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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20075 - pubb. 30/06/2018.

Reclamo avverso la sentenza di fallimento: nullità della notificazione e prova della mancata conoscenza del processo


Cassazione civile, sez. VI, 08 Novembre 2017. Est. Ferro.

Fallimento – Opposizione avverso la sentenza dichiarativa di fallimento – Impossibilità di far decorrere il termine breve – Applicazione analogica del termine ex art. 327 c.p.c. – Esclusione della decadenza dall'impugnazione in caso di mancata conoscenza del processo – Contumace – Prova della mancata conoscenza del processo mediante presunzioni – Ammissibilità


Qualora, per la mancanza di notificazione o comunicazione al debitore della sentenza dichiarativa del suo fallimento non possa decorrere il termine breve di opposizione, di cui all'art. 18 l.fall. (nel testo emendato dalla sentenza della Corte Cost. 27 novembre 1980, n. 151 ed anteriore alle modifiche di cui al d.lgs. n. 5 del 2006), trova applicazione analogica l'art. 327 c.p.c. (nella versione anteriore alla l. n. 69 del 2009) non solo nella parte in cui commina il termine annuale di decadenza, ma anche nella disciplina del suo comma 2 con riguardo alla esclusione della decadenza dall'impugnazione nelle ipotesi ivi previste di mancata conoscenza del processo. Perché dunque il contumace possa evitare la decadenza dal diritto di proporre impugnazione per decorso del termine annuale, non è sufficiente, ai sensi dell'art. 327, comma 2, c.p.c., la sola nullità della notificazione, ma occorre anche la prova della mancata conoscenza del processo a causa di tale nullità, prova che spetta al contumace fornire e che può essere data anche tramite il ricorso a presunzioni. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo - Presidente -

Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere -

Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere -

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta - Consigliere -

Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

Rilevato che:

1. L.V., che aveva proposto opposizione alla dichiarazione di fallimento di (*) s.r.l., resa da Trib. Roma 12.1.2006 e respinta ai sensi della L. Fall., art. 18, vigente con sentenza 17.12.2010, impugna in proprio e quale rappresentante legale di (*) s.r.l. la sentenza App. Roma 13.4.2015, n. 2295/2015, con cui è stato respinto anche l'appello dai medesimi proposto;

2. la corte, in merito alla censura attinente alla pretesa non conoscenza della procedura fallimentare di (*) s.r.l., ha rilevato dopo istruttoria officiosa sul punto - che: a) già nella pendenza del giudizio di omologazione del concordato preventivo, il tribunale romano, con ordinanza depositata in data 12.10.2005, decideva di rimettere la causa sul ruolo "rilevando l'insufficienza delle garanzie proposte dalla S.R.L. (*) e convocando la stessa società all'udienza del 15.11.2005 al fine di esaminare eventuali nuove proposte concordatizie e la sussistenza dei presupposti per la declaratoria del fallimento d'ufficio"; b) la predetta ordinanza non veniva notificata alla società, ma partecipava all'udienza del 15.11.2005 un sostituto dell'avvocato nominato dalla società, mentre non era fisicamente presente il debitore insolvente; c) lo stesso tribunale dava atto che la società revocava la proposta di concordato con istanza 30.12.2005;

3. da ciò la corte ha desunto che il procedimento prefallimentare era stato introdotto con l'ordinanza del 12.10.2005 e che il principio del contraddittorio non era stato violato in quanto, anche se la predetta ordinanza non era stata notificata alla società, la stessa appunto presenziava all'udienza indicata tramite il proprio legale e così si era difesa;

4. la corte, rilevato pertanto che il ricorrente era poi a conoscenza del procedimento fallimentare almeno dal 10.2.2006, ha ritenuto che l'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento - introdotta con citazione in primo grado notificata il 8.4.2009 - sia tardiva, non essendo possibile applicare nel caso di specie l'art. 327 c.p.c., comma 2;

5. con il ricorso si deducono sette motivi e, in particolare:

- violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 229 c.p.c., in quanto è stato erroneamente ritenuto che la società sarebbe stata rappresentata nel procedimento di dichiarazione d'ufficio del fallimento da un difensore sul rilievo che detta circostanza sarebbe stata ammessa dallo stesso ricorrente; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio non avendo il giudice valutato il mandato difensivo conferito esclusivamente per il giudizio di omologazione;

violazione e falsa applicazione dell'art. 2729 c.c. e art. 327 c.p.c., comma 2, per aver ritenuto che la conoscenza del procedimento fallimentare da parte della società potesse essere desunta dalla partecipazione all'udienza di un difensore;

- violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 15, artt. 24 e 111 Cost., artt. 101, 170 c.p.c. e art. 327 c.p.c., comma 2, circa il fatto di aver attribuito rilevanza alla partecipazione all'udienza del difensore ai fini della declaratoria di tardività dell'opposizione;

- violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 1578 del 1993, art. 9, per aver il giudice affermato che la presenza del sostituto dei difensori della società privo di delega equivalesse alla presenza della società;

- violazione degli artt. 325, 326 e 327 c.p.c., L. Fall., art. 18, art. 2729 c.c., in quanto è stato desunto che dall'audizione del ricorrente da parte del curatore del fallimento si potesse ricavare la conoscenza del fallimento in capo alla società;

- violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 24 e 111 Cost., art. 327 c.p.c., commi 1 e 2, poichè è stata ritenuta tardiva l'opposizione nonostante fosse stato dimostrato che il ricorrente si era tempestivamente attivato al fine di ottenere il rilascio di copia della sentenza e dei documenti senza mai riuscirvi;

- violazione e falsa applicazione dell'art. 327 c.p.c., comma 2 e art. 112 c.p.c., per la valutazione operata dal giudice in merito alla mancata conoscenza del ricorrente del procedimento per la dichiarazione di ufficio del fallimento.

