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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19635 - pubb. 09/05/2018.

Esercizio di attività di bed&breakfast da parte del terzo detentore vietata dal regolamento condominiale


Tribunale di Roma, 13 Marzo 2018. Est. Bertuzzi.

Condominio negli edifici – Regolamento – Norma che vieta l’attività di affittacamere – Esercizio di attività di bed&breakfast da parte del terzo detentore – Violazione del regolamento – Sussiste – Azione inibitoria – Legittimazione passiva – Spetta al condomino


Ove il regolamento di condominio vieti di adibire i singoli appartamenti ad esercizio di affittacamere, va accolta la domanda di cessazione di tale attività – o di quella di bed&breakfast, ricompresa e assimilata, quanto ai divieti condominiali, all’attività di affittacamere – svolta dal condominio nei confronti del proprietario, indipendentemente dal fatto che l’attività denunziata sia di fatto esercitata da un terzo.

Il condomino, siccome principale destinatario delle norme regolamentari, si pone nei confronti della collettività condominiale non solo come responsabile delle dirette violazioni di quelle norme da parte sua, ma anche come responsabile delle violazioni da parte del conduttore del suo bene, essendo tenuto non solo ad imporre contrattualmente al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento, ma altresì a prevenirne le violazioni e a sanzionarle anche mediante la cessazione del rapporto. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Segnalazione del Dott. Mirco Righini

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di ROMA

QUINTA SEZIONE CIVILE

 

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Mario Bertuzzi ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Con atto di citazione notificato l'8. 2. 2016 il Condominio di via A. in R. ha convenuto in giudizio N., proprietaria di un'unità immobiliare sita nell'edificio condominiale, chiedendone la condanna a far cessare l'attività di affittacamere svolta nel proprio appartamento, in qualità di conduttrice, dalla s.r.l. L. A., in quanto espressamente vietata dall'art. 4 del regolamento condominiale e pregiudizievole all'uso dei beni comuni ed alla tranquillità e sicurezza dei condomini. La convenuta si è costituita in giudizio eccependo in via preliminare il proprio difetto di legittimazione passiva, per essere l'attività denunziata imputabile unicamente alla società che conduce in locazione il proprio immobile, e contestando nel merito la domanda, per la mancata prova della destinazione del bene ad affittacamere e sotto il profilo che essa non e comunque vietata dal regolamento, non comportando alcun mutamento di destinazione dell'immobile né essendo fonte di rumori o molestie nei confronti degli altri condomini. Nel corso dell'istruttoria sono stati prodotti documenti, depositale memorie e sentiti testi, infine, sulle conclusioni delle parti all'udienza del 13. 12. 2017 la causa è stata trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica. L'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla convenuta è infondata, in quanto la domanda è stata proposta dal condominio nei suoi confronti in ragione della sua qualità di condomina, non oggetto di contestazione né di controversia, e per l'adempimento degli obblighi che in tale veste si assume siano a suo carico in forza del regolamento condominiale. Del tutto indifferente è che l'attività denunziata sia di fatto esercitata da un terzo, quale conduttore del bene, atteso che la costituzione di un autonomo diritto di godimento del bene a favore di altri non interrompe la permanenza degli obblighi a carico dei singoli proprietari derivanti dai rapporti condominiali. Si richiama in proposito l'orientamento della giurisprudenza secondo cui il condomino, siccome principale destinatario delle norme regolamentari, si pone nei confronti della collettività condominiale non solo come responsabile delle dirette violazioni di quelle norme da parte sua ma anche come responsabile delle violazioni delle stesse norme da parte del conduttore del suo bene, essendo tenuto non solo ad imporre contrattualmente al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento ma altresì a prevenirne le violazioni e a sanzionarle anche mediante la cessazione del rapporto ( Cass. 4920 del 2006; Cass. n. 8239 del 1997 ).

Nel merito la domanda proposta è fondata.

