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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19452 - pubb. 11/01/2018.

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Cassazione civile, sez. IV, lavoro, 22 Febbraio 1995. Est. Casciaro.

Surrogazione - Legale - Operatività senza il consenso del creditore originario e del debitore - Domanda del terzo pagante di volersi surrogare al creditore soddisfatto - Necessità - Potere del cessionario di far valere le sue ragioni mediante insinuazione tardiva ex art. 101 legge fallimentare - Persistenza


Il principio per cui, nell'ipotesi di cessione del credito, successiva alla definitiva ammissione nel passivo fallimentare, il cessionario può far valere le sue ragioni non già con una mera notificazione della cessione al fallimento, bensì mediante insinuazione tardiva ai sensi dell'art. 101 della legge fallimentare, essendo indispensabile il previo controllo dell'effettività della cessione e dell'insussistenza di cause preclusive del credito nei confronti del fallimento in relazione al nuovo titolare, si applica non soltanto alle ipotesi di surrogazione convenzionale ma anche a quelle di surrogazione legale (nella specie la surrogazione prevista dall'art. 2 comma settimo, della legge 29 maggio 1982 n. 297 a favore del Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto istituito presso l'INPS); pertanto la disposizione di cui all'art. 1203 cod.civ., in base alla quale la surrogazione legale ha luogo di diritto, va intesa nel senso che essa opera anche senza il consenso del creditore originario e del debitore, e non invece nel senso che la sua concreta attuazione possa prescindere dalla rituale domanda del terzo che ha pagato di volersi surrogare al creditore soddisfatto. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Mario DE ROSA Presidente

" Francesco TORIELLO Consigliere

" Giovanni CASCIARO Rel. "

" Guido VIDIRI "

" Ettore MERCURIO "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

BERTOMORO SANTO, BELLOMI ENRICO, BIGNANI MARIO, BECCARINI CELESTINO, BOSELLI ANGELO, CANDELOSI MICHELANGELO, DRAGONI GIULIO, DOLERA BRUNO, DAGHETTI PIERANGELO, FUSARI TULLIO, GENZINI BALDO, GENZINI CLAUDIO, LUNGHI CARLO, LOZZI BARBARA, LABADINI VITTORIO, MANGIAROTTI FLORIANA erede di Mangiarotti Giuliano, MULETTI TEODOSIO, MARASCHI MASSIMO, ORSI ROBERTO, PALADINI SILVIO, PATTI LUIGI, ROSI DORIANA, SORESINI MARILENA, SCACCHI GIULIANO, SOMMARIVA FRANCESCO, SERTURINI SERGIO, TUMMINELLO SEBASTIANO, BENZONI GIUSEPPE, MERLI MARIA quale erede di Merli Mario, BONTEMPI ELEONORA, BONTEMPI STEFANO quali eredi di Bontempi Piero, BONTEMPI ELEONORA, GRAZIOLI DANIELE, GIOIA AGOSTINO, BONI ALFREDO, REMONDINA PASQUALE, FERRARI ODDONE, TRONCONI GIAN CARLO, DE CARLI MARIO, FEDELI ENRICO, VITALONI ANGELO, BIANCHI ROBERTO, VITALONI MARIO, VARIATO LUCIANO, GILFONE MICHELE, TRAVERSONI WILMA, COPALONI MAURO, GROSSI TULLIO, ARDEMAGNI GIACOMO, elettivamente domiciliati in Roma Via Marcello Prestinari 13 presso l'avvocato G. Ramadori che li rappresenta e difende, unitamente all'avvocato G. Bonifati, come da procura in calce al ricorso.

Ricorrenti

contro

INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via della Frezza 17 presso gli avvocati G. Pansarella, L. Cantarini, R. Sarto che lo rappresenta e difende giusta procura in calce alla copia notificata del ricorso,

Controricorrente

nonché contro

FALLIMENTO DELLA O.C.M. S.R.L. OFFICINE COSTRUZIONI MOBILI, in persona del curatore.

Intimato

per l'annullamento della sentenza del Tribunale di Lodi del 25-11-92 - 10-12-92;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22-6-94 dal Consigliere Dr. Casciaro;

udito l'avvocato Sarto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Angelo Arena che ha concluso per l'accoglimento del 1 motivo del ricorso e l'assorbimento del 2 .

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 7555 del 9 luglio 1991, questa Corte Suprema, pronunciando sul ricorso per cassazione proposto da Bertomoro Santo e da altri numerosi lavoratori avverso il decreto 25-30 luglio 1988, reso in Camera di consiglio dal Tribunale di Lodi su reclamo degli stessi lavoratori (creditori della fallita O.C.M., Officine Costruzioni Mobili, s.r.l.) avverso il decreto con cui il Giudice Delegato al Fallimento aveva dichiarato l'esecutività del piano di riparto, dichiarava ex officio la nullità del provvedimento impugnato, per essere stato violato il diritto di difesa dei creditori non reclamanti cui il reclamo non era stato notificato, fra essi ricompreso l'I.N.P.S..

