ilcaso.it
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18106 - pubb. 01/07/2010.

.


Cassazione civile, sez. I, 07 Luglio 1993, n. 7453. Est. Baldassarre.

Fallimento - Liquidazione dell'attivo - Vendita di immobili - Modalità - Giudice delegato - Vendita - Sospensione - Potere - Esercizio - Limite temporale


In tema di vendita di immobili acquisiti al fallimento, la facoltà che l'art. 108, terzo comma, legge Fallimentare attribuisce al giudice delegato di sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, può essere esercitata anche dopo l'aggiudicazione e fino a quando non venga emesso il decreto di trasferimento di cui all'art. 586 cod. proc. civ. (al quale, per la vendita senza incanto, rinvia l'art. 574) ed ancorché l'aggiudicatario abbia effettuato il versamento del prezzo. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Enzo BENEFORTI - Presidente -

" Vincenzo BALDASSARRE rel. - Consigliere -

" Antonino RUGGIERO "

" Giuseppe BORRÈ "

" Giovanni OLLA "

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da COMUNE DI SPECCHIA (Lecce), in persona del Sindaco p.t., elett. dom. in Roma Via della Balduina 120/2, presso l'avv. Foscarini, rapp. e dif. dall'avv. Lucio Caprioli, giusta delega a margine del ricorso;

RICORRENTE

CONTRO

AMMINISTRAZIONE FALLIMENTARE DELLA SUPER EST S.P.A., in persona del Curatore Giuseppe Terragno elett.te dom.to in Roma Via Carlo Mirabello n. 23, presso l'avv. Fernando Mancini, rapp. e dif. dall'avv. Marcello Marcuccio, giusta delega a margine del controricorso;

CONTRORICORRENTE

E CONTRO

DE VITA Michele, quale Socio Accomandatario della AL. I. TUBI S.a.s., elett. dom. in Roma Via Mercalli n. 15, presso l'avv. Francesco Cabras che lo rapp. e difende, in virtù di mandato speciale in data 17.10.1989 atti Notar Miglietta di Aradeo rep. n. 152861:

RESISTENTE

avverso il provvedimento del Tribunale di Lecce - Sez. Fall. del 21.2.1989;

Per il res. De Vita Michele è presente l'avv. F. Cabras con procura.

Il Cons. Dr. Baldassarre svolge la relazione La difesa del res. chiede il rigetto.

