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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19478 - pubb. 11/04/2018.

Se la domanda di ammissione al passivo è proposta dalla associazione professionale, ai fini del privilegio ex art. 2751-bis n. 2 c.c., occorre provare la personalità della prestazione


Cassazione civile, sez. I, 02 Novembre 2017. Est. Magda Cristiano.

Associazione professionale - Credito dell'associazione - Privilegio professionale - Domanda presentata dall'associazione - Prova della personalità della prestazione - Necessità


Il fatto che il contratto d'opera sia stato stipulato dall'associazione professionale cui il prestatore appartiene ed il fatto che sia questa a presentare la domanda di ammissione allo stato passivo non sono, di per sé, elementi decisivi per escludere la collocazione privilegiata del credito, dovendosi, piuttosto, accertare se ricorra la prova che il credito medesimo costituisce il corrispettivo di un'attività svolta personalmente da uno o più dei professionisti associati, in via esclusiva o prevalente, e sia pertanto richiesto, pur se formalmente dall'associazione, a remunerazione di detta attività (cfr., da ultimo, Cass. n. 6285/016, nonchè Cass. n. 17207/013, che sottolineano come la proposizione della domanda di ammissione allo stato passivo da parte dello studio associato ponga una mera presunzione di esclusione della personalità del rapporto professionale, che ben può essere superata da prova contraria). Nel caso di specie, tale accertamento non è stato compiuto dal giudice del merito, il quale si è arrestato al dato formale (stipulazione del contratto, emissione della fattura e proposizione della domanda da parte dello studio associato), senza indagare se, in ragione dell'oggetto stesso del contratto (attività di docenza) e degli ulteriori elementi documentali offerti dagli opponenti, dovesse ritenersi dimostrato che il credito in contestazione costituiva retribuzione di prestazioni professionali svolte personalmente da uno o più dei singoli associati e dovesse pertanto trovare collocazione privilegiata ex art. 2751 bis c.c. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria - Presidente -

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -

Dott. CRISTIANO Magda - rel. Consigliere -

Dott. TERRUSI Francesco - Consigliere -

Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

omissis

RILEVATO CHE:

Il Tribunale di Torino, con decreto del 14.3.011, ha respinto l'opposizione L. Fall., ex art. 98, proposta dallo Studio Associato S., in persona di tutti i suoi soci, per ottenere l'ammissione in via privilegiata, ex art. 2751 bis c.c., n. 2, allo stato passivo dell'Amministrazione Straordinaria di TAL - CISL (*) del credito, cui era stata riconosciuta collocazione chirografaria, di Euro 7.307,72, vantato in corrispettivo di attività di formazione svolta in favore dei dipendenti del sindacato, nonchè l'ammissione al chirografo del credito di Euro 1.095,82 preteso ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 6, a titolo di rimborso delle spese di recupero della somma contrattualmente dovuta, liquidate con decreto ingiuntivo notificato alla debitrice.

Il tribunale ha escluso che al credito ammesso potesse essere accordato il privilegio richiesto, rilevando: che la prestazione (consistita in 100 ore di docenza) era avvenuta in esecuzione di un contratto stipulato fra IAL - CISL (*) e lo Studio Associato, il quale si era impegnato a comunicare al committente l'elenco del personale che sarebbe stato impiegato nello svolgimento dell'attività; che anche la fattura era intestata allo Studio Associato e che sempre l'associazione professionale aveva inviato i solleciti di pagamento ed, a seguito dell'inadempimento della debitrice, aveva ottenuto l'emissione del decreto ingiuntivo.

Quanto al credito relativo alle spese di recupero, il giudice ha osservato che il provvedimento monitorio, non munito di decreto di esecutività in data anteriore alla sentenza dichiarativa dell'insolvenza, era inopponibile alla massa.

Il decreto è stato impugnato dallo Studio S. e dai suoi soci con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

IAL-CISL Piemonte in A.S. ha resistito con controricorso, integrato da memoria illustrativa della quale non può tenersi conto, in quanto depositata il 19.6.2017, dopo la scadenza del termine di cui all'art. 378 c.p.c.

CONSIDERATO CHE:

1) Con il primo motivo, che denuncia violazione dell'art. 2751 bis c.c., n. 2, i ricorrenti sostengono che la prestazione contrattuale, consistita nel tenere lezioni di approfondimento agli allievi dello TAL, aveva natura professionale ed era stata prestata personalmente da uno solo dei soci dello studio associato, con la conseguenza che il fatto che il contratto di consulenza fosse stato sottoscritto dal medesimo socio, ma in nome e per conto dell'associazione, non rilevava ai fini dell'esclusione del privilegio.

