Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19837 - pubb. 11/01/2018

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Cassazione civile, sez. II, 16 Febbraio 1993, n. 1923. Est. Giavedoni.


Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - Fallimento ed altre procedure concorsuali - Liquidazione coatta amministrativa - Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - In genere - Debiti contratti dai commissari - Prededucibilità dei relativi crediti - Forme applicabili



Con riguardo ai debiti contratti dai commissari durante l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, la prededucibilità dei corrispondenti crediti non consente di farli valere con le forme ordinarie, restando applicabili le regole sulla formazione del passivo fallimentare, in base al richiamo dell'art. 1 del D.L. 30 gennaio 1975 n. 26 (convertito, con modificazioni, in legge 3 aprile 1979 n. 95). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Enzo BENEFORTI Presidente
" Vincenzo DI CIÒ Consigliere
" Domenico GIAVEDONI Rel. "
" Francesco CRISTARELLA ORESTANO "
" Giovanni PAOLINI "
ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

LA TORINESE S.P.A. (già I.D.A.I. s.r.l. LA TORINESE), con sede in Torino, Via Avellino n. 8 in persona del suo legale rappresentante;
elettivamente domiciliata in Romea, Via Po n. 37 c-o l'avvocato Guido Petrini unitamente all'avvocato Vincenzo Fanelli lo rappresenta e difende per delega in calce ai ricorso.

contro

METALLOTECNICA SARDA S.P.A., in amministrazione straordinaria, in persona del commissario straordinario prof. Mario Boidi.

Intimato

per la cassazione della sentenza n. 514-89 del Tribunale di Torino 18.7.89-31.8.89.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13.3.1992 dal Cons. Rel. Dott. Giavedoni.
Udito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Amirante che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO

Con decreto 29 febbraio 1988 il Pretore di Torino, su istanza della I.T.D. S.r.l. La Torinese, ingiungeva alla Metallotecnica Sarda S.p.a., in amministrazione straordinaria, il pagamento di lire 2.334.780= a fronte di una fornitura di panettoni effettuatale dalla società istante.
Su opposizione dell'ingiunta, che aveva eccepito la improponibilità o l'improcedibilità del procedimento monitorio, il Pretore, disattesa l'opposizione, confermava il decreto e condannava la opponente al risarcimento del danno ex art. 1224 cpv. c.c., nonché alle spese.
Appellava la Metallotecnica Sarda, ottenendo dal Tribunale, con sentenza 31 agosto 1988, in totale riforma della sentenza appellata, la dichiarazione di improponibilità del ricorso per ingiunzione e di nullità del decreto ingiuntivo 29 febbraio 1988 e ciò in base al principio che nell'amministrazione straordinaria anche i debiti contratti dai commissari straordinari debbono intendersi soggetti al rispetto delle regole della procedura esecutiva concorsuale, cioè al procedimento di verificazione dello stato passivo, di cui agli artt. 92 e segg. L.F.
Ricorre avverso questa decisione la Torinese S.p.a. (già I.T.D. La Torinese S.r.l.) con tre motivi di censura.
La intimata Metallotecnica Sarda non ha svolto attività processuale in questa sede.

