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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17841 - pubb. 01/07/2010.

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Cassazione civile, sez. I, 12 Marzo 1999. Est. Losavio.

Fallimento - Ripartizione parziale di somme accantonate in precedenti ripartizioni - Relativo provvedimento del giudice delegato - Decreto del tribunale fallimentare in sede di reclamo avverso tale provvedimento - Ricorribilità in Cassazione ex art. 111 Costituzione - Esclusione


Il provvedimento del giudice delegato, che abbia reso disponibili per la ripartizione parziale somme accantonate - nella specie, fuori dalle ipotesi testuali - in una precedente ripartizione, è espressione di una facoltà discrezionale del giudice in relazione alla quale, pertanto, non può vantarsi alcun diritto, dovendosi perciò escludere che tale provvedimento assuma carattere decisorio; ne consegue che il decreto pronunciato dal tribunale in sede di reclamo contro il suddetto provvedimento non è ricorribile in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Costituzione. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Mario CORDA - Presidente -

Dott. Giovanni LOSAVIO - Rel. Consigliere -

Dott. Enrico PAPA - Consigliere -

Dott. Mario CICALA - Consigliere -

Dott. Francesco FELICETTI - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:

BRANDOLI LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE B. BUOZZI 99, presso l'avvocato CARMINE PUNZI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCO BIAGETTI, ANGELO BONSIGNORI, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

FALLIMENTO ELCAT SpA, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 5, presso l'Avvocato ENRICO ROMANELLI, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso il provvedimento del Tribunale di TORINO, depositato il 19/12/96;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/6/98 dal Consigliere Dott. Giovanni LOSAVIO;

udito per il ricorrente, l'avvocato D'Alessio, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito per il resistente, l'avvocato Guido Romanelli, con delega, che ha chiesto l'inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto CINQUE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Torino con provvedimento 18 dicembre 1996 rigettava il reclamo proposto a norma dell'art. 26 l.f. da Luigi Brandoli (creditore ammesso al passivo del fallimento della s.p.a. Elcat con il credito chirografario di lire 242.530.787, opponente contro la esclusione dell'ulteriore credito di lire 1.368.595.890 e ricorrente ex art. 101 l.f. per la dichiarazione del diverso credito di lire 3.727.395.150) contro il decreto del giudice delegato che aveva stabilito e reso esecutivo il piano di ripartizione parziale a norma degli artt. 110 - 113 l.f..

Il Tribunale giudicava infatti infondato il rilievo di violazione del disposto di cui alla prima parte dell'art. 113 (per avere il giudice delegato considerato disponibili anche le somme accantonate nel primo precedente riparto), giacché, oltre allo specifico prescritto accantonamento del 10 per cento, lo stesso giudice delegato nel progetto di ripartizione qui in discussione aveva disposto altri accantonamenti per importo complessivo 2che supera di gran lunga l'ammontare della somma accantonata ex art. 113, prima parte, l.f. nel primo reparto".

Contro tale decreto il Brandoli ha proposto ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., deducendo a motivo violazione degli artt. 110 e 113 l.f.

Resiste il curatore con controricorso. Il ricorrente ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico motivo di impugnazione il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 110 e 113 l.f., critica la decisione là dove il Tribunale ha giudicato conforme ai disposti normativi ora indicati il piano di ripartizione stabilito con il decreto del giudice delegato - oggetto del reclamo - (che aveva compreso nella "somma disponibile" anche gli accantonamenti - pari ad oltre 12 miliardi di lire - disposti nella precedente ripartizione) per la addotta ragione che i nuovi accantonamenti ("per opposizioni stato passivo, spese legali, spese procedura, etc"), oltre a quello pari al 10 per cento, superavano l'importo (non già di tutti gli accantonamenti ma) "della somma accantonata ex art. 113, prima parte, l.f. "nella prima ripartizione. Rileva infatti il ricorrente che il vincolo di destinazione impresso sulle somme oggetto dell'accantonamento pur se facoltativo (non corrispondente cioè ad alcuna delle ipotesi di cui ai numeri da 1 a 4 dell'art. 113 l.f.) rende le stesse somme indisponibili nelle successive ripartizioni parziali, nel senso che esse non possono essere distribuite che nel reparto finale.

Il Brandoli avrebbe dunque subito, attraverso la indebita ripartizione delle somme precedentemente accantonate a cautela dei creditori opponenti o tardivi, la lesione del proprio diritto soggettivo a concorrere nella distribuzione di quelle stesse somme in sede di riparto finale.

