Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19845 - pubb. 11/01/2018

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Cassazione civile, sez. I, 23 Novembre 1990, n. 11324. Est. Maltese.


Divieto di esenzioni individuali - Istituto di credito fondiario - Redditi dello immobile e prezzo di aggiudicazione - Diritto all'immediato versamento - Diniego - Provvedimento del giudice delegato - Reclamo - Decisione del tribunale - Ricorso per cassazione - Ammissibilità



È impugnabile con ricorso per Cassazione, ai sensi dell'art. 111 cost. Il provvedimento del tribunale fallimentare che, in Sede di reclamo avverso provvedimento del giudice delegato, neghi il diritto dell'istituto di credito fondiario all'immediato versamento "con riserva di restituzione a chi di ragione" delle rendite dell'immobile del fallito ipotecato e della parte di prezzo dell'aggiudicazione del medesimo , corrispondente al suo credito, trattandosi di provvedimento con contenuto decisorio su situazioni giuridiche soggettive concretanti privilegi processuali accordati dalla legge, i quali, peraltro, in tanto possono farsi valere nella predetta Sede, in quanto l'istituto creditore abbia proposto istanza di insinuazione al passivo, essendo anche il suo credito soggetto al principio generale, sancito dall'art. 52 della legge fallimentare, che impone la verifica con le norme della procedura concorsuale delle posizioni creditorie destinate a soddisfarsi sulla massa attiva, operando solo al di fuori del fallimento la legge speciale in materia di credito fondiario laddove consente al creditore di svolgere, in deroga al disposto dell'art. 51 della legge fallimentare, l'Azione esecutiva individuale, salvo l'intervento del curatore per l'Esercizio del necessario controllo sull'osservanza del principio di diritto sostanziale della "par condicio". (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Giuseppe SCANZANO Presidente
" Domenico MALTESE Rel. Consigliere
" Mario CORDA "
" Giovanni OLLA "
" Gian Carlo BIBOLINI "
ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

SEZ. AUTONOMA PER L'ESERCIZIO DEL CREDITO ALBERGHIERO E TURISTICO istituita presso la Banca Nazionale del Lavoro in persona del legale rapp.te elett.te dom.to in Roma Via Luigi Mancinelli 65 c-o l'avv. Corrado Romano giusta delega in atti.

Ricorrente

contro

FALL. BROCCOLI GIUSEPPE in persona del Curatore avv. Curzio Ghini, elett.te dom.to in Roma, Via Piave 24 c-o l'avv. Giuseppe D'Orazio che lo rapp.ta e difende con l'avv. Domenico Censorini giusta delega in atti.

