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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19128 - pubb. 01/03/2018.

La regolamentazione delle spese nel giudizio di opposizione allo stato passivo si basa sul principio generale di cui all'art. 91 c.p.c.


Cassazione civile, sez. I, 19 Febbraio 2018. Est. Rosa Maria Di Virgilio.

Fallimento - Dichiarazione tardiva di credito - Regolamento delle spese - Opposizione allo stato passivo


L'art. 101 l.fall. (nel testo "ratione temporis" vigente prima delle modifiche del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5), nel disporre che, nel caso di dichiarazione tardiva di credito, il creditore sopporta le spese conseguenti al ritardo della domanda, salvo che il ritardo sia dipeso da causa a lui non imputabile, si ispira all'esigenza di tenere indenne l'amministrazione del fallimento da spese dovute a colpa del creditore che si insinui tardivamente: questa esigenza sussiste esclusivamente per quelle spese all'insinuazione tardiva che non siano richieste all'insinuazione tempestiva, perchè soltanto tali spese possono ritenersi causate dal ritardo e quindi giustificano una responsabilità del creditore; essa non ricorre, invece, per le spese del procedimento contenzioso che sia eventualmente promosso con l'opposizione dall'insinuazione tardiva, trovando applicazione in tal caso, per la soccombenza della curatela, la regola ordinaria di cui all'art. 91 c.p.c., per la quale le spese del giudizio debbono far carico alla parte che ad esso ha dato ingiustamente causa.

Con la modifica della L. Fall., art. 101, è venuta meno ogni possibilità di ritenere che la regolamentazione delle spese nel giudizio di opposizione allo stato passivo resti sottratta all'applicazione del principio generale di cui all'art. 91 c.p.c. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

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