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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19781 - pubb. 11/01/2018.

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Cassazione Sez. Un. Civili, 09 Giugno 1995. Est. Carbone.

Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi - Esenzione esattoriale successiva a tale provvedimento - Ammissibilità - Esclusione


In caso di ammissione del contribuente alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, l'iscrizione a ruolo di tributi diretti, pur costituendo titolo per l'insinuazione del credito tributario al passivo della procedura, non può rappresentare strumento per l'inizio dell'esecuzione esattoriale , in quanto l'art. 4, secondo comma, D.L. n. 414 del 1981, conv. nella legge n. 544 del 1981, prevede l'impossibilità di iniziare o proseguire, dopo l'emanazione del provvedimento di apertura della procedura, ogni azione esecutiva individuale, anche in deroga a quanto stabilito da leggi speciali (senza che possa operare, quindi, l'art. 51 d.P.R. n. 602 del 1973); con conseguente inapplicabilità all'impresa in amministrazione straordinaria dell'indennità di mora di cui all'art. 30 d.P.R. n. 602 cit., relativa a crediti tributari (nella specie, per I.R.P.E.G. e I.L.O.R.) iscritti a ruolo successivamente all'apertura dell'indicata procedura. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Giancarlo MONTANARI VISCO Pres. di Sezione
ff. di Primo Presidente
" Vincenzo DI CIÒ Pres. di Sezione
" Antonio IANNOTTA "
" Gentile RAPONE Consigliere
" Girolamo GIRONE "
" Francesco SOMMELLA "
" Raffaele MAROTTA "
" Vito GIUSTINIANI "
" Vincenzo CARBONE Rel. "
ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 11202-92 del R.G. AA.CC.,

proposto da

MONTE DEI PASCHI DI SIENA, Gruppo Creditizio Monte dei Paschi di Siena, Concessionario del Servizio della Riscossione dei Tributi della Provincia di Roma, Ambito A, elett.te dom.to in Roma, Via dei Normanni n. 1, presso lo studio dell'avv.to Saverio Casulli che lo rapp.ta e difende per procura speciale Notaio Dr. Marcello Scarfagna di Roma del 2.9.1992 - rep. n. 70.409.

Ricorrente

contro

SOCIETÀ GENERALE per PROGETTAZIONI, CONSULENZE e PARTECIPAZIONI (ex Italconsult) in A.S., in persona del Commissario legale rapp.te p.t., elett.te dom.ta in Roma, Via Nizza n. 45, presso lo studio dell'avv.to Alberto di Mauro che la rapp.ta e difende unitamente all'avv.to Michele Tamponi per delega a margine del controricorso.