Il P.M. dott. Amirante conclude per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel corso della procedura di fallimento, dichiarato dal Tribunale di Lecce, della Super Est s.p.a., lo stabilimento industriale di proprietà della fallita, sito nel territorio del Comune di Specchia, giusto verbale di vendita senza incanto in data l9 dicembre 1988, era aggiudicato per il prezzo di lire 401 milioni al predetto Ente (interessato ad acquisirlo per fini occupazionali), i cui organi deliberavano anche il versamento del residuo prezzo. Frattanto, con provvedimento del 15 febbraio 1989, notificato al Comune il giorno successivo, il Giudice delegato sospendeva la vendita, essendo stata presentata una maggiore offerta da Pietro Ramirez. Avverso tale provvedimento lo stesso Comune produceva reclamo al Tribunale, il quale con il provvedimento ora gravato per cassazione, lo respingeva, osservando:
che, a norma dell'art. 108, terzo comma, l. fall., il giudice delegato ha il potere di sospendere la vendita, con o senza incanto, sino al momento in cui venga pronunciato il decreto di trasferimento in favore dell'aggiudicatario (e quindi anche dopo l'aggiudicazione), a fronte di una maggiore offerta, ed ha il correlativo dovere di disporre una nuova gara;
che nel caso di specie appariva giusto il prezzo offerto, di gran lunga superiore a quello della precedente aggiudicazione, sia perché adeguato alle valutazioni peritali in atti, sia perché il tecnico incaricato della stima, con nota diretta al Giudice delegato, aveva fatto presente che probabili azioni dissuasive avevano impedito il conseguimento degli originali valori di stima, fissati in somma pressoché pari a lire cinquecento milioni. Il ricorso del Comune di Specchia, in persona del sindaco munito di regolare autorizzazione, è affidato a tre motivi, illustrati con memoria.
Ad essi resistono il curatore, debitamente autorizzato, con controricorso, e il Cabras attraverso la discussione in udienza del difensore, nominato con procura speciale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) - Con i tre motivi, che al fine di una organica trattazione, vanno qui di seguito riassunti, il Comune di Specchia addebita al Tribunale: 1) Violazione delle norme e dei principi che regolano il contraddittorio (art. 24 Cost., 101 c.p.c., 570 in riferimento particolare all'art. 573, c.p.c.), per avere concluso, con il provvedimento impugnato, "un procedimento assai sommario, assai frettoloso" e trascurato i diritti del Comune, sia per il termine di soli cinque giorni intercorrenti tra la notificazione della sospensione e la data della nuova gara, sia per avere dato luogo a questa ad onta del proposto reclamo.
2) Violazione dell'art. 108 l. fall. e delle norme collegate e connesse (artt. 570 cit., 1470, 1336 e segg. c.c.) per non avere considerato che l'art. 108 non era applicabile al procedimento, "certamente appropriato, ma atipico", posto in essere nella specie, in quanto caratterizzato dalle presenze ed attività determinanti di un commissario e, per fini pubblicistici, di un ente pubblico. 3) Violazione e falsa applicazione delle stesse norme, nonché carente o almeno insufficiente motivazione, per avere ritenuto, in aderenza, per altro, all'indirizzo espresso da questa Corte Suprema, che la vendita non si perfeziona con l'emissione del decreto di aggiudicazione e che esso non precluda il potere di sospensione di cui all'art. 108.
2) - Questa Corte, con univoco indirizzo, ha avuto modo di chiarire, in tema di operazioni di liquidazione dell'attivo fallimentare, che, mentre i decreti del giudice delegato, ivi inclusi quelli che dispongono la vendita del bene o la sua sospensione, hanno carattere ordinatorio, i provvedimenti resi dal tribunale fallimentare, su reclamo avverso detti decreti, per risolvere contestazioni correlate a posizioni di diritto soggettivo, assumono carattere decisorio, oltre che definitivo, e sono, per tanto, impugnabili con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (conf. tra altre sent. nn. 4893/92, 2420/92, 9737/90, 2252/85). Nella specie è stato impugnato il decreto emesso dal Tribunale su reclamo del Comune, nella posizione di aggiudicatario del bene immobile oggetto della liquidazione fallimentare, e, quindi di titolare di diritto soggettivo.
Tuttavia dal raffronto tra le ragioni che sorreggono tale provvedimento, come riassunte in narrativa, e la censura svolta con il primo mezzo del ricorso appare subito che tra il decreto, limitato alla questione della sospensione della vendita, ed il motivo, che attinente a provvedimenti successivi alla sospensione medesima, manca qualsiasi correlazione.
Nè il ricorrente, che non fornisce alcuna indicazione circa i motivi posti a sostegno del proprio, "articolato reclamo", censura il provvedimento per omesso esame di punti decisivi o per omessa motivazione in ordine a specifiche a dedotte questioni. Ne deriva l'inammissibilità del primo motivo.
3) - Anche il secondo mezzo risulta caratterizzato dall'assenza di correlazione con il provvedimento impugnato, il quale non contiene alcun cenno alla questione, qui posta, dell'asserita atipicità della procedura di liquidazione.
Tuttavia - considerato che tale mezzo espone un pregiudiziale profilo della questione trattata con il terzo - appare opportuno prenderlo in esame, verificando l'effettiva natura del procedimento, in cui sono inseriti il decreto qui impugnato e quello del Giudice delegato oggetto del reclamo.