Nel cassare il provvedimento del Tribunale di Lodi, avvertiva la Corte che - fatto salvo il principio del contraddittorio - spettava a quel medesimo Tribunale di pronunciare ex novo sul reclamo, in conformità degli artt. 737 e ss. c.p.c.. Con atto depositato nella Cancelleria del Tribunale di Lodi il 29 giugno 1992, e notificato, unitamente al pedissequo decreto presidenziale di fissazione dell'udienza, al Curatore del Fallimento, all'I.N.P.S. e al Comitato dei creditori, il Bertomoro e gli altri litisconsorti riassumevano il reclamo. Questo era peraltro nuovamente disatteso dal Tribunale di Lodi, con provvedimento in data 25 novembre - 10 dicembre 1992, sicché trovava conferma il decreto del Giudice Delegato.

Ad avviso del Collegio, non poteva condividersi l'assunto dei lavoratori, i quali avevano lamentato che nel piano di riparto parziale (come elaborato dal Curatore del Fallimento e dichiarato esecutivo dal Giudice Delegato) era stato previsto il pagamento al 25% dei crediti privilegiati di cui all'art. 2751 bis n. 1 cod. civ., con l'espressa avvertenza che nello stesso grado di privilegio si collocavano sia i crediti degli ex dipendenti della O.C.M. s.r.l., per le retribuzioni loro dovute, sia quello dell'I.N.P.S. di Lodi, avendo l'ente previdenziale anticipato, ai sensi della legge n. 297 del 1982, il trattamento di fine rapporto (donde la surrogazione di diritto per le somme anticipate, in applicazione dell'art. 2, comma settimo, della legge 29 maggio 1982, n. 297, nel privilegio spettante ai lavoratori sul patrimonio della società datrice di lavoro). Argomentava il Tribunale che non sussisteva la dedotta carenza di legittimazione dell'I.N.P.S., conseguente all'omissione di pur tardiva insinuazione nella procedura fallimentare, e ciò perché, in virtù dell'art. 2 della legge n. 297 del 1982, citata, per effetto del pagamento eseguito (in sostituzione dell'O.C.M. debitrice insolvente) dal Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto, si era perfezionata la surrogazione legale dell'ente previdenziale nel credito assistito da privilegio, mentre lo sbarramento posto dall'art. 101 della legge fallimentare era riferibile esclusivamente alla ben diversa ipotesi di cessione volontaria del credito. Nè aveva pregio la tesi prospettata dai reclamanti, per cui, onde evitare che l'attribuzione all'I.N.P.S., in sede di riparto, di quota del credito dell'Istituto andasse a discapito dei lavoratori (in quanto creditori di emolumenti retributivi diversi dal t.f.r.), doveva richiamarsi il capoverso dell'art. 1193 cod. civ. (sull'imputazione dei pagamenti con priorità ai debiti meno garantiti), considerato che quella previsione normativa non poteva operare in presenza di una disposizione speciale alternativa (l'art. 111 L.F.) e che non era mancata l'imputazione fatta dal debitore (nel caso di specie, dal Curatore del Fallimento) a sensi del primo comma dell'art. 1193, precludente ogni applicazione del comma successivo. Il provvedimento del Tribunale di Lodi è stato impugnato da Bertomoro Santo e dagli altri lavoratori (come in epigrafe indicati) con ricorso per cassazione sorretto da due articolati motivi. Il ricorso per cassazione è stato notificato in data 8 febbraio 1993 al Curatore del Fallimento della O.C.M. - Officine Costruzioni Mobili s.r.l. nonché all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