Controricorrente

Avverso la sentenza n. 1188-92 della Corte di Appello di Roma dep. il 27.4.92 (R.G. n. 2437-90).
Udita nella Pubblica Udienza tenutasi il giorno 20.4.95 la relazione della causa svolta dal Cons. Rel. Dr. Carbone.
Udito l'avv.to Casulli.
Udito il P.M., nella persona del Dr. Franco Morozzo della Rocca, Avv.to Gen.le presso la Corte Suprema di Cassazione che la concluso per l'inammissibilità del II motivo - accoglimento del I motivo del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L'esattore del comune di Roma convenne in giudizio davanti al Tribunale fallimentare di Roma, con ricorso del 9.5.1986, la società Italconsult in amministrazione straordinaria chiedendo l'insinuazione al passivo della somma di L. 949.067.820 sia per i crediti tributari iscritti al ruolo esattoriali di Irpeg e Ilor, sia per l'indennità di mora di cui all'art. 30 d.p.r. 29.9.73 n. 602. La convenuta società in amministrazione straordinaria si costituisce in giudizio rilevando la necessità della sospensione sulla richiesta insinuazione al passivo, in attesa della definizione dell'intero contenzioso tributario vertente sulla legittimità dell'effettuato accertamento.
Il Tribunale di Roma, con sentenza del 30.9.1989, in accoglimento parziale della domanda ha ammesso l'esattoria comunale al passivo della società in amministrazione straordinaria per la minor somma di L. 895.743.300, con riserva all'esito del contenzioso tributario, ma con espressa esclusione dell'indennità di mora per L. 53.720.820, ritenuta non dovuta in quanto l'emissione del ruolo è avvenuta successivamente all'inizio della procedura concorsuale. Avverso la predetta decisione ha proposto appello il Monte dei Paschi di Siena nella qualità di concessionario del servizio riscossione tributi, mentre la società in amministrazione controllata ha resistito al gravame. La Corte di Appello di Roma con sentenza del 27.4.1992 ha rigettato l'appello, compensando le spese di secondo grado, In motivazione la Corte conferma l'esclusione dell'insinuazione al passivo dell'indennità di mora, ritenendo che non debba essere ammesso al passivo l'importo dovuto a titolo di indennità di mora in base al rilievo che l'emissione del ruolo è avvenuta successivamente all'inizio della procedura concorsuale e quindi il mancato pagamento non può essere imputato al contribuente ma dovrebbe essere riferito all'ufficio concorsuale, cioè al commissario o ai commissari che operano sotto la vigilanza del Ministro dell'industria. Peraltro gli organi della procedura concorsuale non possono eseguire pagamenti di debiti di imposta, maturati prima della dichiarazione di insolvenza, ma richiesti successivamente, al di fuori del procedimento concorsuale, rigorosamente dettato dall'ordinamento in funzione dell'esigenza di rispettare la par condicio creditorum, quantomeno nella fase della liquidazione dell'attivo. Secondo la Corte territoriale, sebbene l'indennità di mora prevista dall'art. 30 del d.p.r. 29.9.73 n. 602 costituisca un accessorio naturale e necessario del tributo, talmente connesso con lo stesso, da essere oggettivamente considerato e parificato ad un tributo, presuppone pur sempre per la sua debenza un comportamento di inadempimento colpevole, tanto da esser dovuta soltanto nell'ipotesi in cui il ritardo del pagamento nell'imposta sia imputabile al creditore. Ne consegue come corollario, che nel caso in cui l'ufficio concorsuale non possa effettuare pagamenti del tributo, nel rispetto del procedimento concorsuale fissato dall'ordinamento, vengono a mancare i presupposti per il riconoscimento di un inadempimento colpevole e quindi dell'indennità di mora.
Il Monte di Paschi di Siena nella qualità di esattore ha proposto ricorso per la cassazione di quest'ultima decisione sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la Società generale per consulenze e partecipazioni, succeduta alla Italconsult, in amministrazione controllata. Il ricorrente ha depositato tempestivamente memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il secondo motivo del proposto ricorso da esaminare preventivamente per il suo carattere pregiudiziale il ricorrente esattore censura l'impugnata sentenza del giudice a quo per non avere ammesso al passivo l'indennità di mora ed a tal fine eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, affermando