Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19449 - pubb. 11/01/2018

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Cassazione civile, sez. I, 02 Luglio 1998, n. 6469. Est. Marziale.


Ammissione al passivo - Dichiarazioni tardive - Subingresso di un soggetto ad un altro nella titolarità di un credito concorsuale - Onere del nuovo creditore - Insinuazione tardiva ex art. 101 legge fall. - Necessità - Fondamento



Il subingresso di un soggetto ad un altro nella titolarità di un credito concorsuale già ammesso al passivo in seno ad una procedura fallimentare non dispensa il nuovo creditore dall'onere di presentare domanda di insinuazione ex art. 101 legge fall., a prescindere dalla causa del subingresso (cessione di credito ovvero surrogazione "ex lege" in favore del terzo che abbia eseguito il pagamento), poiché la definitiva ammissione al passivo fallimentare, risultando finalizzata alla realizzazione del concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, postula una valutazione del credito non nella sua astratta oggettività, ma riferita ad un ben determinato soggetto, la cui concreta individuazione non è irrilevante per il debitore che, in caso di errore, è esposto al rischio della mancata liberazione dall'obbligazione. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Renato SGROI Presidente

Dott. Pasquale REALE Consigliere

Dott. Giovanni LOSAVIO Consigliere

Dott. Mario R. MORELLI Consigliere

Dott. Giusepppe MARZIALE Cons. Relatore

ha pronunciato la seguente:

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

ATTILIA AIO, ANNA ALBERTINI, MASSIMO BELLOMI, G.BATTISTA BRAGONZI, ANTONIO CAMPANINI, FRANCO CELIENTI, TERESA ESPOSTI, GRAZIELLA FONTANA, MARIA ZIBARDI, DONATO MADÈ e ANNALISA MADÈ quali eredi di Gaetano Madè, VITTORINA OLIVIERO, MONICA PELIZZONI, GLORIA PELLEGRINI, BRUNA e PIERA PEVIANI, MARINELLA PEZZINI, BARTOLOMEO PINI, MARIA PREGNOLATO, GIORGIO REGAZZONI, MANUELA RIZZI, PIETRO GIUSEPPE SIGNORONI, RITA STABILE, PAOLA SUZZANI, TERESA TARAS, tutti elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Pontefici n. 3, presso l'avv. Luigi Saraceni, che li rappresenta e difende con l'avv. Giulio Bonifati di Lodi in virtù di procura in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente, elettivamente domiciliato in Roma, Via della Frezza n. 17, presso l'Avvocatura centrale dell'Istituto nello studio degli avvocati Antonio Todaro, Luigi Cantarini e Pietro Collina, che lo rappresentano e difendono in virtù di procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

nonché FALLIMENTO HEMBERG S.r.l.

- intimato -

avverso l'ordinanza emessa il 22 dicembre 1995 dal Tribunale di Lodi nel procedimento relativo al fallimento della s.r.l. Hemberg. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 marzo 1998 dal Relatore Cons. Giuseppe Marziale;

Uditi, per i ricorrenti, l'avv. Bonifati;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Orazio Frazzini, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1 - Con decreto del 27 gennaio 1994 il giudice delegato ai fallimento presso il Tribunale di Lodi rendeva esecutivo il piano di riparto dal curatore del fallimento della s.r.l. HEMBERG, nel quale si prevedeva la distribuzione di L. 155.466.489, destinandola, fino a concorrenza della somma di L. 47.654.174, a favore degli ex dipendenti della società fallita e, per il residuo ammontare di L. 107.812.315 in favore dell'INPS, che aveva provveduto, dopo che i relativi crediti erano stati accertati nel passivo del fallimento, a corrispondere a tali soggetti il trattamento di fine rapporto ai sensi dell'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, surrogandosi, in virtù di quanto stabilito dal settimo comma dello stesso articolo, ai diritti ad essi spettanti nei confronti del datore di lavoro.