Il ricorso proposto dal Brandoli - a norma dell'art. 111, comma 2, cost. - è inammissibile.

A prescindere infatti dalla verifica del fondamento nel merito delle censure argomentate dal ricorrente, si deve pregiudizialmente rilevare che nel subprocedimento ex art. 110 l.f., a fronte del provvedimento del giudice delegato che abbia stabilito il piano di ripartizione parziale (e al decreto del Tribunale che in sede di reclamo lo confermi), il creditore opponente allo stato passivo o ricorrente per dichiarazione tardiva ex art. 101 l.f. non si presenta per certo (quando ancora sulla opposizione o sulla domanda tardiva contestata non vi sia stata pronuncia) come titolare di un diritto soggettivo, sicché non può affermarsi che il decreto ex art. 110, ultimo comma, l.f. sia idoneo in alcun caso a ledere una posizione di diritto soggettivo - appunto - del preteso creditore. E se è opinabile la sua legittimazione (letteralmente per altro esclusa dalla espressione di cui all'art. 110, comma 3, l.f.) a partecipare con osservazioni al procedimento di cui allo stesso art. 110 e a proporre reclamo contro il conclusivo decreto del giudice delegato, deve per cento escludersi che il decreto del Tribunale pronunciato in sede di reclamo assuma, nei confronti del creditore opponente o tardivo, il contenuto decisorio proprio dei provvedimenti giudiziari, diversi dalla sentenza, idonei ad incidere in via definitiva su diritti soggettivi e che, se non altrimenti impugnabili, sono ricorribili in cassazione a norma dell'art. 111, secondo comma, Cost. Se poi si considera lo specifico contenuto del decreto fatto oggetto della censura del ricorrente e cioè la statuizione in ordine alla misura degli accantonamenti, come lo stesso ricorrente riconosce rimessi alla discrezione del giudice delegato (perché extratestuali), la conclusione cui ora si è giunti trova una conferma di ordine più generale.

È appena il caso di rilevare che la soluzione della presente controversia non esige che qui ci si pronunci sulla questione posta dell'art. 113 l.f. e cioè se le ipotesi di accantonamento in esso previste siano tassative, con conseguente preclusione di analoghe misure a favore di altre categorie di creditori (esclusi ed opponenti allo stato passivo; insinuati tardivi e contestati), come pur ha giudicato questa Corte con le sentenze n. 2186 del 1991 e n. 11961 del 1990; ovvero siano ammissibili ipotesi extratestuali a favore di altri pretesi creditori meritevoli di tutela in via cautelare secondo prudente valutazione del giudice delegato. Ma anche a voler riconoscere - secondo autorevoli opinioni in dottrina - la ammissibilità di ulteriori accantonamenti e anzi la opportunità di essi (perché corrispondenti a una obbiettiva esigenza di tutela di creditori incolpevoli del ritardo - siano opponenti o insinuati ex art. 101 l.f.), si deve ovviamente negare la obbligatorietà della misura con effetti di indisponibilità, giacché - se ammessi - gli accantonamenti extratestuali sono espressione di una facoltà, rimesso al prudente apprezzamento del giudice delegato, è incontestabile che non possa fondarsi alcun diritto. Sicché deve - in ogni caso - escludersi che la statuizione del giudice delegato che, come nella specie, abbia reso disponibili per la ripartizione, parziale somme accantonate - fuori delle ipotesi testuali - in una precedente ripartizione, assuma contenuto decisorio: con la conseguenza che contro il decreto pronunciato dal Tribunale in sede di reclamo contro un tale provvedimento del giudice delegato non è dato il rimeschio di cui all'art. 111, secondo comma, Cost.. Conclusione questa conforme all'indirizzo che ben può dirsi consolidato della giurisprudenza di questa Corte, nel senso che il decreto del giudice delegato che abbia determinato la misura degli accantonamenti nelle ripartizioni parziali è funzionalmente inidoneo, in ragione delle destinazione cautelare delle somme "trattenute e depositate", ad assumere portata decisoria sulle posizioni dei creditori, che soltanto nel riparto finale troveranno il loro regolamento definitivo (per tutte Cass. n. 3470/1996 e 5. 258/1992). Dichiarata dunque la inammissibilità del ricorso, ravvisa il Collegio giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese di questa fase del giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso e compensa le spese tra le parti.

Roma, 23 giugno 1998.

Depositata in Cancelleria il 12/3/1999.