I documenti prodotti dal condominio, attestanti la pubblicità via internet dell'attività esercitata nell'appartamento di proprietà della convenuta, e le dichiarazioni rese dai due testimoni hanno provato che in esso viene esercitata dal 2015 attività di ospitalità e cessione in alloggio temporaneo anche di singole stanze a favore di terzi, destinazione che è espressamente vietata d all'art. 4 del regolamento di condominio, che al punto n. 4) vieta di adibire i singoli appartamenti ad " esercizio di locanda o di affittacamere ". In particolare, l'attività esercitata va identificata, in mancanza di ulteriori elementi, in quella di affittacamere, ma la conclusione non sarebbe diversa anche qualora essa desse luogo, come prospettato da un teste in relazione alla targa apposta sulla porta di ingresso dell'appartamento, ad attività di bed & breackfast, la quale, si caratterizza rispetto alla prima per la prestazione di ulteriori servizi personali ( quali il riassetto dei locali stessi, la fornitura della biancheria da letto e da bagno e della prima colazione ), e quindi va senz'altro ricompresa ed assimilata, quanto ai divieti condominiali, all'attività di affittacamere ( in questo senso: Cass. n. 704 del 2015; Cass. n. 26087 del 2010 ), condividendo con essa gli aspetti essenziali e distinguendosene soltanto per i maggiori servizi che in genere comporta e per la più breve durata del soggiorno degli ospiti, con conseguenze sul loro avvicendamento, che appare più frequente. In contrario non coglie nel segno l'argomento difensivo della parte convenuta, che richiama anche l'arresto della Corte di legittimità n. 24707 del 2014, secondo cui l'attività di affittacamere non sarebbe vietata in sé, ma solo nel caso in cui crei disturbo o molestia ai condomini. Tale interpretazione non può essere accolta perché la disposizione regolamentare, da un lato, come già detto, vieta la destinazione in discorso in via autonoma, senza ulteriori distinzioni e condizioni, il che implica una valutazione a priori circa l'esistenza del pregiudizio derivante dall'attività vietata, dall'altro nell'estendere il divieto al punto 8) a tutte quelle attività che comportino " rumori molesti... ed in genere a qualsiasi uso che possa turbare la tranquillità dei condomini ", mostra come tali condizioni vadano a comporre ed a enucleare una fattispecie di divieto ulteriore, distinta ed autonoma rispetto alle previsioni specifiche poste dalla prima parte della disposizione. Il richiamo alla sentenza della Corte di Cassazione n. 24707 del 2014 non è conferente, in quanto in quel caso il giudice è stato chiamato a pronunciarsi sull'applicazione di una N di regolamento di condominio affatto diversa, la quale si limitava genericamente a vietare di destinare gli appartamenti " a uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato ", laddove nel caso concreto il regolamento vieta espressamente l'attività di affittacamere. Non sembra dubbio pertanto che l'attività esercitata nell'unità immobiliare di proprietà della convenuta concreti una violazione del regolamento condominiale. La domanda di condanna alla cessazione di tale attività va quindi accolta. Da ultimo me osservare che la parte convenuta in sede di comparsa conclusionale, richiamando la pronuncia della Corte di Cassazione n. 21024 del 2016, ha eccepito l'inopponibilità nei propri confronti dell'art. 4 del regolamento condominiale perché, in sede di trascrizione dello stesso, non risulterebbero indicate nella relativa nota in modo specifico le clausole limitative del diritto di destinazione delle singole unità immobiliari, che, in quanto costituenti autonomi diritti di servitù, debbono essere trascritte.

L'eccezione va dichiarata inammissibile in quanto sollevata per la prima volta solo in comparsa conclusionale, tenuto conto che essa deve considerarsi eccezione in senso stretto e non mero argomento difensivo, risolvendosi in una obiezione alla opponibilità della N. regolamentare che necessariamente richiede un accertamento di fatto nuovo, in quanto in precedenza non richiesto, con conseguente compromissione del diritto di difesa della controparte. Meria aggiungere che l'esigenza di specifica indicazione nella nota di trascrizione delle clausole del regolamento condominiale che impongono servitù a carico dei singoli appartamenti non si pone come condizione generale di efficacia delle singole clausole, essendo noto che la pubblicità immobili are non ha efficacia costitutiva, ma rileva solo ai fini dell'opponibilità delle stesse ai terzi acquirenti, cioè a condomini che hanno acquistato in epoca successiva alla redazione del regolamento. Questa circostanza però non risulta dedotta dalla parte convenuta, che non ha chiarito se era condomina all'epoca del regolamento ovvero lo è diventata successivamente, con l'effetto che l'eccezione appare anche carente del necessario presupposto costitutivo.

Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

condanna N. a far cessare l'attività di affittacamere svolta nel suo appartamento sito nel condominio di via X, in R.;

condanna la parte convenuta al pagamento in favore del procuratore del condominio, Avv. C. N., che si è dichiarato antistatario, delle spese di giudizio, che liquida i n Euro 5.550,00, di cui Euro 550,00 per esborsi, comprensivi del contributo unificato, oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2018.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2018.