ilcaso.it
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19901 - pubb. 06/06/2018.

Fallimento della start up innovativa e onere della prova della permanenza dei requisiti per l'esenzione


Tribunale di Udine, 22 Maggio 2018. Est. Calienno.

Fallimento - Requisiti - Start up innovative - Iscrizione nella speciale sezione del registro delle imprese - Accertamenti sulla sussistenza in concreto dei requisiti richiesti dalla citata disposizione per il mantenimento dello status di start up innovativa - Ammissibilità

Fallimento - Requisiti - Start up innovative - Esenzione - Onere della prova

Fallimento - Start up innovative - Requisiti - Deposito di domanda di brevetto


L’iscrizione nella speciale sezione del registro delle imprese e il periodico aggiornamento dei requisiti secondo la disciplina dei commi 8, 9, 12 e 14 dell'art. 25 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, non hanno natura costitutiva e non precludono pertanto al tribunale adito in sede prefallimentare, una volta verificata positivamente la formale iscrizione nella sezione speciale e i suoi successivi aggiornamenti, di procedere ad ulteriori accertamenti sulla sussistenza in concreto dei requisiti richiesti dalla citata disposizione per il mantenimento dello status di start up innovativa. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Compete alla società resistente in sede prefallimentare l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di legge del suo status di start up innovativa ai sensi dell’art. 25 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, essendo l’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese condizione necessaria, ma non sufficiente per quanto sin qui esposto. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

La mera presentazione di una domanda di brevetto non integra il concetto di depositario di privativa industriale di cui alla citata disposizione di cui all’art. 25 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Segnalazione dell'Avv. Paolo Persello

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale di Udine

 

riunito in Camera di Consiglio, composto dai Signori Magistrati:

dott. Francesco Venier Presidente

dott. Andrea Zuliani Giudice

dott. Gianmarco Calienno Giudice rel

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

omissis

osserva

La questione preliminare che si pone nel presente procedimento concerne l’assoggettabilità al fallimento della società resistente, iscritta come start up innovativa nella apposita sezione speciale del registro delle imprese.

Apparentemente la risposta al quesito dovrebbe essere negativa, considerato che a norma del primo comma dell’art.31 del D.L. 179/2012 convertito con modificazione in legge 221/2012 “La start up innovativa non è soggetta a procedura concorsuali diverse da quelle previste dal capo II della legge 27 gennaio 2012 n.3.”, e, quindi, traducendo la disposizione in positivo, la start up innovativa sarebbe soggetta ai soli istituti del sovraindebitamento.

Tale disposizione normativa va, però, interpretata, tenendo conto del 4° comma del citato art.31 secondo cui “(…) qualora la start-up innovativa perda uno dei requisiti previsti dall’art.25, comma 2, prima della scadenza dei cinque anni dalla data di costituzione, secondo quanto risulta dal periodico aggiornamento della sezione del registro delle imprese di cui all’art. 25, comma 8, e in ogni caso al raggiungimento di tale termine (…) cessa l’applicazione della disciplina prevista nella presente sezione…” Pertanto, la start-up che perda uno dei requisiti previsti dall’art.25 comma 2 (di cui si tratterà più avanti) prima dei cinque anni dalla sua costituzione non è più soggetta alla speciale disciplina prevista dalla sezione IX del d.l.179/2012 e, quindi, all’esenzione dalle procedure concorsuali di cui al primo comma dell’art.31 citato.

Va, però, evidenziato che il 4° comma dell’art.31 citato contiene un inciso, ossia che la perdita dei predetti requisiti risulti “dal periodico aggiornamento della sezione del registro delle imprese di cui all’art.25, comma 8,…”.

Secondo la tesi propugnata dalla società resistente sin dal suo esordio nel presente procedimento, l’iscrizione nella speciale sezione del registro delle imprese e il periodico aggiornamento dei requisiti secondo la disciplina dei commi 8,9,12 e 14 del citato art.25, avrebbero natura costitutiva e precluderebbero al Tribunale adito in sede prefallimentare, una volta verificata positivamente la formale iscrizione nella sezione speciale e i suoi successivi aggiornamenti, di procedere ad ulteriori accertamenti sulla sussistenza in concreto dei predetti requisiti.