I lavoratori proponevano reclamo, deducendo, in via preliminare, che l'Istituto non aveva titolo per partecipare al riparto non essendo stato previamente ammesso al passivo; e, in via subordinata, che fosse comunque riconosciuto il diritto al soddisfacimento prioritario dei loro crediti rispetto a quelli fatti valere dall'Istituto.

1.1 - Il reclamo veniva respinto dal Tribunale, in base all'unico rilievo che, nell'ipotesi considerata, non poteva porsi a carico dell'Istituto l'onere di richiedere l'ammissione al passivo dei crediti fatti valere in via di surrogazione, dal momento che l'esistenza del credito era già stata accertata in precedenza dagli organi fallimentari e che tale accertamento, operato in contraddittorio con i titolari originari di tali diritti, era efficace anche nei confronti del surrogante.

1.2 - Avverso tale provvedimento i reclamanti hanno proposto ricorso per cassazione con due motivi, al cui accoglimento l'INPS si oppone con controricorso.

Motivi della decisione

2 - L'ammissibilità del ricorso - proposto ai sensi dell'art. 111, secondo comma, Cost. - non è revocabile in dubbio, dal momento che il provvedimento impugnato viene ad incidere sul diritto del creditore a partecipare alla ripartizione dell'attivo ed ha pertanto un incontrovertibile contenuto decisorio (Cass. 22 febbraio 1995, n. 1997). 3 - Con il primo motivo i ricorrenti - denunziando violazione degli artt. 101 e 110 segg. l. fall., degli artt. 111 e 112 c.p.c. e dell'art. 2, legge 29 maggio 1982, n. 297 - censurano il decreto emesso dal Tribunale per aver riconosciuto il diritto dell'INPS di partecipare alla ripartizione parziale dell'attivo in qualità di creditore surrogante, senza considerare che detto Istituto si era limitato a notificare alla curatela del fallimento l'avvenuta surrogazione nelle ragioni dei creditori soddisfatti e che la possibilità di partecipare alle ripartizioni dell'attivo, per coloro che assumono di aver acquistato il credito nel corso della procedura fallimentare, è subordinata alla preventiva ammissione al passivo anche quando l'esistenza di tale credito sia già stata accertata nell'ambito del procedimento di verifica del passivo. 3.1 - La doglianza, in tali termini formulata, è fondata. L'ammissione al passivo, nelle forme e con le modalità prescritte dagli artt. 93 e segg. l. fall., costituisce infatti il presupposto che legittima i creditori del fallito a partecipare alla ripartizione dell'attivo (art. 111, nn. 2 e 3, l. fall). A differenza di quanto è stabilito per la procedura esecutiva ordinaria, che può aver luogo solo "in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile" (art. 474, primo comma, c.p.c.), nel fallimento ogni creditore è ammesso a partecipare al concorso sul patrimonio del fallito, anche se non sia munito di un titolo siffatto, vale a dire di un documento ritenuto dal legislatore idoneo ad offrire "una certa qual certezza" in ordine ai fatti costitutivi dei crediti da esso rappresentati (art. 52, primo comma, l. fall.). Di qui la necessità di un previo accertamento, in quella sede, della fondatezza delle loro pretese, e al perseguimento di tale obbiettivo è finalizzata la procedura di verifica del passivo, che il curatore è tenuto ad attivare a norma dell'art. 92 l. fall e che, "salvo diverse disposizioni di legge", costituisce pertanto il passaggio necessario per i creditori che intendano partecipare alla ripartizione dell'attivo (art. 52, secondo comma, l. fall.).

3.2 - Questa Corte ha precisato, in più occasioni, che l'acquisto di un credito già ammesso al passivo non dispensa il nuovo titolare dall'onere di presentare la domanda di insinuazione (Cass. 4 dicembre 1991, n. 12999; 9 dicembre 1991, n. 13221; 22 febbraio 1995, n. 1997). E tale orientamento deve essere in questa sede ribadito.