L'intimato Fallimento della O.C.M. non si è costituito in giudizio. Si è costituito senza controricorso l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, limitandosi a depositare la procura speciale, ciò che ha consentito all'Avvocato dell'I.N.P.S. di partecipare alla discussione (art. 370, primo comma, c.p.c.).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Giova premettere che nei confronti del provvedimento reso dal Tribunale di Lodi, in sede di reclamo avverso il decreto del Giudice Delegato al Fallimento della O.C.M. s.r.l. in materia di riparto, deve ritenersi de plano ammissibile - oltre che tempestivamente proposto - il ricorso per cassazione (sull'ammissibilità dell'impugnazione, ex pluribus, Cass., 7 marzo 1986, n. 1507; Cass., 26 settembre 1990, n. 9737; Cass., 23 novembre 1990, n. 11324; Cass., 10 dicembre 1991, n. 13256; sul relativo termine, Cass., 16 luglio 1992, n. 8665). Il ricorso è affidato a due motivi. Con il primo di essi denunciano i ricorrenti "violazione dell'art. 110 e ss. l.f. - vizio di ultra od extrapetizione (art. 360 n. 3 in relazione all'art. 112 c.p.c.)". Deducono che il progetto di ripartizione parziale, reso esecutivo con decreto del giudice delegato e statuente il pagamento a favore dell'I.N.P.S. di una quota dei crediti ammessi al passivo del Fallimento come crediti maturati dai lavoratori a titolo di trattamento di fine rapporto e assistiti da privilegio ex art. 2751 bis cod. civ., avrebbe vulnerato l'art. 110 della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267). Infatti, a dire dei ricorrenti, il curatore è tenuto a collaborare i piani di ripartizione dell'attivo disponibile in favore dei soli creditori i cui crediti siano stati verificati in sede di accertamento del passivo fallimentare; diversamente opinando, verrebbe consentito a qualsiasi terzo estraneo alla procedura - e che per avventura si sia presentato nella veste di cessionario di credito già ammesso al passivo -, di sostituirsi al titolare del credito senza che quest'ultimo possa far valere le sue ragioni di eventuale dissenso. Nè sarebbe da condividere la tesi propugnata dal Tribunale di Lodi, secondo cui l'insinuazione tardiva, di cui all'art. 101 l.f., si renderebbe necessaria nei soli casi di surrogazione convenzionale e non pure nei casi di surrogazione legale (come quella prevista dal settimo comma dell'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297), perché il fatto che la surrogazione avvenga ope legis non escluderebbe l'onere del nuovo titolare del credito di esperire le azioni, volta per volta richieste ai fini della tutela giudiziaria di esso.

Il motivo di ricorso è fondato.

Con recente sentenza questa Corte ha avuto occasione di rilevare che, "nell'ipotesi di cessione di credito, successiva alla definitiva ammissione nel passivo fallimentare, il cessionario può far valere le sue ragioni non già con mera notificazione della cessione al Fallimento, bensì mediante insinuazione tardiva a sensi dell'art. 101 della legge fallimentare, essendo indispensabile il previo controllo dell'effettività della cessione e della insussistenza di cause preclusive del credito nei confronti del Fallimento in relazione al nuovo titolare" (Cass., 9 dicembre 1991, n. 13221). Il Tribunale di Lodi non ha negato, in linea di massima, il riferito principio, ma ha inteso limitarne la valenza ai soli casi di surrogazione per volontà del creditore, ex art. 1201 cod. civ.; di siffatta limitazione non ha fornito però alcuna persuasiva giustificazione. E d'altronde, quelle stesse esigenze che impongono l'utilizzo dello strumento dell'art 101 l.f. nell'ipotesi di surrogazione convenzionale (dunque principalmente l'esigenza di verificare che la cessione si sia effettivamente prodotta e che non si appalesino preclusioni di sorta verso il soggetto cessionario, ma non meno importante l'esigenza di salvaguardare il diritto di difesa del soggetto già titolare del credito ammesso al passivo fallimentare, il quale subisce gli effetti della cessione) sono del pari presenti anche nell'ipotesi di surrogazione legale. Per di più, se è indubbio che la surrogazione legale attribuisce un diritto, l'esercizio di tale diritto spetta pur tuttavia all'iniziativa del soggetto interessato, non potendo il giudice (ed ovviamente nemmeno in sede di procedura fallimentare), senza incorrere nella violazione del generale precetto dell'art. 112 c.p.c., attribuire un bene della vita alla parte che non ne abbia fatto domanda nelle forme e nei tempi prescritti dalla legge.

Conclusivamente, il principio sancito nell'art. 1203 cod. civ., a tenore del quale la surrogazione legale ha luogo di diritto, va inteso nel senso che essa opera anche senza il consenso del creditore originario e del debitore, e non invece nel senso che la sua concreta attuazione possa prescindere dalla rituale domanda del terzo, che ha pagato, di volersi surrogare al creditore soddisfatto (in conformità, cfr. Cass., 7 luglio 1960, n. 1794, in "Giust. Civ.", 1961, I, 118).

Per quanto procede, e in accoglimento del primo motivo d'impugnazione (con assorbimento conseguente del secondo motivo), il provvedimento impugnato del Tribunale di Lodi dev'essere cassato. La causa va rinviata allo stesso Tribunale (in quanto funzionalmente competente), il quale dovrà uniformarsi al principio di diritto enunciato e provvederà sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Lodi cui rimette la statuizione sulle spese del presente giudizio. Deciso in Roma il 22 giugno 1994.