Il che imporrebbe al Tribunale, in via pregiudiziale, di rigettare le istanze di fallimento proposte dai creditori della start-up innovativa, stante l’esenzione della stessa dalle procedure concorsuali di cui al primo comma dell’art.31 citato.

Tale tesi non convince.

Come si è già evidenziato nel provvedimento del 18 gennaio 2018, la natura amministrativa degli atti sottesi all’iscrizione della società alla sezione speciale del registro delle imprese con la qualifica di start up innovativa, così come quelli di periodico aggiornamento, non preclude di per sè –come invece sostenuto dalla resistente- l’accertamento in sede prefallimentare dell’effettiva sussistenza dei requisiti di legge per l’attribuzione di tale qualifica al fine di verificare l’assoggettabilità o meno, sotto il profilo soggettivo, al fallimento della società resistente, in considerazione del potere di disapplicazione degli atti amministrativi eventualmente non conformi a legge da parte dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria nell’ambito di giudizi attributi alla sua giurisdizione, qual è certamente il procedimento prefallimentare.

Né il recente provvedimento del tribunale di Milano del 22/9/17 porta a diverse conclusioni atteso che esso, lungi dall’affermare quanto sostenuto dalla resistente circa la pretesa natura costitutiva dell’iscrizione, si limita a riconoscere, evidentemente in forza della presunzione di legittimità degli atti amministrativi, che l’iscrizione nella speciale sezione del registro delle impresa possa costituire condizione necessaria e sufficiente per accedere alla procedura di cui alla legge 3/2012.

Del resto, in precedenza, sia lo stesso tribunale ambrosiano (vedi Trib. Milano 4 agosto 2016) sia la Corte di Appello di Milano (C. App. di Milano 15/12/16) hanno ritenuto di potere verificare nel merito la sussistenza dei requisiti di legge della start up innovativa in sede prefallimentare, escludendo tale natura per essere la società debitrice il portato di un conferimento di azienda in una realtà di impresa già preesistente e ciò in contrasto con le evidenze della visura del registro delle imprese che attribuiva alla società debitrice il relativo status.

Va, inoltre, evidenziato che la soluzione adottata dal Collegio è in linea con quella già seguita dalla giurisprudenza per il problema analogo che si era posto nella disciplina fallimentare previgente al d.lgs. n.5/2006 relativamente alle società iscritte nell’albo delle imprese artigiane, circostanza che non impediva al giudice di accertare, diversamente dalle risultanze dei registri, che si trattava in realtà di società commerciale, dunque assoggettabile al fallimento.

Esclusa, pertanto, la natura costitutiva dell’iscrizione occorre richiamare a mente, in sintesi, i requisiti di legge per la qualifica di start up innovativa, non prima però, di sottolineare che la legge fallimentare novellata ha sancito il principio secondo il quale spetta al debitore, in via d’eccezione, fornire la dimostrazione dello status di soggetto non fallibile (cfr. Corte Costituzionale n.198/2009).

Ergo, spetta alla società resistente l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di legge del suo status di start up innovativa ai sensi dell’art.25 del D.L. 179/12, essendo l’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese condizione necessaria, ma non sufficiente per quanto sin qui esposto.

A conferma della correttezza di tale conclusione si consideri anche che la sussistenza dei requisiti di legge per l’iscrizione nell’apposita sezione viene autocertificata dal legale rappresentante della start up anche con specifico riferimento alle destinazione delle spese per attività di ricerca e sviluppo.

Il che giustifica a maggior ragione di verificare l’effettività di quanto auto attestato, anche in sede di aggiornamento periodico, pena riconoscere una sorta di autoreferenzialità della natura stessa della società che, pur essendo una società commerciale, sarebbe sottratta al fallimento sulla base della mera dichiarazione del suo legale rappresentate a scapito delle ragioni dei creditori.

