ilcaso.it
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 18098 - pubb. 01/07/2010.

.


Cassazione civile, sez. I, 20 Aprile 1994, n. 3771. Est. Olla.

Fallimento - Liquidazione dell'attivo - Vendita di immobili - Modalità - Istanza di sospensione della vendita - Presentazione - Effetti- Sospensione della procedura prima della definitività del provvedimento di sospensione - Esclusione - Decreto di trasferimento - Pronuncia - Ammissibilità


Con riguardo alla liquidazione dell'attivo fallimentare, la presentazione dell'istanza di sospensione della vendita di immobili ex art. 108, terzo comma, R.D. 16 marzo 1942 n. 267 non determina la sospensione della procedura di vendita sino a che non diventi definitivo il provvedimento che pronuncia sull'istanza stessa, ne' inibisce al giudice delegato la pronuncia del decreto di trasferimento. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Antonio SENSALE Presidente

" Angelo GRIECO Consigliere

" Giovanni OLLA Rel. "

" Antonio CATALANO "

" Giulio GRAZIADEI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

CORTI DANIELE elettivamente domiciliato in Roma in via V. Colonna n. 11 presso l'avv. Giovanni Giornelli che lo rappresenta e difende unitamente all'avv. Paolo Caserta giusta delega a margine del ricorso.

Ricorrente

contro

FALLIMENTO F.I.R.E.S. FORNITURE IDRAULICHE SANITARIE DI CORTI DANIELE e C. S.A.S. in persona del curatore fallimentare IVAN PUTORTÌ elettivamente domiciliato in Roma via Cosseria n. 5 presso l'avv. Enrico Romanelli che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso.

Controricorrente

e contro

IMPRESA VIGANI GIACOMO e FIGLI Suc. in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma via Cosseria n. 5 presso l'avv. Enrico Romanelli che la rappresenta e difende unitamente all'avv. Cesare Zonca giusta delega in calce al controricorso.

Controricorrente

Avverso il decreto del Tribunale di Bergamo Sez. Fallimentare emesso il 6.12.1990. Sono presenti per il ricorrente l'avv. Giornelli che chiede accoglimento.

Per il resistente l'avv. Romanelli che chiede rigetto. Il Cons. dr. Olla svolge la relazione.

Il P.G. chiede un rinvio della causa gli avv.ti delle parti non si oppongono al rinvio.

La Corte, ritenuto che il c-ric. del fall. FIRES è stato reg. depositato e risulta allegato al fascicolo di ufficio; ritenuto inoltre che la comunicazione della data di udienza è diretta, oltre al ric. Corti, alle due parti resistenti le quali sono unitariamente difese dall'avv. Romanelli del resto presente; ritenuto infine che la memoria, che l'avv. Romanelli afferma essere stata dep. nell'interesse delle parti resistenti dall'attestazione della Cancelleria non risulta depositata; dispone procedim. alla trattazione.

Il P.M. dott. Amirante conclude per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Dichiarato il fallimento della S.A.S.. FIRES - Forniture Idrauliche Sanitarie di Corti Daniele & C. e del suo socio accomandatario in proprio, il giudice delegato dispose la vendita ai pubblici incanti d'un immobile facente parte dell'attivo fallimentare.

A seguito dell'esperimento d'asta effettuato nell'udienza del 26 ottobre 1990, rimase aggiudicataria la s.n.c. Impresa Vigani Giacomo & Figli che aveva offerto la somma di L. 733.000.000.

Con istanza presentata il 5 novembre 1990, il fallito Corti Daniele chiese al giudice delegato di disporre la sospensione della vendita ai sensi dell'art. 108 c. 3 L. Fall., stante l'esiguità del prezzo di aggiudicazione, anche in conseguenza di alcune erronee indicazioni del bando di vendita.

Con decreto 9 novembre 1990, il giudice delegato rigettò l'istanza, osservando che il bando di vendita non presentava alcun errore e che il prezzo di aggiudicazione era affatto congruo. Successivamente, con decreto 15 novembre 1990, lo stesso giudice pronunciò il trasferimento dell'immobile all'anzidetta aggiudicataria.

Con ricorso ex art. 26 L. Fall. depositato il 24 novembre 1990, il Corti propose reclamo al Tribunale fallimentare di Bergamo avverso il decreto del giudice delegato del 9 novembre 1990 e questo gravame è stato respinto col decreto 6 dicembre 1990, ora impugnato in sede di legittimità.

Secondo il Tribunale il provvedimento reiettivo era imposto da due distinte ragioni:

- in via assorbente, perché nelle more era stato emesso il decreto di trasferimento dell'immobile, ed è principio che la sospensione di cui all'art. 108 L. Fall. non può essere più disposta dopo la pronuncia di quel provvedimento.

