Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19529 - pubb. 19/04/2018

Il requisito dell'indebitamento di almeno euro 500.000 deve essere valutato al momento della dichiarazione di fallimento e non anche con riferimento ai tre esercizi antecedenti

Cassazione civile, sez. VI, 08 Febbraio 2018, n. 3158. Est. Lamorgese.


Fallimento - Dichiarazione di fallimento - Imprese soggette - Requisito dell'indebitamento ex art. 1, comma 2, lett. c) l. fall. - Tempo con riferimento al quale deve essere valutata l'esistenza - Momento della dichiarazione di fallimento - Fondamento



Il requisito di fallibilità di cui all'art. 1, comma 2, lett. c) l. fall., costituito da un indebitamento complessivo almeno pari ad euro 500.000, deve essere valutato, stando al tenore letterale della norma, confrontato con quello delle lettere a) e b) dello stesso comma, solo con riferimento al momento della dichiarazione di fallimento, non anche con riferimento al periodo di tempo corrispondente ai tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo - Presidente -

Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere -

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -

Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Motivi della decisione

Il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 1, comma 2, lett. c (ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3): la Corte d'Appello di Torino ha errato nel dare, peraltro in contrasto con il dato letterale, un'interpretazione sistematica della norma che non prevede che si debba considerare l'indebitamento nel triennio antecedente alla dichiarazione di fallimento, tanto più che l'indebitamento si era ulteriormente ridotto al 31 dicembre 2015.

Il motivo è fondato, dovendosi dare continuità all'orientamento (Cass. n. 17951/2016) secondo cui la mancata previsione, nella L. Fall., lett. c) del riferimento al triennio antecedente, presente invece per le soglie dimensionali indicate nelle lett. a-b), non è certamente casuale; è significativo in tal senso l'uso di tempi diversi dei verbi con riferimento alle altre soglie dimensionali ("avere avuto" a proposito dell'attivo patrimoniale e "avere realizzato" a proposito dei ricavi, in entrambi i casi "nei tre esercizi antecedenti"), a differenza dell'infinito presente ("avere") utilizzato per l'indebitamento, che deve risultare dalla contabilità dell'impresa al momento della dichiarazione di fallimento. Ciò porta ad escludere la fallibilità dell'imprenditore che sia riuscito a ridurre il passivo al di sotto della soglia di fallibilità, tale conclusione essendo coerente con il rilievo che l'indebitamento è un requisito che prescinde da qualsiasi periodicità.

Il secondo motivo denuncia motivazione apparente e contraddittoria, per non essere state indicate le ragioni dell'inattendibilità della situazione contabile e del superamento della soglia dell'indebitamento nell'ultimo esercizio.

Il motivo è fondato, a fronte di una motivazione inadeguata, anche alla luce del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, come interpretato da Cass., s.u., n. 8053 del 2014. La Corte di merito non ha spiegato se la soglia dell'indebitamento sia stata superata nell'ultimo esercizio, fatto questo decisivo ai fini della tenuta della ratio decidendi censurata; inoltre la valutazione di inattendibilità della situazione contabile è apodittica, essendo rimaste sul piano della genericità e astrattezza le affermazioni circa l'occultamento di un debito di Euro 13.799,28 verso i dipendenti e la mancata rinuncia a rivalersi verso la società da parte di un socio disponibile a ripianare i debiti della stessa.

Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d'appello di Torino, anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2018