 

Considerato che:

1. va premesso l'esame dei motivi sesto e settimo, la cui inammissibilità, per manifesta contrarietà ad indirizzi consolidati di questa Corte, determina l'assorbimento dei restanti, stante l'applicazione della L. Fall., art. 18, ratione temporis vigente, in una all'art. 327 c.p.c., nella versione anteriore alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17, per i quali il regime della opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, in difetto di comunicazione o notificazione da cui far decorrere un diverso dies a quo, contemplava comunque l'impugnazione nel cd. termine lungo, in allora fissato in un anno;

2. tale termine risulta ampiamente trascorso, per come apprezzato dal tribunale e correttamente ricostruito dalla corte d'appello, essendo stata la citazione in opposizione notificata solo il giorno 8 aprile 2009, dunque ben oltre tre anni da una serie di eventi che, con apprezzamento non suscettibile di riesame per come espresso su circostanze di fatto, il giudice di merito ha valutato considerando probante la effettiva conoscenza almeno della sentenza di fallimento in capo alla società ed anche al suo legale rappresentante odierno ricorrente; si ripete sul punto che "in tema di ricorso per cassazione, dopo la modifica dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell'essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili" (Cass. 12928/2014); tale norma, a differenza delle precedenti, trova applicazione quanto alla sentenza impugnata, poichè pubblicata dal trentesimo giorno successivo alla vigenza della conversione del D.L. n. 83 del 2012;

3. per altro verso, i medesimi eventi sono posteriori alla pubblicazione del 12.1.2006 della sentenza impugnata, integrando così il precetto dell'art. 327, comma 1 e confermando che le parti non hanno raggiunto la prova della non conoscenza di detta sentenza ai fini di superare anche il predetto limite temporale annuale;

4. occorre dunque riproporre l'indirizzo per cui "qualora, per la mancanza di notificazione o comunicazione al debitore della sentenza dichiarativa del suo fallimento non possa decorrere il termine breve di opposizione, di cui alla L. Fall., art. 18, nel testo emendato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 151 del 1980, trova applicazione analogica l'art. 327 c.p.c., non solo nella parte in cui commina il termine annuale di decadenza, ma anche nella disciplina del suo secondo comma con riguardo alla esclusione della decadenza dall'impugnazione nelle ipotesi ivi previste di mancata conoscenza del processo. Ne consegue che l'inutile decorso dell'anno della pubblicazione di detta sentenza non comporta la decadenza dalla facoltà di opposizione da parte del debitore nei cui confronti non sia stato instaurato, nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, un effettivo contraddittorio: al qual fine, se non è necessario il ricorso a forme identiche a quelle, per identico fine, disciplinate dal codice di rito, si impongono nondimeno modalità, di ricerca del destinatario e di consegna dell'atto strumentale alla suddetta instaurazione, che appaiano idonee - specie in caso di consegna eseguita in mani di terzi, per precaria assenza del destinatario medesimo dai luoghi di sua normale reperibilità - ad ingenerare conoscenza o conoscibilità di quel procedimento" (Cass. 6979/1991); parimenti va aggiunto che "perchè il contumace possa evitare la decadenza dal diritto di proporre impugnazione per decorso del termine annuale, non è sufficiente, ai sensi dell'art. 327 c.p.c., comma 2, la sola nullità della notificazione, ma occorre anche la prova della mancata conoscenza del processo a causa di tale nullità, prova che spetta al contumace fornire e che può essere data anche tramite il ricorso a presunzioni" (Cass. 19225/2007, 18243/2008, 2817/2009), mentre nella vicenda il giudice di merito, come premesso, ha dato conto, nel motivare la tardività, che gli appellanti avevano avuto "conoscenza di fatto" della sentenza di fallimento (Cass. 17014/2004), proprio ed almeno dal coinvolgimento materiale alla formazione di atti del susseguente processo fallimentare;

5. in ogni caso, quanto al legale rappresentante della società, soggetto per vero non destinatario in proprio della sentenza di fallimento, il termine può peraltro dirsi autonomamente spirato, ai fini della possibilità di interporre l'impugnazione, comunque a decorrere dalla pubblicazione della sentenza di fallimento stessa;

6. il ricorso è pertanto inammissibile quanto ai motivi pregiudiziali trattati, con assorbimento dei residui. Nulla sulle spese, non avendo svolto attività difensiva l'intimata.

 

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2017.