Dall'esame degli atti processuali - esame che questa Corte di legittimità è abilitata a compiere in forza del carattere processuale della censura - si desume che il Giudice delegato non ha adottato una procedura abnorme, che, se tale, sarebbe illegittima, bensì quella tipica della vendita senza incanto, prevista, per la liquidazione degli immobili, dagli artt. 570 e segg. c.p.c., ed ammessa nella procedura di fallimento, ai sensi dell'art. 108 cit. Con l'ordinanza 10 dicembre 1988 il Giudice delegato, ha dato atto dell'avviso fatto al comitato dei creditori e al creditore avente diritto di prelazione sull'immobile, così come prescritto dall'art. 108, primo comma; ha rilevato l'opportunità di "procedere formalmente a vendita senza incanto innanzi al Giudice delegato"; ha fissato il termine per far pervenire in cancelleria le offerte di acquisto e la data dell'udienza per il loro esame; ha mandato alla cancelleria "per l'immediata pubblicazione, ai sensi dell'art. 490 c.p.c., del presente provvedimento, avvertendo che in caso di pluralità di offerte si procederà a gara tra gli offerenti". Ha informato così il procedimento alla disciplina tipica della vendita senza incanto.
L'ordinanza autorizza anche il tecnico incaricato a riceversi altre offerte "purché accompagnate da cauzione, provvedendo poi, sempre nei termini, al loro deposito in Cancelleria e ciò per rendere più agevoli e semplici le operazioni in questione".
Si tratta di particolare accorgimento, che allo scopo ora indicato introduce una ulteriore forma d'incentivazione della liquidazione, ma che non tocca la tipicità della procedura, una volta precisato che l'intervento del tecnico nella fase di raccolta delle offerte di acquisto (e nemmeno risulta che un tale intervento vi sia stato in concreto) non avrebbe alterato la posizione degli offerenti, tenuti a rispettare, comunque, i termini e le modalità stabiliti. Anche dal verbale dell'udienza del 15 dicembre 1988 emerge l'osservanza (anche lessicale) dell'art. 572 c.p.c., là dove il Giudice delegato, richiamata "l'ordinanza di vendita con la quale si disponeva formale vendita senza incanto", "convoca" gli offerenti per "formale gara".
4) - Dall'accertamento che il procedimento di liquidazione si è svolto secondo le modalità della vendita senza incanto, discende la legittimità del provvedimento di sospensione emesso a norma del terzo comma del citato art. 108 e, quindi, del decreto reso dal Tribunale in sede di reclamo.
Difatti, in tema di vendita di immobili acquisiti al fallimento, la facoltà che l'art. 108, terzo comma, della legge fallimentare attribuisce al giudice delegato di sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, può essere esercitata anche dopo l'aggiudicazione e fino a quando non venga emesso il decreto di trasferimento di cui all'art.586 c.p.c. (al quale, per la vendita senza incanto, rinvia l'art.
574)) ed ancorché l'aggiudicatario abbia effettuato il versamento del prezzo (conf. sent. nn. 1580/89, 322/81, 2991/79). L'assunto del ricorrente, secondo cui già al momento dell'aggiudicazione deve ritenersi conclusa una vendita, sottoposta alla condizione risolutiva del mancato pagamento del prezzo, con il conseguente venir meno del potere discrezionale di sospensione, non trova conforto nel sistema e nella lettera della legge processuale, atteso che il decreto previsto dall'art. 586 costituisce l'atto conclusivo del procedimento di vendita forzata e determina il trasferimento del bene, nonché tutti gli effetti propri della vendita medesima;
mentre il pagamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario rimane atto necessario, ma intermedio, della complessa fattispecie di trasferimento coattivo.
Nè potrebbe equipararsi alla condizione risolutiva, che è istituto privatistico e presuppone, comunque, un contratto perfetto, la decadenza per mancato pagamento del prezzo, la quale interviene in una fase evolutiva (ed eventuale) del processo d'esecuzione. Nemmeno appare appropriato il ricorso ai dati letterali.
Ad avviso del ricorrente l'uso, nell'art. 108, terzo comma, cit., dell'espressione "il giudice che procede", in luogo di giudice delegato, indicherebbe "che si è voluto fissare al momento della direzione e del controllo diretto delle operazioni di vendita il potere di sospensione" e non "a una qualsiasi attività nell'interesse del fallimento". Al contrario, la norma in esame non è dettata a tutela degli interessi del fallimento in generale, ma, nell'ambito di essi, proprio dell'interesse leso, in via immediata, dalla notevole sproporzione, per difetto, del prezzo raggiunto nella relativa procedura.
Quanto all'uso del termine "offerto", appare evidente che il legislatore ha inteso riferirsi a qualunque somma, che gli interessati si siano, via via, dichiarati disposti a pagare, e quindi anche a quella "offerta" per ultima in sede di gara. Consegue il rigetto dell'intero ricorso, con condanna del ricorrente alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, in lire 45.700 a favore dell'Amministratore Fall.re S.p.A SUPER EST e £. 10.000 per De Vita, liquidando gli onorari, a favore di ciascuno dei resistenti, in lire tre milioni.
Così deciso il 20 gennaio 1993.