Controricorrente

avverso il decreto del Tribunale di Forlì del 5.6.1986;
Udita la rel. svolta dal Cons. Dr. Domenico Maltese;
Udito il P.M. Dr. Ugo Donnarumma che ha concluso per
l'inammissibilità e in subordine per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14 luglio 1983 il tribunale di Forlì dichiarò il fallimento di Giuseppe Broccoli.
Con ordinanza del 26 novembre 1983 il tribunale di Rimini dichiarò improcedibile, ai sensi degli artt. 51 e 107 l. fall., l'azione esecutiva immobiliare in precedenza promossa contro il Broccoli, con intervento della SACAT - Sezione Autonoma per l'Esercizio del Credito Alberghiero e Turistico della Banca Nazionale del Lavoro -, creditrice ipotecaria del Broccoli.
Successivamente, lo stesso tribunale di Rimini, con sentenza confermata dalla corte d'appello di Bologna, revocò l'ordinanza di improcedibilità autorizzando la SACAT a proseguire l'azione esecutiva individuale contro il Broccoli ai sensi dell'art. 42, 2 co. T.U. 1905, n. 646, in deroga all'art. 51 l. fall.. Il procedimento esecutivo immobiliare proseguì, pertanto, davanti al tribunale di Rimini.
Con ordinanza del 2 ottobre 1985 il giudice delegato al fallimento presso il tribunale di Forlì dispose la vendita all'asta dell'immobile ipotecato a favore della SACAT, con il seguente contestuale regolamento del credito ipotecario: a) facoltà dell'aggiudicatario di concordare con la SACAT l'accollo del mutuo residuo con obbligo di versare al cancelliere entro venti giorni, quale acconto sul prezzo, la rata scaduta e gli accessori; oppure b) pagamento a mani del cancelliere della parte del prezzo corrispondente al credito attuale della SACAT per capitali, accessori e spese.
Il 15 gennaio 1986 l'immobile fu aggiudicato alla società Malatesta Viaggi per lire 1.820.000.000.
Con atto del 27 gennaio 1986 la SACAT dichiarò, nel procedimento fallimentare, di precisare il proprio credito in L. 2.115.697.160, per cui il minor prezzo realizzato con la vendita disposta dall'ufficio doveva essere versato dall'aggiudicatario al cancelliere e da questi alla stessa richiedente SACAT.
Il curatore contestò l'ammontare della pretesa e, in radice, l'obbligo del fallimento di versare la somma ricavata dalla vendita alla SACAT, non avendo questa proposto domanda di ammissione al passivo del proprio decreto.
L'aggiudicatario versò la somma di L. 1.546.437.000 al cancelliere; questi ne fece consegna al curatore; e il curatore chiese e ottenne dal giudice delegato, con provvedimento del 6 febbraio 1986, l'autorizzazione ad eseguire il versamento nel libretto fallimentare.
La S.A.C.A.T. propose reclamo al tribunale fallimentare per difetto della motivazione del provvedimento autorizzativo e per violazione di legge, sostenendo di avere diritto al versamento della somma ai sensi dell'art. 55 t.u. 1905.
Il curatore eccepì in via preliminare la inammissibilità del reclamo perché il giudice delegato non aveva disposto della futura destinazione della somma e si era limitato ad autorizzarne, con provvedimento gestorio, il deposito, al quale comunque il curatore sarebbe stato tenuto ai sensi dell'art. 34 l. fall.. Ribadì, nel merito, l'eccezione di mancata insinuazione al passivo del credito vantato dalla SACAT.
Con decreto del 5 giugno 1986 il tribunale respinse il reclamo, osservando che il Credito Alberghiero, pur dotato dalla facoltà di procedere all'esecuzione individuale - facoltà costituente un mero privilegio processuale - era tenuto a insinuare il credito nel fallimento; e soggiaceva, per il principio di prevenzione (Cass., 582-85), agli effetti della vendita fallimentare. La ripartizione dell'attivo, previa insinuazione e verifica, rappresentava nella specie l'unico modo per realizzare il credito ipotecario; mentre il provvedimento autorizzativo ribadiva l'obbligo, già gravante sul curatore ex art. 34 l. fall., di versare nel conto del fallimento la somma ricavata con l'aggiudicazione.
Contro tale provvedimento la SACAT ha proposto ricorso per cassazione, adducendo un unico motivo di censura. Resiste il fallimento Broccoli con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico mezzo l'istituto ricorrente censura il provvedimento impugnato per non avere il tribunale considerato che, ammessa la coesistenza della procedura esecutiva immobiliare individuale e di quella concorsuale fallimentare, il diritto del Credito Alberghiero deve essere immediatamente soddisfatto rispetto agli altri diritti concorrenti.
Eccepisce il fallimento nel controricorso la inammissibilità dell'impugnazione perché immotivata e, comunque, perché diretta contro un provvedimento di conferma di un atto non decisorio ma meramente gestorio, col quale il curatore era stato autorizzato a compiere quanto già gli imponeva l'art. 34 l. fall.: versare, cioè, nel conto del fallimento la somma ricavata dall'aggiudicazione, senza che di questa fosse in alcun modo stabilita la definitiva destinazione.
Ritiene il Collegio che il ricorso sia ammissibile ma infondato nel merito.
È ammissibile perché, sufficentemente motivato e perché rivolto contro un provvedimento non meramente gestorio ma decisorio del tribunale fallimentare.
Sotto il primo profilo, le ragioni addotte nel ricorso (sebbene, come sarà tosto chiarito, non possono essere condivise) appaiono esposte in modo esauriente, anche con richiami giurisprudenziali. Perciò l'atto di impugnazione si sottrae a questa eccezione di inammissibilità.