Passando, quindi, ai requisiti di legge, va osservato, in sintesi, che le start up innovative non possono derivare da operazioni di fusione, scissione o a seguito di cessione di azienda o ramo di azienda; possono rivestire solo le forme previste per le società di capitali non quotate, di diritto italiano con sede nel territorio nazionale; infine, la compagine sociale deve essere formata a maggioranza da persone fisiche e non giuridiche. L'oggetto sociale deve essere lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. Inoltre, non possono distribuire utili. Dal secondo anno di attività, il totale del valore della produzione per ogni esercizio, come risultante dall'ultimo bilancio approvato, non deve essere superiore ad euro 5.000.000.

E’ bene poi sottolineare, per quanto qui interessa, che esse, devono mantenere almeno uno dei seguenti requisiti, in modo da attestare la propria vocazione all'innovazione:

1. le spese in ricerca e sviluppo, come risultanti dall'ultimo bilancio approvato e descritte in nota integrativa, devono essere almeno uguali al 30% del maggior valore tra costi e valore totale della produzione di cui alle lettere A) e B) dello schema di conto economico. È escluso dal computo delle spese l'eventuale acquisto di beni immobili. In caso di primo esercizio di attività, la sussistenza del requisito viene accertata tramite dichiarazione del legale rappresentante;

2. almeno 1/3 del totale della forza lavorativa complessiva deve essere rappresentato da personale in possesso di un dottorato di ricerca o che abbia svolto il dottorato presso università sia italiane che straniere o comunque in possesso di una laurea e che abbia svolto, da almeno un triennio, attività di ricerca certificata presso istituti pubblici o privati, in Italia o all'estero;

3. la società deve essere titolare, depositaria o licenziataria di almeno un diritto di privativa relativa a un'invenzione industriale o bioteconologica, di una topografia di prodotto a semiconduttori o di una nuova varietà vegetale direttamente afferenti all'oggetto sociale e all'attività di impresa.

Nel corso dell’istruttoria prefallimentare il Tribunale, oltre ad acquisire la documentazione offerta dalle parti, ha dato corso ad accertamenti tramite la Guardia di Finanza, per le eseguire le seguenti verifiche:

1) se l’attività svolta dalla resistente sin dalla sua iscrizione nella predetta sezione speciale del Registro delle Imprese, si fosse effettivamente concretizzata, quanto meno in misura prevalente, nello sviluppo, nella produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad altro valore tecnologico;

2) se a fronte delle spese indicate al punto 1 del comma 2 dell’art.25 del dl 179/12 fossero state effettivamente svolte prestazioni di ricerca e sviluppo previste da tale disposizione e, in caso positivo, se sia stata rispettata la percentuale minima del 15% indicata nella disposizione.

Tali accertamenti si sono, di fatto, concretizzati nell’acquisizione di documentazione presso lo studio professionale tenutario delle scritture contabili della società resistente.

E’ bene sin da subito evidenziare che, a fronte delle puntuali contestazioni dei creditori ricorrenti, la società resistente, pur essendone onerata, non ha provato, alla luce della documentazione acquisita anche tramite la GdF, la sussistenza del requisito di cui alla lettera h) n.1 del 2° comma del citato art.25 con riferimento alle spese per ricerca e sviluppo per esercizi 2016 e 2017 né, tanto meno, la sussistenza di quello alternativo di cui alla lett. h n.3, relativo alla privativa industriale per i medesimi esercizi, fermo restando che, da un lato, non è contestata l’insussistenza del requisito di al n.2 della predetta lett.h) e, dall’altro, che la società resistente è stata costituita il 14 marzo 2016 e posta in liquidazione già in data 31 agosto 2017, rappresentando nel bilancio 2016 debiti per oltre un milione di Euro e un valore della produzione di poco più di Euro 12.000,00.