che la decisione sulla debenza dell'indennità di mora spetterebbe alle commissioni tributarie e non al giudice ordinario. A tal fine deduce, da un lato, che l'avviso di mora è oggi previsto dall'art. 16 del d.p.r. 26.10.1972 n. 636 - come modificato dall'art. 7 del D.P.R. 3.11.1981 n. 739 - tra gli atti indicati come espressamente impugnabili alla Commissione tributaria, dall'altro che l'indennità di mora in un ruolo, formatosi dopo l'apertura della procedura concorsuale spetta all'erario e non all'esattore (art. 3 e 4 d.p.r. 29.9.1973 n. 603). La censura non è fondata. La decisione impugnata ha ammesso al passivo i tributi richiesti per Irpeg e Ilor in attesa della definizione del contenzioso tributario, pendenza innanzi alle commissioni tributarie circa la legittimità dell'eseguito accertamento. In altri termini, il giudice di merito ha pienamente riconosciuto al giudice tributario la giurisdizione ad accertare la debenza dei tributi richiesti e quindi della stessa indennità di mora, invadere la giurisdizione delle commissioni tributarie, limitandosi ad ammettere nell'ambito della somma richiesta dall'esattore, quella indicata a titolo di imposta con riserva all'esito del contenzioso tributario, escludendo, invece, l'indennità di mora, non in base ad una questione di giurisdizione, ma perché considerato un credito esistente, ma non meritevole, a differenza delle imposte, dell'insinuazione al passivo con riserva. In conclusione, il compito che viene demandato al giudice concorsuale di pronunciarsi sulla domanda di insinuazione tardiva dell'indennità di mora ex art. 101 l. fallimentare - richiamato dall'art. 209 co. 3 l. fall. e reso applicabile all'amministrazione straordinaria in virtù del richiamo contenuto nell'ultimo comma dell'art. 1 l. 3.4.1979 n. 95 - quando gli sia precluso di decidere
sull'esistenza stessa del credito tributario, demandato alle commissioni tributarie, è soltanto quello di controllarne l'ammissibilità e cioè l'opponibilità della pretesa fatta valere nei confronti della procedura. Ed infatti, anche se il titolo da cui derivi la pretesa dell'esattore non sia stato impugnato dal contribuente o dal commissario della procedura di amministrazione controllata innanzi alla commissione tributaria, deve tuttavia affermarsi che spetta in via esclusiva ed indeclinabile al giudice concorsuale lo stabilire se il predetto titolo, di cui non è più in discussione l'esistenza e la validità, sia anche efficace nei confronti degli altri creditori concorsuali.
2. Respinto il secondo ma pregiudiziale motivo, si passa all'esame della prima censura del proposto ricorso con il quale l'esattoria gestita dal Monte Paschi afferma che il giudice a quo avrebbe violato l'art. 30 del d.p.r. 602-1973, negando l'ammissione al passivo dell'indennità di mora secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte di legittimità ed in particolare delle sentenze 11.9.1974 n. 2481, 29.1.1976 n. 277, 27.10.1977 n. 4629, 20.2.1978 n. 802. Anche questa censura non è fondata e la decisione dei giudici di merito deve essere confermata nel dispositivo, ma ritoccata in motivazione, trattandosi di una società in amministrazione straordinaria cui va applicato il secondo comma dell'art. 4 del d.l. 31.7.1981 n. 414 convertito nella l. 2.10.1981 n. 544.
Ritiene il collegio che il legislatore nel bilanciamento di interessi tra quello dello Stato ad una sollecita riscossione delle imposte e quella della par condicio creditorum, conflitto proprio della procedura fallimentare, abbia adottato una soluzione peculiare in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (d.l. 30.1.1979 n. 26 convertito nella l. 3.4.1979 n. 95 e successive integrazioni e modificazioni di cui alle leggi 544-1981, 119-1982, 391-88 e 80-1983 che ha convertito il d.l. 17-1983). Il problema che sorge in tema di amministrazione straordinaria è normativamente diverso da quello che si agita in tema di fallimento e che vede contrapposti posizioni tra chi è più attento alle esigenze dei rapporti tra i creditori del fallito per cui, con un'ottica fallimentarista, si tende - specie tra i giudici di merito - a negare l'autonomia dell'esecuzione esattoriale e tra chi considera come interesse pubblico supremo la celere riscossione delle tasse degli accessori, senza intoppo e senza indugi ai sensi dell'art. 51 d.p.r. 502-1973 che costituisce quella discussa eccezione prevista dall'art.51 l. fall. Nella specie si verte, infatti, in tema di amministrazione straordinaria, e cioè di una procedura concorsuale introdotta per le grandi imprese in crisi, con una disciplina settoriale, ancora magmatica (cfr. i chiarimenti contenuti nella risoluzione 14.7.1982 n. 15- 2655 del Ministero delle finanze), diretta soprattutto alla ricerca del salvataggio della grande impresa in crisi con più di trecento dipendenti.