2) Col secondo motivo, che deduce vizio di motivazione del decreto impugnato, i ricorrenti lamentano che il tribunale non abbia tenuto conto: i) che essi sono tutti consulenti del lavoro, iscritti all'albo professionale; ii) che lo studio associato non è di dimensioni tali da poter privare la prestazione delle proprie caratteristiche personali; iii) che v'era prova in atti (doc 2 allegato al fascicolo dell'opposizione) che l'attività di docenza era stata svolta da un unico professionista.

3) I motivi, che sono fra loro connessi e possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.

3.1) Come ripetutamente affermato da questa Corte (Cass. nn. 15417/016, 15694/011, 17683/010, 22439/09), l'art. 36 c.c. stabilisce che l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolate dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti ed ad acquisire la titolarità dei rapporti, poi delegati a singoli aderenti e da questi personalmente curati; ne consegue che, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato - che costituisce centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici - ad ottenere il pagamento dei crediti nascenti dalle prestazioni svolte dai uno o più degli associati in favore del cliente, in quanto il fenomeno associativo fra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi.

3.2) Sotto altro profilo, va rilevato che l'art. 2745 c.c., stabilisce che il privilegio è accordato dalla legge alla causa del credito; e l'art. 2751 bis c.c., n. 2, tutela il credito nascente dalla prestazione d'opera, la quale non muta la propria natura per il solo fatto che colui che la rende ha inteso organizzare il proprio lavoro in forma associativa (Cass. n. 4486/015).

3.3) Il fatto che il contratto d'opera sia stato stipulato dall'associazione professionale cui il prestatore appartiene ed il fatto che sia questa a presentare la domanda di ammissione allo stato passivo non sono, dunque, di per sè decisivi per escludere la collocazione privilegiata del credito, dovendosi, piuttosto, accertare se ricorra la prova che il credito medesimo costituisce il corrispettivo di un'attività svolta personalmente da uno o più dei professionisti associati, in via esclusiva o prevalente, e sia pertanto richiesto, pur se formalmente dall'associazione, a remunerazione di detta attività (cfr., da ultimo, Cass. n. 6285/016, nonchè Cass. n. 17207/013, che sottolineano come la proposizione della domanda di ammissione allo stato passivo da parte dello studio associato ponga una mera presunzione di esclusione della personalità del rapporto professionale, che ben può essere superata da prova contraria).

3.4) Tale accertamento non è stato compiuto dal giudice del merito, il quale si è arrestato al dato formale (stipulazione del contratto, emissione della fattura e proposizione della domanda da parte dello studio associato), senza indagare se, in ragione dell'oggetto stesso del contratto (attività di docenza) e degli ulteriori elementi documentali offerti dagli opponenti, dovesse ritenersi dimostrato che il credito in contestazione costituiva retribuzione di prestazioni professionali svolte personalmente da uno o più dei singoli associati e dovesse pertanto trovare collocazione privilegiata ex art. 2751 bis c.c..

4) Resta assorbito il terzo motivo del ricorso, con il quale si contesta che lo studio associato fosse privo di legittimazione a richiedere l'ammissione del credito al privilegio.

5) Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 231 del 2006, lamentando che il tribunale non abbia ammesso il credito relativo alle spese del decreto ingiuntivo limitandosi a rilevare l'inopponibilità alla procedura del provvedimento monitorio, senza considerare che, ai sensi dell'art. 6, della L. cit., il creditore ha comunque diritto al risarcimento dei costi sopportati per il recupero delle somme che gli sono dovute.

6) Il motivo è infondato, atteso che, una volta verificata l'inopponibilità alla procedura concorsuale del titolo giudiziario, va perciò stesso escluso che le spese in esso liquidate possano essere ammesse al passivo a titolo di risarcimento dei costi sostenuti per il recupero del credito che ne forma oggetto, di cui non risulta accertata la sussistenza e l'esigibilità.

7) All'accoglimento dei primi due motivi del ricorso conseguono la cassazione del decreto impugnato ed il rinvio della causa al Tribunale di Torino in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo e rigetta il quarto; cassa il provvedimento impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2017.