Partendo proprio dal requisito di cui al citato n.3 occorre evidenziare che esso non risulta integrato, come preteso da parte resistente, dalla mera presentazione di una domanda di brevetto per invenzione industriale per “Apparato per realtà virtuale…” (vedi allegato 1B alla relazione della GdF), presentata in data 28.12.2017 e, quindi, dopo la messa in liquidazione della società (31.08.2017), dopo il deposito dei ricorsi per dichiarazione di fallimento (02.11.2017) e dopo che la società stessa ha chiesto di essere ammessa alla procedura di liquidazione del patrimonio (13.11.2017).

Si tratta, infatti, di una mera domanda, inidonea, di per sé, ad integrare il requisito in questione che presuppone che la start up innovativa non si sia limitata a presentare una domanda di brevetto, ma sia, invece, titolare, depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa a un'invenzione industriale o bioteconologica, di una topografia di prodotto a semiconduttori o di una nuova varietà vegetale direttamente afferenti all'oggetto sociale e all'attività di impresa ovvero sia titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario debitamente registrato, purchè tali privative siano direttamente afferenti all’oggetto sociale e all’attività di impresa.

E’ bene sottolineare che il significato del termine “depositario” (di privativa industriale) utilizzato dal legislatore al n.3 è chiaro e si riferisce, nel suo senso letterale, a chi riceve in deposito. Esso non va, quindi, confuso con il termine “depositante” che, invece, si riferisce a chi effettua un deposito.

Ergo, la presentazione di una domanda di brevetto non integra il concetto di depositario di privativa industriale di cui al citato n.3 posto che con tale espressione il legislatore si riferisce al caso di una start up che abbia ricevuto in deposito da un terzo titolare -evidentemente sulla base di accordi convenzionali- una privativa industriale che è già di per sé tale, non che deve essere ancora riconosciuta tale dall’organismo preposto a ciò. Del resto, la correttezza di tale interpretazione, oltre per il significato letterale del termine “depositario”, si evince anche dal fatto che gli altri due casi contemplati dal n.3 si riferiscono alla società che sia titolare o licenziataria di privativa industriale che risulti già riconosciuta dall’organismo preposto, perchè in tal modo, come previsto dalla norma, è possibile verificare la diretta afferenza della privativa industriale all’oggetto sociale e all’attività di impresa.

Ritiene, pertanto, il Collegio che la mera presentazione di una domanda di brevetto non integri il concetto di depositario di privativa industriale di cui alla citata disposizione.

A ragionare diversamente si consentirebbe che una società, come nella fattispecie, che ha già ammesso il proprio default ed ha chiesto la liquidazione del proprio patrimonio, di assicurarsi, in assenza di uno degli altri due requisiti di alla predetta lett.h), la non fallibilità attraverso la mera presentazione di una domanda di brevetto, facendosi al contempo carico di ulteriori oneri che non possono che aggravarne il dissesto.

Oltre all’insussistenza del requisito di cui al n.3, occorre osservare che la società resistente, come sopra anticipato, non ha neppure provato, pur essendone onerata, la sussistenza del requisito alternativo di cui al n.1 della lett. h del 2° comma dell’art. 25 citato relativamente all’anno 2016 e, tanto meno, relativamente all’anno 2017 per il quale non è stata dedotta nè documentata alcuna spesa inerente attività di ricerca e di sviluppo.

Il che, considerato che i requisiti previsti per le start up innovative devono persistere anno per anno (cfr. art.31 d.l.), è già di per sé sufficiente per affermare la perdita nel 2017 da parte della società delle condizioni di legge per godere dell’esenzione dalla procedura fallimentare.

Ma vi di più.

A fronte della puntuali contestazioni della difesa dei creditori istanti, non risulta provato, alla luce della documentazione acquisita anche tramite la GdF, che le spese esposte dalla società resistente siano state sostenute per effettive attività di ricerca e sviluppo.

In altri termini, la documentazione anche fiscale acquisita non dimostra che le attività descritte siano state effettivamente svolte in favore della società resistente né, tanto meno, che esse siano configurabili quali spese per effettive attività di ricerca e sviluppo.