- in ogni caso, perché il prezzo base della vendita era stato determinato in modo corretto, specie tenendo conto della situazione di fatto e giuridica dell'immobile che dava adito a numerosi dubbi circa la sua commerciabilità: in particolare, una porzione del terreno intestato alla società fallita e del fabbricato insistente su di essa risultavano far parte del sedime di un'area dell'ex Ferrovia Valseriana, sedime mai dismesso dall'ente pubblico proprietario. Daniele Corti, nella sua qualità di socio accomandatario della S.A.S.. F.I.R.E.S. ha proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., fondato su due motivi d'annullamento.

Gli intimati s.n.c. Impresa Vigani Giacomo & Figli ed Amministrazione del Fallimento S.A.S.. F.I.R.E.S. - Forniture Idrauliche Sanitarie di Corti Daniele & C., hanno resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Nei loro controricorsi gli intimati hanno dedotto, in via pregiudiziale, che il Corti aveva ricevuto la comunicazione formale del decreto impugnato per cassazione sin dal 14 dicembre 1990, come si doveva desumere dalla circostanza che a margine dell'origine del provvedimento impugnato figura l'attestazione "per ritiro fascicolo - 14.12.1990", sottoscritta dal suo procuratore alle liti; e che, pertanto, il ricorso è inammissibile in quanto proposto soltanto il 26 novembre 1991 e, quindi, oltre il termine breve di cui all'art.325, c. 2 Cod. proc. civ..

L'eccezione è infondata, stante l'assorbente rilievo che, contrariamente a quanto sostengono i controricorrenti, l'attestazione "per ritiro fascicolo" non può essere considerata equipollente a quella di "presa visione del provvedimento", non fosse altro perché dalla stessa non si evince in alcun modo che l'autore della sottoscrizione ha acquisito la pina contezza del contenuto del provvedimento.

2.- Nel primo motivo d'annullamento il ricorrente sostiene che il principio per il quale dopo la denuncia del decreto di trasferimento, il giudice delegato non può esercitare il potere discrezionale di sospendere la vendita d'un immobile ricompreso nell'attivo fallimentare attribuitogli dall'art. 108 c. 3 L. Fall., non trova applicazione nell'ipotesi che, prima della pronuncia di questo provvedimento, sia stata proposta allo stesso giudice un'istanza diretta a provocare l'esercizio di quel potere. Ne trae che il Tribunale di Bergamo ha violato ed applicato erroneamente l'art. 108, c. 3 L. Fall., allorché ha fondato il rigetto del reclamo sull'avvenuta pronuncia del decreto di trasferimento e sul suo effetto preclusivo rispetto alla sospensione medesima. Il motivo è infondato perché la deduzione del ricorrente - che si sostanzia nell'affermazione che la presentazione dell'istanza di sospensione ex art. 108 c. 3 L. Fall. determina la sospensione della procedura di vendita dell'immobile sino a che non diventi definitivo il provvedimento che pronuncia sull'istanza stessa, rimanendo così inibita al giudice delegato anche la pronuncia del decreto di trasferimento - non ha alcuna base testuale, ne' sistematica. Nè può legittimare un diverso orientamento, il rilievo del ricorrente che, diversamente ragionando, "si avrebbe una conseguenza assolutamente iniqua, ovvero che le ragioni dell'instante sarebbero subordinate alla minore o maggiore velocità di adozione del provvedimento con cui si trasferisce la proprietà dell'immobile posto all'asta e non, come è giusto, alla fondatezza o meno delle ragioni in fatto ed in diritto fatte tempestivamente valere dall'istante". Il rilievo, infatti, si risolve nella prospettazione di un mero inconveniente della disciplina positiva e non di un argomento validamente utilizzabile in chiave ermeneutica. Ne discende il rigetto del mezzo.

3.- Tale conclusione, comportando la definitività della ragione sulla quale il Tribunale di Bergamo ha fondato, in via principale, il rigetto del reclamo, determina l'inammissibilità del secondo motivo di annullamento che investe - sotto il profilo del vizio di motivazione - la ratio subordinata secondo cui, in ogni caso, nel merito, l'istanza di sospensione era infondata, dato che non sussisteva alcun elemento che ne giustificasse l'accoglimento. Infatti, il ricorrente non ha interesse alla censura posto che il suo eventuale accoglimento non potrebbe portare all'annullamento della pronuncia che rimarrebbe pur sempre ancorata in modo valido alla ragione enunciata in via principale.

4.- Ne consegue il rigetto del ricorso.

Sul ricorrente, soccombente, devono gravare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE - rigetta il ricorso proposto da Daniele Corti avverso il decreto del Tribunale di Bergamo del 6 dicembre 1990. - condanna il ricorrente a rimborsare, in favore dei controricorrenti, le spese del giudizio di cassazione che liquida, in L. 111.300 oltre a L. 4.000.000 per onorari d'avvocato in favore della s.n.c. Impresa Vigani Giacomo & Figli ed in L. 154.300 oltre a L. 4.000.000 per onorari d'avvocato in favore dell'Amministrazione del Fallimento F.I.R.E.S..

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 1 Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 novembre 1993.