Non vi è dubbio, infatti, che l'ammissione al passivo, essendo finalizzata alla realizzazione del concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, non riguardi il credito nella sua (astratta) oggettività, ma in quanto riferito ad un determinato soggetto, la cui esatta individuazione non è irrilevante per il debitore che, in caso di errore, è esposto al rischio di non essere liberato (artt.1188, 1189 c.c.). Appunto per questo si è affermato che il debitore ceduto, ancorché rimasto estraneo alla cessione, è legittimato a farne valere la nullità, dal momento che tale vizio viene ad incidere sul diritto del cessionario a ricevere la prestazione dovuta (Cass. 11 marzo 1996, n. 2001). E a conclusioni non diverse deve giungersi per la legittimazione a far valere la simulazione (art. 1415, secondo comma, c.c.), l'inefficacia (sia originaria che sopravvenuta) e la stessa annullabilità della cessione, che dipenda da una causa che, eccezionalmente, possa esser fatta valere da chiunque vi abbia interesse (art. 1441, secondo comma, c.c.). 3.3 - Appare allora evidente che la circostanza che il credito trasferito sia già stato oggetto di un provvedimento di ammissione al passivo in favore del precedente titolare non sia idonea a dispensare il soggetto che sia subentrato nella sua stessa posizione dall'onere di proporre domanda di insinuazione al passivo. Anche in tal caso infatti, per quanto si è detto, si pone l'esigenza di una preventiva verifica del diritto a partecipare al concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, giusta il principio sancito in via generale dall'art. 52 l. fall.. E tale verifica, riguardando l'individuazione della persona del creditore, deve essere effettuata secondo le modalità stabilite dagli artt. 93 e segg. l. fall., implicando indagini che esulano dai poteri cognitori propri della fase di ripartizione dell'attivo, diretta all'attuazione del concorso dei creditori sul patrimonio del fallito sulla base degli accertamenti compiuti nella fase di verifica del passivo.

Deve d'altro canto escludersi, non ostante i dubbi sollevati in proposito, che possano determinarsi interferenze tra l'accertamento effettuato nei confronti del nuovo titolare e quello compiuto nei riguardi del precedente titolare, dal momento che la nuova verifica, essendo finalizzata al controllo della validità e dell'efficacia (nei limiti sopra precisati) della cessione, ha per oggetto situazioni diverse da quelle esaminate con la precedente pronuncia. Ed è appena il caso di osservare, infine, che tali conclusioni sono valide per ogni ipotesi di subingresso di altro soggetto nella titolarità di un credito concorsuale e, quindi, non solo nel caso in cui tale vicenda sia determinata da una "cessione", ma anche quando essa, come nel caso di specie, si ricolleghi invece ad una surrogazione nei diritti del creditore, disposta dalla legge in favore del terzo che abbia effettuato il pagamento (art. 1203 c.c.): anche in tal caso infatti, sia pure per finalità diverse da quelle tipiche della cessione, si determina un mutamento nella titolarità di un credito e si pone quindi l'esigenza, per il debitore, di verificare la ricorrenza dei presupposti cui è dalla legge ricollegato il realizzarsi di tale vicenda, al fine della esatta identificazione del soggetto legittimato a ricevere la prestazione e, quindi, del puntuale adempimento della propria obbligazione. 4 - Il secondo motivo - con il quale il ricorrente censura la decisione impugnata per aver omesso di pronunciare (o comunque di motivare) sulle questioni sollevate con il secondo motivo di reclamo riguardanti la collocazione del credito fatto valere dall'Istituto surrogante - è conseguentemente assorbito.

5 - Il provvedimento impugnato deve essere conseguentemente cassato, con rinvio della causa al Tribunale di Lodi, in altra composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto:

"Colui che subentra nella titolarità di un credito già ammesso al passivo del fallimento, se intende partecipare al concorso sui beni del fallito, è tenuto ad insinuarsi al passivo secondo le modalità stabilite dagli artt. 93 e segg. l. fall.". E provvederà, inoltre, anche alla liquidazione delle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte di cassazione accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa, in relazione al motivo accolto, il provvedimento impugnato, rinviando la causa al Tribunale di Lodi, in altra composizione, anche per le spese.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 12 marzo 1998. DEPOSITATA IN CANCELLERIA, IL 2 LUGLIO 1998