Emblematica in tal senso è la rendicontazione dell’asserita attività e ricerca che la società resistente avrebbe commissionato alla SONI s.r.l., ossia ad un’altra pretesa start up innovativa della quale il sig. Massimiliano S. –già amministratore unico della S. srl. all’epoca dell’attività commissionata alla SONI s.r.l.- deteneva e detiene il 65% delle quote ed è il presidente del C.d.A..

A tale proposito coglie nel segno la difesa dei creditori istanti nell’evidenziare che la rendicontazione non è accompagnata da alcun documento che provi e/o documenti l’effettivo svolgimento delle attività in essa indicate, che, peraltro, nella maggior parte dei casi, appaiono come attività che nulla hanno a che fare con le attività di ricerca e sviluppo (analisi possibili competitors, viaggi, redazione e gestione bandi, gestione e selezione del personale, pratiche ed autorizzazioni, ecc.).

Né appare di secondario rilievo che tale rendicontazione appare comunque poco credibile, come evidenziato dai ricorrenti, considerato che vengono rendicontate anche attività svolte nel marzo 2016, anteriori al contratto con cui la S. srl avrebbe commissionato le asserite attività di ricerca e sviluppo alla SONI srl.

L’insufficienza della documentazione, anche fiscale, acquisita per provare l’effettivo svolgimento delle attività in esse contemplate vale poi anche con riferimento alle pretese spese sostenute dalla società resistente per asserite prestazioni di ricerca e sviluppo richieste alla Fallen Planet Studios Ltd, alla Synapses srls e a tale dott. Ivan Bortolin.

Del resto la resistente, pur essendone onerata, non ha chiesto l’assunzione di ulteriori mezzi istruttori per provare l’effettivo svolgimento delle prestazioni di ricerca e sviluppo di cui si discute.

Quanto, infine, al “progetto POR-FESR iVR Home” che la GdF ha acquisito quale allegato 1D al verbale del 8/2/18 in relazione al punto 1) delle informazioni richieste dal Tribunale, occorre rilevare, come evidenziato a verbale dai ricorrenti, che in relazione a tale progetto la S. srl ha presentato una domanda di contributo datata 27 giugno 2016 che la Regione FVG ha accolto, senza però erogare il relativo contributo.

Ebbene, le tavole grafiche e/o di progetto di tale allegato sono praticamente identiche per contenuto a quelle allegate alla domanda di brevetto italiano Mi 2012 A 001737 ed europeo EP 2722600 presentate rispettivamente in data 16 ottobre 2012 e 11 marzo 2013 dal sig. Massimiliano S. e dalla società ALBA SA (inventore Massimiliano S.) entrambe respinte.

Il che mal si concilia con l’effettiva realizzazione di attività di sviluppo di prodotti o servizi ad alto valore tecnologico, oggetto delle richieste informazioni.

In definitiva, ritiene il Collegio che la resistente, pur essendone onerata, non abbia provato la persistenza dei requisiti di legge per avvalersi dell’esenzione di non fallibilità di cui all’art.31 del decreto legge 179/2012 convertito con modificazione in legge 221/2012.

A questo punto, occorre soffermarsi sugli altri requisiti di cui all’art.1 2° comma LF.

A tal fine è sufficiente evidenziare che dalla documentazione acquisita risulta accertato il palese stato di insolvenza in cui si trova la debitrice, impossibilitata a far fronte con mezzi normali alle obbligazioni assunte.

Quanto al requisito soggettivo la sua sussistenza è indubbia sol che si consideri che nel bilancio relativo all’esercizio 2016 risultano ampiamente superati i limiti di cui alle lett. a) e c) dell’art.1 comma 2 LF, considerato che l’attivo patrimoniale ammonta ad Euro 1.058.086,00 e l’ammontare dei debiti anche non scaduti è pari ad Euro 1.161.528.

In definitiva, sussistendo tutti i presupposti di legge, va dichiarato il fallimento della società resistente.

visti gli artt. 1, 5, 6, 9, 15 e 16 legge fall.;

 

P. Q. M.

DICHIARA il fallimento della “ S. S.R.L. - IN LIQUIDAZIONE - omissis

Depositata il 22 maggio 2018.