È con riferimento all'amministrazione straordinaria che si è posto il problema se sia dovuta e quindi se debba ammettersi al passivo l'indennità di mora su crediti iscritti nei ruoli formati dopo la sottoposizione della società alla procedura suddetta. 3. In proposito è appena il caso di sottolineare che se il ruolo fosse stato prima della sottoposizione dell'impresa in crisi sottoposta all'amministrazione straordinaria nessun dubbio potrebbe sorgere al riguardo, in quanto il mancato pagamento non potrebbe attribuirsi alla avvenuta sottoposizione del contribuente alla procedura di amministrazione straordinaria e quindi non vi sarebbe alcuna ragione per non ammettere al passivo, unitamente al credito per il tributo l'indennità di mora di cui all'art.
30 d.p.r. 602-73. Il problema sorge e deve essere affrontato quando il ruolo è formato dopo la sottoposizione del contribuente alla procedura concorsuale nel qual caso si sposta il baricentro degli opposti interessi pubblici: il bilanciamento tra l'interesse dello stato a riscuotere con celerità e senza ostacoli le imposte che servono per le necessità della comunità nazionale, e l'interesse anch'esso pubblico di assicurare e garantire la realizzazione delle finalità proprie della procedura concorsuale dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, tra cui quelle del salvataggio dell'impresa o quanto meno la continuazione dell'esercizio (art. 2 co. 2 l. 95-1979).
In realtà, esaminando il tessuto normativo sull'amministrazione straordinaria, composto da una serie di leggi che vanno dalla n. 95-1979 a quella n. 80-1993 viene a configurarsi una nuova ed autonoma procedura concorsuale, nell'ambito del fallimento e delle altre procedure, essenzialmente caratterizzata dallo scopo di continuare l'attività produttiva dell'impresa dissestata e di mantenere il livello occupazionale, e quindi in definitiva, di tentare il possibile salvataggio dell'impresa in crisi o al più il risanamento della stessa, il che, in definitiva, giustifica l'autonoma peculiarità, nonché la diversità di questa procedura rispetto alle altre procedure concorsuali, di cui è stata riconosciuta la legittimità costituzionale (cfr. Corte cost.22.5.1987 n. 185). A riprova di quanto sopra è sufficiente ricordare il 2 comma dell'art. 4 del d.l. 31.7.1981 n. 414 convertito nella legge 2.10.1981 n. 544 secondo cui: "le azioni esecutive individuali, anche in deroga a quanto stabilito da disposizioni di leggi speciali non possono essere iniziate ne' eseguite dopo l'emanazione del provvedimento che dispone l'apertura della procedura dell'amministrazione straordinaria di cui al precedente comma". Appare evidente come un siffatto divieto contenuto nell'art. 4 co. 2 debba ritenersi subordinato non alla semplice apertura dell'amministrazione straordinaria, ma alla continuazione dell'esercizio dell'impresa, continuazione che sussiste tutt'ora come appare evidente dalla costituzione nel giudizio di legittimità con il controricorso della società in amministrazione controllata che ha rilevato la precedente società Italconsult.
Questa nuova, più recente disposizione normativa consente di superare la precedente giurisprudenza di questa Corte, formatasi prima degli anni '80, secondo cui, in caso di fallimento del contribuente, e' dovuta l'indennità di mora che deve ammettersi al passivo, sia per i crediti da imposte dirette, iscritti nei ruoli esattoriali prima della dichiarazione, sia per quelli iscritti negli stessi ruoli formati posteriormente all'apertura della procedura concorsuale, non per i motivi processuali propri dell'esecuzione esattoriale, ma per motivi sostanziali dovuti alla natura risarcitoria, cioè alla liquidazione forfettaria del danno erariale resasi necessaria per il solo fatto del ritardato pagamento delle imposte.
