stabilite dallo Statuto della Fondazione e, perciò, nell’interesse di quest’ultima, e non per erigersi ad arbitro del contenzioso con i dipendenti”.

4.1.- La doglianza è fondata.

Per consolidato orientamento, le forme di controllo pubblico cui l’art. 25 del Codice civile assoggetta le fondazioni sono funzionalmente (e restrittivamente) preordinate alla tutela dell’ente, trovando ragione nell’assenza di un controllo interno analogo a quello esercitato nelle associazioni dei membri o da appositi organi a ciò deputati.

Questi poteri dell’autorità amministrativa dell’art. 25 Cod. civ. esprimono non una funzione di tutela nel merito, o di controllo sulla mera opportunità delle determinazioni o gestionale o di indirizzo, che sarebbero – specie alla luce delle riforme liberalizzatrici del 1997/2000 (art. 13, comma 1, l. 15 maggio 1997, n. 127; art. 1, comma 1, l. 22 giugno 2000, n. 192; d.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361) - incompatibili con l’autonomia privata degli enti destinatari; ma piuttosto una funzione di vigilanza, cioè di controllo di legittimità rispetto alla legge e all’atto di fondazione; il quale controllo a sua volta non è astratto e generale, ma funzionale alla salvaguardia dell’interesse interno e istituzionale dell’ente, in rapporto a quanto giustifica la sua esistenza giuridica come tale, cioè alla preservazione del vincolo di destinazione del patrimonio allo scopo voluto dal fondatore e a suo tempo stimato meritevole di separazione di responsabilità con l’atto di riconoscimento giuridico della fondazione.

È ammissibile, in siffatta prospettiva, una sollecitazione ab extra diretta all’uso del potere di annullamento, mera segnalazione di terzi, inidonea a veicolare (quasi fosse un rimedio concorrente o alternativo), pretese di definizione di contenziosi in relazione all’interesse immediato e diretto del denunziante (interesse che invece ha la sua ordinaria tutela in giustizia e nelle pertinenti sedi). Ma per essere, se del caso, presa in considerazione occorre pur sempre che si inserisca nel margine di un detto controllo e che non ne ecceda.

Nel caso in esame, l’intervento di annullamento operato dalla Giunta regionale, pur formalmente ancorato sulla violazione delle disposizioni statutarie sulla composizione degli organi fondazionali, si appalesa in realtà funzionalmente ispirato a un controllo che in realtà non è di legittimità rispetto alle finalità istituzionali ma di contingente convenienza su singoli atti di gestione del personale dipendente, riguardo a una vicenda di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La finalità appare pertanto sviata e comunque del tutto eccedente rispetto alle descritte ragioni del circoscritto potere dell’art. 25 Cod. civ., e indebitamente compressiva delle autonome determinazioni assunte dall’ente, priva di autentico rapporto funzionale con la salvaguardia degli scopi istituzionali e programmatici dell’ente controllato.

5.- Le considerazioni che precedono, assorbenti, sono sufficienti ai fini dell’accoglimento del proposto gravame.

6.- Alla luce di quanto precede, l’appello va accolto, con integrale riforma della sentenza impugnata e consequenziale reiezione del ricorso di primo grado.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge definitivamente il ricorso di primo grado.

Condanna la Regione del Veneto alla refusione delle spese nei confronti dell’appellante, che liquida in complessivi € 5.000 (cinquemila), oltre accessori come per legge. Compensa le spese nei confronti dei controinteressati Oliviero Farneti e Lia Marchionni.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere, Estensore

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere