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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20262 - pubb. 25/07/2018.

La responsabilità per violazione delle regole del prospetto informativo ha natura aquiliana


Cassazione civile, sez. I, 14 Giugno 2018. Est. Di Marzio.

Sollecitazione al pubblico risparmio - Prospetto informativo - Responsabilità c.d. da prospetto - Natura giuridica - Responsabilità aquiliana - Sussistenza - Responsabilità da contatto - Esclusione


In tema di sollecitazione al pubblico risparmio, la responsabilità per violazione delle regole destinate a disciplinare il prospetto informativo che correda l'offerta di prodotti finanziari ha natura aquiliana, essendo tali regole volte a tutelare un insieme ancora indeterminato di soggetti ed a consentire a ciascuno di essi la corretta percezione dei dati occorrenti al compimento di scelte consapevoli, non essendo ancora configurabile, al momento dell'emissione del prospetto, un contatto sociale con i futuri eventuali investitori. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio - Presidente -

Dott. DI MARZIO Fabrizio - rel. Consigliere -

Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere -

Dott. CAMPESE Eduardo - Consigliere -

Dott. FRAULINI Paolo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA


 

Svolgimento del processo

1. - Con sentenza del 16 maggio 2016 la Corte d'appello di Milano ha respinto l'appello proposto da A.P. e dagli altri appellanti indicati nell'epigrafe della sentenza impugnata, nei confronti di Gruppo Banca Leonardo S.p.A., Dianthus S.p.A. e Consob, contro la sentenza con cui, per quanto qui rileva, il locale Tribunale aveva dichiarato prescritta la domanda risarcitoria dai medesimi spiegata, la prima per aver inserito nel prospetto informativo, in sede di offerta pubblica di sottoscrizione di azioni Freedomland I.T.N. S.p.A., informazioni scorrette, la seconda per aver operato in modo negligente nell'espletamento dell'attività di revisione affidatale, la terza per omessa vigilanza.

2. - Per la cassazione della sentenza A.P. e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per otto motivi. Analogo ricorso ha proposto M.L..

Banca Leonardo S.p.A., già Gruppo Banca Leonardo S.p.A., Dianthus S.p.A. e Consob hanno resistito con controricorso, mentre solo quest'ultima ha anche spiegato ricorso incidentale condizionato per tre motivi, al quale i ricorrenti hanno resistito con controricorso.

Le controricorrenti hanno anche depositato memoria.

Prima dell'udienza i ricorrenti hanno rinunciato al ricorso nei confronti di Dianthus S.p.A., che ha accettato la rinuncia.

 

Motivi della decisione

1. - Il Collegio ha disposto l'adozione della modalità di motivazione semplificata.

2. - A seguito della rinuncia dei ricorrenti nei confronti di Dianthus S.p.A., da questa accettata, va dichiarato estinto il processo nei rapporti tra dette parti.

3. - Il ricorso, che si protrae per 59 pagine, contiene otto motivi con cui si denuncia:

i) violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 2946 e 2947 c.c., con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di Milano fissato il dies a quo di decorrenza della prescrizione al 6 ottobre 2000, anzichè al 25 luglio 2008, giorno in cui i ricorrenti avrebbero avuto piena conoscenza del danno e della sua ingiustizia;

ii) nullità della sentenza per violazione dell'art. 111 Cost., art. 132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per motivazione apparente in ordine all'individuazione della data del 6 ottobre 2000 quale dies a quo per la decorrenza della prescrizione;

iii) violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia circa una questione dedotta nel giudizio di appello, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, con riguardo all'inammissibilità delle eccezioni di avvenuta prescrizione del diritto proposto dalle originarie convenute, in ragione dell'indeterminatezza delle stesse, già rilevata anche nel corso del giudizio di primo grado;

iv) violazione degli artt. 115 e 167 c.p.c. e art. 2697 c.c., comma 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte territoriale violato il principio di non contestazione dei fatti allegati in riferimento all'invio di atti interruttivi della prescrizione;

v) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, fatto consistente in ciò, che ciascun ricorrente aveva inviato, quale raccomandata interruttiva della prescrizione, il modello prodotto come documento numero 32, predisposto dal SITI (Sindacato Italiano per la Tutela dell'Investimento e del Risparmio), avente ad oggetto richiesta di risarcimento del danno patito in dipendenza dell'investimento in azioni Freedomland;

vi) violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1173 e 1218 c.c., art. 94 del testo unico della finanza e art. 13 del regolamento emittenti numero 11971/99, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d'appello escluso la ricorrenza dei presupposti per il sorgere, a carico di Gruppo Banca Leonardo S.p.A., quale responsabile del collocamento dell'offerta pubblica Freedomland, di una responsabilità contrattuale da contatto sociale;

vii) violazione e falsa applicazione degli artt. 1173 e 1218 c.c., artt. 96 e 164 del testo unico della finanza, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata qualificazione della responsabilità di Dianthus S.p.A. come contrattuale da contatto sociale, in ragione del ruolo ricoperto dalla società di revisione nell'offerta pubblica Freedomland;

vii) violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia circa una questione dedotta nel giudizio di appello, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e precisamente la domanda di condanna di Gruppo Banca Leonardo S.p.A. per responsabilità contrattuale da inadempimento degli obblighi giuridici sulla stessa incombenti, svolta quale domanda alternativa rispetto a quella di responsabilità da contatto sociale.

4. - Il ricorso è palesemente infondato.

4.1. - E' inammissibile il primo motivo, il quale mira con tutta evidenza a rimettere in discussione l'accertamento di fatto compiuto dalla Corte territoriale in ordine all'individuazione del termine a quo per il corso della prescrizione estintiva, eccepita dalle originarie convenute, del diritto fatto valere in giudizio.

Ed invero, il motivo non ha nulla a che vedere con la denuncia di violazione di legge siccome contemplata dall'art. 360 c.p.c., n. 3, nè quale violazione di legge in senso proprio, nè quale falsa applicazione, giacchè non si cimenta affatto con il significato e la portata applicativa delle norme richiamate in rubrica, ma concerne esclusivamente, ed inammissibilmente (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n.8315; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313), il governo del materiale probatorio, attraverso l'esame del quale la Corte territoriale ha ritenuto che gli attori fossero stati posti in condizione di rappresentarsi la rapportabilità causale dell'asserito pregiudizio subito in dipendenza dell'acquisto delle azioni in discorso alla condotta delle convenute in data del 6 ottobre 2000, "ovverosia il momento in cui i giornali hanno reso nota la circostanza che il bilancio di Freedomland e il prospetto informativo erano stati falsificati, determinando l'immediato crollo del titolo in borsa (da Euro 42,74 del 5.10.2000 a Euro 33,36 del giorno successivo)".

Affermazione, quest'ultima, che:

-) in iure è pienamente conforme al principio affermato da questa Corte secondo cui, riassumendo in breve, il danneggiato, ai fini della realizzazione della possibilità di far valere il diritto, ai sensi dell'art. 2935 c.c., deve essere messo in condizione di percepire l'ingiustizia del danno, il nesso di causalità e la riconducibilità alla responsabilità del danneggiante (il riferimento è a Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 583; da ultimo, sempre in tema di emotrasfusioni, Cass. 22 novembre 2017, n. 27757);

-) si sottrae per il resto al sindacato di questa Corte giacchè l'accertamento della decorrenza, interruzione, sospensione della prescrizione costituisce indagine di fatto demandata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se non sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. 3 dicembre 2002, n. 17157).

3.2. - E' infondato il secondo motivo.

I ricorrenti difatti affermano contro l'evidenza che la sentenza impugnata sarebbe sostenuta da una motivazione soltanto apparente, giacchè la Corte d'appello ha non soltanto richiamato la notizia giornalistica concernente la falsità del prospetto, ma ha ulteriormente osservato che detta notizia aveva immediatamente prodotto una severa reazione dei mercati, con un crollo del valore delle azioni di circa un quarto nel volgere un solo giorno.

Sicchè detta notizia, secondo la ricostruzione operata dal giudice di merito, era ampiamente idonea a mettere i ricorrenti sull'avviso, consentendo loro di avvedersi sia della falsità del prospetto, sia delle ricadute che essa produceva sul valore delle azioni.

Non rileva poi nè punto nè poco, ovviamente, l'argomento svolto nel corpo del motivo, laddove si sottolinea che la Corte d'appello non avrebbe indagato il concreto contenuto delle notizie di stampa e non avrebbe considerato che, in sede penale, l'accusa inizialmente rivolta ai vertici di Freedomland aveva avuto ad oggetto un'ipotesi contravvenzionale, giacchè ciò concerne non già l'esistenza della motivazione, ma, semmai, la sua sufficienza, la quale, oggi, non è censurabile in Cassazione (basterà richiamare Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

3.3. - Destituito di fondamento è anche il terzo motivo.

E' cosa nota che il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato comporta il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda di merito.

Va da sè che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica, in particolare, quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass. 20 settembre 2013, n. 21612; Cass. 11 settembre 2015, n. 17956). Ed in particolare, il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d'appello è configurabile allorchè manchi completamente l'esame di una censura mossa al giudice di primo grado, mentre non ricorre nel caso in cui il giudice d'appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda (Cass. 14 gennaio 2015, n. 452; Cass. 25 settembre 2012, n. 16254).

Nel caso in esame la censura si infrange contro l'evidente constatazione che la Corte territoriale, nello scrutinare l'eccezione di prescrizione il cui esame le era stato devoluto per via dell'interposto appello, ne ha individuato gli esatti contorni ed ha provveduto al riguardo, con ciò implicitamente, ma ineluttabilmente, escludendo che l'eccezione stessa fosse indeterminata.

Ciò esime dall'osservare che, nell'ambito delle eccezioni in senso stretto o proprio, sottratte al rilievo officioso, rientra quella di prescrizione, sicchè incombe sull'eccipiente l'onere di specificare i fatti che ne costituiscono il fondamento (Cass. 19 gennaio 2007, n. 1194), fatti che, d'altronde, si riassumono nella deduzione nel mancato esercizio del diritto per il tempo stabilito dalla legge, sicchè l'eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, ossia l'inerzia del titolare, senza che rilevi (ad esempio) l'erronea individuazione del termine applicabile, ovvero del momento iniziale o finale di esso, trattandosi di questione di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte (Cass. 27 luglio 2016, n. 15631).

Orbene, fatte tali premesse, non ha alcun senso l'affermazione dei ricorrenti secondo cui l'eccezione di prescrizione non sarebbe stata riferita con precisione ai singoli attori, giacchè al contrario essa è stata riferita a tutti quanti, senza che d'altronde vi fosse neppure esigenza di differenziare, vista l'omogeneità delle posizioni quanto a termine di prescrizione a quo applicabile.

3.4. - Anche il quarto motivo è formulato contro l'evidenza.

I ricorrenti pretendono essere pacifica una circostanza, quale il recapito di raccomandate interruttive della prescrizione, che, al contrario di quanto risulta dalla confusa esposizione della doglianza, essi non hanno affatto prodotto, incorrendo così, peraltro, ammesso che le lettere vi fossero effettivamente, secondo quanto da essi si sostiene, in una scelta processuale inspiegabile, a fronte della quale le controparti non sono rimaste per nulla inerti, tanto da consentire la configurazione della non contestazione, giacchè (la posizione di Dianthus S.p.A. ormai non interessa):

-) Gruppo Banca Leonardo S.p.A. ha per l'appunto dichiarato "che quanto versato in atti da controparte non sia in alcun modo idoneo a dimostrare l'avvenuta e tempestiva interruzione del termine di prescrizione, atteso che non vi è possibilità alcuna di avere la certezza che le presunte lettere, di cui non vi è traccia, ma solo, appunto, un mero facsimile, siano effettivamente ricollegabili alle cartoline di ricevimento prodotte (o addirittura nemmeno prodotte). Peraltro, non può certo non porsi rilievo anche al fatto che la mancanza delle presunte lettere che sarebbero state effettivamente inviate da ciascuno degli attori comporta anche l'impossibilità di verificarne la data, la sottoscrizione e, ciò che più importa, il contenuto";

-) Consob ha tra l'altro sostenuto che il facsimile non aveva un contenuto riferibile ad essa, sicchè in ogni caso non poteva valere come atto interruttivo della prescrizione.

Ed in tale contesto appare dunque del tutto consequenziale l'affermazione contenuta nella sentenza secondo cui le missive in discorso "non sono state versate in atti. Nel caso in esame, infatti, risultano prodotte solo le cartoline; e nulla dimostra che queste, benchè regolarmente sottoscritte, siano riferibili alle lettere di cui si discorre. Non conduce ad una conclusione diversa neanche la produzione dell'elenco delle raccomandate spedite, pur a fronte della corrispondenza tra il numero riprodotto sulla singola cartolina e quello che figura sull'elenco in questione. Manca infatti la prova della riferibilità e delle singole cartoline e delle raccomandate indicate nell'elenco alle rispettive lettere in cui sarebbe espressa la volontà interruttivo del termine prescrizionale".

Sicchè discorrere nel caso in esame di non contestazione dell'avvenuto recapito delle raccomandate interruttivi della prescrizione è completamente fuor d'opera.

3.5. - La medesima sorte tocca al quinto motivo, concernente anch'esso il recapito delle raccomandate interruttive della prescrizione, sotto il profilo dell'omesso esame di un fatto controverso e decisivo: esame che manifestamente la Corte d'appello, come emerge dallo scrutinio del motivo precedente, ha compiuto, traendone la conseguenza che non vi fosse prova dell'intervenuta interruzione della prescrizione.

3.6. - Sono inammissibili ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c. il sesto ed il settimo motivo, che per il loro collegamento possono essere simultaneamente esaminati.

Difatti questa corte ha già avuto modo di inquadrare la c.d. responsabilità da prospetto nel comparto aquiliano (Cass., Sez. Un., 8 aprile 2011, n. 8034; Cass. 11 giugno 2010, n. 14056).

Nè v'è ragione di tornare sulla questione - che peraltro non desta più significativo interesse, dal momento che l'art. 94 del testo unico della finanza, nella versione oggi applicabile, ha da tempo risolto i principali problemi applicativi connessi all'individuazione della natura della responsabilità, ossia il riparto dell'onere probatorio ed il termine di prescrizione applicabile, tendenzialmente fissato in quello breve previsto appunto in ipotesi di responsabilità aquiliana -, come pretenderebbero i ricorrenti, per il fatto che tali pronunce siano state rese in riferimento ad un quadro normativo diverso e preesistente.

Ciò che rileva, infatti, è che anche nel vigore della normativa precedentemente applicabile, come nell'attuale, la redazione del prospetto era sottoposta ad un complesso sistema di precetti volti in breve a garantirne la veridicità, sicchè, come si legge in Cass. 11 giugno 2010, n. 14056, ove vi fosse stata "violazione delle regole destinate a disciplinare il prospetto informativo che correda l'offerta, trattandosi di regole volte a tutelare un insieme ancora indeterminato di soggetti per consentire a ciascuno di essi la corretta percezione dei dati occorrenti al compimento di scelte consapevoli, si configura(va) un'ipotesi di violazione del dovere di neminem laedere", e non si può invece configurare una fattispecie di responsabilità da "contatto sociale", giacchè, a prescindere da ogni altra considerazione, nel momento in cui la condotta illecita è posta in essere, con l'emissione del prospetto, nessun "contatto sociale" ha ancora avuto luogo con gli eventuali futuri investitori.

3.7. - E infine infondato l'ottavo motivo.

Anche in questo caso il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato non è richiamato a proposito, giacchè la Corte territoriale ha qualificato la responsabilità da prospetto, seguendo la giurisprudenza di questa Corte, quale responsabilità aquiliana, e, con ciò, ha evidentemente escluso che essa potesse avere, nei confronti di Dianthus S.p.A., natura contrattuale.

4. - Il ricorso incidentale condizionato Consob è assorbito.

5. - Le spese seguono la soccombenza, salvo per quanto attiene al processo estinto. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

 

P.Q.M.

dichiara estinto il processo nei rapporti tra A. e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe, ivi compreso il M., e Dianthus S.p.a., con compensazione di spese, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato spiegato da Consob, e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore di Banca Leonardo S.p.a. e Consob, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate, quanto ad ognuna di esse, in complessivi Euro 8.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre spese generali nella misura del 15% e quant'altro dovuto per legge, dichiarando ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile, il 16 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2018.