DIRITTO

Con il primo motivo la ricorrente lamenta falsa applicazione degli artt. 1 e segg. legge 3 aprile 1979 n. 95 e 52, 93, 105 L.F. deducendo l'infondatezza dell'assunto sostenuto nella sentenza impugnata.
La legge relativa alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi ha infatti un momento liquidatorio della procedura rispetto al quale vale il richiamo alle norme della legge fallimentare, ma anche un aspetto risanatorio che viceversa è incompatibile con la normativa fallimentare.
In particolare l'art. 2 della legge prevede la continuazione dell'esercizio dell'impresa da parte del commissario con finalità di risanamento e quando questa continuazione venga disposta sorge un nuovo soggetto giuridico diverso dall'impresa assoggettata alla procedura, soggetto che contrae impegni finanziari in proprio e gode di un'autonomia gestionale quale quella di un qualsiasi imprenditore commerciale.
Conseguentemente è tenuto a rispondere delle obbligazioni assunte e non può essere soggetto, per il pagamento dei suoi debiti, ai principi della procedura concorsuale.
Con il secondo motivo denuncia, in via subordinata, illegittimità costituzionale dell'art. 1 legge n. 97-79 sul rilievo che se fosse esatta l'interpretazione accolta dal Tribunale di Torino l'articolo citato costituirebbe violazione dell'art. 24, I comma della Costituzione. Con il terzo motivo denuncia violazione dell'articolo 159, I comma c.p.c. deducendo che, in forza della norma richiamata r per il principio della conservazione degli atti nulli, il Tribunale, quale giudice fallimentare (e quindi competente) avrebbe dovuto far salva, quanto meno la dichiarazione di sussistenza del credito azionato dalla soc. La Torinese.
Il ricorso è infondato.
Per quanto attiene al primo motivo - che è quello decisivo - la dottrina recente ha avuto occasione di rilevare che mentre fino ad un determinato momento storico per le spese prededucibili, tra le quali quelle per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, quando autorizzato, previste dall'art. 111 L.F. se ne riconosceva la liquidabilità al di fuori del procedimento di ripartizione dell'attivo, a semplice richiesta degli interessati, previa autorizzazione del giudice delegato (vedi varie sentenze prevalentemente degli anni '60) in seguito il criterio e' stato superato fissandosi il diverso principio che la prededucibilità di taluni crediti non osta a che il loro possibile soddisfacimento, previa graduazione, avvenga secondo le medesime regole applicabili alle obbligazioni concorsuali, con la conseguente necessità che anche questi crediti vengano verificati ed ammessi al passivo secondo le norme della procedura fallimentare.
Si citano, come espressione di questo orientamento, le sentenze 3 aprile 1984 n. 268 e 30 gennaio 1982 n. 569 di questa Corte. L'orientamento pare esatto e da confermarsi.
Si osserva infatti che il principio della compatibilità tra natura prededucibile del credito e suo accertamento secondo le regole della procedura concorsuale (o, meglio, dell'incompatibilità del riconoscimento del credito al di fuori di queste regole) risponde ad una logica sistematica e storica, connessa con il principio fondamentale del divieto di azioni esecutive individuali di cui all'art. 51 L.F. e, più ancora, con la necessità che tutti i crediti da far valere sul patrimonio del fallito (con prededuzione o meno) siano soggetto al preventivo controllo nei modi di cui agli artt. 92 e segg. L.F.
Questi principi, dettati per il fallimento, sono applicabili alla liquidazione coatta amministrativa, per effetto dell'art. 201 L.F. e all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi per effetto dell'art. 1, quarto comma D.L. 30 gennaio 1979 n. 26 (convertito, con modifiche, nella legge 3 aprile 1979 n. 95). Quanto alla necessità di sottoporre i debiti contratti per la gestione dell'impresa durante la liquidazione coatta amministrativa alla procedura di ammissione al passivo 8ferma la loro immediata riscuotibilità da parte dei creditori formando gli stessi oggetto di prededuzione) e non alle ordinarie forme contenziose esiste copiosa giurisprudenza, a far tempo delle sentenze 5 febbraio 1972 n. 272, 15 maggio 1975 e successive. Resta quindi dimostrata, sul punto, l'esattezza della decisione dei giudici del merito.
Ugualmente infondato è il secondo motivo, attesa la manifesta infondatezza della denuncia di violazione da parte delle norme applicate dell'art. 24 Cost., posto che i diritti dei creditori della massa non sono affatto privi di tutela, ma perseguibili con un procedimento, ugualmente di natura giurisdizionale (ammissione al passivo) ancorché diverso (ma la diversità è giustificata dalla differenza dei rapporti) da quelli ordinari, mentre per escludere l'applicabilità dell'art. 159 c.p.c. (invocato con il terzo motivo) basterebbe ricordare che il preteso accertamento dell'esistenza del credito qui proverebbe da un giudice diverso da quello funzionalmente delegato a provvedervi (Pretore, anziché Tribunale fallimentare). Il ricorso va pertanto rigettato, senza nulla dover provvedere circa le spese di questo giudizio, state il mancato svolgimento di attività processuale da parte dell'intimata.

 

P.Q.M.

 

la Corte:
Rigetta il ricorso.
Dichiara nulla dover provvedere circa le spese di questo giudizio. Roma, 13 marzo 1992.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 16 FEBBRAIO 1993