Sotto il secondo profilo, bisogna considerare che nell'ambito della procedura concorsuale, l'istituto creditore, il quale ad essa partecipi ritualmente, riceve con riserva di "restituzione a chi di ragione" le rendite dell'immobile ipotecato che il curatore è tenuto a versargli (art. 42, 1 co., t.u. 1905); e con la stessa riserva - nel caso di non utile collocazione in esito alla successiva graduazione - riceve la parte del prezzo corrispondente al suo credito, che il compratore dell'immobile gli deve pagare (art. 55 t.u. 1905, applicabile al fallimento per il disposto dell'art. 42, 2 co. della stessa legge).
La disposizione del 1 co. dell'art. 42 t.u. 1905 importa deroga proprio alla norma oggi contenuta nell'art. 34 l. fall. sull'obbligo del curatore di depositare le somme riscosse con le modalità stabilite dal giudice. Essa, infatti, opera nel campo dei doveri amministrativi del curatore, al quale prescrive l'obbligo di corrispondere provvisoriamente all'istituto mutuante le rendite dei beni ipotecati, con operazioni, di versamento che sono affini ai piani di ripartizione parziale ma se ne distinguono perché i piani sono definitivi salvo revocazione del credito, mentre i versamenti determinano un effetto di imputazione provvisoria, salvo restituzione della somma eventualmente non collocata nella successiva graduazione (Cass. 6952-1988).
L'art. 42, 2 co. richiama, poi, le norme sul credito fondiario pur in costanza del fallimento del debitore ipotecario. Al creditore, quindi, deve essere versata, con la stessa riserva di restituzione, la parte del prezzo corrispondente al suo credito (sent. civ.; v. anche Cass., 582-85, cit.).
Nella specie, la SACAT ha denunciato la violazione da parte del giudice delegato del proprio diritto soggettivo alla corresponsione immediata della somma; e il tribunale, nel confermare il decreto del giudice delegato di autorizzazione al deposito nel conto fallimentare, ha emesso un provvedimento decisorio contrario - in tesi - alla indifferibile attuazione di quel diritto. Ritualmente, quindi, la SACAT propone oggi ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione contro il provvedimento del tribunale con cui è stata respinta la sua richiesta.
L'impugnazione, tuttavia, è infondata nel merito e deve essere disattesa.
La SACAT invero, non può realizzare la sua pretesa senza proporre domanda di ammissione del credito al passivo.
Questa Corte ha già avuto occasione di accennare incidentalmente al problema (v. sent. cit. n. 6952 del 1988) se, nonostante l'inizio del procedimento esecutivo ordinario, l'istituto mutuante debba, come l'esattore (art. 18 d.p.r. 28 settembre 1973, n. 603; sez. un. 12 maggio 1978, n. 2325), insinuare nel fallimento il suo credito in osservanza della regola generale del 2 comma dell'art. 52 l. fall.;
ovvero se, in mancanza di una disposizione equivalente a quella dell'art. 18 r.d. n. 603 del 1973, che riguarda soltanto l'esattore, la posizione del mutuante si inquadri nell'eccezione prevista dalla stessa norma dell'art. 52, 2 co. l. fall., ed esso, pertanto, non sia vincolato dall'onere della domanda di ammissione al passivo. Ritiene ora questo Collegio di poter sciogliere la riserva nel senso che il Credito fondiario, come l'esattore, ha sempre l'onere di proporre domanda di ammissione del credito al passivo fallimentare per potere soddisfare il suo diritto nella procedura collettiva. Nel silenzio, invero, della legge speciale (t.u. 1905), appare evidente che la legge stessa non rappresenta in sè, una deroga al principio del concorso formale, nell'ambito della procedura fallimentare. In mancanza di una contraria esplicita disposizione si applica, all'interno del fallimento, la regola generale (art. 52, 2 co.) per cui ogni credito deve essere accertato secondo le norme stabilite dal capo V. Al di fuori del fallimento, invece, opera l'intero "corpus" normativo della legge speciale, che nel conferire l'anzidetto privilegio processuale, consente al creditore di svolgere l'azione esecutiva individuale, in deroga all'art. 51 l. fall., salvo intervento del curatore per l'esercizio del necessario controllo sull'osservanza del principio di diritto sostanziale della "par condicio".
Orbene, la norma dell'art. 18 d.p.r. n. 603 del 1973 riguardante la procedura esattoriale e confermativa, meramente esplicativa del principio generale sancito dall'art.
52, 2 co. l. fall.. Nei confronti del Credito fondiario si tratta, pertanto, non di applicare per analogia l'art. 18 ma di attuare direttamente la regola dell'art. 52, 2 co. l. fall., di cui l'art. 18 rappresenta una semplice conferma.
Perciò quando l'istituto mutuante intenda comunque far valere le proprie ragioni nel fallimento, deve proporre domanda di ammissione al passivo e sottostare alla verifica del proprio credito. Nella specie, in mancanza di tale presupposto, non esisteva alcun obbligo del curatore di versare alla creditrice ipotecaria, non ammessa al passivo, la somma ricavata dall'aggiudicazione. Correttamente, quindi, il tribunale di Forlì ha respinto il reclamo della SACAT, confermando il decreto del giudice delegato autorizzativo del deposito nel conto fallimentare. Il ricorso, pertanto, deve essere disatteso siccome infondato. Ritiene, tuttavia, il Collegio che ricorrano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di questa fase del giudizio.

 

P.Q.M.


Respinge il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, il 30 gennaio 1990.