4. La portata innovativa del co. 2 dell'art. 4 della l. 544-1981, in relazione all'indennità di mora, oggetto della presente controversia, appare nella sua interezza ove si ponga in evidenza l'espresso diniego della possibilità di esperire l'esecuzione esattoriale nell'amministrazione straordinaria. In altri termini, l'indennità di mora è dovuta in quanto esiste nel fallimento l'obbligo di pagare le imposte, obbligo a sua volta connesso alla norma eccezionale che in deroga all'art. 51 l. fall. consente all'esattore di procedere all'esecuzione forzata per le imposte iscritte al ruolo. Al contrario, la presenza di un'esplicita disposizione settoriale, in tema di amministrazione straordinaria, che esclude il diritto-dovere dell'esattore di procedere ad esecuzione forzata, comporta che il commissario della procedura di amministrazione straordinaria non ha l'obbligo del pagamento le tributo erariale, secondo modalità diverse da quelle proprie della speciale procedura, e quindi vien meno anche la possibilità di ritenere dovuta l'indennità di mora. Infatti, non è sola mancanza del pagamento delle imposte che determina il sorgere del diritto dell'esattore, o dell'erario come nella specie, all'indennità di mora a norma dell'art. 30 d.p.r. n. 602-1973, ma essa assume rilevanza ove sussista un obbligo di pagare, obbligo rinvenibile nella procedura fallimentare ex art. 51 dello stesso d.p.r. 602-1973, ma non in quella di amministrazione straordinaria, in presenza di una norma del tutto opposta, come il ricordato co. 2 dell'art. 4 l. 544-1981 che fa divieto di iniziare l'esecuzione o di proseguirla. In conclusione, in caso di amministrazione straordinaria, l'ultimo comma della surriferita norma dell'art. 4 l. 544-1981 ha attribuito all'iscrizione a ruolo del tributo la funzione di titolo per spiegare domanda di insinuazione del credito tributario al passivo della procedura, ma non pure di strumento per dare inizio all'esecuzione esattoriale, con la conseguenza che non può trovare applicazione l'indennità di mora prevista dall'art. 30 del citato d.p.r. 602-1973.
La soluzione adottata trova ulteriore conferma nella ratio e cioè nelle finalità perseguite dal legislatore con la creazione di quella speciale procedura concorsuale per le grandi imprese in crisi con più di trecento dipendenti, cioè l'amministrazione straordinaria. Attraverso il ricordato bilanciamento degli interessi pubblici in gioco, quello della sollecita riscossione delle imposte e quella del salvataggio delle grandi imprese in crisi, appare evidente che attraverso la disciplina dell'amministrazione straordinaria si tende a privilegiare la conservazione dell'impresa e dei livelli occupazionali connessi. Siffatto riconoscimento normativo dell'interesse prescelto comporta il sacrificio non solo dell'interesse dei creditori alla distribuzione dell'attivo patrimoniale insolvente, ma anche e direttamente del tesoro dello stato e dei soldi dei cittadini per assumere i pesanti oneri di garanzia nei confronti delle banche per il finanziamento della gestione corrente e per la riattivazione ed il completamento degli impianti, immobili ed attrezzature industriali delle imprese in crisi, oneri previsti dall'art. 2 bis l. 3.4.1979 n. 95 - che non possono eccedere per il totale delle imprese garantite i settecento miliardi di lire (co. 2 dell'art. 2 bis come sostituito della l.31.3.1982 n. 119). In questo scenario normativo ben si inserisce l'interpretazione del co. 2 dell'art. 4 l. 544-1981 che comporta per le imprese soggette ad amministrazione straordinaria l'esclusione dell'onere aggiuntivo dell'indennità di mora: se l'iscrizione a ruolo del tributo ha la funzione di titolo per spiegare domanda di insinuazione del credito tributario al passivo della procedura, ma non pure di strumento per dare inizio all'esecuzione esattoriale, ne consegue che non può trovare applicazione l'indennità di mora prevista dall'art. 30 del citato d.p.r. 602-1973.
Alla stregua delle esposte considerazioni la sentenza impugnata merita conferma, con la sostituzione della motivazione, modificata ai sensi dell'art.
384, u.c. c.p.c.
Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali. Così deciso in Roma addì 20 aprile 1995 nella camera di consiglio delle sezioni unite civili.